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Premessa
Eventi meteorologici estremi come cicloni, alluvioni, siccità, ondate di caldo e di
gelo ci mostrano costantemente che è ormai in atto un cambiamento climatico
globale.
Dall’avvenire della rivoluzione industriale in poi, l’attività antropica è colpevole
dell’incremento esponenziale di gas serra immessi nell’atmosfera, i quali ne stanno
modificando il suo labile equilibrio. Questo incremento è sostanzialmente
conseguenza dell’aumento continuo del consumo di energia e del modo di produrre
energia attraverso la combustione di fonti fossili.
Secondo il rapporto “Climate Change 2014 – Synthesis Report” pubblicato pochi
mesi fa a cura del Intergovernmental Panel of Climate Change (IPCC), la
temperatura media mondiale è aumentata dal 1880 al 2012 di 0,85 °C. Dal 1901 al
2010 il livello del mare è salito di 0,19 m. Per la fine del secolo si stima un ulteriore
aumento delle temperature di 0,3 - 4,8 °C e un innalzamento del livello del mare di
0,26 – 0,82 m in dipendenza dell’attività antropica e naturale di produzione di gas
serra. A livello globale il 2015 è stato l’anno più caldo mai registrato. Questi
allarmanti dati ci fanno comprendere che è necessario intervenire con urgenza al
fine di ridurre drasticamente le emissioni di gas serra così da evitare di consegnare in
mano ai nostri figli un pianeta invivibile.
Verso la fine degli anni ’80 si fece largo l’idea dello sviluppo sostenibile e
nell’opinione pubblica internazionale iniziarono a mostrarsi primi timori collegati ai
cambiamenti del clima. Queste preoccupazioni iniziarono a stimolare un interesse
crescente verso tecnologie energetiche rinnovabili, caratterizzate da emissioni basse
di gas serra.
Così il settore delle energie rinnovabili si è sviluppato costantemente negli ultimi
decenni, soprattutto in ragione delle politiche energetiche destinate ad incentivare la
produzione di energia da fonti rinnovabili adottate dai vari governi che si sono
succeduti. Ma lo sviluppo del settore basta ad evitare o almeno ad attenuare il
cambiamento climatico in corso? Sono sufficienti le misure di politica energetica
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adottate fino ad oggi e quelle previste per i prossimi anni per evitare che il nostro
pianeta Terra diventi un luogo invivibile?
Questa tesi ha come obiettivo principale quello di dare un giudizio in termini di
effettività ed efficienza delle politiche energetiche, analizzando l’andamento delle
relative variabili.
La tesi è strutturata in cinque capitoli. Il primo capitolo illustra le principali
caratteristiche delle fonti di energia, tradizionali e rinnovabili, delineandone i punti
di forza e i limiti in riferimento a diversi fattori: l’inquinamento e l’impatto
ambientale, le caratteristiche della produzione, il rendimento energetico, la
realizzazione e manutenzione degli impianti e le problematiche legate allo
smaltimento dei residui derivanti dalla produzione.
Nel secondo capitolo sono analizzate le azioni di politica energetica europee ed
internazionali, con particolare attenzione allo scenario energetico mondiale,
approfondendo i contenuti della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui
cambiamenti climatici, del Protocollo di Kyoto e lo scenario post-Kyoto. In
relazione alla politica energetica europea sono esaminati i suoi principi cardine: la
lotta ai cambiamenti climatici, la promozione dell’uso di fonti di energia rinnovabili,
la sicurezza dell’approvvigionamento energetico e lo sviluppo dell’efficienza
energetica.
Oggetto di analisi del terzo capitolo è l’incentivazione della produzione di energia da
fonti rinnovabili e l’analisi delle diverse forme di incentivazione adottate in Italia e
nelle maggiori economie mondiali.
Il quarto capitolo dà risalto agli effetti dell’incentivazione in relazione all’andamento
della produzione di energia da fonti rinnovabili, al valore ambientale
dell’incentivazione, alla sicurezza nell’approvvigionamento energetico, al valore
economico generato dal settore e all’andamento del costo dell’energia.
