Introduzione
32
Sindrome di Bartter II
I soggetti affetti da sindrome di Bartter II sono clinicamente indistinguibili da quelli con
sindrome di Bartter di tipo I, pur non presentando mutazioni a livello di NKCC2. Si è quindi
ipotizzato che la sindrome di Bartter potesse anche essere causata da mutazioni a livello delle
proteine di regolazione di NKCC2. La proteina responsabile della forma di Bartter II è infatti uno
di questi regolatori, ROMK (renal outer medullary potassium channel) o Kir 1.1 (K
+
inwardly
rectifying), codificato dal gene KCNJ1 (11q21-25) (fig. 13). Si tratta di un canale ATP-sensibile,
appartenente alla famiglia dei canali Kir, localizzato a livello della membrana apicale delle cellule
del TAL e del dotto collettore corticale (CCD), che richiama K
+
dal comparto intracellulare
all’interno del lume tubulare [Wang W et al., 1992; Kleta R et al., 2006].
Nel TAL il flusso del potassio attraverso questo canale è necessario per l’attività di NKCC2;
infatti se ROMK non estrudesse fuori dalla cellula ioni potassio, il cotrasportatore NKCC2
risulterebbe privo della “pompa” necessaria per trasportare all’interno lo stesso potassio assieme
al sodio ed al cloro. Un’ipotesi plausibile che potrebbe giustificare l’uguaglianza di fenotipo nelle
sindromi di Bartter I e II è quindi che una perdita di funzione a carico di ROMK possa
determinare l’inibizione dell’attività di NKCC2, portando pertanto alle medesime anomalie
biochimiche.
ROMK è codificato dal gene KCNJ1 (11q21-25), costituito da 5 esoni, che produce 3
isoforme diverse della proteina, dovute anche in tal caso a fenomeni di splicing alternativo, aventi
un core identico di 372 aminoacidi e diversa sequenza all’N-terminale (fig. 14).
I 392 aa da cui è composto ROMK si strutturano a formare due domini transmembrana
(TM1 e TM2), una regione formante il poro (H5) e due estremità citosoliche N- e C-terminale. Si
pensa che proprio le porzioni citoplasmatiche siano responsabili del meccanismo di “gating” del
canale. Il segmento H5 costituisce invece il filtro di selettività al K
+
e presenta la classica sequenza
Figura 13: Rappresentazione schematica del disfunzionamento di ROMK1 nella sindrome di Bartter II.
Introduzione
33
aminoacidica tipica di tutti gli altri canali selettivi agli ioni K
+
, T-X-G-Y (F)-G [Bichet D. et al.,
2003]. Dal momento che la struttura primaria dei due domini transmembrana è insufficiente a
formare un canale ionico completo, i canali Kir funzionali sono costituiti da quattro di queste
subunità che si uniscono a formare un complesso tetramerico [Glowatzki E et al. 1995]. In virtù
della forte omologia e semplicità delle subunità, i canali Kir possono essere sia omomerici, quindi
costituiti dall’unione di 4 subunità identiche, che eteromerici, formati da 4 subunità differenti,
normalmente appartenenti alla stessa famiglia (per esempio la subunità Kir 2.1 si può associare
con un altro membro della famiglia Kir 2.x) [Preisig-Muller R et al. 2002; Schram G et al. 2002].
Il funzionamento di questa famiglia di canali è caratterizzato da un fenomeno di
rettificazione entrante; il comportamento della corrente di K
+
sembra dipendere principalmente
dal gradiente elettrochimico del potassio, ovvero, la conduttanza allo ione aumenta in
corrispondenza di valori di potenziale di membrana iperpolarizzati. Infatti, la rettificazione
inward delle correnti dei canali Kir è dovuta al blocco del poro del canale da parte di ioni Mg2
+
e
poliammine intracellulari quando il potenziale di membrana è maggiormente depolarizzato
rispetto al potenziale di equilibrio del potassio [Takahashi N et al., 2000]. Molti dei residui
aminoacidici responsabili di questo blocco sono stati individuati a livello dell’elica interna TM2,
ma ne sono stati identificati anche altri a livello della parete del poro nel dominio citoplasmatico.
L’apertura, e quindi l’attività, del canale ROMK sono regolate dal pH-intracellulare (per la
protonazione del residuo di lisina in posizione 80), dall’ATP, da alcune sottounità delle proteine G
e dal fosfatidil-inositolo [Shulte U et al., 1999].
