4
Introduzione
Il nostro pianeta ospita una popolazione di circa 7,6 miliardi di persone: di queste
ogni anno circa 805 milioni soffrono la fame e 36 milioni ne muoiono, mentre 1,5
miliardi sono sovra-alimentati o obesi.
Il cibo è prodotto in abbondanza, ma di circa 4 miliardi di tonnellate di cibo
disponibile annualmente, ne viene gettato via circa 1/3 ancora perfettamente
commestibile. Si tratta di oltre un miliardo e trecentomila tonnellate di derrate, che
potrebbero facilmente coprire 4 volte le necessità delle persone sottoalimentate e
malnutrite, che vengono destinate ad alimentare un circuito insensato, che non solo
ha ricadute negative sul sistema economico a causa dell’enorme spreco di denaro, ma
incide anche sulle risorse naturali, sulla disponibilità delle fonti energetiche, sulla
salute delle persone e, di conseguenza, sulla spesa sociale.
Considerato che intorno al 2050, secondo quanto stimato dall’ONU nel proprio
World Population Prospects 2017
1
(pubblicato il 21/6/2017), la popolazione
mondiale raggiungerà circa 9,8 miliardi di persone, con una crescita concentrata
soprattutto in Asia, Africa e America Latina, risulta di vitale importanza operare fin
d’ora affinché nel futuro l’accesso al cibo sia più equo e meno difficoltoso per le
persone bisognose, garantendo nel contempo un buon livello qualitativo e
nutrizionale, condizione essenziale per la tutela della salute e la prevenzione delle
patologie legate alla cattiva o insufficiente alimentazione.
In Italia, secondo elaborazioni effettuate da Last Minute Market, lo spreco annuo di
cibo è di 1.461.018 tonnellate per quanto riguarda il residuo agricolo in campo
(3,08%), di 2.036.430 tonnellate nell’ambito industriale - produttivo, di 270.776 ton-
nellate nella distribuzione. Senza contare il costo dello spreco domestico che nel
2013, secondo l’Osservatorio Waste Watcher
2
, è costato 8,1 miliardi di euro, pari a
circa 2,5 kg /famiglia di cibo gettato ogni mese, per un costo di 32 euro al mese.
Lo spreco di cibo si verifica in ogni passaggio della filiera, dalla produzione agricola
al consumo casalingo ma, se nei Paesi in via di sviluppo il fenomeno si verifica
soprattutto nei passaggi a monte (con circa 95-115 kg pro-capite/anno di cibo
sprecato), nei paesi sviluppati lo spreco si localizza specialmente a valle, cioè nelle
fasi di distribuzione, ristorazione e consumo domestico (con circa 179 kg pro-capite
in Europa e 149 kg pro-capite in Italia). L’Unione Europea produce circa 88 milioni
di tonnellate di sprechi alimentari ogni anno, pari a un valore di circa 143 miliardi di
euro, che si concentrano per il 70% nelle fasi di consumo domestico, ristorazione e
vendita al dettaglio (Fusions, 2016)
3
.
Tra le cause indicate come corresponsabili del fenomeno dello spreco alimentare nei
Paesi sviluppati, si annovera appunto la mancata percezione da parte del
consumatore del reale valore del cibo, che non va interpretato solo in termini di
apporto nutrizionale e come mezzo per vivere “esperienze sensoriali”, ma come
prodotto finale di un complesso processo che coinvolge un intero “mondo”. Nei paesi
sviluppati inoltre il cibo è caratterizzato dalla sua straordinaria disponibilità e dal
1
Rapporto ONU World Population Prospects 2017 - https://esa.un.org/unpd/wpp/
2
www.progettareineuropa.com/wp-content/uploads/2016/07/Sprechi-alimentari-in-Italia.pdf
3
www.eu-fusions.org
5
costo contenuto: secondo una ricerca condotta da Recoverybrands, piattaforma
online che si occupa di ricerche sulle dipendenze
4
, l’Italia si piazza al nono posto di
una classifica mondiale per calorie ingerite giornalmente: ben 3.700 Kcal circa
procapite quando, secondo l'EFSA, il fabbisogno oscilla tra le 1500 e le 2900 Kcal
procapite, a seconda dell'età, del sesso e delle condizioni fisiche.