L’ultimo capitolo della tesi osserva il probabile andamento futuro del settore delle
energie rinnovabili in relazione allo sviluppo del fabbisogno energetico mondiale e
all’impatto delle politiche energetiche avverso il cambiamento climatico. Lo sviluppo
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tecnologico, il miglioramento dell’efficienza energetica, la necessità di incentivazione
futura e il raggiungimento della grid-parity saranno ancora oggetto di studio
dell’ultimo capitolo.
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Capitolo I
Le fonti di energia
1.1. Storia delle fonti di energia
Energia - elettricità, luce, calore, forza e movimento che ne derivano - appaiono
oggi cosa ovvia e disponibile in ogni momento. Il concetto di energia quale forza
esterna utilizzabile e riconvertibile è entrato nel nostro lessico da appena due secoli,
dal periodo della rivoluzione industriale. La maggior parte della popolazione è
scarsamente informata su come e da quali fonti abbia origine gran parte dell’energia
prodotta: dalla combustione di fonti di energia fossile. Ciò che oggi maggiormente
viene utilizzato per la produzione di energia provoca danni al clima e depaupera le
risorse indispensabili alle generazioni future. Prendiamo ad esempio il petrolio, la
fonte di energia fossile ed esauribile più importante: oltre che alla produzione di
energia, questo serve quale materia prima per medicinali e materiali sintetici. Le
alternative alla combustione di fonti di energia fossile sono esistite sin dall’inizio e
continueranno ad esistere anche quando i riferimenti all’utilizzo di carbone, petrolio
ed urano per la produzione di energia si potranno trovare solo sui libri di storia.
L’utilizzo consapevole ed intenzionale dell’energia può essere datato ad almeno
600.000 anni fa: nella regione della Cina odierna sono stati ritrovati i resti di un
fuoco da campo risalente a tal periodo. Da fonti meno sicure, si contempla che i
nostri antenati nelle regioni odierne del Kenia e Israele abbiano acceso il fuoco con
pietre focaie già 800.000 anni fa. Il fuoco, prima fonte di energia della storia, veniva
domato molto tempo prima che l’uomo fosse padrone di lingua e scrittura, ulteriori
presupposti fondamentali allo sviluppo della specie umana. La combustione
trasforma la fonte di energia in luce e calore, utilizzabile ad esempio per la
preparazione di cibi oppure per la produzione di vapore acqueo, che in un cilindro
chiuso mette in movimento pistoni, i quali a loro volta mettono in movimento ruote
ferrate: la ferrovia.
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Anche l’utilizzo di altre fonti di energia che oggi chiamiamo rinnovabili, rigenerative
o alternative non sono nuove. Sono stati documentati nel terzo secolo a.C. i primi
mulini ad acqua e a vento nelle regioni della Cina e della Grecia. In assenza
dell’utilizzo dell’acqua corrente e della forza del vento per la produzione di energia,
molte civiltà non si sarebbero mai sviluppate. Verso la fine del 18. secolo i mulini a
vento erano diffusi in gran parte dell’Europa con picchi in Olanda dove si
contavano almeno 10.000 impianti.
Le fonti di energia fossili, una volta estratte e bruciate, non si rinnovano. La civiltà
dell’Isola di Pasqua mostra in modo impressionante quali possano essere le
conseguenze dell’uso sproporzionato delle risorse. Infatti, con molta probabilità
questa civiltà si estinse verso il 1400 in seguito ad un inasprimento dei rapporti
sociali interni dovuto al fatto che il legname presente sull’isola era stato
completamente utilizzato. Lo stesso destino sarebbe stato riservato all’umanità
intera se non fossero state scoperte nuove fonti di energia fossili: carbone, petrolio e
gas naturale. L’utilizzo del carbone quale fonte di energia diede inizio alla prima
rivoluzione industriale dal 1750 in poi. Infatti, l’invenzione della macchina a vapore
alimentata a carbone fu la scoperta più rilevante della prima rivoluzione industriale.
Dal 1890 l’impiego del petrolio diede inizio alla seconda rivoluzione industriale
caratterizzata dall’invenzione del motore a scoppio che permette oggi la mobilità
delle persone e lo spostamento di enormi quantità di merci in tempi brevissimi.
