6
Lathe of Heaven. Nel capitolo 2 ho analizzato i nomi scelti da Le Guin per
personaggi e luoghi in alcune opere chiave. L’importanza dei nomi per Le Guin è
infatti tale da distinguerla da qualunque altro scrittore di science fiction, e
dimostrano una fantasia e una capacità di “giocare” con le parole fuori dal comune.
In questo capitolo il duplice aspetto della mia ricerca si manifesta nell’analisi da un
lato dei charactonyms trasparenti (il cui significato è cioè evidente, ricavabile in
base ad un ragionamento logico), e dall’altro dei charactonyms magici (impossibili
da capire razionalmente), considerando anche le possibilità intermedie. Nel capitolo
3 ho messo in evidenza il contrasto tra i due protagonisti, George Orr e William
Haber, il sognatore e lo psichiatra, alla luce di un tema ricorrente nell’opera di Le
Guin: il contatto, ovvero la capacità di stabilire delle connessioni, soprattutto con chi
è “diverso”, “alieno”. Dunque in questo caso i due aspetti in lotta, razionale vs.
irrazionale, si manifestano nella stessa opposizione tra Haber ed Orr. In questo
capitolo ho anche inserito il testo della canzone “With a Little Help from my Friends”
dei Beatles, perché è presente nel romanzo ed è il simbolo dell’amicizia, uno dei
temi portanti di The Lathe of Heaven.
I capitoli centrali, il 4 e il 5, costituiscono il fulcro di questa ricerca, e
trattano del sogno e del taoismo, gli elementi che emergono più prepotentemente
nel romanzo stesso, tra l’altro come facce di una stessa medaglia. Nel capitolo 4
affronto lo studio dei sogni innanzitutto da un punto di vista prettamente scientifico
(analizzando anche un elettroencefalogramma delle varie fasi del sonno), visto che
lo stesso Haber nel romanzo usa una terminologia accurata ed adeguata al suo
campo di ricerca. Ma anche in questo caso non ho tralasciato l’aspetto mistico,
misterioso, poiché è questa la dimensione propria del sogno, e ho cercato di
mostrare come la scienza, di fronte all’inspiegabile, dovrebbe abbandonare la
presunzione di trovare sempre una risposta a tutto. Anche il taoismo, nel capitolo 5,
è affrontato da un lato teorico e filosofico (per fornire una sorta di sintetica guida ad
un pensiero estraneo a noi occidentali), ma mostra anche, attraverso George Orr,
che il Tao può essere innato, che lo si può cioè seguire senza necessariamente
7
studiarne la filosofia, risultando anzi in tal modo ancora più vero e costruttivo.
Anche per quanto riguarda il taoismo, Le Guin sembra aver anticipato una
tendenza che è tornata alla ribalta in questi ultimi anni nel mondo occidentale. Si
tratta della cosiddetta New Age: una riscoperta delle filosofie orientali e l’abbraccio
di un modo di vivere che si pone come una sorta di via di salvezza rispetto alla
dissoluzione spirituale che caratterizza le società capitalistiche e tecnologicamente
avanzate. D’altronde, non è un caso che la New Age nasca proprio sulla costa
occidentale degli USA, dove Le Guin è nata e vive tuttora.
Nel capitolo 6 prendo in considerazione un’altra questione essenziale
sollevata da The Lathe of Heaven: quella della storiografia e del concetto di storia
che già da un secolo a questa parte è stato oggetto di importanti revisioni. Il
romanzo appartiene infatti al genere delle alternative histories, uno dei generi che
appassionano maggiormente il pubblico di lettori, poiché porta non solo ad usare la
fantasia e a pensare a “cosa sarebbe successo se”, ma anche a far riflettere
sull’“autenticità” della storia stessa, che troppo spesso diamo per scontato sia
“fissa”. Nell’ultimo capitolo, infine, non era possibile trascurare gli evidenti punti di
contatto tra The Lathe of Heaven e l’opera complessiva di Philip K. Dick, con
particolare attenzione agli elementi in comune con The Man in the High Castle,
soprattutto per ciò che concerne il problema della storicità e la filosofia taoista.