5
. L’eccesso di cibo,
unitamente al suo costo limitato (il cibo assorbe circa il 14% del totale della spesa
mensile di una famiglia media in Europa), lo rende una sorta di “lusso accessibile” ad
ampi strati sociali che, indipendentemente dal reddito, pongono scarsa attenzione alla
spesa alimentare e di conseguenza allo spreco.
Nell’immediato futuro sarà dunque essenziale lavorare per trovare un equilibrio
sostenibile tra la produzione e il consumo di alimenti, operando affinché lo spreco di
cibo e la conseguente sperequazione alimentare tra le persone, siano sempre meno
presenti. In questa battaglia sarà essenziale l’apporto di ogni singolo individuo che,
con le sue azioni quotidiane, potrà giocare un ruolo fondamentale. A supporto di
quest’affermazione si ricorda che la FAO, nel suo Rapporto dedicato all'impronta
ecologica determinata dallo spreco di cibo, evidenzia che il comportamento dei
nuclei familiari incide fortemente sull’andamento degli sprechi alimentari, così come
altrettanto determinante è il valore che i consumatori associano al cibo
6
.
L’altro aspetto del tema “spreco alimentare” su cui focalizzare l’attenzione è la
diffusione, ormai da tempo conclamata, della povertà in larghe fasce della
popolazione del mondo occidentale, Italia compresa.
La recessione partita con la crisi del 2008, ha cambiato il panorama sociale italiano:
la povertà si è allargata a macchia d’olio ed è raddoppiata in meno di dieci anni. Oggi
4,6 milioni di persone, quasi l’8% della popolazione residente in Italia, vive in
povertà assoluta. La probabilità di essere poveri è cresciuta soprattutto tra chi si trova
ai margini del mercato del lavoro, ma anche tra gli occupati si registra un gran
numero di bisognosi: ad esempio tra le famiglie operaie il tasso di povertà è passato
dal 3,9% all’11,7%. Le più colpite di solito sono le famiglie giovani e numerose ed
anche i bambini ne sono vittime: infatti sono quasi raddoppiati i bambini sotto i 6
anni che vivono in una condizione di grave deprivazione materiale. La povertà quindi
non può più essere considerata un fatto straordinario, ma ha numeri da fenomeno di
massa, e il welfare italiano sembra poco efficace per contrastarla. Le risorse destinate
alle famiglie in difficoltà, ai senza lavoro e in generale alle situazioni di disagio sono
insufficienti. Le misure contro l’esclusione sociale sono diverse e frammentate, a
volte temporanee, prive di un disegno organico che le tenga insieme
7
.
Considerata l'importanza del tema e il fatto che, anche a livello locale, sono presenti
situazioni di sofferenza da un lato e di spreco eccessivo dall'altro, questa ricerca ha
inteso tratteggiare lo stato dell'arte e trarre delle indicazioni per l'eventuale futura
adozione di buone pratiche. Infatti, nel nostro territorio sono presenti sia importanti
4
Articolo pubblicato su La Cucina Italiana https://www.lacucinaitaliana.it/news/salute-e-nutrizione/la-classifica-
dei-paesi-che-consumano-piu-calorie-litalia-e-al-nono-posto/
5
“L'EFSA stabilisce il fabbisogno medio di apporto energetico”
http://www.efsa.europa.eu/it/press/news/130110
6
Slow Food 2015 – http://www.slowfood.com/sloweurope/wp-content/uploads/ITA-position-paper-
foodwaste.pdf
7
http://minidossier.openpolis.it/2016/11/Poveri_noi.pdf (pag. 3)
6
snodi della distribuzione alimentare (che annualmente movimentano parecchie
migliaia di tonnellate di prodotto fresco), sia operatori del Terzo Settore già attivi da
anni nelle operazioni di recupero delle eccedenze alimentari e nella loro
redistribuzione sociale ai bisognosi. In particolare, anche perché già interessato nel
passato recente da uno specifico progetto, nato dalla collaborazione tra l’allora
Provincia di Torino (ora Città Metropolitana di Torino), il Comune di Torino, l’ASL
TO 3, l'elaborato tratterà nello specifico del Centro Agroalimentare di Torino
(CAAT).
L’elaborato è strutturato in tre capitoli.
