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PREMESSA
La Terza Sonata op. 46 di Dmitrij Kabalevskij (1946) si inscrive in un contesto
culturale ed in un periodo storico ben precisi: la Russia della metà del XX secolo. Dal
contesto ne trae il linguaggio tipico della musica russa, ricco di sonorità folkloristiche
ma anche di non poche contraddizioni stilistiche; nei confronti del periodo si propone
invece come una scherzosa e ironica evasione che possa voltare pagina – almeno
apparentemente – sulla seconda guerra mondiale appena conclusasi. La Sonata verrà
pubblicata nel 1946, ma era stata già completata l’anno precedente; pertanto l’autore
si era dedicato alla stesura dell'opera in pieno clima bellico.
Non diversamente rispetto alla stragrande maggioranza dei suoi colleghi compatrioti,
lo stile di Kabalevskij non nasconde le proprie radici culturali. Le sue composizioni
godono di una forte riconoscibilità grazie alle strette connotazioni che la musica
classica russa ha storicamente avuto con la musica popolare; peculiarità che, in virtù
di composizioni elaborate sotto il profilo formale-armonico – ma dai contenuti e dalle
sonorità nuove e caratteristiche – hanno posto la musica russa come nuovo
contraltare “colto” alla musica occidentale. Per questa ragione, prima di analizzare la
Sonata op.46 di Dmitrij Kabalevskij, oggetto di questa tesi, risulta necessario tracciare
un excursus storico-stilistico, seppur breve, sulla musica russa: esso ci permetterà di
comprendere appieno le scelte che il compositore opera all’interno della Sonata, scelte
che rimandano inequivocabilmente alla propria identità nazionale.
La presente dissertazione si articola in quattro capitoli.
Il primo capitolo traccia le origini della musica russa partendo da Glinka, considerato
il capostipite della scuola russa; il capitolo mette in luce la lunga genealogia di musicisti
– e le reciproche influenze – che da Glinka e Dargomyžskij giunge – passando per
compositori quali Rimiskij-Korsakov e Čajkovskij – fino a Kabalevskij.
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Il secondo capitolo è dedicato a Dmitrij Kabalevskij, del quale viene presentato un
ampio profilo biografico e una sintesi stilistica.
Nel terzo capitolo, dopo aver brevemente introdotto la produzione sonatistica
dell’autore, ci si sofferma sulla Terza Sonata per pianoforte op. 46. Il capitolo si
articola in tre paragrafi – ognuno riguardante un tempo della Sonata – e sviluppa
un’ampia analisi del brano che ne illustra gli aspetti più caratteristici dal punto di vista
formale, armonico, melodico, ritmico e di scrittura.
Infine, il quarto capitolo – che si può considerare il fine ultimo del presente lavoro di
ricerca – si propone come un ambizioso tentativo di indagine analitico-interpretativa
condotta attraverso la comparazione di cinque diverse interpretazioni della Sonata op.
46. Le interpretazioni prese come basi di ricerca corrispondono a cinque incisioni
discografiche – avvenute tra il 1947 ed il 2005 – di cinque diversi (per formazione
artistica e culturale) interpreti.
L’obiettivo dell’analisi comparata presentata nel quarto ed ultimo capitolo, lungi dal
fornire un giudizio sulle singole incisioni interpretative, si concentra innanzitutto sulla
possibilità di mettere in relazione il lavoro analitico con il momento
dell’interpretazione di un brano musicale. Attraverso la valutazione dei tratti comuni
e delle principali differenze esistenti tra le diverse interpretazioni della Sonata op. 46,
il presente lavoro si propone di evidenziare se – e in che modo – una cultura, una
scuola, e perfino una connotazione geografica possano influenzare la lettura
interpretativa di un brano musicale.
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CAPITOLO I
La musica russa da Glinka a Kabalevskij
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In ambito accademico lo studio sulle origini della musica russa ha riscosso interesse
solo in tempi abbastanza recenti. La ragione di questo mancato approfondimento si
deve ad una mentalità prevalentemente “occidente-centrica” che per decenni, forse
con un po’ troppa presunzione e superficialità, poco si è interessata alla produzione
strumentale (e non solo) di paesi non occidentali. L’obiettivo di questo capitolo è di
illustrare, dal punto di vista storico, le principali vicende che hanno caratterizzato lo
sviluppo della musica russa dalla fine del XVIII secolo alla prima metà del Novecento,
epoca in cui si inserisce la personalità artistica di Dmitrij Kabalevskij.
1.1 LA RIVOLUZIONE CULTURALE DI PIETRO IL GRANDE NEL XVIII
SECOLO
La società russa del XVIII secolo non offriva un’immagine di sé particolarmente
incline al libero pensiero e alla libera produzione artistica: la schiavitù era presente ed
il governo autocratico si poneva più come limite che come risorsa per lo sviluppo del
paese.