Sebbene non sia possibile in poche pagine rendere giustizia a quello che è uno dei
più grandi scrittori della nostra epoca, ho tentato ugualmente di fornire un’idea dei
suoi temi fondamentali e sul suo stile, almeno laddove la loro influenza è
riscontrabile in The Lathe of Heaven.
8
Capitolo 1
URSULA K. LE GUIN
E LA WEST COAST AMERICANA DEL FUTURO
9
1.1 Ursula K. Le Guin: breve biografia e background
formativo.
Ursula K. Le Guin nasce a Berkeley (California) il 21 ottobre 1929. Figlia di
un’illustre antropologo, Alfred Kroeber, e di una scrittrice, Theodora Kracaw, la cui
influenza è molto importante nella sua formazione e manifesta nelle sue opere.
Sposata con Charles Le Guin dal 1953, la scrittrice vive a Portland (Oregon) dal
1959 con suo marito e tre figli. I tre elementi basilari nella sua formazione sono:
l’antropologia culturale, la psicologia jungiana, e il taoismo. Come rileva Susan
Bassnett, ogni scrittore è il prodotto di una determinata cultura in un determinato
momento storico; Le Guin risente dunque non soltanto dell’influenza dei suoi
genitori, ma anche dei movimenti e delle ideologie che hanno caratterizzato la sua
generazione: il femminismo, il pacifismo, la lotta per la difesa dell’ambiente, e il
rispetto per le differenze di ogni tipo. Non bisogna sottovalutare infatti che il periodo
in cui Le Guin vive e scrive è caratterizzato dall’ascesa degli USA a potenza
mondiale di indiscusso primato, nonché dall’uso (per la prima volta nella storia)
della bomba atomica. Il periodo più fecondo della sua carriera, inoltre, coincide con
il periodo di espansione coloniale della sua nazione – in Vietnam, nell’America
Centrale e nello spazio
1
.
I mondi che Le Guin crea si collocano in uno spettro i cui poli sono
rappresentati dal genere science fiction e da quello fantasy. La scrittrice sceglie
proprio questi due generi allo scopo di offrire ai lettori “a chance to stretch their
minds by experiencing an alternate world and then a chance to return to consensus
reality with a changed perspective”
2
. Le opere di Le Guin possono essere
1
Cfr. Susan Bassnett, “Remaking the Old World: Ursula Le Guin and the American Tradition”, in Lucie Armitt
(ed.), Where No Man Has Gone Before: Women and SF, London and New York, Routledge, 1991, p. 52.
2
Elizabeth Cummins, Understanding Ursula K. Le Guin, Columbia, University of South Carolina Press, 1990, p.
7.
10
raggruppate per la maggior parte in quattro mondi, ognuno dei quali occupa un
determinato punto in questo spettro. Il mondo di Earthsea è collocabile sul polo
rappresentato dalla fantasy; al polo opposto troviamo i pianeti di Hain; Orsinia, un
mondo immaginario dell’Europa Centrale, si pone in una via di mezzo tra il centro
dello spettro e l’estremità della science fiction; la West Coast americana del futuro,
infine, si trova esattamente al centro dello spettro perché, sebbene rientri nella
science fiction, tale mondo coinvolge anche il regno spirituale dell’individuo, tanto
da presentare affinità con il mondo magico di Earthsea
3
.
Tuttavia, la scienza che caratterizza il ciclo Hainish e la magia che
caratterizza il ciclo Earthsea non sono nettamente separati, ma piuttosto
complementari. A questo proposito, James W. Bittner usa un’efficace similitudine
con il Tao: “In the same way that there is a spot of yin in the yang half of the t’ai chi
symbol, and a spot of yang in the yin half, Le Guin’s science is as fantastic as her
fantasy is scientific”
4
. Un’altra caratteristica dei mondi creati dalla scrittrice è che
essi non sono tanto pianificati quanto piuttosto elaborati attraverso un processo di
intuizione, studio e scoperta: il suo è lo stesso lavoro di un esploratore o di un
antropologo. Nella sua opera, più importanti della trama sono i personaggi nonché il
loro movimento (che è sempre circolare) verso la comprensione di se stessi, il
riconoscimento dell’integrità di ogni vita umana e la consapevolezza di essere una
parte all’interno di un tutto. Secondo Bittner, è possibile leggere ciascuno dei
romanzi di Le Guin come la quest di un “artist-hero”
5
.
