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INTRODUZIONE
Il presente lavoro offre, senza pretese di esaustività, una rassegna dettagliata di uno dei
principali interventi novellistici che ha contraddistinto la materia delle misure cautelari, così
come contenuta nel Libro IV del codice di procedura penale. In particolare, ci si riferisce alla
Legge 16 aprile 2015, n. 47, la quale ha introdotto il requisito dell’attualità anche in relazione
ai pericoli di fuga e di reiterazione criminosa, rispettivamente lett. b) e c) dell’art. 274 c.p.p.
L’intento che si vuole effettivamente perseguire è quello di offrire al lettore una serie di spunti
critici e dettagliati delle principali interpretazioni giurisprudenziali in ordine al significato del
requisito dell’attualità, correlato al primo requisito della concretezza, inserito già
precedentemente nell’art. 274 del codice di rito. Il tema proposto, infatti, è prettamente
giurisprudenziale, tant’è vero che la Suprema Corte si è espressa a più riprese, cercando di
chiarire, delle volte anche in contraddizione con alcune pronunce, il significato letterale di
questi due requisiti. Così nell’elaborato in commento, si evidenziano gli orientamenti
giurisprudenziali a riguardo, al fine di distinguere i due significati concettuali ed, in
particolare, per non confondere il requisito dell’attualità con quello della concretezza. Un
ulteriore problema, poi, attiene al requisito del tempo dalla commissione del fatto, per cui ci si
chiede se esso debba essere interpretato in termini di attualità ovvero di concretezza del
pericolo; infatti non si comprende il motivo per cui nell’art. 292, co. 2, lett. c), c.p.p., il
legislatore abbia fatto riferimento a tale requisito temporale, dal momento che non rientra tra
le esigenze cautelari di cui all’art. 274 c.p.p. Si forniscono, quindi, varie decisioni della
giurisprudenza di legittimità, le quali cercano di definire in che modo si debba intendere il
requisito del tempo rispetto ai due già citati; l’interpretazione che si sposa, con il presente
lavoro, è quella più estremistica, secondo cui il <<tempo>> è un requisito divergente dai
requisiti dell’attualità e della concretezza del pericolo. L’ultimo capitolo, infine, riguarda una
sentenza di rilevante importanza della Corte europea dei diritti dell’uomo, poiché induce il
lettore a riflettere sulla fondamentale problematica del sovraffollamento carcerario
presentandosi altresì, sulla scia dei recenti interventi legislativi, l’occasione per ragionare in
merito all’utilizzo del braccialetto elettronico e all’applicazione della misura della custodia
cautelare in carcere come extrema ratio.
8
CAPITOLO PRIMO
LE MISURE CAUTELARI
1.1 PREMESSA
La libertà personale è una delle libertà fondamentali caratterizzante ogni ordinamento
moderno. Essa è tutelata non solo sul piano nazionale come forma inviolabile attraverso cui
l’uomo può esprimere se stesso, prevista dall’art. 13, co. 1 della Carta costituzionale
1
, ma
anche a livello sovranazionale. Infatti l’art. 9 del Patto internazionale sui diritti civili e
politici
2
e l’art. 5 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo
3
sanciscono, allo stesso
modo, l’importanza della possibilità in capo all’individuo di mostrarsi in tutte le sue
componenti non priva, però, di limitazioni.
A dimostrazione di ciò, lo stesso art. 5 della Cedu inserisce una riserva di legge, in base
alla quale la libertà personale può essere ristretta solo nei casi e nei modi stabiliti dalla legge
4
,
in conformità a quella che è la ratio della stessa norma, legittimante tale limitazione
5
. Nella
medesima direzione si pone l’art. 13, co. 2, Cost.
6
che, contraddistinto dal principio di
legalità, costituisce il solco per un’ulteriore previsione disciplinata all’art. 272 c.p.p.
Quest’ultimo, difatti, precisa che <<le libertà della persona possono essere limitate con misure
1
<<La libertà personale è inviolabile>>.
2
<<Ogni individuo ha diritto alla libertà e alla sicurezza della propria persona>>.
3
<<Ogni persona ha diritto alla libertà e alla sicurezza>>.
