Ivan Tosco – La disciplina comunitaria delle telecomunicazioni 5
L’ha fatto da poco. Se la storia delle telecomunicazioni moderne fosse un giorno,
l’intero processo di liberalizzazione rappresenterebbe le ultime due ore e tre quarti, e la
liberalizzazione completa poco meno degli ultimi nove minuti. Per questo, il presente
lavoro sconta una tara, è forse troppo descrittivo. Ma non si può sviluppare un gran
dibattito in meno di nove minuti. La discussione verrà in seguito, per ora ci
accontentiamo di aggiungere un granello di sabbia alla costruzione della torre europea.
All’inizio del suo fondamentale lavoro “La Galassia Gutenberg”, Mashall McLuhan,
padre della moderna teoria della comunicazione cita nientemeno che Re Lear, atto
primo, scena prima:
Noi riterremo solamente il nome di re,
e tutti i titoli; il potere, i redditi
del regno, il disbrigo di tutto il resto,
miei amati figliuoli, sia affar vostro:
a conferma della qual cosa, dividete fra
voi questa corona.
A prescindere dalle sue deduzioni, sulle quali non è certo la sede questa per
riflettere, ci pare a un primo sguardo che le parole del vecchio Lear si attaglino alla
perfezione a ciò che è accaduto nel vecchio continente nell’ultimo quindicennio. Gli
Stati si sono progressivamente spogliati dei poteri di gestione, dei redditi, della
titolarità delle proprie imprese, aziende ed enti gestori di telecomunicazioni, tenendo
per se’ i poteri di regolamentazione, che peraltro sono esercitati ormai in un ambito di
scarsissima discrezionalità, trattandosi di ambito armonizzato.
In questo lavoro ci sforzeremo di capire come.
Ivan Tosco – La disciplina comunitaria delle telecomunicazioni 6
Capitolo I – Le telecomunicazioni come fenomeno
Dove si illustrano succintamente i caratteri strutturali delle telecomunicazioni,
onde distinguere i confini dell’indagine che si svolge.
1. Delimitazione del campo d’indagine
Della terminologia corrente e dei concetti basilari
Telecomunicazioni (letteralmente “comunicazioni a distanza”) sono tutte le
trasmissioni di suoni, immagini, testi – cui oggi aggiungiamo il termine
onnicomprensivo di “dati”1- che avvengono a distanza di spazio in un breve
lasso di tempo. Possono avvenire su supporti a terra elettromagnetici (i cavi in
rame), ottici (le fibre ottiche), o tramite onde hertziane (nelle loro varie forme
che vanno dalle onde radio al raggio laser).
Si tratta di un termine recente2, che si ridefinisce in continuazione e coinvolge
una serie crescente di concetti tecnici, sociologici e, per quanto ci concerne,
giuridici.
Per inquadrare correttamente questi ultimi conviene spendere qualche
istante sui primi e, stante il carattere non tecnico del presente lavoro, nel farlo ci
appoggeremo ad una breve sintesi comparsa in un’opera divulgativa3.
Negli anni ’40, il prof. Claude Shannon, del Massachusets Institute of
Technology (MIT) di Boston, mette a punto una teoria, delineata in un
1
) In verità, i “dati” telematici non sono altro che una particolare sequenza di impulsi o di tonalità
predefinite (quindi di suoni) che spetta all’apparecchio inviante e al ricevente decodificare. Questo
apparecchio è il Modem (MOdulator/DEModulator), che “modula” in forma di suoni i pacchetti di dati
che giungono dal e al computer al quale è collegato. Lo stesso discorso vale per il fax (che non è altro che
un modem limitato a una sola operazione –di lettura e stampa-) e per tutto ciò che può transitare su linea
telefonica. Questo non vale per gli impulsi ottici, che sono viceversa una sequenza binaria complessa che
può essere trasformata, se necessario, in impulso sonoro.
2
) Il termine compare per la prima volta nell’uso italiano nel 1911, come termine tecnico di uso militare, e
comprende ogni trasmissione di “suoni, immagini, scritture tramite conduttori elettrici o onde hertziane”.
L’acquisizione alla lingua italiana corrente data al 1941, (“recente termine burocratico”), e la prima
comparsa in un dizionario come parola “vivente” è appena del 1961, nel Dizionario Eniclopedico Italiano
(1ª ed.), col più limitato significato di “comunicazione eseguita a mezzo del telefono o del telegrafo”. Per
la cronaca, la prima menzione italiana di quest’ultimo termine risale al 1805 (con riferimento al telegrafo
ottico di Claude Chappe del 1793), benché l’apparecchio di Morse, che divenne lo standard, sia stato
inventato nel 1836, e la prima linea -Washington-Baltimora- sia stata tesa nel 1844. CORTELLAZZO
Manlio – ZOLLI Paolo, Dizionario etimologico della lingua italiana, Bologna, 1988
3
) NAUGHTON John, A Brief History of the Future, London, 1999.