3
Cfr. ibid., pp. 7-9.
4
James W. Bittner, Approaches to the Fiction of Ursula K. Le Guin, Ann Arbor (Mich.), UMI Research Press,
1979, p. 149.
5
Ibid., p. 162.
11
Nella visione di Le Guin, la comunicazione e il contatto sono essenziali: “A
central and recurrent image is that of life as a pattern or web, with individual points
of life joined by lines of communication”
6
. La visione artistica di Le Guin si può
definire come “multiplex, dualistic, and holistic”
7
: per lei la Verità non è mai un
concetto assoluto ma relativo, e la speranza di un futuro migliore per l’umanità
risiede sempre nell’incontro, nell’interazione e nella riconciliazione di opposti.
6
Susan Wood, “Discovering Worlds: The Fiction of Ursula K. Le Guin”, in Harold Bloom (ed.), Ursula K. Le Guin,
New York, Chelsea, 1986, p. 184.
7
Douglas Barbour, “Wholeness and Balance in the Hainish Novels”, in Harold Bloom (ed.), Ursula K. Le Guin,
cit., p. 27.
12
1.2 La West Coast americana del futuro.
Nella produzione di Le Guin, The Lathe of Heaven (1971) si colloca
all’interno del ciclo della West Coast americana del futuro insieme ad Always
Coming Home (1985) e alla novella The New Atlantis (1975). Quello della West
Coast è il quarto mondo esplorato dalla scrittrice ed è caratterizzato
dall’ambientazione in un futuro non troppo lontano (l’inizio del ventunesimo secolo)
e in una società fortemente industrializzata, capitalistica e auto-distruttiva, nonché
dalla presenza di qualche catastrofe che minaccia il futuro della società americana
e, in ultima analisi, anche dell’intera umanità. Particolare rilevanza è attribuita al
potere delle attività mentali, creative, come l’immaginazione e il sogno. Le opere
della West Coast sono quelle dove si avverte più esplicitamente la critica verso
l’utopia tradizionale, pianificata, con lo smascheramento dei suoi punti deboli e la
presentazione di una serie di alternative. Tutte le utopie di Le Guin rimangono
comunque “ambigue”, ovvero irrisolte, aperte, e mostrano una profonda sfiducia e
avversione verso il concetto di perfezione
8
. Le tre opere, pur appartenendo allo
stesso ciclo e pur mostrando degli elementi in comune, non sono collegate tra loro
(come i romanzi degli altri cicli): non vi è continuità storica tra di esse e ognuna
porta avanti un progetto diverso. Tutte, comunque, sono intese a dimostrare la
teoria dell’ascesa e della caduta degli “Imperi”: un nuovo mondo (potenzialmente)
migliore che si sostituisce al vecchio mondo caduto in rovina.
The New Atlantis e The Lathe of Heaven sono ambientati a Portland,
Oregon. In un’intervista la scrittrice dichiara:
8
Cfr. Roslynn Haynes, “Science, Myth and Utopia”, in Kath Filmer and David Jasper (eds.), Twentieth-Century
Fantasists: Essays on Culture, Society and Belief in Twentieth-Century Mythopoeic Literature, New York, St.
Martin’s, 1992, p. 14.
13
One thing I’ve noticed about my settings is that when I have something I
really don’t want to say but which insists on being said I set it in Portland.
The Lathe of Heaven and The New Atlantis are among the saddest things
I’ve written, the nearest to not being hopeful, and they’re both set right
here. I don’t know the reason for this
9
.
