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INTRODUZIONE
Le migrazioni internazionali hanno profondamente modificato ogni società
cambiandone quasi letteralmente il volto e continueranno a farlo con sempre maggiore
intensità. Non a caso, i più grandi cambiamenti a livello globale sono quasi sempre stati
interconnessi a movimenti migratori e numerose sono le sfide e le trasformazioni che
questi ultimi comportano.
Un numero crescente di persone vive oggi fuori dalla propria terra di origine, tanto che
nel 2015 le Nazioni Unite hanno stimato in 244 milioni il numero dei migranti
internazionali
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. Il fenomeno migratorio a cui stiamo assistendo negli ultimi anni infatti,
sta assumendo un’importanza sempre più rilevante nelle agende politiche di ogni nazione,
attirando al contempo l’attenzione dei mezzi di comunicazione e divenendo così
argomento di grande interesse pubblico.
Intuendo quanto complessi e multiforme siano gli avvenimenti dei nostri giorni e
percependo quanto tali argomenti troppo spesso vengano affrontati in maniera
approssimativa in molti dei livelli della discussione pubblica, nasce l’idea di cercare di
comprendere più approfonditamente il flusso migratorio dell’area centro-mediterranea,
quello che interessa principalmente il nostro Paese, con l’obiettivo di gettare un po' di
luce su alcuni argomenti chiave per un più agevole inquadramento dello scenario attuale e
cercando di far emergere le contraddizioni delle risposte europee ed italiane a quella che
è, e probabilmente sarà, la più grande sfida dell’inizio del nuovo millennio.
La scelta di svolgere un tirocinio presso una cooperativa sociale impegnata
nell’accoglienza integrata di rifugiati e richiedenti asilo ha contribuito in maniera
determinante alla comprensione delle dinamiche migratorie e delle risposte nazionali ed
internazionali alla suddetta crisi.
Il primo capitolo cercherà perciò di rispondere alla domanda “chi sono i migranti
oggi?” indicando quali siano i macro-fattori di spinta alla migrazione, come queste ultime
possano essere classificate in “forzate”, “volontarie”, “politiche”, “economiche”,
“regolari”, “irregolari”, e definendo i vari status di cui possono divenire titolari i migranti
con le forme di protezione corrispondenti. L’ultimo paragrafo dello stesso capitolo ha
l’obiettivo di ricostruire la rotta principalmente seguita per il raggiungimento delle coste
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United Nations, International Migration Report 2015, Department of Economic and Social Affairs, New
York, settembre 2016.
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italiane e, a causa di una scarsa letteratura ufficiale, la principale metodologia usata sarà
quella delle testimonianze delle persone che hanno seguito quella rotta.
Nel secondo capitolo si cercherà di descrivere gli avvenimenti principali che hanno
portato alla situazione attuale e le principali risposte dell’Unione Europea e dell’Italia in
seguito allo scoppio dell’Emergenza Nord Africa. Il proposito di mostrare alle volte
l’inadeguatezza, altre (poche) l’efficacia delle decisioni e delle azioni messe in atto, sarà
raggiunto gettando uno sguardo critico sulle stesse che evidenzi le strategie e gli indirizzi
politici che hanno portato ad effettuare certe scelte piuttosto che altre.
L’ultima parte del lavoro avrà la medesima struttura e finalità del capitolo precedente,
riferendosi però all’accoglienza nel nostro Paese, descrivendone dunque luci, come il
modello di accoglienza diffusa con il Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati
(Sprar), ed ombre, come le strategie iniziali del Governo Berlusconi di allora o la
mancanza di una previa programmazione uniforme per una efficace gestione
dell’emergenza.
Nelle conclusioni si metterà per esteso tutto ciò che si è evinto dalle varie parti di cui
questa tesi è composta provando a rendere costruttive le critiche esposte, ovvero
proponendo risposte alternative che possano contribuire ad una riflessione ulteriore.
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CAPITOLO 1
CHI SONO I MIGRANTI OGGI?