Ivan Tosco – La disciplina comunitaria delle telecomunicazioni 7
precedente rapporto4, destinata a costituire l’ossatura logica dello sviluppo
delle telecomunicazioni.
Secondo questo A., il processo comunicativo5 si schematizza così: una fonte
usa un codificatore per trasformare un messaggio in segnali elettrici che vengono
trasmessi lungo un canale finché non raggiungono un decodificatore che traduce
nuovamente i segnali in onde sonore comprensibili dal ricevitore.
Shannon aveva schematizzato una telefonata. Possiamo ripercorrere il
processo dicendo che una persona (fonte) che parla (messaggio) in una cornetta
telefonica (codificatore) trasmette impulsi elettrici lungo la linea telefonica
(canale), e quando questi raggiungono la cornetta del ricevente (decodificatore)
vengono ritrasformati in onde sonore.
Il professor Shannon delineò questo schema nel 1940, quando il cavo era il
metodo più ovvio per trasportare la voce, che era a sua volta il veicolo migliore
per la comunicazione personale6, ma gli era ugualmente chiaro che il medesimo
processo descrive perfettamente una trasmissione radiofonica: la fonte (il disk
jockey) che mette un compact disk nel suo lettore (il messaggio) e lo collega al
trasmettitore radio (codificatore) farà sì che impulsi elettrici facciano vibrare il
campo magnetico alla opportuna frequenza (canale), di modo che la persona
che possiede un decodificatore (apparecchio radio) possa ascoltare una pregiata
versione di “My Way”.
4
) SHANNON Claude, Communication Theory of Secrecy Systems, Bell System Technical Journal, Vol. 28
(1949), pp. 656-715. Il materiale qui contenuto era apparso in precedenza sotto il titolo “A Mathematical
Theory of Cryptography”, datato 1 settembre 1945, immediatamente secretato dal governo americano, e
successivamente declassificato.
5
) Per completezza espositiva, è bene precisare che il processo comunicativo di Shannon è un concetto
tecnico-ingegneristico, che può anche avere dei punti di contatto con la moderna teoria della
comunicazione (intesa in senso di analisi dei processi di trasferimento del pensiero da una persona
all’altra) sviluppata dalla semiologia, ma che non coincide affatto con essa. Se dalla prima possiamo
infatti partire, come facciamo, per compiere una analisi giuridica, la seconda si trova in un terreno che il
giurista non può invadere senza alternativamente cadere nel ridicolo o essere tacciato di fomentare idee
totalitarie.
6
) Non l’unico. Guglielmo Marconi (1874-1937) aveva già realizzato linee di comunicazione a onde corte
e cortissime nel 1933, e la AT&T aveva già creato la prima linea telefonica a ponti radio (Los Angeles-
Catalina Isle) nel 1918. Winston Churchill e Franklin D. Roosvelt ebbero una linea telefonica riservata
tramite onde radio scrambled, cioè criptate, già dal 1939, che fu resa più sicura nel 1944 (con la
sostituzione dello scrambler Bell Telephone Laboratories A-3 col più complesso B.T.L. “Sigsaly” che
applicava già le idee di Shannon sulla digitalizzazione del segnale). Tuttavia, questi sistemi erano
talmente ingombranti e costosi da non essere considerati il futuro delle comunicazioni personali. In KAHN
David, The Codebrakers, New York, 1967 (1996)
Ivan Tosco – La disciplina comunitaria delle telecomunicazioni 8
La differenza logica principale tra i due tipi di comunicazione consiste nel
fatto che se il primo flusso di comunicazione è duplice (due persone si parlano
tra loro), nel secondo caso il flusso è univocamente indirizzato dal trasmettitore
al ricevitore. Questo fatto ha importanti conseguenze sotto il profilo tecnico,
ma si tratta di conseguenze di ordine più che altro ingegneristico (il problema
del feed-back, la multiutenza etc.). Ciò che ci riguarda, invece, sono le
conseguenze giuridiche che ne possiamo trarre.
Lo schema di Shannon, infatti, sia nella sua forma normale, sia nella
configurazione che abbiamo delineato ora, offre uno strumento analitico anche
al giurista, permettendogli di suddividere i vari momenti in cui il fenomeno
comunicativo si distingue, e quindi la forma giuridica che ciascun passaggio
viene ad assumere.