Nel primo, oltre ad inquadrare la problematica a livello globale, europeo e nazionale
e a dare cenni sulle sue cause ed evoluzione, si tratteranno le ricadute economiche,
sociali e ambientali derivanti dal fenomeno. Inoltre, si tratterà delle policy, facendo
una panoramica delle leggi vigenti, da quelle europee fino a quelle regionali,
mettendone in evidenza i caratteri principali, infine operando un raffronto tra le
recenti leggi francese n. 138/2016 (“Lutte contre le gaspillage alimentaire”) e
italiana n. 166/2016 la cosiddetta Legge Gadda.
Nel secondo capitolo si descriveranno le iniziative intraprese da soggetti politici, a
livello internazionale, Comunitario, italiano e locale (Regione Piemonte, Città
Metropolitana di Torino, Comune di Torino). Inoltre, verranno sintetizzate anche le
iniziative operative intraprese dai soggetti del Terzo settore e del profit.
Nel terzo capitolo il focus riguarderà le attività di lotta allo spreco nell'ambito dei
mercati agroalimentari. Dopo una rapida carrellata sui principali mercati
agroalimentari europei (Parigi, Barcellona, Monaco di Baviera) si passerà all’esame
di quelli italiani, contattati direttamente e invitati a rispondere a un questionario
elaborato appositamente. Il capitolo proseguirà, come detto in precedenza, con la
parte di ricerca dedicata al Centro Agroalimentare di Torino, mediante una disamina
delle attività finora condotte e dei risultati raggiunti. Inoltre, verranno riportate le
riflessioni e gli spunti emersi durante le interviste fatte ai responsabili del CAAT,
dell'APGO (Associazione Piemontese Grossisti Ortofrutticoli) e ad alcuni grossisti,
raggiunti sempre mediante un questionario elaborato appositamente, oltre che del
rappresentante del Banco Alimentare del Piemonte. Sulla base di quanto emerso
dalla ricerca e dai colloqui con gli stakeholder, il capitolo proseguirà con la disamina
delle problematiche emerse in ambito CAAT. Infine, si concluderà con una carrellata
di alcune tra le buone pratiche segnalate a livello europeo, oltre che su alcune ipotesi
per la definizione di buone pratiche in ambito locale.
7
CAPITOLO I: Lo spreco alimentare nel mondo occidentale
Il tema degli sprechi e delle perdite alimentari ha assunto negli ultimi anni, come
descritto nell'Introduzione di questo elaborato, un’importanza crescente all’interno
del dibattito internazionale sulla sostenibilità dei modelli di produzione e consumo. Il
dibattito, sorto ormai più di 45 anni fa con la pubblicazione del Rapporto “The
Limits to Growth”, commissionato dal Club di Roma, ha attraversato innumerevoli
fasi e generato molte azioni tutte volte a “ricondurre lo sviluppo sui binari della
sostenibilità” e a “dissociare il consumo di risorse e il degrado ambientale dallo
sviluppo economico e sociale”. Come si afferma nel lavoro di Andrea Segrè e Paolo
Azzurro
8
“la necessità e l’urgenza di ridurre gli sprechi e le perdite lungo la filiera
agro-alimentare si basano sugli stessi presupposti di carattere sociale, ambientale
ed economico che hanno ispirato nel corso degli ultimi 40 anni il vasto dibattito
sulla sostenibilità di un modello economico fondato sulla crescita continua e sullo
sfruttamento senza limiti delle risorse naturali”. Il fenomeno è proseguito nel tempo
e va via via intensificandosi anche a causa di fattori quali la pressione sull’ambiente
e sulle risorse naturali esercitata dalla filiera agroalimentare, le prospettive di crescita
della popolazione mondiale e la progressiva modifica dei regimi alimentari in molti
paesi verso diete a maggior consumo di prodotti di origine animale.
Nei paragrafi che seguono verranno citati gli aspetti salienti del fenomeno, con
particolare riguardo alle sue cause, diffusione, evoluzione sia a livello globale sia in
ambito UE e italiano. Si affronteranno anche le tematiche legate agli impatti che il
fenomeno produce a livello globale e locale su diversi aspetti: ambientali, economici,
sociali. Infine, si tratteggerà il capitolo riguardante le politiche messe in atto finora,
ai diversi livelli, per contrastare e prevenire il fenomeno. La trattazione completa
degli argomenti esposti è visibile all'Allegato I di questo elaborato.
