Introduzione
Sulle sponde mediterranee si sono consolidate, nel tempo, civiltà, culture e mentalità
diverse, differenze che permettono di considerare questo mare come un’idrovia per
interscambi culturali e commerciali. Il Mediterraneo non é un mare e non ha una
frontiera liquida che si puó espandere a piacimento: é un insieme di terre, popoli e
culture diverse impregnati di sentimenti e spesso anche di atti di guerra. Basta guardarsi
intorno per vedere questi segni indelebili, a partire dalla Sicilia che conserva ancora i
segni storici di un passato immerso nel Mediterraneo e tutt’ora protagonista dei recenti
sviluppi geopolitici. Tracciare un profilo del Mediterraneo mettendo a fuoco l’attuale
crisi dei migranti e gli aspetti militari ad essa connessi non é assolutamente facile. É
sorprendente unire l’ottica militare a quella socio-politica e scoprire le ragioni storiche
dei flussi migratori che a loro volta generano tensioni che poi culminano con altri
interventi militari, proprio quando le politiche sembrano fallire o non essere sufficienti.
Questa tesi affronta il tema della crisi dei migranti nel Mediterraneo da uno specifico
punto di vista; quello degli interventi militari messi in atto per fronteggiare il problema
della sicurezza e della gestione di tale crisi.
Nel primo capitolo vengono analizzati i flussi migratori e le politiche di gestione di
questo fenomeno in Italia e in Europa. Il periodo storico preso in considerazione va dal
secondo dopoguerra in poi, passando attraverso i cambiamenti della fine della Guerra
Fredda fino ai recenti sviluppi. Particolare attenzione viene posta all’ultimo decennio,
anni nel quale il Mar Mediterraneo è divenuto testimone di un'intensa immigrazione via
mare da parte di migliaia di migranti provenienti soprattutto dal continente africano e
che puntano principalmente le coste italiane.
Nel secondo capitolo si cerca di definire un quadro giuridico alla luce
dell’intensificazione degli sbarchi clandestini, sempre piú misti e imprevedibili. Il
controllo degli spazi marini alle frontiere, la disomogeneità sia del quadro giuridico
sulle procedure di ingresso sia della prassi applicativa di ogni singolo Stato membro,
ha mostrato di avere conseguenze preoccupanti sui diritti dei migranti stessi ed ha creato
una serie di controversie tra Stati confinanti, oltre ad un'instabilità socio-politica
internazionale accompagnata da una ridefinizione delle priorità nella cooperazione del
Mar Mediterraneo. Nella fattispecie viene preso in considerazione il caso della Cap
Anamur.
Il terzo capitolo esamina gli interventi militari italiani nel Mediterraneo con particolare
attenzione alle piú recenti operazioni Mare Nostrum e Mare Sicuro, missioni che hanno
di fatto intensificato azioni che la Marina e l’Aeronautica hanno storicamente svolto in
maniera costante.
Nel quarto capitolo vengono esaminate le attuazioni operative delle politiche di difesa
e di sicurezza dell’Unione europea, nonché le difficoltá storicamente avute
nell’affrontare la crisi mediterranea. Dopo un’ampia analisi della strategia europea,
vengono analizzate le operazioni di FRONTEX con le sue derivazioni fino
all’operazione Sophia-Eunavfor Med ed i vari sistemi messi in atto dall’Unione stessa.
Il quinto capitolo chiude questo studio ampliando il contesto geopolitico alla NATO
che negli ultimi anni sta cooperando sempre piú con l’Unione europea. Dopo aver
trasformato il suo concetto strategico originario, l’Alleanza ha sempre operato per la
sicurezza del mar Mediterraneo fino a prendere coscienza dell’aggravarsi della crisi
mediterranea con il lancio dell’operazione Sea Guardian.
Questo studio non offre risposte chiuse, ma un’analisi storica e tecnica degli
avvenimenti militari con dei risultati per nulla scontati e che spesso aprono ad altri
scenari ed interrogativi. L’impiego delle forze militari é stata la soluzione estrema a
situazioni di contingenza, laddove le politiche hanno fallito e le vittime in mare sono
aumentate, queste operazioni hanno trascinato durante il loro svolgimento critiche e
perplessitá, risultati e conseguenze. L'Italia ha rappresentato il centro naturale del
Meditterraneo, promotrice di politiche e di iniziative, portavoce dei problemi del
famoso fianco Sud lanciando appelli prima all’Europa e poi alla comunitá
internazionale.