Le mutazioni di ROMK descritte nei soggetti Bartter II riguardano indistintamente tutte le
porzioni della proteina e possono essere raggruppate in 5 clusters: (1) mutazioni nel “core” (aa
84-180), (2) in N-terminale (aa 40-60), (3) prossime al residuo di lisina in posizione 80 (aa 70-
80), (4) nell’ ”ATP-binding regulatory domain” (aa 190-280) e (5) in C-terminale (prossime al
Figura 14: Rappresentazione schematica
della struttura di ROMK e di alcuni siti di
mutazioni note identificate da Simon et
al. (1996) [modificata da Karolyi L et al.,
1998].
Introduzione
34
residuo R311) [Jeck N et al., 2001]. È stato ampliamente dimostrato che mutazioni nel “core”
riducono la conduttanza al K
+
. Ad esempio, mutazioni nel dominio TM1 che consistono nella
sostituizione di aa idrofobici con aa basici (A103V) o polari (W99C) potrebbero determinare una
perdita di funzionalità del canale [Derst C et al., 1997], così come sostituzioni aminoacidiche dei
residui prossimi al motivo GYG (ad es. I142T) potrebbero intaccare la selettività al K
+
. La
maggioranza delle mutazioni dei gruppi (2), (3) e (5) invece sembrerebbe alterare il meccanismo
di “pH sensing”, determinando l’apertura del canali a valori di pH più alcalini. Infine mutazioni
del gruppo (4) potrebbero abolire la fosforilazione in siti specifici del canale (ad es. aa 4 e 201)
da parte della PKC e ridurre quindi l’attività del canale per diminuita espressione in superficie
dello stesso [Lin D et al. 2002]. È interessante notare che la maggior parte delle mutazioni
(missense o frameshift) del “core” porta alla sintesi di tetrameri la cui funzione di conduzione di
potassio è anomala. Questo ci dice che tali proteine, anche se mutate, vengono normalmente
sintetizzate e hanno capacità di oligomerizzazione.
Sindrome di Bartter III o Bartter classica
Tramite il reclutamento di pazienti con alcalosi ipokaliemica ereditaria,
normomagnesemia e normo o ipercalciuria sono state ricercate altre mutazioni oltre a quelle già
descritte. Nella maggioranza di questi soggetti non sono state riscontrate anomalie a carico di
NKCC2 o ROMK. L’analisi di linkage condotta su 11 famiglie di consanguinei con sindrome di
Bartter non ha trovato infatti alcun linkage con NKCC2 e ROMK, suggerendo l’esistenza di un
altro regolatore del riassorbimento del sodio a livello dell’ansa di Henle responsabile per questo
fenotipo [Simon DB et al., 1997]. Responsabile della forma di Bartter III, definita anche Bartter
classica, è infatti il canale del cloro ClC-Kb, espresso prevalentemente nel TAL, ma anche a livello
del DCT e del CCD e deputato al riassorbimento di ioni cloro dal compartimento intracellulare al
lume vasale (fig. 15) [Jeck N et al., 2000].
Figura 15: Rappresentazione schematica del disfunzionamento di ClC-Kb nella sindrome di Bartter III.
Introduzione
35
Il quadro clinico associato alla Bartter classica risulta eterogeneo; la sintomatologia
caratteristica compare tipicamente prima dei sei anni di età e comprende poliuria, polidipsia,
vomito, stanchezza e difficoltà di crescita. In alcuni pazienti, tuttavia, la patologia si presenta
durante l’adolescenza con episodi convulsivi e debolezza muscolare [Rodriguez-Soriano J et al.,
2005; Bettinelli A et al., 2006].
La proteina è codificata del gene ClC-Kb, costituito da 19 esoni, mappato sul cromosoma 1
(1p36), che codifica per 687 aa che si strutturano a livello dalle membrana basolaterale delle
cellule epiteliali mediante 12 domini transmembrana e terminazioni intracitoplasmatiche
(fig.16). Considerando CLCNKA e CLCNKB come possibili geni candidati per la sindrome di
Bartter III, sono state evidenziate, in 10 famiglie con soggetti affetti, numerose varianti
mutazionali tra le quali delezioni in omozigosi (complete o parziali) del gene CLCNKB e un
crossing-over asimmetrico tra i geni CLCNKA e CLCNKB [Simon DB et al., 1997]. La vicinanza
sui cromosomi e l’alta omologia tra i due geni CLCNKA e CLCNKB spiegherebbe il verificarsi di un
crossing-over non omologo e conseguentemente la delezione dell’intero gene o l’eventuale
formazione di un gene chimerico, dovuto proprio alla fusione di regioni contigue dei due geni
[Konrad M et al., 2000]. Inoltre sono state identificate una mutazione nonsense, uno splicing e
cinque mutazioni missense [Simon DB et al., 1997]. Recentemente, sono state individuate anche
alcune mutazioni responsabili della ritenzione di CLCKB nel reticolo endoplasmatico e della sua
conseguente degradazione; questi risultati suggeriscono che la Bartter III possa appartenere alla
larga classe della malattie conformazionali, nelle quali difetti nella stabilità/folding delle proteine
implicate rappresentano il principale meccanismo patogenetico [Keck M et al., 2013].
