attraverso un processo graduale e non certo privo di difficoltà, che ha apportato una
sostanziale modificazione delle attribuzioni esterne originariamente riconosciute alla
Comunità dal Trattato di Roma.
Il lavoro svolto si propone di analizzare la varietà di contenuto degli accordi
internazionali che la Comunità europea può stipulare al momento attuale, con particolare
riferimento alla portata delle competenze comunitarie esclusive in materia e alla
dinamica con cui queste si sono evolute nel tempo. Oggetto di specifica attenzione è la
giurisprudenza della Corte di giustizia europea, la quale ha avuto modo di definire a più
riprese e autorevolmente i termini del treaty making power della Comunità,
consentendo, grazie ad un’interpretazione estensiva del Trattato CE, una progressiva
estensione dei poteri esterni della Comunità e precisando, per di più, i settori di
competenza comunitaria esclusiva e quelli di competenza concorrente con gli Stati
membri. Nella prassi, inoltre, le istituzioni comunitarie hanno contribuito, attraverso
l’elaborazione di nuovi modelli, ad un ampliamento dei contenuti degli accordi
internazionali. In tutti i casi, la delimitazione delle competenze della Comunità a
stipulare è stata caratterizzata dalla ricerca costante di un sostanziale equilibrio tra la
necessità del buon funzionamento del mercato unico e l’esigenza del mantenimento e
contemperamento della sovranità degli Stati membri.
Nell’analizzare i poteri comunitari esterni, nel primo capitolo ci si è soffermati sul
processo attraverso cui si è pervenuti all’attuale ripartizione di competenze tra la
Comunità e gli Stati membri. Peculiare attenzione è stata riservata alla teoria del
parallelismo tra competenze interne e competenze esterne della Comunità, elaborata in
alcune pronunce storiche della Corte, nonché ai principi fondamentali introdotti dal
Trattato di Maastricht, e segnatamente al principio di sussidiarietà.
Sono esaminate nel secondo capitolo le modalità con cui avviene la partecipazione
della Comunità alla stipulazione di accordi internazionali, focalizzando il discorso sul
ruolo delle istituzioni comunitarie e sul peso che ciascuna di esse effettivamente esercita
sul procedimento di conclusione di accordi internazionali e rilevando come sia il
Consiglio, l’organo formato dai rappresentanti degli Sta°ti membri, a detenere il
controllo sull’intera procedura.
Oggetto di studio del terzo capitolo è il contenuto dei principali accordi che la
Comunità stipula nella sua intensa attività esterna, con particolare riguardo per gli
accordi commerciali e di associazione, in relazione ai quali si evidenzia la confluenza
verso un modello fondamentalemente unico, che presenta diverse varianti a seconda
dell’intensità delle relazioni che la Comunità intende mantenere con lo Stato terzo.
Nell’ambito degli accordi stipulati dalla Comunità, la Convenzione di Lomé assume un
significato specifico, in quanto si inserisce in un sistema di collaborazione con i paesi in
via di sviluppo che ha caratterizzato le relazioni esterne comunitarie fin dai primi anni di
funzionamento del mercato unico e che manifesta, sul piano internazionale, l’intenzione
della Comunità di collaborare alla creazione di un nuovo ordine economico
internazionale.
Nel quarto capitolo sono analizzati gli effetti che gli accordi conclusi dalla
Comunità producono nell’ordinamento comunitario e negli ordinamenti degli Stati
membri. Considerazioni di rilievo sono riservate al problema degli effetti diretti, ossia
alla possibilità per i singoli di invocare una disposizione di un accordo internazionale
dinanzi alle giurisdizioni nazionali.
1
CAPITOLO I
LA COMPETENZA A STIPULARE DELLA
COMUNITA’ EUROPEA
SOMMARIO:
§I.1: La posizione della Comunità europea nelle relazioni internazionali.
§I.2: Le competenze esterne della Comunità europea.
§I.3: Segue: la giurisprudenza della Corte di giustizia.
