CAPITOLO I: SENTENZA DI NULLITÀ MATRIMONIALE E
PROCEDIMENTO DI DELIBAZIONE
1.1 Il riconoscimento degli effetti civili della sentenza di nullità
matrimoniale
A partire dal 1929, con la stipulazione dei Patti lateranensi con la Santa Sede,
lo Stato italiano si è impegnato ad attribuire effetti civili ed a riconoscere le
sentenze ecclesiastiche di nullità matrimoniale.
Un importante cambiamento in questo panorama è stato segnato dalla Corte
Costituzionale la quale con la sentenza n. 18 del 1982, ha dichiarato
l’illegittimità dell’art. 1 della legge n. 810/1929 nella parte in cui dava
esecuzione all’art. 34 del Concordato poiché tale norma non prevedeva che
«alla Corte d’Appello competesse verificare che nel processo canonico fosse
stata garantita piena tutela al diritto di difesa delle parti assicurandosi il
rispetto del principio del contradditorio, e che la decisione ecclesiastica non
contenesse disposizioni in contrasto con i principi di ordine pubblico
italiano».
1
Questo si è tradotto in una revisione del Concordato lateranense
mediante l’Accordo di Villa Madama
2
, firmato il 18 febbraio 1984, con il
quale si prevede espressamente l’attribuzione di efficacia civile alle sentenze
di nullità pronunciate dai tribunali ecclesiastici ma, a differenza di quanto
avveniva nel regime del 1929, si subordina tale efficacia a controlli diretti a
1
P. DI MARZIO, Il matrimonio concordatario e gli altri matrimoni religiosi con effetti civili, Cedam,
Padova, 2008, pag. 115.
2
Reso esecutivo con l. 25 Marzo 1985, n.121
6
verificarne la compatibilità con alcune esigenze fondamentali
dell’ordinamento giuridico italiano
3
.
L’art. 8.2 dell’Accordo stabilisce ora che le sentenze di nullità matrimoniale
pronunciate dai tribunali ecclesiastici, e dotate del decreto di esecutività
emesso dal Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica, siano dichiarate
efficaci nell’ordinamento italiano con sentenza della Corte d’Appello.
Questa nuova norma non permette più un riconoscimento automatico ed
officioso della decisione canonica; è necessario infatti l’istanza di parte
interessata e alla Corte d’Appello sono demandati alcuni accertamenti, di cui
tratteremo in seguito in modo più approfondito. Gli effetti civili potranno cosi
essere riconosciuti solo al termine di un procedimento di delibazione che si
svolgerà presso la Corte d’Appello.
È bene sottolineare come il percorso intrapreso dall’ordinamento italiano per
raggiungere questo risultato, non sia stato affatto lineare
4
. All’indomani dei
Patti Lateranensi, l’art. 34 prevedeva infatti una competenza esclusiva dei
giudici ecclesiastici nelle cause di nullità matrimoniale; la sentenza
ecclesiastica veniva quindi sottoposta d’ufficio alla Corte d’Appello,
indipendentemente dall’impulso di parte, affinché venissero attribuiti effetti
civili alla decisione. Invero né la disposizione del Concordato né quelle della
legge di attuazione attribuivano dei poteri di controllo alla Corte d’Appello, da
qui l’ufficiosità ed automaticità del riconoscimento delle decisioni canoniche
5
.
Proprio il carattere automatico del riconoscimento ha destato grandi
preoccupazioni in dottrina e in giurisprudenza poiché si riteneva che in questo
3
O. FUMAGALLI CARULLI, Società civile e società religiosa di fronte al Concordato,
V&P, Milano, 1983.
4
G. DAMMACCO, Riflessioni sul c.d. processo di delibazione delle sentenze ecclesiastiche di nullità
in AA.VV., Concordato e legge matrimoniale, a cura di Bordonali S. e Palazzo A., Napoli, 1990.
5
M. CANONICO, L’efficacia civile delle sentenze ecclesiastiche di nullità matrimoniale, Edizioni
Scientifiche Italiane, Napoli, 1996.
7
modo venisse violato il diritto di difesa, costituzionalmente garantito dal
nostro ordinamento
6
. La Corte di Cassazione con la sentenza n. 2788 del 22
novembre 1966, affermò come questo diritto venisse comunque garantito alla
parti le quali potevano impugnare il provvedimento che rendeva esecutiva la
sentenza. Aggiungeva inoltre che non poteva essere sollevata una questione di
legittimità costituzionale con riferimento alle specifiche norme del Concordato
che disciplinavano il riconoscimento, poiché l’art 7 Cost. aveva permesso il
recepimento dei Patti Lateranensi nell’ordinamento costituzionale. Sebbene
quindi le norme del Concordato potessero apparire in contrasto con le
disposizioni della Costituzione, avrebbero dovuto coesistere.
