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Abstract
Le motivazioni di questo lavoro conclusivo della laurea triennale sono nate
principalmente da aspetti personali e sono riconducibili a tre canali fondamentali
nei quali l’università Bocconi mi ha condotto: il primo riguarda l’ammissione al
progetto di scambio “Erasmus” alla Szkoła Główna Handlowa w Warszawie
(Warsaw School of Economics) che ho frequentato per cinque mesi, il secondo è
la formalizzazione di uno stage curriculare presso un’azienda biomedica nel
centro aziendale di Varsavia e il terzo è l’approccio rigorosamente quantitativo
che il corso di laurea in Economia e Scienze Sociali mi ha insegnato. Queste tre
salde colonne che ho vissuto in prima persona, unite alla curiosità per un Paese
in espansione finalmente sotto la bandiera democratica dopo secoli di traumi
geopolitici, mi ha portato ad effettuare un’analisi matematica sui fattori
economici del Paese insieme ad una minima conoscenza del tessuto economico,
sociale e politico che ho potuto toccare durante le opportunità fornitemi
dall’Università.
Lo scopo di questo lavoro finale è quello di creare i dati storici mancanti
dell’entrata nell’Euro della Polonia nel 1998: simulando questo avvenimento
possiamo comprendere come le variabili economiche basilari di riferimento
potrebbero essersi mosse. Non essendo l’economia una scienza esatta, non
abbiamo la presenza di dati sperimentali da poter confrontare senza margini di
errore, dobbiamo, invece, avvalerci di una simulazioni di questi dati; in questo
caso utilizziamo il metodo del controllo sintetico di Abadie, Diamond, Hainmueller
che attraverso l’algoritmo creato per Stata “crea questi dati osservazionali non
osservati” per la Polonia entrante nell’Euro. Appunto, come controllo sintetico,
attraverso una combinazione lineare di Stati facenti parte dell’Eurozona si simula,
minimizzando l’errore, il trend storico polacco in presenza di moneta unica
europea. L’avvalersi di questo metodo rigorosamente basato su concetti
matematici permette di commentare, comunque empiricamente, ma su basi
solide, un finto avvenimento storico per valutare se le scelte effettuate dai policy
makers si sono rilevate apprezzabili o contestabili. In generale, dalla mera analisi
quantitativa, si evince che la scelta del mantenimento della valuta domestica ha
giovato alla situazione economica, sociale e politica del Paese. Dal punto di vista
qualitativo, la scelta sembra essere storicamente corretta visto l’andamento
graduale di crescita del Paese non ancora su valori medi di competitività europei.
Nel 1998 l’adesione sarebbe stata senza dubbio troppo prematura e ora, nel
2014, l’avvicinamento ai requisiti per entrare nell’Euro è sempre più concreto,
dunque risulta importante analizzare i dati storici, di cui sotto, per poter fare
analisi con solide basi per il futuro di questo grande Paese in espansione.
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1. Introduzione
1.1 Background storico-economico
La rinascita della Polonia, nel 1918, lascia alle sue spalle 120 anni di
dominazione straniera, ma il Paese si appresta ad essere soffocato da una dura
pinza, stretta, a sinistra, dai tedeschi e, a destra, dall’URSS. Presto viene
conquistata dai nazisti, che cercano di cancellare completamente la cultura
polacca in quanto “slava” e, quindi gli individui sono “Untermenschen”
(sottouomini). Terminato il secondo conflitto mondiale che ha reso lo Stato
polacco un cumulo di macerie, le sfere di influenza determinate alla conferenza di
Yalta vedono la Polonia sotto il controllo russo con l’obiettivo di liberare la
Nazione dai tedeschi. Più che una liberazione, però, il Paese vive un periodo di
soffocamento sotto la politica economica pianificata del regime sovietico che non
fa emergere la vera forza autonoma polacca; dal punto di vista sostanziale, è
finita solo la guerra vera e propria in Polonia, la guerra fredda opprime
continuamente lo Stato.
