Introduzione.
La mia tesi presenta la complessità dell’istituto del matrimonio, ho
cercato di dare piccole risposte oggettive sul merito di taluni aspetti
terminologici e scientifici determinando il vero denotato dato, dalla storia o
dalle scienze cognitive. Alla fine ciò che importa e che si comprende è che
un processo, altro non è che un fatto umano composto di pluralità di
discipline che lo arricchiscono sotto tutti i più svariati profili, così come il
matrimonio è un fatto umano intriso di sacralità e spiritualità, comunione,
unione, solidarietà, come citano i verba de praesenti in questo caso di
specie. Il matrimonio, deve essere inteso in senso di solidarietà
patrimoniale, morale relative alla sofferenza e alla malattia, il matrimonio
canonico come la figura all’interno della quale si manifesta la trinità divina
e la copula perfecta tra uomo-donna-Dio, quale sintesi di fede sacramento e
prole. La sua validità si fonda sul consenso, rispetto della legge divina
armonizzata con la legge umana e le convenzioni sociali, dove l’istituto
degli impedimenti, ad esempio entrano su tale scenario per un fine
squisitamente di tutela della vita umana. Quindi per rispondere
positivamente ad esigenze di tutela della vita e della salute della persona,
inteso anche in riferimento a due principi fondamentali descritti come
tutelati dagli stessi diritti umani, poco o nulla in questo caso di specie hanno
a che vedere con problemi di tipo razziale o lo status sociale, ma molto con
la tutela dell’integrità psico-fisico della persona. La vita verginale viene
sempre preferita in assenza di matrimonio e non è sempre intesa in senso
monacale o sacramentale del termine poiché altro istituto, e si predilige la
monogamia, per prevenzione dalla commixtio sanguinis. Per la Patristica è
preferibile tutelare il più possibile la donna o i nubendi immaturi per
l’integrità della qualità del sostrato biologico rispetto ad alcune tesi
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adopzionistiche, si tutela il minore, proprio per tutelare la libertà morale
della sessualità e l’integrità psico-fisica. Il vincolo del matrimonio è
indissolubile fino a separazione, sopraggiunta per adulterio femminile o
maschile. Si ribadisce la condanna della poligamia. Per avere delle pretese
su un'altra persona, ci vuole una vera e propria unione carnale o
compresenza, tutto il resto potrebbe essere interpretata come una violenza
privata sulla persona, perché non permette ad esempio la sua spontanea
autodeterminazione, posto che nel caso in cui ciò di norma si verifica dentro
il matrimonio o prima, può essere causa dello scioglimento di detto vincolo.
Per tutti coloro che in realtà hanno ricevuto il sacramento del battesimo,
comunione, cresima, il fidanzamento è sempre quella richiesta ufficiale di
matrimonio che intercorre dal giorno della proposta al giorno del
matrimonio il resto non fa titolo, non si possono avanzare alcun tipo di
pretese. Non esiste un’inaccessibilità al matrimonio per ineguaglianza
sociale, per il cristianesimo cattolico siamo tutti figli di Dio, in quanto tali
tutti uguali. Il sacramento in sé, è uno strumento divino di redenzione nella
ratio peccati finalizzata alla salus animae, per cui vi rientra il matrimonio,
che eccezionalmente si armonizza l’età di 16 anni per i minorenni
emancipati autorizzandoli a compiere atti di ordinaria amministrazione e
subordinando loro al compimento degli atti di straordinaria amministrazione
come prescritto dalla legge a 18 anni. Ufficialmente è ammesso al
matrimonio il nubendo che abbia compiuto il 18 anno di età e quindi abbia
maturato la capacità d’agire, anche se trattiamo in questa sede solo il caso
del matrimonio sacramento e negozio morale, proprio per il suo valore di
negozio giuridico. Considerando che il percorso parte dagli elementi storici
che vede e descrive l’interpolazione giuridica tra il diritto romano e
canonico, fino a giungere all’attuale situazione giuridica dove il diritto
italiano trova fondamento su una base legalmente costituita del diritto
francese, es. la proprietà rimodellato si dice alla luce della scoperta del
codice palinsesto il manoscritto di Verona, che porto alla luce la
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tripartizione della codificazione di Gaio, concetti di diritto tedesco es. il
negozio e l’astrazione processuale della causa, elementi americani, mentre
anche dalla Costituzione italiana sancito dall’art. 2, traspare l’assunzione
della filosofia antropologica personalista già largamente usata nelle cause di
diritto canonico.
Marianna Petrotta.
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CAPITOLO I
PROFILO STORICO E AMMINISTRATIVO NEL MATRIMONIO
DI DIRITTO CANONICO E CIVILE, ELEMENTI, PROFILI STORICI,
PROFILI NORMATIVI
1. Elementi analogici o differenze tra i matrimoni precristiani dell’età
classica greca e i tipi di rito matrimoniale nelle istituzioni del diritto
romano, excursus sui matrimoni delle popolazioni del mediterraneo.