Fin dalla nascita del primordiale stato russo – nel 882 Kiev diventa la prima capitale
di uno stato che inglobava diverse popolazioni (finniche, lituane, slave) – la musica
ha caratterizzato la quotidianità di questi popoli: dalla musica dei giullari, dei
saltimbanchi e degli acrobati (circensi ante litteram), alla musica sacra cantata (senza
strumenti ed in monodia) nelle chiese bizantine. Possiamo intendere pertanto lo
sviluppo della musica russa come un percorso parallelo a quello ben più noto della
musica occidentale, con un’evoluzione analoga che le caratterizza sia in ambito sacro
che in ambito profano. Dal punto di vista culturale (non solo musicale), il XVIII
secolo costituisce tuttavia uno snodo importante: l’ascesa al trono di Pietro il Grande
a soli dieci anni, avvenuta nel 1682, ed i successivi 43 anni di governo, trasformeranno
la Russia in una nazione dal governo solido, ma soprattutto alimenteranno la nascita
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di una profonda cultura nazionalistica. La Russia si aprirà al mondo circostante
diventando approdo per i musicisti occidentali che vi eseguiranno le loro opere,
dando inoltre la possibilità ai propri musicisti di andare all’estero a studiare la musica
occidentale, in pieno classicismo. Questo interscambio culturale, concreta
contaminazione reciproca di conoscenze e stili, porterà alla formazione della prima
scuola di composizione russa.
Negli ultimi anni del XVII secolo, lo zar aveva cominciato la sua grande operazione
di modernizzazione del paese russo. Dal primo gennaio 1700 aveva imposto
l’abbandono del calendario bizantino a favore di quello giuliano e, in maniera non
velata, stava contribuendo all’occidentalizzazione del paese anche sotto il profilo
estetico
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. Lo zar si dimostrò particolarmente sensibile allo sviluppo della musica, tanto
da cancellare – tramite specifica ordinanza governativa – il divieto che gravava sulla
musica popolare, fortemente condannata da parte della chiesa. Obbligò inoltre i ceti
nobili a partecipare ai concerti settimanali (organizzati dallo zar stesso) durante i quali
venivano eseguite musiche di compositori quali Vivaldi, Corelli ed altri;
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ciò favorì la
circolazione della musica occidentale fra i ceti ricchi ma soprattutto diffuse la pratica
di far studiare questo repertorio alle nuove generazioni russe. La peculiarità della
musica russa nasce dalla commistione tra la musica europea e la ben più consolidata
tradizione folklorica dei kants: essi erano una forma canora non sacra
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, ma tuttavia
accettata dalla Chiesa, divenuta popolare nella seconda metà del XVII secolo
principalmente a Mosca.
L’ondata modernizzatrice di Pietro il Grande porterà alla nascita dei primi teatri e
spingerà i compositori russi a cimentarsi in opere liriche, ispirandosi ai testi di poeti
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Si racconta che una folla di boiari e ufficiali, avendo saputo che lo zar era nella propria città, andò a trovarlo per
dargli il benvenuto. Lo zar dopo averli accolti prese un rasoio e tagliò a tutti le barbe compiendo un gesto
considerato peccato per i russi; egli impose anche l’abbandono dei tradizionali abiti moscoviti in favore di un
abbigliamento più occidentale. [Fonte] VOLTAIRE, Anecdotes sur le czar Pierre le Grand, da Oeuvres de Voltaire,
Dresda, G.-C. Walther, 1748, tomo II, pagg. 242-256.
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J. BAKST, A History of Russian-Soviet Music, Binghamton (N.Y.), Dodd, Mead & Company New York, 1962, p.19
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I kants avevano forma strofica e struttura A-A1-B-A2-B in tonalità maggiore o minore.
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russi da un lato, ed alla situazione sociale che affliggeva principalmente i contadini –
ancora in condizioni di schiavitù – dall’altro. Il contesto creato dallo zar aveva reso
possibile la democrazia nell’arte, ma non ancora nella società. La diffusione dei canti
in Russia nel XVIII secolo anticiperà quella che in Europa sarà la diffusione delle
romanze; essa porterà la musica russa verso tendenze più introspettive e vicine al
sentimentalismo. Dal punto di vista strumentale, gli accompagnamenti musicali
divennero più elaborati e ricercati, capaci di portare l’ascoltatore in mondi
immaginari. L’evoluzione compositiva fu anche favorita sia dai molti compositori
europei approdati in Russia – fra gli italiani Araja, Galuppi, Sarti e Cimarosa – sia dai
compositori russi andati a studiare fuori. Il repertorio strumentale comprendeva
principalmente danze, minuetti, polacche, valzer, quadriglie, e arrangiamenti di canti
popolari o sacri. Le sonate per tastiera venivano composte per lo più dai compositori
europei in Russia, influenzando non poco la nascente pratica della composizione di
sonate da parte degli autori russi.
La grande rivoluzione culturale iniziata da Pietro il Grande era stata da stimolo per la
produzione di un repertorio nuovo per il contesto russo: composizioni per tastiera,
tastiera e violino, ed altre formazioni cameristiche; ciò rese il clavicordo lo strumento
sempre più diffuso nelle case dei russi. Fra i principali compositori russi del XVIII si
ricordano Chandoškin e Bortnjans’kyj
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. Saranno questi due autori ad agire da anello
di congiunzione fra la musica del XVIII e quella del XIX secolo: il secolo di Glinka e
Dargomyžskij, di Čajkovskij e del Gruppo dei Cinque. Infine, da questi ultimi autori
la fama della musica russa varcherà definitivamente i confini nazionali e influenzerà a
sua volta l’occidente musicale.
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Ivan Chandoškin (1747-1804) fu violinista e pianista. Si dedicò alla composizione per questi due strumenti, e fu
considerato il più raffinato violinista del XVIII secolo [Fonte] G. NORRIS, Ivan Chandoškin, The New Grove Dictionary
of Music and Musicians online. Dmytro Stepanovyč Bortnjans’kyj (1751-1825) fu un pianista virtuoso, fortemente
influenzato dalla scuola italiana e da quella viennese. Compose sonate impegnative, musica da camera e sinfonie;
[Fonte] Cfr. 2