1. L’Italia e la crisi migratoria nel Mediterraneo
1.1 Le migrazioni euromediterranee dal secondo dopoguerra
Il Mediterraneo ha assunto il significato storico di “centro del mondo”: esso infatti
nell’antichità rappresentava il crocevia delle civiltà ed ancora oggi è culla delle culture
che lo attraversano. Negli anni, questo “pezzo di mare” si è drammaticamente
trasformato in un ostacolo, teatro di una delle più grandi tragedie degli ultimi tempi; il
disordine che l'ha investito rappresenta una sfida esistenziale per l’Italia e per l’Europa
1
.
La minaccia terrorista e il flusso di migranti che giungono ai nostri confini, hanno
messo in discussione i valori su cui è nata l'Unione Europea tirando in causa la nostra
identità culturale e la coesione politica
2
. L’Italia ha sempre svolto un ruolo importante
nel Mediterraneo, ruolo ulteriormente confermato dalle imminenti sfide da affrontare:
la sconfitta di Daesh
3
, l'avvio di una transizione politica in Siria e la nascita di un
governo di concordia nazionale in Libia. Il concetto geopolitico della regione
mediterranea si è cosí allargato, includendo nuovi corridoi marittimi fino al Golfo di
Aden, e nuovi corridoi terrestri nei territori africani dove la fragilità istituzionale
favorisce il traffico degli esseri umani che non rappresenta solo un'emergenza
passeggera nazionale per l’Italia, ma per il futuro di tutta l'Europa.
1
Crisi nel Mediterraneo Il ruolo dell'Italia e la coalizione anti-Isis (Corriere della Sera).
http://www.esteri.it/mae/it/sala_stampa/archivionotizie/interviste/2015/12/crisi-nel-mediterraneo-
il-ruolo.html. URL consultato il 13 febbraio 2017.
2
Rome Med Dialogues 2015 “Rome MED: Beyond Turmoil. A positive Agenda”. Convegno sul
Mediterraneo che il ministero degli Affari esteri e l’Ispi (Istituto per gli studi di politica internazionale)
promuovono generalmente ogni anno a Roma nel periodo di Dicembre sotto l’Alto Patronato del
Presidente della Repubblica. Nel 2015 hanno preso parte 150 leaders in rappresentanza di governi,
organizzazioni internazionali, business community e civil society dei Paesi della sponda Nord e Sud del
Mediterraneo.
3
I leader politici internazionali si riferiscono all’ISIS chiamandolo “Daesh”. Esistono altri due modi per
definire l’ISIS: “ISIL”, cioè una diversa interpretazione dello stesso acronimo che dà origine a ISIS, e
ancora “Stato Islamico”, cioè il nome con cui il groppo chiama se stesso dal giugno 2014. Sintetizzando,
possiamo comunque dire che usare “Daesh” al posto di ISIS o ISIL o Stato Islamico ha una valenza molto
precisa, e cioè quella di escludere parzialmente l’aggettivo “islamico” dal concetto di ISIS.
Dopo la Seconda Guerra Mondiale l'area euro-mediterranea é stata interessata da flussi
migratori senza precedenti nella storia moderna. Sebbene la forma, la dinamica e la
logica delle politiche immigratorie siano state diverse da un paese all'altro, si possono
tuttavia identificare dei trends comuni che permettono di tracciare degli orientamenti
generali
4
. Tra il 1945 ed il 1973 si sono sviluppate su un piano essenzialmente bilaterale
dei flussi politici tesi a facilitare o ad incoraggiare l'immigrazione di forza lavoro su
vasta scala sul versante dei paesi dell'Europa centro-occidentale: attraverso accordi,
miravano soprattutto a far corrispondere la domanda di forza lavoro nei paesi
importatori di manodopera con l'offerta di forza lavoro nei paesi esportatori di
manodopera. Tra il 1973 ed il 1985 ci fu un ampliamento dei paesi che davano
accoglienza: all'Europa centro-occidentale si aggiunse infatti, l'Europa meridionale. Il
nuovo orientamento fu cosí quello di introdurre politiche miranti a bloccare ogni
ulteriore immigrazione di forza lavoro proveniente da paesi non appartenenti alla
Comunità Europea e successivamente, furono proposti programmi di incentivazione al
rientro volontario nei paesi di origine. Nello stesso tempo venivano attuate politiche
nazionali di integrazione dei lavoratori migranti volte all’integrazione sociale. I paesi
di invio (Turchia e paesi dell'Africa settentrionale) cercarono di diversificare le
destinazioni della propria eccedenza di manodopera e, soprattutto, di negoziare migliori
condizioni di vita e di lavoro per le proprie comunità di migranti
5
. I paesi di invio
rivolsero la propria attenzione al trattamento riservato ai propri connazionali nei paesi
europei di accoglienza, sia stipulando accordi bilaterali sia, per la prima volta,
introducendo l'argomento nei colloqui e negli accordi multilaterali che si svilupparono
a livello euro-mediterraneo.