The New Atlantis è una distopia che vede gli abitanti della costa
occidentale degli USA afflitti da inquinamento, sovrappopolazione, e un governo
totalitario che esercita un eccessivo controllo sulle loro vite. L’umanità è
responsabile dell’alterazione dell’ecosistema terrestre: a causa dell’effetto serra e
del conseguente scioglimento delle calotte polari, di terremoti e di eruzioni
vulcaniche, il continente americano rischia di scomparire sprofondando nell’oceano,
mentre una “nuova” civiltà con la sua terra si prepara ad emergere dalle acque del
Pacifico. In realtà, tale civiltà è allo stesso tempo antica, risorgendo dalle profondità
nelle quali la leggendaria Atlantide sarebbe sprofondata (sebbene quest’ultima si
trovasse nell’oceano Atlantico).
La novella è divisa in sezioni alternate tra la narrazione in prima persona
della protagonista, Belle, una donna di Portland che attraverso il suo diario ci
fornisce il resoconto degli sviluppi delle vicende sul continente, e la voce collettiva
della civiltà emergente nei passi in corsivo. L’alternanza, dunque, è tra distruzione e
creazione. Le sei sezioni, inoltre, ricalcano i sei giorni della creazione nella Genesi.
Esse sono anche parallele, nel senso che ad ogni passo verso il progressivo
declino di un mondo corrisponde un passo nell’elevazione dell’altro. Una particolare
enfasi è posta sulle attività creative: tutto ciò che rimane ai personaggi in un mondo
privo di libertà è l’immaginazione. In particolare, i due motivi portanti della storia
sono i numeri e la musica. Simon, il marito di Belle, è un matematico. Egli, che è
stato già arrestato in quanto il libro da lui pubblicato è illegale, così come lo è anche
9
Larry McCaffery and Sinda Gregory, “An Interview with Ursula Le Guin”, The Missouri Review, 7 (2), 1984, p.
76.
14
il matrimonio, progetta e realizza in segreto insieme ad altri ingegneri un dispositivo
che converte l’energia solare: una scoperta che permetterebbe all’intera umanità di
utilizzare una fonte di energia totalmente “pulita”. La loro creazione, tuttavia, rimane
inutilizzata e dunque solo un sogno, e alla fine Simon viene arrestato nuovamente.
Belle suona la sua viola in bagno per coprire le voci degli scienziati riuniti a casa
sua, controllate da microfoni installati dall’FBI, e traduce in musica le sue intuizioni
del mondo nuovo che si appresta ad emergere e di cui sente parlare nei notiziari.
La musica di Belle ha il potere di trasformare il mondo perché è anche uno
dei motivi che hanno spinto la vecchia civiltà a risvegliarsi. La musica arriva ad
assumere una sorta di potere mistico: nel momento in cui Simon riesce a mettere a
punto definitivamente la sua creazione (come il Creatore che nella Genesi ordina:
“Sia la luce”), essa non solo arriva fino alle profondità dell’oceano (la voce collettiva
si chiede chi sia stato a chiamarli: “Whose voice? Who called to us?”
10
), ma
permette anche ai matematici riuniti a casa di Belle di porsi mentalmente in contatto
con la nuova civiltà e di riuscire a vederla. In un altro passo, Belle nel sonno
sembra sentire qualcuno che la chiama dalle profondità dell’oceano.
Il lento e progressivo recupero delle percezioni sensoriali e
dell’autoconsapevolezza da parte della civiltà sommersa è segnato dalla presenza
della luce (mentre, in contrapposizione, sul continente la luce artificiale viene a
mancare sempre più frequentemente), come si addice ad un momento di
creazione. La frase “Light swallowed light all swallowed together in the vaster
mouth of the darkness”
11
è come una metafora degli Imperi oppure dei movimenti
ideologici che si susseguono nella storia, divorandosi l’un l’altro e infine
scomparendo tutti nell’immensa oscurità del passato. Atlantide in realtà si trova
solo nel titolo, nel senso che la scrittrice la distingue sia dalla leggendaria Atlantide,
sia dalla Nuova Atlantide di Bacon (che è l’America stessa). Paradossalmente la
10
Ursula K. Le Guin, “The New Atlantis” (1975), in Ursula K. Le Guin and Brian Attebery (eds.), The Norton Book
of Science Fiction, New York, Norton, 1993, p. 335.