1. Cenni sul fenomeno, sua evoluzione e distribuzione
1.1 Mondo
I dati sullo spreco alimentare globale sono drammatici: ogni anno 1/3 del cibo mon-
diale va perduto o sprecato e queste perdite avvengono lungo l'intera catena di ap-
provvigionamento, “dalla fattoria alla forchetta”. Oltre al cibo, naturalmente, vi è an-
che uno spreco abnorme di manodopera, di acqua, di energia, di terra e di altri mezzi
di produzione. Addirittura, si stima che se la perdita di cibo e gli sprechi fossero un
Paese, questo rappresenterebbe il terzo maggior produttore globale di gas serra dopo
gli Stati Uniti e la Cina.
Il fenomeno dello spreco e delle perdite alimentari assume proporzioni differenti nel-
le diverse regioni del mondo. Se nei paesi sviluppati si spreca circa il 56% e le perdi-
te più significative si verificano nelle fasi finali della filiera agroalimentare (consumo
domestico e ristorazione in particolare), nei paesi in via di sviluppo invece si spreca
circa il 44% e le perdite maggiori si concentrano nella prima parte della filiera agroa-
limentare, soprattutto a causa dei limiti nelle tecniche di coltivazione, raccolta e con-
8
http://fondazionefeltrinelli.it/app/uploads/2016/12/Spreco-alimentare_-Andrea-Segre-e-Paolo-Azzurro.pdf
8
servazione, o per la mancanza di adeguate infrastrutture per il trasporto e
l’immagazzinamento.
9
Lo spreco è strettamente correlato all'andamento economico del Paese di riferimento
e alle conseguenti modifiche nello stile di vita delle persone, compreso il cambia-
mento delle abitudini alimentari, man mano sempre più globalizzate. A titolo di
esempio basti pensare che, dal 1974 a oggi, lo spreco alimentare nel mondo è aumen-
tato del 50% e che il fenomeno non pare destinato a un’inversione di tendenza.
1.2. UE
Secondo la Commissione europea, ogni anno nell’UE sono sprecati circa 88 milioni
di tonnellate di cibo
10
e si stima che lo spreco alimentare complessivo salirà a circa
126 milioni di tonnellate entro il 2020.. I dati sullo spreco di alimenti variano signifi-
cativamente a seconda della fonte: ciò, con ogni evidenza, è determinato dalla diver-
sa interpretazione di ciò che costituisce “spreco alimentare” e le diverse metodologie
utilizzate per misurarlo. Vari studi presentano dati divergenti per ciascuno dei settori
della filiera alimentare. Nella tabella 1
11
realizzata dall'Istituto delle risorse mondiali
(WRI)
12
vengono presentati i risultati di alcuni di questi studi; si può vedere che lo
spreco di alimenti ha luogo lungo l’intera filiera, sebbene sia necessaria cautela nel
raffronto dei risultati, dato che la metodologia e la definizione di “spreco alimentare”
utilizzate non sono omogenee.
Il tema dello spreco alimentare nel mondo occidentale e, nello specifico, in Europa è
strettamente correlato all'evoluzione dei sistemi produttivi, della sfera socioeconomi-
ca e dei consumi che, a partire dagli anni del secondo dopoguerra, ha fortemente in-
fluenzato lo stile di vita delle popolazioni.
I progressi compiuti dall'umanità, prima con la Rivoluzione verde del 1945-1970, poi
con la progressiva industrializzazione e inurbazione sempre più marcate, se da un la-
to hanno svincolato ampie fasce di popolazione dallo spettro della Fame, dall'altro
hanno sminuito via via il valore del cibo, passato da un ruolo centrale nelle società
contadine a quello di mera merce, al pari di tutte le altre. Merce senza particolare va-
lore e quindi oggetto di abuso e di spreco.
Un dato interessante, che dà conto di questo fenomeno, è che il consumo di alimenti
pro-capite che, nei primi anni Settanta ammontava a circa 2.370 Kcal/persona/giorno,
nel 2005/07 ha raggiunto le 2.770 Kcal/persona/giorno, per arrivare (dati 2015) a ol-
tre 3.500 Kcal/persona/giorno in Italia e circa 3.800 Kcal/persona/giorno in Austria e
in Belgio.
13
Nei paragrafi che seguono vengono riportate alcune riflessioni al riguardo.