Figura 16: Rappresentazione schematica della struttura di ClC-Kb e di alcuni siti di mutazioni note [modificata da
Karolyi L et al. 1998].
Nessun paziente con sindrome di Bartter con mutazioni in CLCNKB presenta ipercalciuria
e nefrocalcinosi, così che questo gruppo di pazienti è facilmente distinguibile da quelli aventi
mutazioni di NKCC2 e ROMK, mentre, come già accennato, risulta più complessa la distinzione
tra Bartter III e Gitelman.
Introduzione
36
Sindrome di Bartter IV
La sindrome di Bartter IV può essere a sua volta suddivisa in due ulteriori sottoclassi: la Bartter
IVA, dovuta a mutazioni a carico di barttin (fig. 17), subunità B dei canali ClC-Ka e ClC-Kb
necessaria per il delivery alla membrana plasmatica e per la sensibilità di entrambi i canali e
codificata dal gene BSND (1p31) e la Bartter IVB, causata da mutazioni simultanee a livello di
entrambi i geni CLCNKA e CLCNKB [Naesens M et al., 2004; Al-Shibli A et al., 2014]
Entrambe le forme producono un fenotipo severo di Bartter con ritardo di crescita estremo,
importante perdita renale di sali e scarsa risposta all’indometacina [Waldegger S et al., 2002;
Estevez R et al., 2001]..
Waldegger e Esteves hanno dimostrato che la coespressione di barttina e ClC-K in oociti di
Xenopus induce la conduttanza del canale al Cl
-
. Nonostante questa evidenza però, ad oggi, nelle
cellule di mammifero, rimane ignoto l’esatto meccanismo di interazione tra le due proteine
[Waldegger S et al., 2002; Estevez R et al., 2001].
Come riportato dall’analisi di immunoistochimica condotta da Hayama e Uchida, barttina
wild-type si localizza nella membrana plasmatica [Hayama A et al., 2003]; al contrario barttine
mutate (R8L e G10S) localizzano intracellularmente, precisamente nel RE. In presenza di barttina
wt, ClC-K2 (omologo murino di ClC-Kb) viene reclutato sulla membrana plasmatica; al contrario
in sua assenza o in presenza di barttine mutate, ClC-K2 rimane all’interno della cellula a livello
del Golgi o del RE, dove risiedono le barttine mutate. Si ritiene pertanto che le mutazioni a carico
di barttina abbiano un’influenza sulla localizzazione di ClC-K2 [Hayama A et al., 2003].
La variante Bartter IV è inoltre associata a sordità neurosensoriale. Per il corretto
funzionamento delle cellule che mediano la sensazione uditiva è richiesta infatti la secrezione di
endolinfa ricca di K
+
da parte delle cellule marginali della stria vascolare dell’orecchio interno
[Jentsch TJ, 2000]. A livello di queste cellule sono espressi entrambi i canali ClC-K, e barttina è
Figura 17: Rappresentazione schematica del disfunzionamento di Barttina in soggetti affetti da sindrome di Bartter IV.
Introduzione
37
necessaria per il loro funzionamento [Birkenhager R et al., 2001]. Il passaggio transcellulare di K
+
è mediato da NKKC1 che ne assicura l’ingresso nelle cellule marginali mentre i canali K
+
voltaggio-dipendenti mediano la secrezione di K
+
nell’endolinfa. Per un corretto funzionamento,
NKCC1 richiede la presenza di Cl
-
che ricircola dalle cellule all’interstizio; barttina media questo
ricircolo di Cl
-
e di conseguenza alterazioni sia a carico di barttina che dei canali apicali del K
+
possono abolire la secrezione di K
+
nell’endolinfa determinando perciò sordità neurosensoriale
[Splawski I et al., 1997].
Sindrome di Bartter V
Due studi recenti hanno permesso di identificare dei soggetti con mutazioni attivanti a
carico della proteina CaSR (calcium sensing-receptor) responsabili del fenotipo Bartter V
(ipocalcemia autosomica dominante) [Vargas-Poussou R et al., 2002; Watanabe S et al., 2002].
Il CaSR è una proteina di membrana appartenente alla superfamiglia delle proteine
recettoriali G, possiede un ruolo importante nell’omeostasi minerale e mutazioni a suo carico
determinano l’ipocalciuria ipercalcemica familiare e l’ipocalcemia autosomica dominante [Brown
EM et al., 1998]. Il CaSR, il cui gene codificante è localizzato sul cromosoma 3 (3q13.3-q21), è
attivato dall’incremento della concentrazione extracellulare di Ca
2+
. Esso è altamente espresso a
livello della membrana basolaterale della parte spessa del TAL [Riccardi D et al., 1996] e la sua
attivazione favorisce il trasporto di sodio (furosemide-like effect) [Hebert SC, 1996].