11
Ibid., p. 325.
15
sua nuova Atlantide sta per sorgere dalle acque dell’oceano Pacifico, e dunque il
motivo per cui Le Guin sceglie quel nome è per legare il nuovo mondo ai vecchi
(che siano leggendari o reali), perché per capire il futuro non bisogna distanziarsi
dal passato, ma piuttosto recuperare le proprie radici, andare indietro guardando
avanti. Il diario di Belle è un simbolo di preservazione e continuità: lei immagina di
metterne le pagine in una bottiglia che lascerà su una collina, e di aspettare che
l’acqua pian piano la sollevi trasportandola in mare aperto. Tuttavia, The New
Atlantis mostra il disagio di Le Guin nel costruire un’utopia proprio perché si chiude
senza che la nuova civiltà sia emersa
12
, mentre apprendiamo dalle voci provenienti
dalle profondità dell’oceano che il “vecchio continente”, cioè l’America, è ormai
scomparso: “Where are you? We are here. Where have you gone?”
13
. Si tratta
dunque di un’opera piuttosto pessimista.
Always Coming Home è un testo sperimentale e multimediale che intende
mostrare la civiltà dei Kesh (un popolo immaginario che vive in una Valle nel nord di
una California geograficamente alterata rispetto a quella attuale) in tutte le sue
espressioni. La scrittrice rompe con i soliti schemi letterari per costruire un’opera
che contenga in sé una molteplicità di testi e di stili, mescolando sezioni di poesia,
di antropologia, di informatica, ecc.., e sezioni puramente narrative. La
multimedialità si esprime attraverso l’introduzione di segni alternativi alla parola,
come le immagini e la musica (è allegata una musicassetta). Si tratta di un’opera
fortemente autoriflessiva in cui la figura autoriale viene rappresentata in Pandora,
personaggio mitico e simbolico, che ha funzione non solo creativa, ma anche di
raccordo tra le varie parti, nonché di espressione del punto di vista della scrittrice
sia sulla forma sia sul contenuto del testo. I Kesh sono sopravvissuti ai disastri
umani e naturali del ventesimo secolo e hanno organizzato la loro società in
maniera altamente tecnologica, ma, allo stesso tempo, in contatto con la natura e
con un assoluto rispetto per l’ambiente.
12
Cfr. Cummins, Understanding Ursula K. Le Guin, cit., p. 175.
13
Le Guin, “The New Atlantis”, cit., p. 336.
16
Questo romanzo è sicuramente molto più ottimistico rispetto agli altri e
intende offrire al lettore la speranza di un’utopia davvero alternativa e reale: il
mondo che il lettore ha davanti non è semplicemente un mondo immaginario, ma,
mostrato in ogni particolare, offre il modello solido di una società diversa, migliore,
non portata verso l’autodistruzione, un modello che si può scegliere di fare proprio.
In quest’opera torna il motivo del viaggio circolare (implicito anche nel titolo stesso),
già esplorato nelle opere precedenti. Si evidenzia inoltre l’importanza del narrare
storie come metodo per lasciare una traccia della propria esistenza, e non cadere
nell’oblìo, perché solo nel potere dell’immaginazione e dal racconto gli esseri umani
hanno l’opportunità di trovare alternative e trasformare se stessi e la propria
società. Un’attenzione speciale viene data alla figura femminile in quanto
depositaria di un sapere che si tramanda di madre in figlia o di nonna in nipote.
Generalmente i protagonisti di Le Guin sono tutti uomini, anche se spesso
possiedono delle caratteristiche femminili, ovvero yin, in termini taoisti. In questo
caso, invece, la protagonista nelle parti narrative è ancora (come in The New
Atlantis) una donna: Stone Telling, che narra la storia della sua vita (si tratta
dunque anche di un Bildungsroman).
17
1.3 The Lathe of Heaven: i temi, l’intreccio, i personaggi e la
rappresentazione dello spazio.
