Introduzione
Dio ama solo due cose e queste due cose
sono il Cinema e la Bomba Atomica. Di tut-
ti i monumenti che abbiamo innalzato a Dio
negli ultimi cinquemila anni ti pare che
ce ne sia nessun altro in grado di comuni-
care così bene la nostra venerazione per
lui? Che neanche lontanamente si avvicini
alla Sua maestosità? Con il Cinema e la
Bomba Atomica gli abbiamo offerto due doni
degni di lui.
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Il cinema horror è un genere in bilico costante tra il capola-
voro e il fiasco totale.
Qualche anno fa avrei rifiutato il genere horror con tutta me
stessa, non ritrovandomi con chi diceva che provare paura era la
parte divertente. Con il tempo anche io sono stata trascinata
nel circolo vizioso del genere, perché l'horror sa di avere fas-
cino e sfrutta fino all'ultimo questa sua caratteristica. L'hor-
ror è come una prostituta maliziosa che si poggia sul finestrino
della tua auto e ti promette una notte di passione ad un prezzo
stracciato; è come due gemelline immobili in un corridoio dal
tappeto blu che ti guardano con lo sguardo vitreo e ti dicono:
"Vieni a giocare con noi, Danny. Avrai paura ma, oh, quanto ti
divertirai".
In questo sta tutto il divertimento: bagnarsi in un fiume di
emozioni travolgenti che non potresti mai provare nella vita — e
poco importa se poi nel letto non riesci a chiudere gli occhi.
La banalità dell'horror — la particolarità che lo ha reso
celebre ma che ormai è diventata prassi - sta nel far affrontare
allo spettatore le proprie paure in un ambiente in cui è certo
non possa succedergli nulla. Il fascino del male, la curiosità
Zeroville, di Steven Erikson, Bompani editore, curatori: S.Vinci, A.
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Bruni, anno di edizione: 2008
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della violenza, l'interesse per il mostro sono tutti stratagemmi
di cui il cinema horror si fa portatore e a cui lo spettatore,
come un pesce all'amo, abbocca.
Ma davvero il cinema horror si riduce a emozioni forti e di-
vertimento? Ovviamente no.
A volte un film resta impresso nella mente senza che si riesca
a capirne il motivo. A volte un film fa leva su qualcosa di in-
visibile che si discosta dalla paura ed è più circoscritto nel
turbamento, nel dramma e nella tragedia, sfiora argomenti pro-
fondi e ricercati, drammatici, certo, ma incredibilmente umani.
Quando succede, quel film continua a ronzarci in testa e non
riusciamo a disfarcene, come se qualcosa non quadrasse — e non
si tratta di buchi di trama, o di recitazione discutibili, o di
errori di regia che ci fanno storcere il naso; qualcosa non
quadra perché sentiamo che c'è di più oltre la superficie della
trama, qualcosa che ci lascia in sospeso: un mondo invisibile
che scorre sotto la trama stessa e che si fa carico di simbolis-
mi e significati più profondi; una sottotrama che pulsa nelle
vene del film e trasforma la storia in un'altra storia. Così,
quando ce ne rendiamo conto, l'orrore del mostro che perseguita
una famiglia diventa la tragedia di una madre che odia il pro-
prio figlio e la furia omicida di un'assassina psicopatica si
trasforma nel trauma mai rielaborato di un abuso infantile. Ci
sono infinite trame dietro le immagini che ci passano davanti
agli occhi che spesso restano nell'ombra perché lo spettatore,
distratto, si lascia abbindolare dal divertimento lasciandosi
sfuggire il lascito del regista - che è lì che ci guarda, im-
presso in ogni inquadratura, in ogni scelta semiotica, in ogni
movenza pre-costruita dei personaggi.
Così, mentre i cliché del genere ci ingannano mostrandoci ciò
che siamo abituati a vedere, il vero significato del film, quel-
lo che lo annovera nella schiera del cinema di valore, rimane un
tesoro perduto di cui si sono perse le tracce.