§I.4: Il Trattato di Maastricht e le competenze esterne comunitarie.
§I.5: Il ruolo della sussidiarietà sul piano delle relazioni esterne.
2
§I.1: LA POSIZIONE DELLA COMUNITA’ EUROPEA
NELLE RELAZIONI INTERNAZIONALI
Il Trattato istitutivo delle Comunità Europee ha avviato gli
Stati membri verso un processo evolutivo che non poteva restare
privo di effetti sul piano delle relazioni internazionali
1
. Il vasto
ambito di competenze materiali di cui è dotata e i diversi obiettivi
perseguiti dalla Comunità, comportano la necessità di intrattenere
una fitta e intensa rete di relazioni di varia natura sia con Stati terzi
sia con organizzazioni internazionali. Le attività in cui si
esplicanono i poteri comunitari, infatti, riguardano generalmente
1
Il Trattato CE non prevede un titolo o un capo specifico dedicato alle “relazioni esterne”,
mentre prevede una “politica commerciale comune” nel titolo VII, Parte III, dedicata alle
“Politiche della Comunità”. Nel Trattato CE la disciplina delle relazioni esterne va ricercata in
varie norme, ma soprattutto nella Parte VI, dedicata alle “Disposizioni generali e finali”; queste
norme non possono essere disgiunte, specie in materia di accordi con paesi terzi, da quelle
riguardanti la “politica commerciale comune”, come del resto discende dalla prevalenza degli
aspetti economico-commerciali in tutta la fase iniziale di costruzione della complessa realtà
comunitaria. In materia di relazioni esterne, nell’impossibilità di riprodurre un’ormai vasta
letteratura, si rinvia ai manuali citati e alla bibliografia da essi riportata eai richiami fatti nel
presente lavoro. Sulle relazioni esterne in generale v. Louis, Les relations extérieures de
l’Union européenne: unité ou complémentarieté, in Revue du marché unique européen, 1994,
p. 175 ss.; Adam, Le relazioni esterne, in Manuale di diritto comunitario a cura di Pennacchini-
Monaco-Ferrari Bravo, 1984; Guizzi, Le relazioni esterne della Comunità e la politica
commerciale comune, in Manuale di diritto e politica dell’Unione Europea, Napoli 1996, p.
331 ss. Per la fase instaurata dal Trattato sull’Unione europea v. AA.VV., I rapporti verso
l’esterno della Comunità dopo il 1992, a cura di Papisco e Velo, Bari, 1993.
3
materie di particolare importanza, la cui gestione non solo non può
rimanere circoscritta nell’alveo comunitario, ma è destinata a
suscitare l’interesse anche di Stati terzi.
In effetti, le relazioni esterne costituiscono un indice dello
stato della Comunità. Esse sono nello stesso tempo il segno della
sua influenza e della sua capacità di attrazione nel mondo oltre che
il riflesso di quelle che sono le tendenze degli Stati membri nei
confronti del processo di integrazione.
Durante i primi anni di tale processo, le relazioni esterne della
Comunità hanno avuto carattere prevalentemente economico, anche
alla luce di una sostanziale debolezza politica delle istituzioni
comunitarie. Tuttavia, nel tempo, la Comunità è riuscita ad
affermarsi come protagonista di prim’ordine della scena mondiale,
stabilendo un sistema di rapporti che, pur improntato su un
contenuto economico, ha finito poi col travalicarlo, assumendo
nuovi connotati e nuove caratteristiche. Si tende ormai a superare il
puro e semplice vincolo commerciale per orientarsi nel senso di
contatti che abbiano anche un contenuto politico più intenso e
4
regolare, contatti che hanno dato il via ad una cooperazione stabile,
che investe anche aspetti di carattere sociale e culturale. Questo fa
della Comunità europea non solo la prima potenza commerciale a
livello mondiale, ma sicuramente uno dei più ambiti partner di
accordi internazionali. Sul piano interno, inoltre, gli Stati membri
hanno ottenuto, negoziando come unica entità, risultati di gran
lunga superiori a quelli che avrebbero ottenuto operando
singolarmente. Essi sono riusciti ad assicurare ampi mercati di
sbocco per le loro imprese e società oltre che nuove prospettive e
nuovi posti di lavoro per i loro cittadini.