4
Simone Paoli, Le relazioni migratorie euromediterranee: una cronologia commentata (1945-1995) -
Università di Padova. 09 Settembre 2014.
5
Nel 1963 la Comunità Economica Europea firmò con la Turchia un accordo di associazione che
prevedeva misure graduali verso la libertà di movimento tra il territorio turco e l'area comunitaria da
raggiungersi entro il 1986 - questa regolamentazione, però, non entrò in vigore entro la scadenza
prevista.
Nel contesto del Dialogo Euro-Arabo, all'inizio degli anni Settanta (1973), venne
lanciata un'iniziativa di confronto e cooperazione tra Comunità Europea e Lega Araba
dove si discusse, su precisa e pressante richiesta dei negoziatori arabi, una carta sulle
condizioni di vita e di lavoro dei lavoratori arabi presenti all'interno dell'area
comunitaria.
Dopo il fallimento delle politiche di blocco del reclutamento di lavoratori stranieri e del
loro rientro volontario in patria, fallimento dovuto alla diffusione dei fenomeni di
immigrazione illegale e, più tardi, dei flussi di richiedenti asilo, i principali paesi di
immigrazione appartenenti alla Comunità Europea decisero di rafforzare la
cooperazione intergovernativa in materia di politiche immigratorie, con lo scopo di
intensificare lo scambio di informazioni. Questo sforzo si concretizzò soprattutto nella
decisione, assunta alla metà degli anni Ottanta dalla Francia, dalla Repubblica Federale
Tedesca e dai paesi del Benelux, di firmare nella cittadina lussemburghese di Schengen
un accordo
6
che, nella prospettiva della realizzazione del mercato unico europeo,
avrebbe dovuto abolire le frontiere interne armonizzando, nel contempo, la gestione e
il controllo di quelle che sarebbero diventate a tutti gli effetti frontiere esterne comuni.
I paesi dell'Europa meridionale come l'Italia e la Spagna si stavano trasformando da
paesi di emigrazione a paesi di immigrazione, trovandosi nella necessità di adottare
politiche restrittive in materia di immigrazione. Il tema delle migrazioni, sia nella sua
valenza sociale che, in senso lato sulla sicurezza dei paesi di accoglienza, divenne
costante in tutte le iniziative politiche che si svilupparono a livello euro-mediterraneo.
6
Francia, Repubblica Federale Tedesca, Belgio, Olanda e Lussemburgo firmarono, nella prospettiva della
realizzazione del mercato unico europeo, il cosiddetto accordo di Schengen, un trattato
intergovernativo che, in materia di circolazione delle persone, prevedeva di eliminare i controlli alle
frontiere comuni, trasferendoli alle nuove frontiere esterne comuni; a questo fine, i contraenti si
impegnavano a armonizzare, se necessario, le disposizioni legislative e regolamentari relative ai divieti
e alle restrizioni sulle quali si basavano i controlli e a adottare misure complementari per salvaguardare
la sicurezza e impedire l'immigrazione illegale di cittadini provenienti da stati non appartenenti alla
Comunità europea.
L'Italia adottò nel 1986, per la prima volta nella propria storia, una legge organica
sull'immigrazione
7
allo scopo di regolarizzare gli immigrati illegalmente residenti sul
territorio italiano. Questa legge prevedeva un sistema teoricamente restrittivo in materia
di ingressi e un sistema teoricamente generoso di tutele e diritti sociali per gli immigrati
legalmente residenti. I paesi membri della Comunità Europea istituirono il Gruppo ad
hoc sull'immigrazione, a sua volta derivato dal Gruppo di Trevi (un organismo
composto dai ministri degli Affari Interni e, più tardi, dai ministri della Giustizia dei
paesi membri della Comunità Europea) creato alla metà degli anni Settanta per
occuparsi di questioni relative al terrorismo e alla criminalità
8
. Il Gruppo di Trevi aveva
finito, alla fine degli anni Ottanta, per allargare le proprie aree di interesse alle questioni
legate all'immigrazione illegale e ai flussi di richiedenti asilo. Il Gruppo fu più
direttamente incaricato di esaminare questioni relative alle migrazioni, approfondendo
temi quali gli accertamenti alle frontiere, la politica dei visti e il contrasto all'uso illegale
dei passaporti e all'uso improprio del diritto di asilo. Nel 1988 i paesi membri della
Comunità Europea istituirono il Gruppo dei Coordinatori sulla Libera Circolazione
delle Persone sulla base delle decisioni assunte dal Consiglio Europeo di Rodi (1988).