Finalmente, nel 1989, la situazione geopolitica cambia e la nazione polacca
può ricominciare a camminare sulle proprie gambe. Nel 2014 la popolazione si
dichiara al 97% polacca, mai il Paese è stato così “nazionale ed omogeneo”. A
Varsavia si concentra lo sviluppo verticale con grattacieli e architetture moderne
facendo emergere lo stile del capitalismo. Anche il forte spirito ironico verso la
crescita fa onore alla capitale: la sede della Ferrari e della Borsa polacca si
trovano in ex-sedi del partito comunista sovietico. Rimane, dopo una
consultazione popolare, il Palazzo della Cultura e della Scienza costruito dai
sovietici nel centro della città, simbolo della città e per la verità non molto amato
dai polacchi. A Cracovia, città fortunatamente non distrutta dall’influenza del
Terzo Reich per il curioso fatto che i nazisti ritenevano fermamente che la città
appartenesse alla cultura tedesca, il centro storico è l’apoteosi dell’aspetto
artistico della città che ospita moltissimi studenti e turisti durante l’anno. Danzica
apre le porte al mar Baltico come via di collegamento marittimo, mentre
Breslavia, Poznan e Lodz sviluppano business, know-how e commercio
unitamente a Katowice, grande polo manifatturiero nel centro-sud della Polonia a
due passi dalla Repubblica Ceca.
L’adesione della Polonia nel 2004 (dopo il referendum del 2003 con il 77,45%
di sì) ha aperto ulteriormente le frontiere del commercio verso occidente e
soprattutto ha permesso alla Polonia di godere di importanti investimenti diretti
esteri e di soldi erogati dall’unione europea attorno a tre punti percentuali del
prodotto interno lordo.
È importante, inoltre, capire anche il tessuto economico del Paese che, per
esempio, ha uno dei settori primari più alti di tutta l’unione europea: il 19%. La
produzione in questo settore è buona, è prima produttrice mondiale di segale,
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quarta di avena e, comunque, molto competitiva nella produzione di cereali; il
problema il problema consiste nello scarso turnover (4%) che questa garantisce
occupando molti individui a causa dell’arretratezza del settore. Il settore
secondario ha avuto un cambio di rotta dopo la caduta del muro di Berlino,
permettendo alla società polacca di innovarsi e di non concentrarsi solo su settori
storici quali il minerario, il tessile, il metallurgico e l’abbigliamento, ma anche,
grazie ad investimenti stranieri, sull’automobilistico e sul manifatturiero.
L’innovazione ha comportato anche a un’espansione del settore terziario
soprattutto per quanto riguarda il settore bancario con l’acquisizione avvenuta da
parte di banche europee.
Nonostante i buoni ritmi di crescita che si sono andati a consolidare dopo il
regime della pianificazione, il problema della disoccupazione in Polonia rimane
uno degli ingranaggi da lucidare: è fisiologico che dopo il regime di economia
controllata si sia pervenuti ad un livello di licenziamenti secondo regole del
mercato, ma ora l’esclusione sociale che continua a colpire molti ambiti
territoriali polacchi continua a tenere questo indice di riferimento sopra la media.
Grazie, inoltre, alla non eccessiva rigidità applicata ai tassi di cambio, l’export
è cresciuto ad un buon tasso ( importante, qui, è lo stretto legame creatosi con
le imprese tedesche) dando impulso all’economia, però, alla stessa maniera,
crescendo il fabbisogno interno, anche l’import è aumentato consistentemente.
Guardando agli indici di competitività che ogni anno il World Economic Forum
rileva, la situazione della Polonia risulta essere come in precedenza descritta: di
complessiva buona crescita, ma con alcuni fattori strutturali da migliorare. In
particolare, si sottolinea la maggiore crescita del Pil pro capite rispetto agli altri
Paesi dell’Europa centrale e orientale, e la posizione ottima che essa assume
nella grandezza del mercato di riferimento, nonché la grande competitività nel
settore educativo e sanitario, sebbene gli investimenti nella ricerca si aggirino
attorno all’1% del Pil (tra i più bassi in UE). Settori nei quali va garantita
maggiore flessibilità nel futuro per migliorare la competitività della Polonia nella
sua fase di sviluppo sono l’ordinamento fiscale, attualmente molto macchinoso;
l’inefficiente burocratica statale, nonché la restrittiva regolamentazione lavorativa
e l’assenza ancora (nonostante il recente sviluppo avvenuto con gli Europei di
Calcio 2012) di un adeguato sistema infrastrutturale.
Riassumendo molto brevemente, la situazione dello sviluppo polacco negli
ultimi 25 anni è stata invidiabile e strutturata su solide basi di economia reale.
Un focus particolare di attenzione per il futuro da parte dei policy-makers
andrebbe indirizzato alla crescita della popolazione, al miglioramento della libertà
di entrata ed uscita (riformando le pensioni anticipate) nel mondo del lavoro e ad
investimenti in infrastrutture con un pacchetto di riforme di lungo periodo che
consentano maggiore dinamismo al mercato interno polacco. Essendo infatti
migliorata la situazione interna, i fondi strutturali europei tendono a diminuire e
quindi l’autonomia del Paese si rende più importante non potendo esso più
utilizzare soldi europei come ammortizzatori sociali.