Con riguardo alla fonte abbiamo un problema di carattere pubblicistico, e che
potremmo riassumere nel concetto di libertà di comunicazione. La nostra Carta
Costituzionale riconosce tra i diritti fondamentali la libertà di manifestazione del
pensiero (art. 21, 1°comma Cost. “Tutti hanno il diritto di manifestare
liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di
diffusione”), modellata sulla carta stampata e estesa poi agli altri mezzi di
comunicazione: dallo stesso art. 21, 2° comma per il teatro e il cinema, dalla
legge ordinaria (l. 223/1990)7 per quanto riguarda la radio e la televisione. Con
riguardo alla fonte, il problema è infatti quello, del tutto politico, di riconoscere
o meno la libertà della persona di formulare un’idea, a prescindere dal mezzo
che usa per formularla.
Nell’ambito del diritto dell’Unione8 viene oggi in rilievo la Carta dei Diritti
Fondamentali dell’Unione Europea (anche nota come Carta di Nizza, dal nome
della città dove il Consiglio Europeo si è riunito, tra l’altro, per la sua
7
) Preceduta da determinante giurisprudenza costituzionale (sent. C. Cost. 194/1997) e ampia produzione
normativa per la quale si rinvia a MARTINES Temistocle, Diritto Costituzionale, 1994, p. 677
8
) Intendendo qui il termine nel senso tecnico di diritto prodotto dal Consiglio Europeo, conferenza dei
capi di stato e di governo al vetrice dell’Unione, che è in effetti uno dei due organi propri dell’Unione
(insieme con l’Alto Rappresentante per la Politica Estera e di Difesa Comune)
Ivan Tosco – La disciplina comunitaria delle telecomunicazioni 9
approvazione9), che prevede espressamente, all’art. 11 “Libertà d’espressione e
d’informazione”
1. Ogni individuo ha diritto alla libertà di espressione. Tale diritto include la libertà di
opinione e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza che vi possa
essere ingerenza da parte delle autorità pubbliche e senza limiti di frontiera.
2. La libertà dei media e il loro pluralismo sono rispettati.
Questa enunciazione, molto più concentrata delle corrispondenti norme
costituzionali italiane, enuncia anzitutto, nel primo periodi del primo comma,
proprio quella libertà di manifestazione del pensiero che si accompagna alla libertà
di opinione.
Riguardo al codificatore e al decodificatore il problema si pone anzitutto in
termini di riservatezza, ed è ancora una volta di ordine pubblicistico.
All’ipotetico Solone si pone infatti il dilemma tra riservarsi la possibilità di
conoscere ciò che i cittadini pensano, allo scopo di prevenire ed eventualmente
“correggere” opinioni inaccettabili, oppure permettere che, a prescindere dal
contenuto del messaggio, questo possa essere mantenuto segreto tra l’inviante e
il ricevente. Il legislatore costituzionale italiano ha compiuto una scelta netta nel
secondo senso, affermando all’art. 15 Cost. che “la libertà e la segretezza della
corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione sono inviolabili”. È pacifico che
questa disposizione investe tanto la corrispondenza epistolare quanto quella
“telegrafica e telefonica”10.
La Carta di Nizza riserva a questo tema la seconda parte del primo comma
dell’art. 11, laddove enuncia che “Tale diritto [alla libertà d’espressione, nda] include la
libertà di opinione e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza che vi possa
essere ingerenza da parte delle autorità pubbliche e senza limiti di frontiera.”
Il tema della riservatezza delle comunicazioni e il tema della libera
espressione del pensiero vengono dunque portati, almeno in linea di principio,
a coincidere. Questo è tanto più evidente non appena si consideri che la Carta
dedica una disposizione specifica (l’art. 8) alla tutela dei dati personali,
9
) Consiglio Europeo di Nizza, 7-9 dicembre 2000
10
) MARTINES, op. cit., p. 655
Ivan Tosco – La disciplina comunitaria delle telecomunicazioni 10
enunciando quindi come principi autonomi la riservatezza delle comunicazioni
e quella delle informazioni che attengono alla persona11.
È bene però sottolineare che l’assetto “concentrato” nell’articolo 11 non è
privo di precedenti. Tale articolo, debitamente semplificato ed adattato al
carattere di norma fondamentale che la Carta dovrebbe in prospettiva
assumere, riproduce in effetti quanto già enunciato nell’art. 10 CEDU
«1. Ogni persona ha diritto alla libertà d’espressione. Tale diritto include la libertà
d’opinione e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza che vi possa
essere ingerenza da parte delle autorità pubbliche e senza limiti di frontiera. Il presente
articolo non impedisce agli Stati di sottoporre a un regime di autorizzazione le imprese di
radiodiffusione, cinematografiche o televisive.