4
<<Nessuno può essere privato della libertà, se non nei casi seguenti e nei modi previsti dalla legge>>.
5
Cfr. S. FùRFARO, Le limitazioni alla libertà personale consentite, in AA.VV., Le misure cautelari personali, I,
Torino, 2009, 9.
6
<<Non è ammessa forma alcuna di […] restrizione della libertà personale, se non […] nei soli casi e modi
previsti dalla legge>>.
9
cautelari soltanto a norma delle disposizioni>> del Titolo I del Libro IV del codice di
procedura penale.
E’ in questa norma di principio che si inseriscono le misure cautelari, quali
provvedimenti motivati adottati dall’autorità giudiziaria
7
in maniera accorta
8
, sia nel corso
delle indagini preliminari sia nella fase processuale, incidendo sulla libertà dell’individuo o
sulla sua godibilità di beni. Limitative della libertà personale vera e propria dell’individuo
sono le misure cautelari personali; queste, oltre ad essere tassative e soggette ad
impugnazione, si suddividono in coercitive
9
ed interdittive, a seconda che comprimano
rispettivamente la libertà fisica o di movimento del soggetto o il compimento di determinate
facoltà o diritti, in tutto o in parte. Le misure cautelari reali, invece, anch’esse impugnabili,
delimitano la godibilità di un bene mobile o immobile, rendendolo indisponibile
momentaneamente sia sotto il profilo fisico che sotto quello giuridico
10
.
Sia le misure personali che quelle reali hanno la finalità di tutelare il procedimento
penale o il processo penale in senso stretto, a seconda della fase in cui ci si trova, dai
comportamenti penalmente rilevanti del presunto indagato/imputato o dalla natura di alcuni
oggetti tesa alla commissione di eventuali reati, i quali possano nuocere al regolare procedere.
Presunto indagato/imputato perché anche la presunzione di non colpevolezza è un importante
principio costituzionale
11
di cui bisogna tener conto nell’applicazione delle misure
12
; tant’è
vero che in attesa della emanazione di una sentenza definitiva che attesti la colpevolezza di un
soggetto, oltre ad essere indispensabile un accertamento dettagliato improntato ai principi che
costituiscono il nostro sistema processuale
13
, potrebbe risultare necessario il ricorso alle
misure cautelari ove sussistano i requisiti richiesti
14
. Soprattutto in rapporto ad alcuni reati, la
pericolosità sociale, la conservazione dello stato di libertà di un colpevole o il sottrarsi al
7
<<Atto motivato dall’autorità giudiziaria>>. Art. 13, co. 2, Cost.
8
Sull’argomento cfr., tra tanti, F. VIGGIANO, Cautele personali e merito, Padova, 2004; A. MARANDOLA, I
nuovi criteri di scelta della misura, in AA.VV., Il nuovo volto della giustizia penale, Padova, 2015; AA.VV.,
Compendio di procedura penale, VIII, Padova, 2016; E. APRILE, Le misure cautelari nel processo penale, III,
Milano, 2017.
9
Esse sono distinte, a loro volta, in obbligatorie e custodiali.
10
Cfr. G. BERRI, Formulario delle misure cautelari personali e reali, Milano, 2012, 66.
11
<<L’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva>>. Art. 27, co. 2, Cost.
12
Cfr. Corte Cost., sent. 23 aprile 1970, n. 64.
13
In particolar modo i principi di oralità, immediatezza e contraddittorio.
14
Sul punto si vedano i § successivi.
10
giudizio da parte di un indagato possono esporre ad un rischio molto elevato la pubblica
sicurezza
15
, tale da porre il giudice ad intervenire prontamente. Da ciò si deve dedurre che la
presunzione di non colpevolezza concorre ad attribuire alla cautela personale una funzione
strumentale, vale a dire per motivi strettamente processuali e sociali; pertanto essa è
adoperata, il più delle volte fino alla totale privazione della libertà di un individuo, nel caso in
cui questi possa recare danno al corretto svolgimento del procedimento o del processo
16
.