I giacimenti di petrolio in Europa, in Giappone e in America sono assai limitati. Se
prima della seconda rivoluzione industriale, l’interesse politico di queste nazioni era
concentrato in India, Africa e Cina (regioni ricche di oro, diamanti, spezie, seta e
porcellana), con la seconda rivoluzione industriale la loro attenzione si spostò verso
il Medio Oriente, dove il petrolio abbondava. L’influsso degli stati industrializzati nel
Medio Oriente e in altre regioni ricche di petrolio ha provocato lo smembramento
di imperi e la creazione di nuovi stati. Popoli sono stati cacciati dai loro territori,
posizioni di dominanza sono andate a perdere a favore del controllo da parte di
superpotenze (Stati Uniti in primis).
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Ciò che il petrolio, “l’oro nero” significa è palesato da una serie di crisi petrolifere
susseguitesi dopo la seconda guerra mondiale. Le crisi petrolifere del 1973 e 1979
scatenarono aumenti dei prezzi del petrolio motivati da cause politiche nel Medio
Oriente e portarono l’Europa alla recessione per la prima volta nel dopoguerra.
Venne scoperto nel 1890 e studiato intensamente negli anni trenta del secolo scorso
il principio della radioattività. L’energia nucleare è la fonte di energia più “giovane” e
si basa sulla trasformazione dei nuclei atomici, sulle cd. reazioni nucleari. La
trasformazione di nuclei di uranio in plutonio sprigiona un enorme quantità di
energia. Il problema capitale però è la pericolosità del plutonio. Questa venne
dimostrata verso la fine della seconda guerra mondiale quando “Little Boy” distrusse
l’80 % della città Giapponese di Hiroshima e uccise più di 90.000 persone. Le
reazioni nucleari creano scorie radioattive tossiche e difficilmente smaltibili. Il riciclo
delle scorie produce emissioni di gas e di liquidi altamente tossici per i quali non si è
trovato ad oggi un sistema di stoccaggio adeguato. Incidenti come quelli di
Tschernobyl nel 1986 e di Fukushima nel 2011 dimostrano la pericolosità delle
centrali nucleari e le conseguenze catastrofiche che derivano dagli incidenti.
La storia delle fonti di energia per il momento si ferma qui. La scienza e la ricerca
permetteranno in futuro la scoperta di nuovi fonti di energia!? Staremo a vedere.
1.2. Fonti di energia non rinnovabile
Le principali fonti di energia non rinnovabile sono il petrolio, il carbone, il gas
naturale e l’uranio. Queste fonti sono caratterizzate dal fatto di essere destinate a
finire, poiché si tratta di risorse esauribili. Man mano che vengono consumate, lo
stock iniziale si riduce fino all’esaurimento delle risorse. È però enormemente
difficile, se non impossibile, prevedere quando tali fonti sono destinate ad
estinguersi, in quanto non si è a conoscenza dello stock iniziale.
Già più volte si è messo in guardia dall’esaurimento del petrolio, del carbone oppure
è stata messa in dubbio la disponibilità di gas naturale o di uranio. Negli anni ’70 ad
esempio trovò diffusione un pessimismo catastrofico sulla durata delle riserve di
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petrolio. Secondo studi di allora effettuati da esperti, università, centri di ricerca e
dalle principali imprese petrolifere, la produzione avrebbe raggiunto a metà degli
anni ’80 il suo picco per poi essere destinata ad un declino inarrestabile.
Come
sappiamo ciò non si è avverato e, la produzione di greggio nel 2000 risultò più alta
del 25% rispetto a quella della metà degli anni ’80.
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1.2.1. Energia da combustibili fossili
Combustibili fossili sono sostanze organiche che in milioni di anni si sono
trasformate attraverso processi geologici in carbone, petrolio e gas naturale.