L’elemento e le caratteristiche essenziali del matrimonio dell’età
precristiana greca l’engye = ἐγγύη [-ης, ἡ] è l’unione tra un uomo e una
donna, e costituiva un atto sociale, che vedeva l’impegno di due individui ed
impegnava due case in un’alleanza. L’uomo e la donna venivano legati in un
accordo reciproco, solenne, pubblico e suggellato alla presenza di testimoni
che possono farsene garanti. Demostene scriveva al tempo, che la prole
riconosciuta legittima era solo quella generata da donna accordata con
engye. Indipendentemente da ciò, se non ricorrevano anche altri elementi,
l’accordo in sé e per sé non era costitutivo del matrimonio, costituiva solo
una parte del corollario giuridico accordo necessario ma condizione non
sufficiente, ad esprimere la stessa condizione assiomatica o teorema.
L’engye da sola non produce conseguenze giuridiche e non produceva gli
effetti, se il legame non era coronato dalla coabitazione, e dalla prole. La
fanciulla veniva data ad un kyrios, che si occupava di trovare un marito per
ella. Il trasferimento di tale carattere, aveva alcuna natura assoluta, poiché le
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donne non spezzavano il loro rapporto d’origine con la famiglia, valeva per
la durata della coabitazione e la procreazione dei figli. Alla consegna della
fanciulla era poi associata una dote, ad indicare la legittimità e che la
giovane era stata ammessa nella famiglia del marito. La dote era costituita
da beni mobili, era stabilita davanti a testimoni, consegnata al marito, non
smetteva di seguire la moglie, continuando a costituire un legame con la
famiglia d’origine. Se si rompeva il matrimonio la dote seguiva la giovane,
e rimaneva anche a disposizione per un eventuale nuovo matrimonio. La
dote è un’alleanza tra due famiglie. Se si rompeva il matrimonio, la dote
veniva restituita alla donna, e poteva riutilizzarla per le seconde nozze.
Circa l’espressione linguistica, gli usi linguistici sono ugualmente
significanti. La moglie poteva essere acquistata con bovini, con la conquista
delle armi in pugno in una spedizione di guerra, rapendola in una razzia, o in
un'impresa piratesca. Le donne avevano uno statuto che definiva il loro
status giuridico e la libertà. Erano poste secondo una regola gerarchica che
rendeva quasi impossibile esemplificare le funzioni attribuite alle varie
donne, con il dibattito sulla monogamia o poligamia. Il matrimonio greco
prevedeva una triplicità di funzioni: 1) l’unione matrimoniale favoriva la
possibilità di avere infinità di fedeli che potessero lodare i loro Dei, 2) lo
Stato poteva trarre un vantaggio ad avere pluralità di cittadini pronti a
difenderlo, 3) la conservazione della stirpe. In più se la persona era di nobili
natali potevano costituire fonte di accordo per una nuova alleanza politico-
militare, strategica commerciale. Il mese preferito dai Greci per celebrare il
matrimonio era il mese di Gamelione corrispondente al nostro mese di
gennaio, durante l’unione gli sposi invocavano la protezione del Dio
Imeneo. Per quanto riguarda i Romani il matrimonio come rito in sé era
consentito tra persone della stessa classe sociale, tale distinzioni di classe
viene abolita dalla Lex Canuleia del 445 a. C. che promulgata sotto
Caracalla permise ai patrizi di sposare i plebei. La donna romana viveva in
modo più libero, una condizione civile che le permetteva di vivere più libera
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della donna greca, poteva uscire sola, frequentare le amiche in mancanza del
marito, partecipare ai banchetti pubblici con il marito e rientrare a casa
molto tardi. Era reputata sui iuris, se era liberata dalla potestà del padre,
l’acquisto della mano la rendeva alienis iuris ovvero sottoposta alla potestà
maritale, diversamente diveniva schiava soggetta al potere del padrone, con
limitata capacità d’agire indipendentemente dall’età e sottoposta a tutela.
Nei confronti della propria dote acquisiva il diritto di usufrutto.