Perciò la sussistenza di specifici requisiti, il principio della riserva di legge, la finalità
strumentale e la valutazione accurata e prudente da parte dell’autorità giudiziaria, legittimano
l’uso di dette misure, da non vedere, però, nel caso delle misure coercitive custodiali, come
forme di anticipazione della pena
17
. Quest’ultimo aspetto non è mai stato citato nelle
motivazioni dei provvedimenti adottati, ma lo si può argomentare; basti pensare che da molte
disposizioni del codice, conseguenti alla riforma del 1989, traspare l’idea che il Parlamento si
sia spesso orientato verso tale veduta, senza considerare che in realtà il carcere preventivo
dovrebbe essere impiegato come extrema ratio
18
. A motivare questa posizione concorre il
fatto che la lentezza del sistema processuale italiano impedisce l’elargizione immediata di una
decisione definitiva e quindi giusta, equa, ponderata che porti con sé una condanna certa
19
;
una parte della dottrina, infatti, afferma che <<se il processo fosse un punto e non una retta
non occorrerebbero le misure cautelari>>
20
. Di conseguenza, sovente la finalità primaria delle
misure cautelari viene confusa con la funzione singolare della pena
21
, confusione che si
presenta quasi in una sintesi dialettica ed i termini processuali risultano ancor più dilatati, nel
tentativo di restringerli. Cosicché il ruolo strumentale e protettivo della cautela verrebbe meno
ed il processo, non più la pena in sé, diverrebbe temibile ed una vera e propria sanzione
<<sotto il profilo afflittivo-retributivo>>
22
.
15
Cfr. C. DE ROBBIO, Le misure cautelari personali, Milano, 2016, 2.
16
Cfr. S. FùRFARO, Le limitazioni, 11-13.
17
Ibidem.
18
Cfr. G. ILLUMINATI, Le ultime riforme del processo penale: una prima risposta all’Europa, in
www.penalecontemporaneo.it, 2015, 1.
19
Cfr. V. GREVI, Il problema della lentezza dei procedimenti penali: cause, rimedi e prospettive di riforma, in
Giust. pen., 1981, III, c. 586.
20
La citazione è di GIOVANNI CONSO.
21
Cfr. A. CIAVOLA, La valutazione delle esigenze cautelari, in AA.VV., La riforma delle misure cautelari
personali, Torino, 2015, 60.
22
Ibidem.
11
E’ possibile che alla fine del processo non venga emanata una sentenza di condanna
bensì di proscioglimento, nonostante l’utilizzo della custodia cautelare che invano ha privato
un soggetto della libertà personale
23
. Per questo motivo l’applicazione delle misure cautelari
deve avvenire in maniera conforme alle esigenze richieste, altrimenti si incappa nel rischio di
violare non solo i principi costituzionali e sovranazionali in materia, ma anche il citato art.
272 c.p.p. Limitare la libertà personale di un innocente non è lodevole né per il soggetto
stesso, né per i suoi simili, i quali affidano alle autorità il potere di gestire la loro convivenza
civile.
Come in ogni questione meritevole di attenzione, anche qui è doveroso cogliere la
correlazione esistente tra causa ed effetto ossia tra le ragioni che giustificano determinate
decisioni, le finalità sottese e le conseguenze che si riverberano sui destinatari. Con ciò si
vuole intendere anche che <<la misura cautelare deve essere sempre pensata in funzione della
sanzione definitiva>>
24
e non come anticipativa o sostitutiva della stessa. Inoltre, per tutte
queste ragioni, la materia in esame è stata spesso oggetto di ripensamenti, modifiche,
aggiunte, interventi legislativi, dottrinali e giurisprudenziali nel tentativo di mantenere salde le
fondamenta che la contraddistinguono. Ad esempio, la Corte di Cassazione, ancor prima che
terminasse l’iter novellistico, ha statuito principi
25
con i quali sottolinea che per valutare la
sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza è possibile utilizzare, in caso di presenza di c.d.
<<prove indirette>>, il canone di valutazione di cui all’art. 192, co. 2, c.p.p.
26
.