I FATTORI DI SPINTA ALLE MIGRAZIONI CONTEMPORANEE
Malgoverno, corruzione, violenze, guerre e povertà sono comunemente
considerate le cause dei flussi migratori che oggigiorno spingono le persone, soprattutto
dal continente africano e da ampie aree di quello asiatico, a migrare verso l’Europa.
Questa affermazione però, seppur veritiera, non tiene in considerazione alcuni fattori più
che mai importanti in quella che Stephen Castles e Mark J. Miller chiamano “L’era delle
migrazioni”. Questi fattori condizionanti e di incentivo agli spostamenti rientrano in
quattro settori delle attività umane e sociali del mondo contemporaneo: economia,
politica, società e tecnologia. Non inquadrare anche in questi fattori gli studi di chi dovrà
delineare le politiche e le risposte a questi grandi movimenti, porterà a soluzioni deboli e
inefficaci (Attinà, 2016).
Le cause della mancanza di opportunità lavorative dignitose e la povertà che interessa
vaste zone del mondo, sono anche e soprattutto da ricercare nella struttura economica
globale e dei mercati mondiali, nelle posizioni governative, specialmente degli Stati più
avanzati economicamente, sulle politiche e sugli investimenti che apparati pubblici e
privati attuano nello scenario mondiale. In poche parole, secondo le teorie economiche,
molte migrazioni avvengono a causa della ricerca di opportunità di lavoro migliori.
Riguardo al fattore politico, come afferma Fulvio Attinà in “Sulle onde del
Mediterraneo. Cambiamenti globali e risposte alle crisi migratorie”, le spinte alla
migrazione derivano anche “dall’affermazione - a livello degli stati e del sistema
mondiale - dei principi, del diritto e delle istituzioni che proteggono i diritti umani,
incluso il diritto a scegliere il luogo in cui soddisfare i propri bisogni fondamentali di vita.
[…] D’altra parte, tutti gli stati che hanno firmato i trattati dei diritti umani non
dovrebbero opporsi al diritto alla migrazione, neanche in presenza di condizioni
eccezionali come quelle attuali, perché i trattati di protezione dei diritti umani esistono
per difendere questi diritti specialmente quando è più difficile che vengano rispettati.”
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F. Attinà, L’Europa alle prese con la crisi migratoria, in “Sulle onde del Mediterraneo. Cambiamenti
globali e risposte alle crisi migratorie”, edizione a cura di Stefania Panebianco, Egea, Milano, novembre
2016, p. 16.
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Nel campo invece delle realtà locali, in molti paesi del mondo come in America
Latina, Africa e parte dell’Asia, sono carenti le risorse per l’avvio di processi di sviluppo.
Aggiungendo le conseguenze dello sfruttamento coloniale, delle calamità naturali e del
malgoverno, questa arretratezza diventa concausa dei problemi di povertà e mancanza di
diritti in quanto mancano le possibilità di far fronte alle esigenze dei popoli.
Per ultimo non possiamo dimenticare quanto il fattore tecnologico stia influenzando
l’emigrazione di massa. La possibilità di spostarsi velocemente grazie ai progressi nel
settore dei trasporti, il poter restare informati e comunicare in maniera pressoché
istantanea, hanno radicalmente rivoluzionato le dinamiche del fenomeno migratorio.
Oggi chi emigra ha infatti la possibilità di restare in contatto con la comunità di
provenienza. Questo modifica inoltre il processo di integrazione perché se da un lato può
indebolire lo stimolo all’integrazione con la società di accoglienza, dall’altro consente
anche di veicolare rapidamente sia nella comunità di provenienza che in quella di arrivo
usi e costumi della propria cultura. Questo fenomeno, chiamato dagli esperti
transnazionalismo, va ad aggiungersi al crescente multiculturalismo dei principali paesi di
attrazione.