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È possibile, dunque, creare una sorta di manuale per queste
sottotrame invisibili?
Un'indagine tecnica che analizzi le simbologie e la
costruzione del quadro scenico, la psicologia che si cela nei
personaggi e le possibili trame che un film cela?
Da queste domande di fondo partiva la mia ricerca: trovare una
chiave di lettura che spingesse gli spettatori a rielaborare ciò
che guardavano per arrivare a qualcosa che prima non avevano
visto. Mi sono immersa in questo viaggio semiotico e ho trovato
risposte che non avrei mai immaginato. Ricca di questi nuovi
punti di vista, il mio progetto ha preso vita in un romanzo che
convogliava le mie due grandi passioni, il cinema e la scrit-
tura, e mi dava la possibilità di parlare agli spettatori attra-
verso gli occhi di un altro spettatore, un cinefilo amatoriale
che si rifugia nel cinema per non affrontare la vita.
Questa è la sua storia, è la storia dell'invisibile e dei suoi
molteplici significati.
Dopotutto, quale modo migliore per raccontare una storia se
non attraverso una storia?
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Lasciami Entrare
1. Scheda tecnica
Titolo originale: Låt den rätte komma in
Lingua originale: svedese
Anno: 2008
Regia: Tomas Alfredson
Genere: Orrore, drammatico
Sceneggiatura: J.A. Lindqvist
Fotografia: Hoyte Van Hoytema
Montaggio: Tomas Alfredson, Daniel Jonsäter
Musiche: Johan Söderqvist
Cast: Kåre Hedebrant (Oskar) • Lina Leandersson (Eli) •
Per Ragnar (Håkan) • Ika Nord (Virginia) •
Peter Carlberg (Lacke) • Patrik Rydmark (Conny) •
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Sinossi
Oskar, un dodicenne dai genitori separati che è costantemente
preso di mira dai bulli, conosce Eli, una bambina appena
trasferitasi nel suo condominio. Eli non va a scuola, non sente
il freddo ed esce solo di notte, eppure riesce a instaurare con
Oskar un profondo rapporto di amicizia che aiuterà il bambino a
liberarsi dalla morsa dei bulli che lo perseguitano.
Quando le strade di Stoccolma diventano teatro di omicidi in-
spiegabili che portano al suicidio Håkan, il presunto padre di
Eli, Oskar comprende che la bambina nasconde un segreto: è una
vampira. Questo rafforza la loro amicizia tanto da spingere Os-
kar, alla fine, a fuggire con Eli e vivere la sua vita insieme a
lei.
2. Personaggi
Oskar: interpretato da Kåre Hedebrant, è il protagonista del
film. È un ragazzino intelligente, solitario e schivo che
reprime, dentro di sé, una grandissima rabbia. Le prime parole
che gli sentiamo dire — le stesse che aprono il film — sono:
«Strilla come un maiale. Dai, strilla», mentre immagina di farla
pagare a Conny, il bullo che lo maltratta. Non ha una direzione,
o una via da seguire: cammina per la città, perenne vagabondo, e
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aspetta di capire quale sia la sua strada. È un personaggio in
potenza privo di identità, che soltanto dopo l'incontro con Eli
riuscirà a svilupparsi e ad affermarsi attraverso la violenza.
La sua natura ambivalente si intravede soprattutto nella sua
rappresentazione fisica: Oskar è magro come un chiodo, bian-
chissimo e con il naso gocciolante ma dentro di sé nasconde una
furia repressa che si mostra nei suoi piccoli vizi: possiede un
coltello che si porta appresso come un amuleto e che usa contro
cortecce d'albero, è appassionato di storie macabre e inspiega-
bili, per sua stessa ammissione ucciderebbe chi lo maltratta, se
solo potesse.