2. L’esercizio di queste libertà, poiché comporta doveri e responsabilità, può essere
sottoposto alle formalità, condizioni, restrizioni o sanzioni che sono previste dalla legge e
che costituiscono misure necessarie, in una società democratica, alla sicurezza
nazionale, all’integrità territoriale o alla pubblica sicurezza, alla difesa dell’ordine e alla
prevenzione dei reati, alla protezione della salute o della morale, alla protezione della
reputazione o dei diritti altrui, per impedire la divulgazione di informazioni riservate o per
garantire l’autorità e l’imparzialità del potere giudiziario.».
Lo stile della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo è naturalmente
diverso, poiché diverse sono state le condizioni della sua genesi, diversa è la sua
funzione e diversa è la sua schietta natura di trattato internazionale; ma le
indicazioni fornite dal Presidium della Convenzione del Consiglio Ue per il
progetto sono decisamente univoche12:
In applicazione dell'articolo 50, paragrafo 313, questo diritto ha significato e portata simili a
quello garantito dalla convenzione e le limitazioni di questo diritto non possono eccedere
quelle previste al paragrafo 2 dell'articolo 10.
D’altra parte, poiché le conseguenze dell’adozione della Carta di Nizza sono
ancora tutte da delineare, sarà bene lasciar fuori questi aspetti dalla nostra
analisi, per rimandarli ad altra e più specifica sede. Per quanto ci riguarda,
11
) Stefano Rodotà, tra gli estensori del documento nell’ambito della Convenzione Europea che lo ha
redatto, nonché Presidente dei Garanti per la protezione dei dati personali, ha dichiarato che “Il diritto alla
protezione dei dati personali sancito dall'articolo 8 non riguarda una tecnologia, ma un aspetto della
personalità”, (DOMINIJANNI Ida, Diritti verso Nizza L'Europa in gioco - intervista a Stefano Rodotà, in
“Il Manifesto”, 30 novembre 2000).
12
) Convenzione del Consiglio Ue per il progetto di Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea,
Nota del Presidium – Bruxelles, 31 luglio 2000, Spiegazioni relative alle disposizioni del progetto di
Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea in Diritto & Giustizi@, 13 settembre 2000 da
http://www.dirittoegiustizia.it/giornale/091300/32/docum.htm
13
) La numerazione si riferisce al progetto al momento della pubblicazione del documento. Dopo il
Consiglio di Nizza, l’indicazione va letta come “in applicazione dell’art. 52, paragrafo 3” che recita
“Laddove la presente Carta contenga diritti corrispondenti a quelli garantiti dalla convenzione europea
per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, il significato e la portata degli
Ivan Tosco – La disciplina comunitaria delle telecomunicazioni 11
infatti, ogni tentativo di inserire queste disposizioni nel quadro dell’analisi
cozza contro due ostacoli insormontabili: l’art. 51,2° comma della Carta stessa
(“La presente Carta non introduce competenze nuove o compiti nuovi per la Comunità e per
l’Unione, né modifica le competenze e i compiti definiti dai trattati”) e le Conclusioni della
Presidenza del Consiglio Europeo di Nizza, che al punto 2 (Carta dei Diritti)
chiariscono in modo inequivocabile che “In conformità delle conclusioni di Colonia, la
questione della portata della Carta sarà esaminata in un secondo tempo.”14
Peraltro, il medesimo passaggio diviene oggetto d’interesse specifico non
appena ci si renda conto che il codificatore e il decodificatore sono
apparecchiature elettroniche, che dunque presentano questioni relative allo
standard di fabbricazione e alla loro commercializzazione, questioni che, come
vedremo, investono in pieno le materie dei Trattati comunitari sotto il profilo
della libera circolazione delle merci (nei suoi due aspetti della abolizione degli
ostacoli tariffari ma, principalmente, di quelli non tariffari, che in questo caso
assumono –rectius: assumevano- la forma dell’ostacolo tecnico).
Si giunge ora al punto più complesso della teoria di Shannon, ovvero il
canale.
Tecnicamente, questo può essere un cavo o un’onda. La scelta di un medium
piuttosto che dall’altro indirizza l’attenzione del giurista in un modo piuttosto
che in un altro.
Se si opta per la trasmissione via cavo, ci si imbatte subito nel fatto che il cavo
è un lungo oggetto fisico che deve solcare una distanza. Il diritto civile offre
strumenti adeguati a fronteggiare una situazione di questo tipo, che in verità
non è molto dissimile da quella in cui viene a trovarsi un soggetto che debba far
correre un acquedotto o un elettrodotto fra due punti. Possiamo quindi pensare,
senza grosso sforzo di fantasia, che i problemi che pone si configurino in modo
analogo a quelli posti da un elettrodotto, datosi che un cavo telefonico è, in
definitiva un cavo elettrico (almeno fintantoché resta in rame). Di elettrodotto si
stessi sono simili a quelli conferiti dalla suddetta convenzione, a meno che la presente Carta non
garantisca una protezione maggiore o più estesa”.