Successivamente la giurisprudenza di legittimità ha nondimeno dovuto
prendere atto che la società italiana stava mutando e che il diritto si stava
adeguando a questo cambiamento, anche in materia matrimoniale. È degli anni
’70 l’introduzione dell’istituto del divorzio, antecedente storico della più
ampia riforma del diritto di famiglia. La Suprema Corte, dal canto suo, mostra
sempre maggiore attenzione al diritto di difesa nel processo che si instaura
davanti alla Corte d’Appello per il riconoscimento degli effetti civili della
sentenza di nullità matrimoniale
7
. La Corte, ricevuti gli atti ecclesiastici, era
tenuta infatti ad avvertire le parti e ad assicurare loro l’esercizio del diritto di
difesa, oltre a verificare che la sentenza ecclesiastica di nullità matrimoniale
non contenesse disposizioni contrarie all’ordine pubblico italiano
8
. Gli
accertamenti demandati alla Corte d’Appello erano quindi i seguenti: doveva
accertare che il giudice ecclesiastico fosse competente secondo le norme del
diritto canonico e che venisse garantito alle parti il diritto di difesa, ossia il
diritto di agire e resistere conformemente ai principi fondamentali del nostro
6
S. LARICCIA, Esecutorietà delle pronunce ecclesiastiche in materia matrimoniale ed art. 24 della
Costituzione, in GC, 1967.
7
Cass. Sez. I, sent. 3 Aprile 1973, n. 913.
8
P. DI MARZIO, Il matrimonio concordatario e gli altri matrimoni religiosi con effetti civili, Cedam,
Padova, 2008.
8
ordinamento
9
. Questi principi erano già stati introdotti dalla nota sentenza
della Corte Cost. n.18 del 2 febbraio 1982, con la quale si riteneva che il
mancato accertamento di questi due profili comportasse una violazione del
principio supremo dell’ordinamento italiano
10
che garantisce a tutti i cittadini
uguale tutela giurisdizionale
11
.
Se passi avanti erano stati fatti per garantire maggiormente il diritto di difesa,
ancora limitati erano i poteri in capo al giudice dello Stato italiano il quale
doveva limitarsi solamente ad accertare l’esistenza di un provvedimento
emanato dall’autorità ecclesiastica affinché potessero essere riconosciuti gli
effetti civili alla decisione canonica
12
. La Suprema Corte ha così esteso i poteri
che la Corte d’Appello aveva per il riconoscimento dell’efficacia delle
sentenze straniere anche a quelle ecclesiastiche in materia di nullità
matrimoniale
13
.
Applicando l’art 797 c.p.c era così consentito: « 1) che il giudice dello Stato
nel quale la sentenza è stata pronunciata poteva conoscere della causa secondo
i principi sulla competenza giurisdizionale vigenti nell'ordinamento italiano;
2) che la citazione è stata notificata in conformità alla legge del luogo dove si
è svolto il giudizio ed è stato in essa assegnato un congruo termine a
comparire;
3) che le parti si sono costituite in giudizio secondo la legge del luogo o la
9
G. FERRANDO - A. QUERCI, L'invalidità del matrimonio e il problema dei suoi effetti,
IPSOA, Milano, 2007.
10
F. FINOCCHIARO, I Patti Lateranensi e «i principi supremi» dell’ordinamento costituzionale, in
Riv. dir. proc., 1982.
11
Per approfondire il tema si legga G. DALLA TORRE, Lezioni di diritto ecclesiastico, Giappichelli
Editore, Torino, 2014.
12
P. DI MARZIO, Diritto giurisprudenziale e delibazione delle sentenze ecclesiastiche di nullità
matrimoniale, in Dir. Eccl. 2004.
13
Cass. Sez. I, sent. 29 novembre 1977, n. 5188 e nota alla sentenza di F. FINOCCHIARO, La
giurisprudenza innovatrice della Cassazione in tema di efficacia civile delle sentenze ecclesiastiche di
nullità matrimoniale.
9
contumacia è stata accertata e dichiarata validamente in conformità della
stessa legge
4) che la sentenza è passata in giudicato secondo la legge del luogo in cui è
stata pronunciata»
14
.