Dopo la loro morte, le sostanze organiche vengono in principio ricoperte da fango o
acqua e vengono in tal modo sottratte all’ossigeno presente nell’aria. Il successivo
processo di decomposizione in assenza di ossigeno e per mezzo di microorganismi
trasforma le sostanze organiche prive di vita in composti di carbonio e idrocarburo
o in altri composti con alte concentrazioni di carbonio. A seconda della
composizione delle sostanze organiche e delle condizioni fisico-chimiche (pressione
e temperatura) si formano con il passare di milioni di anni carbone, petrolio e gas
naturale nonché sottoprodotti quali sabbia e scisto bituminoso. Il carbone, il
petrolio e il gas naturale possono essere usati direttamente per il processo di
combustione da cui deriva calore. Dalla sabbia e dal scisto bituminoso devono
invece prima essere estratte le loro componenti minerarie. Ciò significa che è
necessario un ulteriore impiego di energia per permettere l’utilizzo finale di queste
fonti di energia. Le riserve più rilevanti di petrolio si trovano nei cinque Paesi del
Golfo Persico: Arabia Saudita, Kuwait, Iran, Iraq, Emirati Arabi. Questi Paesi
detengono ca. il 65% delle riserve mondiali di petrolio. Altre riserve rilevanti si
trovano in Russia e in Venezuela. Le riserve di carbone invece sono maggiormente
diffuse negli Stati Uniti, in Russia e in Cina. Anche le riserve di gas naturale sono
particolarmente diffuse in Medio Oriente e in Russia.
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1
IEA INTERNATIONAL ENERGY ASSOCIATION, Key World energy statistics, Chirat, Paris (2015)
2
BP (2015)
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Nel 18. secolo il carbone ha sostituito il legno come fonte di energia primaria. Con il
carbone ricco di energia e disponibile in abbondante quantità si svilupparono la
macchina a vapore e la produzione di massa di acciaio ebbe inizio. Con
l’introduzione del motore a scoppio e dell’automobile all’inizio del 20. secolo
l’interesse si spostò dal carbone al petrolio quale materia prima per la produzione dei
carburanti diesel, benzina e cherosene (carburante per l’aviazione). Con l’inizio del
21. secolo invece gli interessi si spostarono ancora una volta e vennero indirizzati
verso il gas naturale. Questo infatti si caratterizza per la possibilità di impiegarlo in
modo immediato e senza impegnative e costose raffinazioni. Rispetto al carbone e al
petrolio la sua combustione è più pulita e produce meno gas inquinanti.
L’impiego di tutti i combustibili fossili ha in comune l’emissione di diossido di
carbonio o meglio conosciuto come anidride carbonica. Di per sé questo gas non è
tossico, però è il maggior responsabile dell’effetto serra, complice dell’aumento delle
temperature medie dell’atmosfera e del cambiamento climatico in atto.
1.2.2. Energia nucleare
La materia prima usata per la produzione di energia nucleare è l’uranio. In natura è
possibile trovare tracce di uranio nelle rocce, nel suolo, nelle acque e in
modestissime quantità persino negli organismi viventi. L’uranio usato per la
produzione di energia viene estratto principalmente da due minerali: l’uraninite e la
carnotite. Dopo l’estrazione, i minerali vengono lavorati con acido solforico per
ottenere l’ossido di uranio (yellow cake). Questo viene poi trasformato in gas per
avviare il processo di arricchimento
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, che dà origine al materiale base per una
reazione nucleare necessaria alla produzione di calore. Nei reattori nucleari il calore
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L’uranio si trova in natura come miscela di differenti isotopi: l’uranio 238 e l’uranio 235 dove l’uranio
235 è solo lo 0,72% del totale dell’uranio. Negli attuali reattori nucleari però solo l’uranio 235 è adatto
ad innescare la reazione nucleare necessaria alla produzione di calore. Di conseguenza l’uranio 235 deve
essere arricchito a scapito dell’uranio 238 con il fine di rendere più efficiente la produzione energetica.
L’arricchimento avviene attraverso diversi metodi: diffusione termica, diffusione gassosa, centrifuga
Zippe, separazione isotopica elettromagnetica, processi laser, metodi chimici o separazioni al plasma.
Ciò che resta del processo di arricchimento è un materiale non pericoloso e molto pesante: l’uranio
impoverito con forte concentrazione di uranio 238.