14
) Conclusioni della Presidenza, 12/12/2000 da http://www.esteri.it/archivi/documenti/ cons. 3 febbraio
2001.
Ivan Tosco – La disciplina comunitaria delle telecomunicazioni 12
occupa l’art. 1056 c.c., per sancire che “ogni proprietario è tenuto a dare passaggio per i
suoi fondi alle condutture elettriche, in conformità alle leggi in materia”15.
La norma, concepita semplice clausola di rinvio alla legislazione, appare
abbastanza elastica da adeguarsi a tutti gli assetti delle telecomunicazioni via
cavo. Non bisogna infatti dimenticare che quando fu scritto il codice civile
l’assetto delle società elettriche in Italia era simile all’attuale assetto delle
compagnie telefoniche, caratterizzato dall’assenza di un ente pubblico
economico monopolista con poteri amministrativi sulle reti. Questo può
spiegare perché il legislatore non abbia previsto una servitù coattiva tout court,
come avrebbe probabilmente fatto se tale monopolio fosse esistito, ne’ abbia
assoggettato le linee elettriche al regime degli acquedotti pubblici (demaniali ai
sensi dell’art. 822, 2°comma).
Se la scelta cade sull’onda hertziana, scopriamo che il diritto civile italiano16 è
molto meno attrezzato. Salta subito all’occhio che esso contempla la
propagazione di onde soltanto in quanto rumori e scuotimenti, ovvero in
termini di immissioni. Il riferimento è all’art. 844, 1°comma c.c., che recita
“Il proprietario di un fondo non può impedire le immissioni di fumo…(omissis), gli
scuotimenti e simili propagazioni derivanti dal fondo del vicino, se non superano la
normale tollerabilità, avuto anche riguardo alle condizioni dei luoghi”
Fondato sul codice civile, il nostro sistema resta ancorato ad una prospettiva
dell’onda come fenomeno di invasione della proprietà privata, temperato dal
criterio dell’art. 844, 2°comma che prevede appunto il contemperamento delle
esigenze di proprietà e produzione17. Se questo schema permette di equilibrare,
come dimostrato esaurientemente dalla dottrina che si rifà all’analisi economica
del diritto18, la struttura dei costi connessi con l’uso economico e l’uso di
godimento della proprietà19, mostra però una certa limitatezza di prospettiva.
15
) Artt. 119, ss, t.u. 11 dicembre, 1933, n. 1775; l. 13 dicembre 1964 n. 1341.
16
) Per quanto riguarda il punto che ci interessa. Sotto altri aspetti, come ad esempio in materia di diritto
alla salute, la giurisprudenza è divisa sulla nocività o meno delle onde emesse dai ripetitori cellulari, e la
soluzione viene ricercata in ambiti diversi del sistema civilistico, ma pur sempre nel suo ambito.
17
) Su questi punti vedi diffusamente MATTEI Ugo, La proprietà immobiliare, Torino, 1995 pagg. 165 ss.
18
) Cfr. PARDOLESI Roberto , Voce “Analisi economica del diritto”, in Digesto IV, sez civ., I, Torino,
1987, 309
19
) Fondamentale in questo senso il cosiddetto “teorema di Coase”, secondo il quale le parti, lasciate
libere di negoziare a costi transattivi tendenti a zero, raggiungeranno sicuramente un accordo efficiente.
Cfr. COASE Richard, The Problem of Social Costs, 3 J.Law Econ., 1 (1960). Su questa linea di pensiero,
autorevole dottrina (tra gli altri GAMBARO Antonio, La proprietà, in Trattato di diritto privato, a cura di
Ivan Tosco – La disciplina comunitaria delle telecomunicazioni 13
La proprietà è infatti strumento principe nel definire gli assetti dei rapporti
economici, ma la sua utilità cessa nel momento in cui una certa attività non è
più suscettibile di valutazione. Poiché l’economia ci insegna che è “economico”
quel bene cui è possibile attribuire un prezzo all’interno del gruppo sociale che
lo detiene, si può ben dire che cessa di esserlo nel momento in cui non interessa
a nessuno, nel senso che nessuno dei membri del gruppo potrebbe trarne un
vantaggio.
Nel caso della proprietà fondiaria, questo fenomeno si verifica nel caso
previsto e regolato dall’art. 840, 2°comma, ovvero quando “tali attività si svolgano a
tale profondità nel sottosuolo o a tale altezza nello spazio sovrastante, che egli [il proprietario]
non abbia interesse ad escluderle”. Dal punto di vista del regime della proprietà
immobiliare, la norma rinforza il divieto di atti di emulazione sancito all’art.