1.2 La giurisdizione dei tribunali ecclesiastici sui matrimoni cd.
concordatari.
Per concludere la trattazione del tema solamente accennato nel primo
paragrafo, è bene affrontare la problematica parallela riguardante la riserva di
giurisdizione in capo ai tribunali ecclesiastici. Il tema della riserva di
giurisdizione è al centro di numerose, nonché divergenti, interpretazioni della
dottrina e della giurisprudenza. La disciplina concordataria del 1929
prevedeva che fosse riconosciuta ai tribunali ecclesiastici giurisdizione
esclusiva in ambito matrimoniale, e più in particolare, sulle cause di nullità del
matrimonio canonico civilmente riconosciuto
15
. Analogo dettato normativo
non è invece previsto nell’Accordo dell’84 che è andato a modificare il
Concordato; da qui l’esigenza di comprendere se tale riserva sia rimasta
oppure si possa parlare di giurisdizione concorrente
16
.
La giurisdizione esclusiva era stata pensata come il logico corollario della
natura sacramentale del matrimonio canonico; la giurisdizione ecclesiastica
era quindi in linea con l’insegnamento della Chiesa che prevede
l’indissolubilità del vincolo matrimoniale. Questa è la ragione che aveva
spinto lo Stato italiano a concedere una giurisdizione esclusiva in capo ai
14
Art. 797 cpc, abrogato dall’art 73 della l. 31/5/95.
15
Art. 34 L. 11 febbraio 1929: «Le cause concernenti la nullità del matrimonio e la dispensa dal
matrimonio rato e non consumato sono riservate alla competenza dei tribunali e dei dicasteri
ecclesiastici».
16
G. DALLA TORRE, Lezioni di diritto ecclesiastico, Giappichelli editore, Torino, 2014.
10
tribunali ecclesiastici per le questioni riguardanti la nullità matrimoniale
17
. A
conferma della legittimità di ciò, la Corte Costituzionale sosteneva che fosse
compatibile con il riconoscimento degli effetti civili del matrimonio, la
devoluzione ai tribunali ecclesiastici delle cause di nullità matrimoniale
18
.
Il problema che ci troviamo quindi ad affrontare riguarda il fatto che la
dottrina si è divisa tra quanti sostengono che l’Accordo di Villa Madama
abbia portato alla caduta della riserva di giurisdizione dei tribunali
ecclesiastici e quanti all’opposto, sostengono il permanere della riserva di
giurisdizione a favore degli stessi. In quest’ultimo caso vi sarebbe
l’impossibilità per il giudice civile di conoscere della validità dei matrimoni
concordatari, nonostante la mancanza di una espressa previsione come quella
contenuta nel Concordato del ‘29
19
.
La prima tesi ritiene che si possa configurare una giurisdizione concorrente,
vale a dire che sia il giudice ecclesiastico che quello civile, sono competenti a
giudicare della nullità del matrimonio concordatario e a pronunciare la
cessazione degli effetti civili del matrimonio. Per giungere a questa
conclusione sono stati analizzati diversi elementi il primo dei quali è la
sentenza delle Sezioni unite della Corte di Cassazione n.1824 del 13 febbraio
1993. Con questa sentenza la Suprema Corte afferma che l’accordo di
revisione non contiene nessuna disposizione dalla quale si possa desumere che
la giurisdizione in ambito matrimoniale sia una prerogativa del giudice
ecclesiastico. La Cassazione ha affermato quindi l’esistenza di una
concorrenza di giurisdizioni all’interno delle quali far valere il criterio della
prevenzione: la giurisdizione che viene adita per prima impedisce che ci si
17
A. FUCILLO – R. SANTORO, Giustizia, diritto, religioni: percorsi nel diritto ecclesiastico civile
vivente, Giappichelli editore, Torino, 2014.
18
Corte Cost., sent. 12 gennaio 1982, n. 18.
19
A. FUCILLO - R. SANTORO, Giustizia, diritto, religioni. Percorsi nel diritto ecclesiastico civile
vivente, Giappichelli editore, Torino, 2014.