Tuttavia, nonostante i vantaggi che in linea di principio
possono derivare, gli Stati membri hanno sempre manifestato una
certa riluttanza ad estendere l’ambito delle competenze comunitarie
esterne. Questo atteggiamento è comprensibile naturalmente sulla
base di motivazioni di natura squisitamente politica, data la ritrosia
degli Stati a perdere il controllo e la libertà decisionale sulla materia
delle relazioni esterne, tanto fondamentale per l’esercizio della
sovranità nazionale. Oggi, tuttavia, l’atteggiamento degli Stati
membri va orientandosi verso il riconoscimento dell’importanza di
5
un’azione internazionale della Comunità decisa e univoca, che si
estenda oltre il campo delle attribuzioni espresse, in modo da
garantire il giusto peso economico della Comunità nei suoi rapporti
con il resto del mondo. Essi, però, non hanno ampliato l’ambito
delle competenze comunitarie esterne, ma hanno previsto un
meccanismo di collaborazione politica fra gli Stati membri,
introducendo, nel Trattato di Maastricht, la previsione di un
rafforzamento della cooperazione interstatale e istituendo la Politica
Estera e di Sicurezza Comune (PESC)
2
. Seppur considerata uno dei
pilastri fondamentali dell’Unione europea, le disposizioni ad essa
relative non fanno parte del diritto comunitario. Si mantiene,
fondamentalmente, la distinzione tra diritto comunutario, così come
deriva dai trattati istitutivi delle tre comunità, e politiche e forme di
2
La PESC, cui è dedicato il Titolo V del Trattato sull’Unione europea, si riferisce a tutte le
questioni relative alla sicurezza europea, ivi compresa la definizione a termine di una politica
di difesa comune. Il Trattato individua, quali obbiettivi della PESC la difesa dei valori comuni,
degli interessi fondamentali, e dell’indipendenza dell’Unione e dei suoi Stati membri, il
mantenimento della pace e il rafforzamento della sicurezza internazionale, in conformità con i
principi della carta delle NAZIONI UNITE. La qualificazione di “ comune”, riferita dalla
politica estera e alla sicurezza è certamente, come hanno osservato Dastoli e Vilella, La nuova
Europa. Dalla Comunità all’Unione, Bologna 1992, p. 115, un richiamo significativo ad
un’espressione tipicamente comunitaria: si pensi alla politica agraria comune o alaa politica
comune dei trasporti. Ma una politica “comune” comporta un metodo comunitario e cioè una
normativa coerente emanata attraverso gli strumenti offerti dal Trattato CEE, mentre la PESC
rientra pur sempre nell’ambito della cooperazione intergovernativa. In materia di PESC v.
Longo, dopo Maastricht: l’Europa verso una politica estera comune?, in Politica
Interernazionale, 1992, p.17 ss.; Esperou, La politique extérieure commune, in Revue des
affaires européens, 1997, p. 44 ss.
6
cooperazione, instaurate dal Trattato sull’Unione Europea. Lo
stesso Trattato di Maastricht, all’art.A, ribadisce tale distinzione,
pervenendo, in tal modo, ad una soluzione più vicina alle
preoccupazioni degli Stati membri circa la comunitarizzazione di un
settore decisivo per la sovranità nazionale.
Quella delle relazioni esterne, dunque, è una materia
particolarmente delicata, che si scontra spesso con le resistenze e le
diverse posizioni degli Stati membri. Ma essa è inevitabilmente
destinata ad evolversi man mano che cresce l’importanza della
Comunità come soggetto dotato di una propria volontà distinta da
quella dei singoli Stati membri.