Esso era composto da alti funzionari dei Ministeri degli Affari Interni dei paesi membri
della Comunità Europea e da rappresentanti della Commissione Europea, allo scopo di
esercitare una supervisione sulle attività associate alla messa in pratica della libera
circolazione. Il principale risultato del suo lavoro fu il cosiddetto documento di Palma
(1989), che raccomandava di affrontare in modo più coordinato i vari aspetti della
cooperazione in materia di giustizia ed affari interni. I vari gruppi di lavoro costituiti
7
L. 30 dicembre 1986, n. 943 COLLOCAMENTO DI LAVORATORI. Norme in materia di collocamento e di
trattamento dei lavoratori extracomunitari immigrati e contro le immigrazioni clandestine.
8
TREVI è stata una cooperazione intergovernativa - o forum - di funzionari nazionali dei ministeri della
Giustizia e degli Interni della Comunità Europea che è stata creata nel corso del Consiglio europeo
tenutosi a Roma l'1 e 2 dicembre 1975. Ha cessato di esistere quando è stato integrato nel terzo pilastro
"Giustizia e affari interni" (GAI) dell'Unione europea (UE) all'entrata in vigore del Trattato di Maastricht
nel 1992.
nel corso degli anni lavoravano infatti ciascuno per proprio conto, elaborando i loro
rapporti per i ministri di volta in volta competenti per materia
9
. Mentre il collasso dei
regimi comunisti nell'Europa centro-orientale (1989) riportava i timori di una vera e
propria “invasione” di migranti, la prima guerra del Golfo (1990-1991) e poi, la guerra
civile algerina (1992-1994), stimolavano il ritorno di sentimenti anti-arabi e anti-
islamici. La crescita dei richiedenti asilo faceva diventare sempre più attuale e cruciale
il tema della lotta contro i cosiddetti falsi rifugiati: tutti i paesi membri dell'Unione
Europea, inclusi i paesi del Mediterraneo, adottarono e perseguirono politiche
apertamente restrittive in materia di controllo delle frontiere, contrasto all'immigrazione
illegale e limitazione del diritto d'asilo
10
. Nel 1990 l'Italia, su pressione europea, adottò
una legge organica sull'immigrazione
11
che, oltre a una regolarizzazione per gli
immigrati illegalmente residenti sul territorio italiano, prevedeva un sistema
teoricamente restrittivo in materia di controlli alle frontiere, respingimenti ed
espulsioni. Il tracollo dei regimi dell'Europa orientale, simboleggiato nel caso italiano
dall'arrivo delle navi dall'Albania, comportava un cambiamento significativo nella
percezione dei processi migratori da parte del sistema politico e dell'opinione pubblica
italiana. Sino alla fine degli anni '80, pur con molta ambiguitá, l'immigrazione veniva
vista principalmente come un problema di lavoratori stranieri. A partire da questa legge,
conosciuta come legge Martelli, gli stranieri cominciarono ad essere visti come una
realtá caratterizzata piú dall'esigenza di “fuggire” dal proprio paese che non dalla
domanda di lavoro dequalificato come avveniva in passato.
9
Instaurazione progressiva di uno spazio di libertà, di sicurezza e di giustizia, Summaries of EU
legislation, direct access to the main summaries page: http://eur-
lex.europa.eu/browse/summaries.html. URL consultato il 06/02/2017.
10
Simone Paoli, Le relazioni migratorie euromediterranee: una cronologia commentata (1945-1995) -
Università di Padova. 09 Settembre 2014, pag. 21.
11
Il proliferare delle posizioni irregolari negli anni successivi innestó un nuovo ciclo legislativo che portó
nel 1990 all'approvazione della legge 39/90, meglio conosciuta come legge Martelli.