9
http://tesi.eprints.luiss.it/18866/1/186351_ERRICO_PIERFRANCESCO.pdf
10
http://europa.eu/rapid/press-release_MEMO-16-3989_it.htm
11
https://www.eca.europa.eu/Lists/ECADocuments/SR16_34/SR_FOOD_WASTE_IT.pdf
12
http://www.mtt.fi/foodspill, 2011; https://www.fh-muenster.de/isun/lebensmittelabfall-projekte.php, 2012;
Gustavsson e altri, ITAS-calculations based on the SIK-methodology, 2013; FUSIONS, Estimates of European
food waste levels, 2016
13
https://www.lacucinaitaliana.it/news/salute-e-nutrizione/la-classifica-dei-paesi-che-consumano-piu-calorie-
litalia-e-al-nono-posto/
9
Tabella 1: Percentuale di alimenti sprecati nelle varie fasi della filiera alimentare
secondo diversi studi
2 Lo studio riconosce che vi è un’incertezza moderatamente alta circa questa stima.
In particolare, per i dati relativi al settore della produzione, le stime sono basate su
dati provenienti da sei paesi soltanto e le incertezze stimate del ±17 % sono proba-
bilmente sottostimate.
1.3. Italia
L’evoluzione dei comportamenti di consumo alimentare e, di conseguenza, alla pro-
pensione allo spreco, riflette l’evoluzione economica del Paese e degli stili di vita
degli italiani. La tabella n.2 che segue riassume il rapporto degli italiani con i con-
sumi, in particolare quelli alimentari, a partire dai cambiamenti strutturali che hanno
interessato l’economia e la società italiana dal dopoguerra a oggi.
14
Come si può notare dalla lettura della tabella l'evoluzione dei consumi ha determina-
to, per molti versi, un'involuzione nei comportamenti d'acquisto e, di conseguenza,
nel peso che ognuno di noi ha assunto nei riguardi della pressione esercitata sul Pia-
neta. Ma negli ultimi anni, a causa della crisi economica globale che si è manifestata
a partire dal 2007, si è assistito a un’inversione di tendenza che, forse, può far ben
sperare.
La crisi economica ha fatto emergere, almeno a livello nazionale, una diminuzione
nell’acquisto alimentare delle famiglie, le quali hanno ridotto lo spreco di cibo del
57%; per risparmiare, gli italiani hanno iniziato riducendo le quantità acquistate, riu-
tilizzando gli avanzi e prestando maggior attenzione alle scadenze, in vista di una
migliore programmazione del proprio portafoglio acquisti.
La riduzione nei consumi alimentari ha colpito soprattutto le regioni a minor reddito
e quelle con prevalenza di popolazione anziana, interessando in particolare i ceti so-
ciali medio - bassi. La stretta economica, oltre a portare a una riconfigurazione “for-
zata” del paniere alimentare, ha avuto come effetto collaterale e non secondario una
14
http://www.gruppo2013.it/working-paper/Documents/I%20consumi%20alimentari%20-
%20Gruppo%202013.pdf
10
miglior gestione della dispensa casalinga e una conseguente riduzione dello spreco
alimentare.
Tabella 2: L’evoluzione dei consumi in Italia, Fonte Censis 2008 – modificata
2. Definizione del fenomeno, fasi della filiera in cui si manifesta
Una definizione univoca di “spreco alimentare” non è stata ancora raggiunta, visto
che varia da paese a paese e, inoltre, non esistono dati omogenei e confrontabili a li-
vello europeo per misurarne l’entità. In questo paragrafo ne vengono riportate soltan-
to alcune, rimandando per una panoramica più completa all'Allegato I di questo ela-
borato.
La definizione “quantitativa” del food waste, che prende in considerazione tutte le
fasi della filiera agroalimentare, propone di distinguere tra:
15
• “food losses”, ossia le perdite che si determinano a monte della filiera
agroalimentare, principalmente in fase di semina, coltivazione, raccolta, trat-
tamento, conservazione e prima trasformazione agricola, perdite solitamente
causate da inefficienze nella filiera;
• “food waste”, ossia gli sprechi che avvengono durante la trasformazione in-
dustriale, distribuzione e consumo finale.
15
FAO (2011), Global food losses and food waste, FAO, Rome