833. Serve però anche a tracciare il confine superiore della proprietà privata.
L’onda hertziana che non sia tale da costituire immissione intollerabile ai
sensi dell’art. 844, in quanto costituisce proprio quel genere di attività che si
svolge sì al di sopra del fondo, ma che non intacca il godimento del
proprietario, è quindi neutra rispetto alla proprietà immobiliare20.
Questo vuol forse dire che le trasmissioni sono del tutto irrilevanti per gli
assetti della proprietà in genere? Certamente no.
Se è vero che è impalpabile, l’etere, la banda utilizzabile dello spettro
elettromagnetico, è però lo stesso una risorsa scarsa, sia per la sua limitatezza
naturale (non è tutto sfruttabile in modo innocuo) sia per i vincoli al suo uso,
introdotti a fini usi militari o pubblici (la riserva delle frequenze per i canali
strategici), ed ha perciò un valore. La sua spartizione richiede un set di regole
che, se non sono regole proprietarie, ricadono però nello schema della
concessione amministrativa, “atto con cui si conferisce a un soggetto a un soggetto
privato una nuova facoltà” 21 ovvero, in questo caso, la possibilità di
G. Iudica e P. Zatti, Milano, 1990) ha argomentato in favore di una definizione netta dei diritti di
proprietà, come strumento per abbattere i costi transattivi.
20
) Non lo è ris petto a diritti assoluti di altra natura, che prescindono dai rapporti proprietari. Per
l’incidenza di tali diritti sugli assetti della proprieta, vedi ancora MATTEI, op. cit., p. 177 e Appendice.
21
) Si tratta in particolare di concessione traslativa su bene demaniale. Sul concetto vedi VIRGA Pietro,
Diritto amministrativo, II, Milano, 1997, 17, nonché più approfonditamente SANDULLI Aldo M., Manuale
di diritto amministrativo, Napoli, 1991, 627.
Ivan Tosco – La disciplina comunitaria delle telecomunicazioni 14
sfruttamento commerciale di una risorsa pubblica (come avviene per cave e
torbiere).
Quest’ultimo aspetto è vero anche per le comunicazioni via cavo, anche se la
concessione, in questo caso, sarà alla posa dei cavi.
Ma non è tutto. La concessione può anche riguardare l’esercizio dell’attività
di fornitura del servizio. In questo caso si ricadrà nell’area della politica dei
pubblici appalti o, quando si tratti di servizi prestati oltre i confini dei singoli
stati, nell’area delle libertà sancite dai Trattati comunitari, in particolare le
libertà si stabilimento e di prestazione di servizi.
Abbiamo quindi visto, anche se ancor solo per esemplificazione, che la scelta
di un canale piuttosto che di un altro porta con sé problemi diversi.
Della nozione di telecomunicazioni nel diritto comunitario
Prima di iniziare una analisi giuridica del fenomeno TLC occorre sgombrare
il campo da un equivoco terminologico. La parola “telecomunicazioni”, nel
senso impiegato dalle normative comunitarie, indica unicamente le
comunicazioni a distanza di tipo punto-punto, escludendo per intero le
comunicazioni di tipo broadcast (televisione e radio). Questa distinzione riveste
un carattere fondamentale. La normativa in queste due materie ha infatti
seguito un andamento per certi verso parallelo, ma profondamente distinto a
tutti i livelli.
Fino a non molto tempo fa, infatti, e in particolare fino all’elaborazione di
quella particolare equazione nota come Algoritmo di Viterbi, i due campi erano
del tutto impossibili da confondere, essendo chiaro a tutti che il metodo
principale per la trasmissione punto-punto consisteva nel collegamento via
cavo del terminale trasmittente a quello ricevente, mentre per una trasmissione
di tipo broadcast il metodo principe era l’onda hertziana (o onda radio)
trasmessa “in chiaro”, che risulta cioè decifrabile a tutti coloro che dispongono
di un apparecchio ricevente all’interno del campo elettromagnetico generato dal
trasmettitore. Si trattava cioè di due canali perfettamente distinguibili, e distinti
per l’uso.
Ivan Tosco – La disciplina comunitaria delle telecomunicazioni 15
Questa semplice ma fondamentale differenza tecnica ha condizionato
pesantemente le modalità di utilizzo dei mezzi di comunicazione a distanza,
che si sono così distinti in telecomunicazioni propriamente dette (fondate in via
principale sugli strumenti del telefono e del telegrafo) e mezzi di
comunicazione di massa (o mass-media, come ormai da decenni entrato
nell’uso corrente, con curiosa agglutinazione di un termine latino ed uno
inglese)22.