Attualmente, i rapporti internazionali della Comunità si
esplicano, in primo luogo, nella prassi delle relazioni diplomatiche.
Essa consiste nell’invio di missioni temporanee o permanenti della
Comunità presso Stati terzi e nell’accreditamento delle missioni di
tali Stati presso la Comunità stessa. Alla fine del 1996, ben 168
paesi terzi hanno accreditato i propri rappresentanti a Bruxelles.
Tale prassi non è prevista dal Trattato CE, ma trova esplicito
riconoscimento nell’art.17 del Protocollo sui privilegi e le immunità
7
delle Comunità europee, secondo il quale “lo Stato membro sul cui
territorio è situata la sede della Comunità, riconosce alle missioni
dei paesi terzi, accreditate presso la Comunità, le immunità e i
privilegi diplomatici d’uso”. Il capo della missione diplomatica
dello Stato terzo, per essere accreditato, presenta le proprie
credenziali al presidente della Commissione e al presidente del
Consiglio dei ministri. Per quanto riguarda, invece, le
rappresentanze diplomatiche della Comunità all’estero, la
Convenzione di Vienna del 14 marzo 1975 sulla rappresentanza
degli Stati nelle loro relazioni con le organizzazioni internazionali
non riconosce a queste ultime il diritto di esercitare la missione
presso gli Stati
3
. Le delegazioni accreditate dalla Commissione
3
Le missioni diplomatiche istituite dagli Stati membri presso la Comunità sono denominate
“rappresentanze permanenti”, mentre quelle istituite dagli Stati terzi sono “missioni permanenti
di osservazione”. Le prime assicurano la rappresentanza dello stato d’invio presso la Comunità,
mantengono i collegamenti, conducono i negoziati e proteggono gli interessi dello presso la
Comunità; le seconde, oltre ad esercitare i compiti di rappresentanza, negoziati ed
informazione, possono partecipare anche agli organi consultivi costituiti per dare attuazione ai
vari tipi di accordi della Comunità. Per quanto riguarda le delegazioni comunitarie, secondo
Louis, cit., p. 6 ss., non si tratterebbe di vere e propie missioni diplomatiche, quanto piuttosto
di “boureaux extérieurs”. Anche per Adam, cit., p. 411, benchè sia dubbio il loro carattere di
vere e propie missioni diplomatiche, sia quelle di stati terzi presso la Comunità che quelle
comunitarie presso stati terzi si vedono accordare uno status diplomatico per quel che concerne
privilegi e immunità: le prime sulla bese del citato art.17 del Protocollo sui privilegi e le
immunità delle Comunità europee, le seconde sulla base di accordi stipulati tra la Comunità e
lo stato terzo interessato. Sulle varie forme di rappresentanza internazionale della Comunità
europea v. Groux-Manin, Les Communautés européennes dans l’ordre international, in
Perspectives européennes, Commission des Communautés Européennes,1985, p.29 ss.
8
all’estero sono, nella maggior parte dei casi, organi di negoziato o
di esecuzione
4
. La prassi, inoltre, si è stabilizzata nel senso di
realizzare una doppia rappresentanza, per cui oltre alla
Commissione, anche il Consiglio si fa rappresentare nello Stato
terzo attraverso la rappresentanza diplomatica dello Stato membro
che esercita la presidenza.
In secondo luogo, le relazioni esterne della Comunità si
esplicano nello stabilimento di rapporti di varia natura con le altre
organizzazioni internazionali. L’art. 229 del Trattato CE statuisce
che “la Commissione assicura ogni utile collegamento
5
con gli
organi delle Nazioni Unite, degli istituti specializzati delle Nazioni
Unite, e dell’Accordo generale sulle tariffe doganali e il
commercio. La Commissione assicura inoltre i collegamenti che
ritiene opportuni con qualsiasi organizzazione internazionale”.
Anche presso le principali di esse, la Comunità ha aperto Uffici di
4
Per quanto riguarda i cittadini europei, l’art.8 C del Trattato CE stabilisce che, nel territorio
di uno stato terzo in cui il proprio stato di appartenenza non sia rappresentato, essi hanno diritto
alla protezione diplomatica di qualsiasi altro Stato Membro quivi rappresentato.