The Lathe of Heaven è un romanzo che si stacca nettamente dal resto di
tutta la produzione narrativa di Le Guin, e vuole dimostrare, sulla scia dell’esempio
di Philip K. Dick, la natura illusoria della realtà. In esso taoismo e sogno si
mescolano come aspetti di un unico modo di vivere e di vedere le cose: un modo
che si affida essenzialmente alla guida dell’inconscio e di forze di difficile
comprensione, piuttosto che della ragione. Il sogno, tuttavia, non viene analizzato
solo nelle sue componenti irrazionali, ma anche da un punto di vista strettamente
scientifico e conformemente ai risultati delle ricerche condotte dagli scienziati nel
campo del sonno nel corso del ventesimo secolo. Il romanzo dimostra inoltre come
storia e psicologia, nonché storia e fiction, non siano discipline nettamente separate
(secondo quanto si pensava fino alla fine del diciannovesimo secolo), ma come
implichino processi essenzialmente analoghi. Si tratta ancora una volta di un’opera
autoriflessiva in cui l’autrice mette in discussione il proprio ruolo creativo, e
soprattutto di creatrice di utopie. In effetti, il romanzo traduce in termini letterali e
realistici il meccanismo tradizionalmente usato nella letteratura utopica per
raggiungere i mondi utopici, il sogno
14
, e critica le utopie occidentali attraverso una
serie di riferimenti intertestuali, anche parodici, ai capolavori della letteratura
utopica, distopica e fantascientifica. Linda Hutcheon sostiene che uno dei modi in
cui il postmodernismo riesce ad incorporare il passato testualizzato nel testo del
presente è attraverso la parodia sia dei testi storici sia di quelli letterari:
“Postmodern intertextuality is a formal manifestation of both a desire to close the
gap between past and present of the reader and a desire to rewrite the past in a
14
Cfr. Haynes, “Science, Myth and Utopia”, cit., p. 16.
18
new context”
15
. L’intertestualità diventa un modo per dimostrare come non sia vera
l’affermazione per cui la storia si serve di referenti “reali” e la fiction no, poiché
entrambe si fondano su testi scritti preesistenti, e dunque non sui fatti stessi ma su
ciò che di essi rimane nella memoria scritta. Questo non deve necessariamente
insinuare che il passato non sia “realmente” esistito: “It only conditions our mode of
knowledge of that past”
16
.
Nel testo, l’opposizione binaria tra i due protagonisti, George Orr e William
Haber, serve a sostanziare la critica all’utopia tradizionale e a offrire una visione
alternativa. Intorno ai due ruota una serie molto ridotta di altri personaggi, che
comunque, data l’assoluta preponderanza dei due principali, restano sempre
piuttosto sullo sfondo, pur non perdendo la loro importanza fondamentale nel
sottolineare certi temi affrontati nell’opera. Si tratta di Heather Lelache, l’avvocato a
cui si rivolge Orr; degli alieni, strane creature simili a tartarughe arrivate sulla Terra
da un pianeta della stella Aldebaran in seguito ad un sogno di Orr; e infine, con
un’importanza marginale, ma non sottovalutabile, di Mannie Ahrens, il “padrone di
casa” di Orr. L’ambientazione temporale è negli anni tra il 1998 e il 2004. George
Orr è un uomo in apparenza molto semplice e fragile, ma che possiede uno
straordinario potere: in condizioni di particolare stress, egli sogna “efficacemente”,
cioè riesce a cambiare la realtà. Il suo potere non ha nulla a che fare con la
chiaroveggenza, con la telecinesi o con altri simili poteri paranormali.
Semplicemente, egli cambia l’intera storia dell’umanità a partire da un punto nel
passato e dunque retrospettivamente, senza nemmeno volerlo o calcolarlo: è il suo
subconscio a determinare il risultato. Tale potere è dunque pericoloso e non
stupisce che Orr ne sia spaventato. Inoltre, è lui l’unico a conservare il ricordo di
tutte le varie piste spazio-temporali.
15
Cfr. Linda Hutcheon, A Poetics of Postmodernism: History, Theory, Fiction, New York and London, Routledge,
1988, p. 118.
16
Ibid., p. 119.