Mentre le prime sono venute ad assumere un carattere eminente di sistema
di trasporto bidirezionale d’informazioni, via via sempre più complesse, i
secondi si sono caratterizzati all’atto stesso della loro nascita come veicolo di
comunicazione dapprima politica e successivamente commerciale, ma sempre
necessariamente unidirezionale.
Ciò ha indotto i legislatori, e in particolare il legislatore comunitario, a
regolare il mercato radiotelevisivo con riferimento principale al contenuto di
quelle che non a caso sono denominate “trasmissioni radiotelevisive” senza
ulteriori specificazioni, ovvero al messaggio veicolato, mentre il mercato delle
comunicazioni punto-punto ha ricevuto una regolamentazione che prescinde
dal contenuto della comunicazione, concentrandosi sul veicolo della medesima.
E’ tuttavia necessario aggiungere qui che la dicotomia tra i due settori,
delineata in ossequio a quella che possiamo chiamare, con la condiscendenza di
chi ha già visto il futuro, impostazione tradizionale del problema, è destinata a
ricomporsi in tempi non molto lontani. La tecnologia, ai cui sviluppi il diritto
naturalmente segue, incapace com’è di programmare in anticipo gli eventi, sta
infatti ponendo questioni del tutto nuove.
La limitatezza della banda telefonica, che fino a pochi anni fa permetteva di
trasmettere un unico flusso di informazioni alla volta, ad esempio un messaggio
in voce, è in fase di rapidissimo superamento: il protocollo ADSL permette di
22
) Il concetto di mezzo di comunicazione di massa è ormai patrimonio acquisito della cultura corrente.
Ciò peraltro non impedisce che il concetto stesso, così come formulato, presenti una ambiguità intrinseca.
In effetti la comunicazione di tipo broadcast (cioè “a d ampio raggio”) promana da un punto verso una
quantità potenzialmente illimitata di riceventi. Si dovrebbe pertanto palare di mezzi di comunicazione
alla massa. Una scelta terminologica di questo tipo rischia tuttavia di scontare una tara ideologica legata
all’uso politologico della parola “massa”, e di acquisire all’atto stesso della sua adozione il senso di un
giudizio (negativo) di valore.
Ivan Tosco – La disciplina comunitaria delle telecomunicazioni 16
moltiplicare la quantità di informazioni che transitano su un cavo telefonico in
un’unità di tempo, e l’applicazione di questo protocollo (e di altri in studio,
come l’IDSL e l’XDSL) alla fibra ottica o alla trasmissione satellitare rende
possibile il trasferimento simultaneo di grandi quantità di bit. Essendo ormai il
bit l’unità a cui può essere ridotta (tramite metodi di campionamento” –o
“digitalizzazione”- sempre più efficienti e precisi) qualsiasi onda analogica23,
sia essa un’onda sonora o una trasmissione video, è chiaro che è già oggi
possibile avere un messaggio creato per essere trasmesso in modo broadcast che
transita su supporti creati (e regolamentati) per la trasmissione punto-punto, e
questo anche contemporaneamente al messaggio telefonico o strettamente
telematico. Viceversa è ormai esperienza comune come l’uso dei ponti radio
abbia mutato radicalmente la nostra stessa percezione del telefono. Se il
telefono cellulare era, in ragione principalmente della sua natura analogica24, e
quindi della sua limitata capacità di moltiplicazione, il parente elitario e un po’
inaffidabile del telefono a cavo, oggi è il mezzo principale per la comunicazione
personale, e questo benché sfrutti, opportunamente schermata dalle
interferenze25, l’onda hertziana, metodo broadcast per eccellenza.
Come è stato giustamente affermato in dottrina26, questa è la situazione in cui
viene a collocarsi il mercato di Internet, che per l’impostazione tradizionale è
una sorta di animale chimerico mezzo telecomunicazione (per quanto riguarda
il medium) e mezzo broadcasting (per quel che è il suo contenuto), con
conseguenze che iniziano ad essere bizzarre. La telefonia via Internet, ad
esempio, ha dovuto essere esclusa dalla nozione di telefonia impiegata dalla
direttiva 90/388 CEE, che attualmente regola il settore, poiché non è “servizio
telefonico” alla luce dei criteri di quest’ultima27.
23
) Per un’introduzione illuminante in materia, essenziale è la lettura di NEGROPONTE Nicholas., La
Rivoluzione Multimediale e il futuro delle telecomunicazioni. – Gli Incontri a Palazzo Giustiniani n.11),
Roma, 1995
24
) E’ la tecnologia ETACS (Extended Total Access Communication System). Gli apparecchi etacs
trasmettono e ricevono in modo analogico, come delle semplici ricetrasmittenti, benché la selezione del
canale che occupano sia ugualmente affidata a un sistema digitale.