Linguisticamente si esprimevano con le seguenti locuzioni, nupta cum manu
sintetizzava il concetto di donna accettata dalla famiglia del marito; nupta
sine manu il concetto di donna che rimaneva presso la famiglia di origine. I
tipi di matrimonio che si potevano contrarre nell’antica Roma erano tre: la
confaerratio, che aveva carattere prevalentemente religioso, si concretizzava
nell’offerta di una focaccia di farro alla presenza del Pontefice Massimo del
flamine diale sacerdote addetto al culto di Giove e 10 testimoni. La
coëmptio, che consisteva nella simulazione di una sorta di compravendita
avente ad oggetto la moglie e come acquirente il marito. L’usus basato cioè
sulla convivenza ininterrotta per almeno un anno, tra marito e moglie sotto
lo stesso tetto. Il matrimonio sine manu, che si fa risalire al periodo finale
della libera res publicae, diffuso in epoca imperiale, era un semplice
matrimonio basato sullo scambio del semplice consenso maritalis affectio,
in cui la donna conservava i propri diritti successivi vista che restava sotto la
patria potestà del padre. I romani per superstizione legata alle calende, alle
idi, preferivano sposarsi nella seconda metà del mese di giugno perché era
fas, varcata la soglia gli sposi invocavano il Dio Talassio. La donna veniva
introdotta in casa, il marito le chiedeva quale fosse il suo nome, se la donna
rispondeva: “Ubi tu Caius ego Caia, attestava il valore del legame, legando
il proprio destino a quello dello sposo. Sul contenuto del matrimonio
ricadevano varie leggi, quali: Lex Iulia de adulteriis 18 a. C., che perseguiva
come crimine contro il buon costume, ogni sorta di unione extra
matrimoniale, sia nella forma generica dello stuprum, che nella sua forma
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specifica di adulterio stuprum su donna sposata e d’incestum (stuprum con
parenti e affini). La Lex Iulia de maritandibus ordinibus che unitamente alla
Lex Papia Poppea (9 d. C.), perseguì il fine di combattere la diminuzione
dei matrimoni e delle nascite, stabilendo che gli uomini si dovevano sposare
in un’età compresa tra i 25 e i 60 anni, le donne tra i 20 e i 50 anni, pena
talune limitazioni sui propri diritti successori e l’esclusione dalla
partecipazione ai giochi pubblici. A Roma sin dai tempi più antichi il
matrimonio godeva di grande importanza sociale, la legge gli attribuiva
grande importanza legale accordando ad esso infinita tutela giuridica, poiché
era quello strumento che forniva nuovi cives utili alla difesa dei confini
della patria. Similmente sia presso la civiltà greca fonte storica Demostene,
che presso la civiltà giudaica Bibbia Deuteronomio 25, 5-10, Libro Levitico
25 Wayqrà, Libro dei Numeri 36,29 fonte da cui si deduce la linea familiare
legale di Gesù da quella reale, vigeva il principio che le vedove e le figlie
potevano essere accolte o maritate ad un membro della stessa famiglia,
anche se di base la legge ebraica reputava già al tempo incestuosi i
matrimoni tra consanguinei, ma non presso i pagani. Presso i greci potevano
essere unite con il padre, il fratello consanguineo, il nonno, il nipote con il
fine di non disperdere il legame familiare, presso gli ebrei per la successione
sui beni o della conduzione dell’impresa familiare. La norma era valida solo
in caso di coabitazione tra i consanguinei, che non differisce molto nei
tempi successivi perché anche se con delle piccole differenze tutti i tipi di
famiglia diverranno centro portatore di interessi commerciali ed economici.
Tale usanza era in uso sin dall’antichità anche presso gli indiani con
l’istituto del niyoga, esiste tutt’oggi presso le popolazioni oceaniche e
Ciucki, fu praticato in maniera pressappoco similare dalla Dinastia dei
Tudor. Alcuni degli elementi che hanno in comune, sin dal periodo arcaico
sono: il velo che indossava la sposa che potevano o meno differire per
colore, il consenso, la coabitazione, le doti, la quantità di soldati data alla
patria per la difesa dei confini, l’aumento dei fedeli che potevano adorare
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Divinità, la continuità della stirpe. Le analogie si estendono alla grandezza
della famiglia, alcuni pronunciavano verba solemnia così come noi oggi
pronunciamo verba de praesenti, una famiglia grande poteva farsi portatrice
di nuove alleanze politico-militari, strategie economiche, alleanza di guerra
o di pace, contempla la numerosità dei fedeli per la devozione o venerazione
degli Dei o Dio, interessi patrimoniali, commerciali, conservazione della
stirpe. Le differenze consistono nel fatto che non tutte le società e
popolazioni si relazionavano allo stesso modo con la libertà della donna, le
società erano prevalentemente patriarcali in senso sociologico e finalizzate:
1) all’aumento dei fedeli e alla venerazione di Dio, 2) alla prosecuzione
della vita per la prole, 3) all’aumento di uomini da impiegare per la difesa
della patria, ma non tutte le loro strutture e funzioni riducevano e
semplificavano le questioni sulle definizioni di poligamia o monogamia.
2. Il profilo storico e caratteri essenziali del matrimonio nella Sacra
Scrittura.
Il matrimonio canonico, regola la vita ed il comportamento dei fedeli
cristiani. Molti Testi del Nuovo Testamento contengono indicazioni valide
per la formazione di una futura disciplina e queste erano già di per sé
sufficienti a guidare le comunità dell’era apostolica. I Testi canonici dei
primi Concili, desumevano i canoni dalle Scritture e dai testi dei Padri
fondatori della Chiesa, usando tali indicazioni come strumento per formare
regole di condotta da proporre alla comunità cristiana, la lettera di San
Ignazio D’Antiochia, è il testo che ha contribuito alla formazione del
concetto di presbiterio, la Διδαχή Apostolorum è stata considerata pietra
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