5
Il concetto di “collegamento” deve essere interpretato estensivamente, secondo quanto
esprime Cattabriga, La funzione dell’art. 229 del Trattato CE per le relazioni tra la Comunità e
le altre organizzazioni internazionali, in Rivista di Diritto Internazionale, 1996, p.924 ss. Tale
concetto, tradizionalmente usato per designare le tecniche di coordinamento tra diversi enti, ha
ormai assunto una portata ben più ampia, estendendosi fino a ricomprendere forme di
collaborazione complesse, quali l’assistenza tecnica, l’attuazione di azioni congiunte,
l’erogazione di finanziamenti per specifici progetti.
9
rappresentanza, come, ad esempio, a New York per l’ONU e a
Parigi per l’OCSE e l’UNESCO. Nella maggior parte dei casi, la
Comunità partecipa alle sessioni e ai lavori delle varie
organizzazioni con lo status di osservatore, per cui essa non dispone
di alcun diritto di voto. A tale titolo è prevista la partecipazione
della Comunità all’Organizzazione delle Nazioni Unite
6
, e sempre
con questo status la Comunità ha partecipato a diverse Conferenze
internazionali, promosse dalle Nazioni Unite, come la Conferenza
sul diritto del mare
7
. La previsione di una partecipazione
ccomunitaria ai lavori delle altre organizzazioni internazionali ha lo
scopo di promuovere il coordinamento delle posizioni degli Stati
membri che vi partecipano individualmente e a pieno titolo e, nello
stesso tempo, permette alla Comunità di far valere il proprio punto
di vista, che può eventualmente discostarsi da quello degli Stati
membri.
6
La Comunità partecipa ai lavori dell’Assemblea delle Nazioni Unite a seguito di una
risoluzione dell’Assemblea Generale dell’11 ottobre 1964. La Convenzione contiene una
clausola di “competenza” che definisce la natura e l’estensione delle competenze della
Comunità e degli stati membri e prevede un sistema di aggiornamento delle competenze in
ragione della loro natura dinamica.
7
La Comunità, nel 1984, ha sottoscritto la Convenzione ONU sul diritto del mare del 1982. V.
XVI Relazione generale CE, 1982, punto 786; e XVIII Relazione generale CE, 1984, punto
756.
10
Ma soprattutto, l’attività estera più rilevante della Comunità è
risultata, finora, la stipulazione di accordi con paesi terzi,
intendendo come tali ”ogni impegno a carattere vincolante, assunto
da soggetti di diritto internazionale, indipendentemente dalla sua
forma”
8
. Proprio la stipulazione di trattati rappresenta, tra l’altro, la
più importante manifestazione della capacità di un ente di agire sul
piano delle relazioni internazionali.
La capacità di intrattenere relazioni esterne trova un esplicito
riferimento nel Trattato CE, che all’art.210 sancisce la “personalità
giuridica” della Comunità europea.
Questo articolo, il più breve del Trattato, ha una portata ben
precisa, soprattutto se rapportato al successivo, l’art. 211, il quale
riconosce a sua volta che la Comunità ha, in ciascun Stato Membro,
la più ampia capacità giuridica riconosciuta alle persone giuridiche
dalle legislazioni nazionali
9
. Dunque, la statuizione dell’art. 210 ha
8
La definizione è quella espressa dalla Corte di Giustizia europea nel Parere 1-75, dell’11
novembre 1975, in Racc., p. 1355.