25
) Grazie al già citato algoritmo di Viterbi.
26
) RADICATI DI BROZOLO Luca, Il diritto comunitario delle telecomunicazioni, Torino, 1999, pag. 16
27
) Comunicazione della Commissione Europea 98/C 6/04
Ivan Tosco – La disciplina comunitaria delle telecomunicazioni 17
Con le parole della dottrina più attenta, “la vicenda esemplifica la difficoltà
che nel settore (…) incontra ormai qualunque disciplina che intenda assumere a
suo presupposto una corrispondenza biunivoca tra mezzo ed attività
esercitata…”28
Questo risultato concettuale, che a dire il vero non è molto elegante,
andrebbe corretto prima che il fenomeno dell’evoluzione delle reti renda
assolutamente inutile e fuorviante una distinzione tra aree normative fondata
su una differenza tecnica ormai già sepolta.
2. La natura transnazionale delle telecomunicazioni
Della vocazione a valicare i confini
Le telecomunicazioni, sia nella loro accezione completa, sia in quella ristretta
al point-to-point di cui ci occupiamo, nascono giocoforza transnazionali.
Nel caso del broadcasting, tale vocazione è talmente evidente che non ha
bisogno di essere dimostrata in alcun modo. La semplice ed assolutamente
ovvia osservazione che le onde radio non codificate che si espandono nell’etere
non possono essere fermate alla frontiera, se non abbattendo i trasmettitori che
le originano o i ripetitori che le propagano, basta da sola a chiarire il punto. Si
tratta di una vocazione palese a chiunque abbia avuto occasione di captare, col
proprio apparecchio radio portatile, una qualche emittente straniera mentre si
trova a qualche chilometro dal confine; per cercare un esempio più raffinato,
possiamo pensare alla diffusione che Radio Londra ebbe durante il secondo
conflitto mondiale, senza che le autorità di occupazione tedesche, benché
controllassero il territorio, potessero farci nulla.
Con riguardo alla comunicazione punto-punto, la transnazionalità naturale
delle telecomunicazioni è meno sfacciatamente palese, e richiede un
ragionamento leggermente più complesso, anche se giunge a conclusioni
uguali.
28
) AMORE Stefano, Voce “Telefono”, in Digesto IV, dis. pub.,Torino, 1999, 240
Ivan Tosco – La disciplina comunitaria delle telecomunicazioni
18
Innanzitutto osserviamo che questa vocazione è connaturata al bisogno al
quale le TLC rispondono, ovvero collegare in modo rapido due soggetti
separati da un certo spazio.
In secondo luogo, possiamo asserire, senza dover ricorrere ad
approssimazioni troppo arbitrarie, che una data informazione ha una sua utilità
che decresce con l’andare del tempo, con un’intensità che varia a seconda del
tipo di informazione
29
; se questa informazione, per essere utile, deve percorrere
dello spazio, possiamo azzardare che l’utilità della comunicazione è data dalla
relazione tra lo spazio che deve percorrere per raggiungere il proprio scopo e il
tempo che impiega a raggiungerlo.
Le telecomunicazioni hanno la caratteristica di accelerare la comunicazione
in modo da ridurre il tempo necessario a percorrere un determinato spazio, fino
ad ottenere una tendenziale contemporaneità tra la spedizione e la ricezione
dell’informazione comunicata. Così facendo è possibile rendere il tempo una
costante (l’unità di tempo), e da ciò far discendere che l’utilità della
comunicazione di un’informazione aumenta in ragione della distanza che
percorre.
Ovvero la relazione
U=S/T
descrive in linea generale l’utilità (U), ad esempio, di portare una lettera a
una distanza S=100 km in un giorno (T=1) (nell’esempio 100/1=100km/g). In
questa relazione il tempo T, a velocità costante, dipenderà dalla distanza che
intendiamo percorrere. Se vogliamo percorrere 200km, dovremo impiegare il
doppio del tempo, ovvero 2 giorni. Quindi U sarà costante, e sempre uguale a
100. Ma se introduciamo T=k, dove k è uguale all’unità, nel caso in esempio un
giorno, è facile vedere che, passando S da 100 a 200km, U crescerà in misura
identica, passando da 100 a 200km/g.
29
) Ad esempio: se il signor Rossi delibera di andare a trovare il signor Bianchi il giorno 10, e lo
comunica subito il giorno 1, il signor Bianchi avrà 10 giorni di tempo per preparare l’incontro. Se Rossi
ritarda, Bianchi avrà sempre meno tempo, la notizia gli sarà del tutto inutile il giorno 10.