11
possa rivolgere successivamente all’altra. Tale orientamento è ormai
considerato consolidato all’interno di questo ambito, tanto che è riuscito quasi
a porre nel nulla l’obiter dictum della Corte Costituzionale, la quale riteneva
ancora vigente la riserva esclusiva in capo ai tribunali ecclesiastici poiché il
matrimonio nasce nell’ordinamento canonico e quindi deve essere sottoposto
al suo giudicato
20
. Se si volesse accogliere quanto espresso dalla Corte di
Cassazione dovremmo essere consapevoli del fatto che sorge così un problema
relativo al diritto da applicare: « da una parte il ricorso al diritto canonico
sarebbe imposto dalle norme del diritto internazionale privato; dall’altra, si è
ritenuto che l’applicazione da parte dei tribunali dello Stato di un diritto di
natura religiosa contrasterebbe con il principio supremo della distinzione degli
ordini sancito dall’art. 7 della Costituzione»
21
.
Secondo questa teoria non vi sarebbe più, quindi, una riserva esclusiva per le
cause di nullità a favore del giudice ecclesiastico, ma rimarrebbe solo il
procedimento di delibazione volto a riconoscere le sentenze emanate dai
tribunali ecclesiastici. In questo modo chi non intenda adire il giudice
ecclesiastico potrebbe rivolgersi a quello civile anch’esso competente a
dichiarare l’invalidità del vincolo matrimoniale
22
. Questa interpretazione si
fonda sul silenzio normativo dell’Accordo in quanto non è previsto
espressamente che la giurisdizione sia esclusiva dei tribunali ecclesiastici.
L’art. 8.2 dell’Accordo richiede che, tra le altre cose, per la dichiarazione di
efficacia delle sentenze ecclesiastiche di nullità matrimoniale, ricorrano
determinate condizioni previste dalla legislazione italiana per il
riconoscimento delle sentenze straniere. Nel protocollo addizionale si fa
espresso richiamo all’art. 797 c.p.c. che identifica tutti gli accertamenti
20
Corte Cost., sent. 1 dicembre 1993, n. 421.
21
E. VITALI – A.G. CHIZZONITI, Manuale breve di diritto ecclesiastico, Giuffrè editore, Milano,
2013.
22
F. UCCELLA, Note minime sulla “pendenza” della Cassazione in tema di giurisdizione dello Stato
sulla nullità del matrimonio canonico trascritto, in giust. Civ., 1993.
12
demandati alla Corte d’Appello in sede di delibazione. Da qui si è quindi
dedotto il concorso tra le due giurisdizioni
23
.
Un ulteriore argomento a sostegno della giurisdizione concorrente si ravvisa
nell’art. 13.1 dell’Accordo, il quale stabilisce che: «salvo quanto previsto
dall’art. 7, n.6, le disposizioni del Concordato stesso non riprodotte nel
presente testo sono abrogate»; si è quindi utilizzato questo elemento testuale
per considerare caduta definitivamente la riserva di giurisdizione in favore del
giudice ecclesiastico. Il venir meno di questa riserva, per parte della dottrina
24
,
è confermato dall’art. 8.3 dell’Accordo il quale stabilisce che: «la Santa Sede
sente l’esigenza di riaffermare il valore immutato della dottrina cattolica sul
matrimonio». Questa dichiarazione della Santa Sede, ai sostenitori della
riserva concorrente, è parsa come necessaria dopo il superamento della
giurisdizione ecclesiastica esclusiva
25
. Infine possiamo indicare due ulteriori
elementi a sostegno di questa tesi: il primo si ravvisa nel procedimento di
delibazione. Quando era in vigore il Concordato del 1929 le sentenze
ecclesiastiche di nullità matrimoniale, erano riconosciute nel nostro
ordinamento con un procedimento officioso e automatico; procedimento del
tutto coerente con il regime di giurisdizione esclusiva. Con il nuovo Accordo
invece, le sentenze ecclesiastiche possono produrre effetti nel nostro
ordinamento solo dopo un vero giudizio di delibazione promosso dalle parti.
Con l’attribuzione di questi nuovi poteri alla Corte d’appello, si fa coincidere
la fine della giurisdizione esclusiva e l’inizio di quella concorrente.
Considerando infatti che la Corte d’appello potrebbe rigettare la richiesta di
delibazione, i tribunali civili avrebbero piena cognizione sulla controversia
scaturita dal mancato riconoscimento degli effetti civili, cosa che non sarebbe
23
G. DALLA TORRE, Lezioni di diritto ecclesiastico, Giappichelli editore, Torino, 2014.
24
F. FINOCCHIARIO, Diritto ecclesiastico, Zanichelli, Bologna, 2015.
25
Questo principio sembra emergere anche da alcuni atti parlamentari contenenti le dichiarazioni dell’
allora Presidente del Consiglio Andreotti e nella relazione presentata alla Camera dall’ On. Colombo.
13