Altro aspetto estremamente importante da considerare è il fenomeno della
“marginalizzazione della globalizzazione”. Quanto detto fino ad ora infatti, sembra poter
influire in maniera profonda nella distribuzione della ricchezza (sotto tutti gli aspetti,
economici, di diritti, istruzione) del pianeta. Per cogliere però le nuove opportunità che il
mondo moderno offre, soprattutto in termini di lavoro, occorre una riqualificazione
continua delle professionalità. Chi ha l’opportunità di accedere, per possibilità
economiche o collocazione geografica, a questo continuo processo di innovazione,
potendo riqualificarsi professionalmente, educativamente e culturalmente, si troverà in
una posizione di vantaggio rispetto a chi invece queste possibilità non le arvrà. Per essere
più diretti, come afferma Talani L. S., “coloro che vivono nei paesi del terzo mondo”
saranno “sempre più emarginati dalla velocità del cambiamento delle capacità e delle
nozioni necessarie per stare al passo con la globalizzazione. Ne consegue, che il divario
della ricchezza tra diverse classi sociali o zone geografiche del pianeta è destinato ad
aumentare.”
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Talani L.S. - Globalizzazione e immigrazione. Analisi con riferimento alle migrazioni dell’area MENA e
implicazioni per la sicurezza nel Mediterraneo in “Dimensioni e dilemmi nella sicurezza nel
Mediterraneo”, Bardi L., Bicchi F., Giusti S. (a cura di), Soveria Mannelli, Rubbettino Editore, 2008, pp.
129-130.
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In sostanza le migrazioni contemporanee hanno raggiunto un grado di complessità
superiore a tutti i movimenti registrati in passato e provare a districarsi nell’analisi di
queste ultime non è un compito affatto semplice ma anche analisi parziali o focalizzate su
singoli aspetti possono contribuire all’evoluzione della disciplina sul tema.
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MIGRANTI, RIFUGIATI, RICHIEDENTI ASILO, PROFUGHI:
FACCIAMO CHIAREZZA
“Profugo”, “migrante”, “rifugiato”, “richiedente asilo”, quante volte sentiamo
pronunciare queste parole? Troppo spesso però nelle semplificazioni dei media vengono
usate in maniera quasi interscambiabile. Certamente stanno ad indicare realtà tra loro non
troppo dissimili, ma non coincidenti. La confusione che se ne ingenera può portare a
conseguenze importanti per i diretti interessati e a fraintendimenti nel dibattito sull’asilo e
la migrazione.
Il termine “migrante” viene solitamente utilizzato come termine generico che
abbraccia un po' tutte le categorie di persone che si trovano, per un motivo o per un altro,
a vivere lontano dalla propria terra di nascita. L’ONU considera “migranti di lungo
periodo” coloro che hanno vissuto fuori dal proprio paese d’origine per un periodo
superiore ai dodici mesi, usa invece le parole “migranti di breve periodo” per riferirsi alle
permanenze comprese tra i 3 e i 12 mesi.
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In verità, secondo l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM),
organizzazione nata nel 1951 e che collabora strettamente con l’ONU, non esiste una
definizione universalmente riconosciuta del termine. Per aiutarci ad orientarsi nella
comprensione e giusto utilizzo di questi termini dunque, si devono in qualche modo
tracciare alcune linee identificative.
Khalid Koser, nel suo libro “Le migrazioni internazionali” individua tre modi
principali di classificazione: “La prima e più comune distinzione è quella tra «migrazioni
volontarie» e «migrazioni forzate».” L’ultima categoria comprende “gli individui
obbligati a lasciare il proprio paese a causa di conflitti, persecuzioni o in seguito a disastri
ambientali, quali siccità e carestie.”
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La seconda classificazione proposta da K. Koser è quella piuttosto popolare delle
«migrazioni politiche» e delle «migrazioni economiche». In poche parole nella prima
categoria rientrerebbero i rifugiati, ovvero coloro che a causa di persecuzioni, conflitti o
pericoli si sono ritrovate nella condizione di essere pressoché obbligate a partire; nella
seconda i cosiddetti “immigrati per lavoro”, ossia “individui in cerca di lavoro o di
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United Nations, Recommendations on Statistics of International Migration, New York, 1998, p.94.
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Koser K., Le migrazioni internazionali, Edizione italiana a cura di Ludovica Banfi e Asher Daniel
Colombo, il Mulino, Bologna, 2009 [International Migration: A Very Short Introduction, Oxford University
Press, Oxford, 1. ed., 2007], pp. 25-26.