Eli: la bambina vampira interpretata da Lina Leandersson. In-
trappolata per sempre in un corpo dodicenne, Eli vive un'e-
sistenza ciclica che la separa da quella lineare di tutti gli
altri. Attraverso di lei si profila la drammaticità della figura
del vampiro. La sua condizione di immortale non comporta vantag-
gi ma solo impedimenti: non può crescere, non può mangiare ciò
che mangiano tutti, non può avere una vita sessuale, non può us-
cire di giorno, non può avere amici, non può andare a scuola,
non può entrare in casa d'altri se non è invitata, non può lavo-
rare, non può avere una vita normale. Nella visione di Tomas Al-
fredson — e di J. A. Lindqvist prima di lui — essere un vampiro
è una malattia, una condizione che porta solo sofferenza. Pro-
prio per questo la stessa Eli è particolare e si discosta dalla
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tradizione iconografica: non è bella, o colta, o affascinante;
la sua trasformazione è qualcosa di disgustoso che la sporca, la
macchia e la rende sgradevole sia alla vista che all'olfatto,
come se essere un vampiro la facesse marcire dall'interno. Ep-
pure — e qui si delinea la marcata diversità rispetto alla figu-
ra popolare del vampiro – la sua anima è ancora pura, come quel-
la di una bambina. Eli è antica ma ingenua, si sorprende per le
piccole cose — un cubo di Rubik, l'alfabeto morse — e questa sua
spontaneità a tratti innocente cozza con la sua natura da assas-
sina — la violenza che la sporca di sangue ogni volta che il
vampiro prende il sopravvento.
Håkan: è, sicuramente, il personaggio più tragico di tutta la
narrazione. Per Ragnar interpreta quello che si presenta come il
"padre" di Eli ma che ben presto, nonostante non venga mai
dichiarato esplicitamente, si rivelerà essere il suo vecchio
amante, ciò che Oskar è destinato a diventare. Håkan è lo spet-
tro dei suoi dodici anni, di quell'amore adolescenziale ormai
sopito che l'ha convinto ad abbandonare la sua esistenza lineare
per abbracciare quella circolare di Eli; ma Håkan è un uomo, non
un vampiro, per questo è condannato a morire, schiacciato dal-
l'affetto che nutre per un fantasma — il fantasma di ciò che è
stato. Eli tratta Håkan con freddezza, distacco, quasi indif-
ferenza, disegnando un rapporto ormai avvizzito dove il senti-
mento è sostituito dalla necessità: Håkan è solo il
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"cacciatore", la fonte di sostentamento che permette a Eli di
sopravvivere, mentre Oskar diventa progressivamente il nuovo in-
teresse della vampira.
Così l'ex amante della bambina, rassegnato, uccide alla ricer-
ca della morte. Ed è proprio nella morte (quando Håkan, ormai
sfigurato, offre il suo collo a Eli e lascia che lei gli succhi
il sangue fino a ucciderlo) che Håkan completa i suoi propositi:
donarsi, interamente e per sempre, a lei.
Conny e il suo gruppo di bulli: il trio capitanato da Conny è
la forza che si oppone con prepotenza all'esistenza di Oskar,
l'ostacolo più grande che il bambino sarà costretto a superare
per cominciare a crescere. Anche qui, Tomas Alfredson è abile
nel bilanciare la brutalità con la delicatezza: nonostante si
tratti di bulli che fanno cose orribili, si tratta pur sempre di
bambini che, come si scoprirà nel pre-finale della piscina, non
fanno altro che imitare il mondo degli adulti per riuscire ad
accedervi, proprio come farà lo stesso Oskar.
L'equilibrio tra bene e male è labile e per niente chiaro, e
la rincorsa tra bulli e vittime segue percorsi tanto intricati
da risultare indissolubili: così Conny è al tempo stesso vittima
e bullo, oppresso e oppressore, e come lui lo sono anche gli al-
tri due.
È interessante notare la costituzione fisica di uno dei due
aiutanti di Conny, quello di cui non viene mai rivelato il nome:
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