In conclusione, le autorità preposte a svolgere un simile compito, hanno il dovere di
garantire i diritti inviolabili dell’uomo, rendere effettivo l’ordine pubblico ed assicurare la
serena e giusta prosecuzione della fase processuale; tutto ciò in relazione a quei <<casi e modi
previsti dalla legge>> dell’art. 13, co. 2, Cost. ed alle <<disposizioni del presente titolo>>
dell’art. 272 c.p.p. In altre parole, condizioni necessarie per poter rendere possibile la
restrizione delle libertà delle persone sono: le <<condizione generali di applicabilità delle
misure>> stabilite dall’art. 273 c.p.p., secondo cui nessuno può essere sottoposto ad esse se
non sussistano, in capo al soggetto, gravi indizi di colpevolezza (fumus commissi delicti); le
23
L’art. 314, co. 2, c.p.p. prevede un’equa riparazione per l’ingiusta detenzione del prosciolto <<quando con
decisione irrevocabile risulti accertato che il provvedimento che ha disposto la misura è stato emesso o
mantenuto senza che sussistessero le condizioni di applicabilità previste dagli articoli 273 e 280>>.
24
C. DE ROBBIO, Le misure, 7.
25
Cfr. Cass. pen., sez. IV, 10 ottobre 2012, n. 40061.
26
<<L’esistenza di un fatto non può essere desunta da indizi a meno che questi siano gravi, precisi e
concordanti>>. Il tema verrà chiarito di seguito.
12
<<esigenze cautelari>> disposte dall’art. 274 c.p.p., in base alle quali tassativi ed inderogabili
presupposti motivano l’applicazione delle misure; infine i <<criteri di scelta delle misure>>
dell’art. 275 c.p.p. prevedono il principio di proporzionalità
27
e di adeguatezza
28
.
1.1.1 I GRAVI INDIZI DI COLPEVOLEZZA (ART. 273 C.P.P.)
La prima condizione necessaria ma non sufficiente, richiesta per l’applicazione delle
misure cautelari, è la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza così come disciplinata
dall’art. 273 c.p.p. Questo, collocato subito dopo il principio di legalità di cui all’art. 272
c.p.p., prevede non solo la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza (comma 1), ma anche la
mancanza di una causa di giustificazione o di non punibilità oppure di estinzione del reato o
della pena che si ritiene irrogabile (comma 2)
29
. Quanto al comma 2 non ci sono problemi di
comprensione ed interpretativi, poiché esso stabilisce chiaramente che nessuna misura può
essere applicata nel caso in cui vi siano fatti che giustifichino una condotta penalmente
rilevante (come, ad es., l’esercizio di un diritto o l’adempimento di un dovere) o che
escludano la punibilità stessa (es. caso fortuito o forza maggiore) oppure laddove siano
presenti cause estintive del reato (es. amnistia) o della pena (es. morte del reo dopo la
condanna).
Particolare è, invece, il comma 1 ove riferendosi ai <<gravi indizi di colpevolezza>>
richiede un approfondimento lessicale e cognitivo. Anzitutto l’aggettivo <<grave>> può
sembrare alquanto generico rispetto alla complessità della questione, mentre il termine
<<indizi>> risulta essere un <<vocabolo equivoco>>
30
ed in quanto tale potrebbe essere
associato erroneamente all’art. 192, co. 2, c.p.p., in tema di prova logica o indiretta.
Recentemente una risposta chiarificatrice è stata data dall’art. 11 della legge 1° marzo
2001, n. 63 (c.d. Giusto processo)
31
, che ha inserito il comma 1 bis nell’art. 273 c.p.p. In
primo luogo si prevede che quando gli indizi derivano dalle dichiarazioni rese da coimputato
27
<<Nel disporre le misure, il giudice tiene conto della specifica idoneità di ciascuna in relazione alla natura e al
grado delle esigenze cautelari da soddisfare nel caso concreto>>. Art. 275, co. 1, c.p.p.
28
<<Ogni misura deve essere proporzionata all’entità del fatto e alla sanzione che sia stata o si ritiene possa
essere irrogata>>. Art. 275, co. 2, c.p.p.
29
Cfr. M. FERRAIOLI, Misure cautelari, in Enc. Giur., XX, Roma, 1996, 3.
30
F. CORDERO, Procedura penale, 9 ed., Milano, 2012, 585.
31
Sul punto cfr. AA.VV., Giusto processo, Padova, 2001; AA.VV., Commento alla legge 1.3.2001 n. 63, in
Legislazione pen., 2002.