9
Il legame tra l’aticolo 210 e il successivo art. 211 è messo bene in rilievo da Ferrari Bravo,
Lezioni di diritto comunitario, Napoli 1994, p.172, il quale pone in risalto come la
personalità, sul piano del diritto internazionale “ è una conseguenza che si ricava, semmai, da
una norma del diritto internazionale consuetudinario, o meglio dal complessivo andamento
dell'’rdinamento internazionale. Ma un Trattato di per ssénon è in grado di attribuire, di creare
una situazione erga omnes come è la personalità giuridica. Qundi un trattato non può imporre a
chi sta fuori di esso dei comportamenti nei confronti dell’ente da esso istituito. Per Adam, cit,
p.412, nei primi tempi di funzionamento della Comunità, l’affermazione della sua qualità di
11
rilievo dal punto di vista del riconoscimento di una personalità della
Comunità da parte degli Stati membri e nell’ordinamento interno di
questi, ma, sul piano delle relazioni internazionali, essa deve essere
accompagnata da manifestazioni concrete di attività, tali da
garantire un riconoscimento di fatto dell’esistenza di una nuova
entità da parte di paesi terzi e di organizzazioni internazionali. Per
la Comunità, entità priva di territorio e popolazione, la personalità
internazionale è un giudizio che emerge dall’analisi di una serie di
fatti concreti e di attività che vanno dalla conclusione di accordi
internazionali alla partecipazione alle relazioni diplomatiche.
La capacità della Comunità di operare validamente sul piano
dei rapporti internazionali deriva non da una semplice attribuzione
del Trattato CE, piuttosto essa deriva dal modo in cui la Comunità è
vista e sentita dalla Comunità internazionale nel suo complesso, dal
fatto che essa costituisce un’entità autonoma e distinta rispetto ai
suoi membri. Le norme del Trattato si limitano a creare, sul piano
interno, la struttura necessaria per permettere alla Comunità di
soggetto internazionale poteva sembrare argomento valido sia per sostenere, soprattutto
difronte alle eventuali perplessità di stati terzi, la sua credibilità quale parter di negoziati
internazionali, sia per rafforzare la pretesa delle istituzioni Comunitarie di sostituirsi agli
12
intrattenere in pratica delle relazioni con paesi terzi. Ma la capacità
giuridica internazionale della Comunità nei confronti di Stati terzi e
organizzazioni internazionali può essere fatta valere solo se questi
ultimi l’abbiano riconosciuta
10
.
Oggi la personalità giuridica internazionale della Comunità è
generalmente ammessa ma, nei primi tempi, essa è stata più volte
contestata, sia sul piano interno che su quello esterno
11
. La disputa
della dottrina relativa a questo aspetto delle competenze
comunitarie sembra ormai definitivamente sopita, anche perché non
ha più motivo di essere, dato il forte sviluppo dell’attività estera
della Comunità, la sua ampia partecipazione alla vita di relazione
internazionale e il generale riconoscimento di cui gode.
organi nazionali nella condotta di un’importante porzione della relazioni esterne degli Stati
membri.
10
Sul riconoscimento internazionale della Comunità europea v. Groux-Manin, cit., p.19 ss.
11
La partecipazione della Comunità alla vita di relazione internazionale è stata per lungo
tempo osteggiata, durante tutto il periodo della Guerra Fredda, dall’allora Unione Sovietica e
dai paesi del COMECON. In diverse occasioni i Paesi socialisti, non potendo in alcun modo
evitare la partecipazione della Comunità ad accordi multilaterali, ebbero modo di stilare una
vera e propria dichiarazione unilaterale in cui precisavano che la loro partecipazione al
medesimo trattato non implicava il riconoscimento della Comunità. Per i paesi dell’Est non
esisteva la “Comunità europea” ma esistevano soltanto i singoli Stati membri. Di conseguenza
gli accordi potevano essere conclusi solo con i singoli Stati o con gruppi di Stati denominati
con la locuzione di “Comunità europea”. La situazione si è definitivamente evoluta solo nel
1988 quando c’ è stato il reciproco riconoscimentodella CEE da parte dei Paesi dell’Est e del
COMECON da parte della CEE. Naturalmente oggi la situazione è profondamente mutata,
tanto che sembra ormai imminente un ampliamento verso EST dell’Unione Europea. Sui