1.2.4 Patogenesi delle principali anomalie biochimico-cliniche
Potassio, sodio e cloro
L’ipopotassiemia cronica rappresenta il principale segno clinico che porta a ipotizzare la
presenza di una sindrome di Bartter o di Gitelman. L’ipopotassiemia, a sua volta, è causa di
alterazioni della contrattilità della muscolatura liscia, scheletrica e cardiaca con conseguenti
debolezza muscolare e disturbi del ritmo cardiaco. I meccanismi che concorrono all’insorgenza di
ipopotassiemia sono due: 1) l’aumento del flusso urinario in conseguenza del diminuito
riassorbimento tubulare di NaCl (effetto simil-diuretico); 2) l’iperaldosteronismo secondario allo
stato di ipovolemia presente in tutti questi pazienti, che determina l’incremento del
riassorbimento di sodio a livello dei tubuli collettori renali e, di conseguenza, anche la secrezione
di potassio. In queste sindromi avremo quindi un incremento della frazione escreta con le urine di
potassio (FeK) che raggiunge valori superiori al 15%. Tuttavia, l’aumento della FeK non è
patognomonico delle sindromi di Bartter e Gitelman, potendo essere riscontrato in tutte le
ipovolemie, mentre è più indicativo quello della FeCl (percentuale del cloro filtrato escreto con le
urine). L’ipopotassiemia e l’ipomagnesiemia sono anche responsabili di un’anomalia nel
Introduzione
38
metabolismo del glucosio e nella secrezione di insulina, situazioni comuni nei pazienti GS [Ren H
et al., 2007].
L’aumentata eliminazione distale di sodio, combinata con l’attivazione del RAAS,
incrementa inoltre la secrezione distale di idrogenioni (H
+
) causando alcalosi metabolica
(bicarbonato plasmatico >28 mmol/l); sia l’aldosterone sia la deplezione di potassio sono infatti
responsabili della regolazione dell’espressione della K
+
/H
+
ATPasi, la quale, per ogni ione K
+
internalizzato, estrude uno ione H
+
, determinando una situazione di alcalosi [Laroche-Joubert N
et al., 2000; Bettinelli A et al. 2007].
In alcuni casi di sindrome di Bartter ad esordio neonatale (Bartter tipo II) può peraltro
essere presente, nelle prime settimane di vita, uno stato di iperpotassiemia associato ad acidosi che
simula lo pseudoipoaldosteronismo. Questa situazione si spiega con la particolare funzione della
proteina ROMK, codificata dal gene KCNJ1, deputata al trasporto del potassio dall’interno della
cellula al lume tubulare: mutazioni in questo gene comporterebbero una ritenzione di potassio
con conseguente iperpotassiemia [Finer G et al., 2003].
PGE2 e renina
L’aumentata FeCl ha un’importanza decisiva nell’iperprostaglandinismo E2 e nell’iper-
reninemia. Si ipotizza che la ridotta concentrazione di cloro nelle cellule tubulari, conseguente
alle mutazioni dei geni che codificano per la maggior parte dei trasportatori del NaCl, presenti
anche nella macula densa dell’apparato iuxtaglomerulare, comporti, attraverso un enzima
chinasi, l’attivazione della COX-2; quest’ultima a sua volta, determina iperprostaglandinismo E2 e
un aumentato rilascio di renina dall’apparato iuxtaglomerulare [Jeck N et al., 2005]. Il risultato è
un incremento della produzione di angiotensina accompagnata da iperaldosteronismo.
Calcio e magnesio
L’ipercalciuria, caratteristica soprattutto delle forme di Bartter I e II, può essere spiegata
dal gradiente elettrico negativo che si genera a livello del lume tubulare per il mancato
riassorbimento di cloro, responsabile di un ridotto trasporto paracellulare di calcio, con
conseguente importante ipercalciuria ed, in genere, nefrocalcinosi [Bettinelli A et al., 2004].
L’ipocalciuria e l’ipomagnesiemia tipiche della sindrome di Gitelman sono più difficilmente
spiegabili. L’ipocalciuria può essere dovuta al fatto che il ridotto riassorbimento di NaCl a livello
del tubulo distale comporti una fuoriuscita del cloro a livello della membrana baso-laterale con
ingresso di sodio e contemporanea fuoriuscita di calcio verso il comparto extra-cellulare. Tali
combinazioni favorirebbero il passaggio di Ca
2+
dal lume tubulare al comparto vascolare con
conseguente ipocalciuria. Per quanto riguarda l’insorgenza dell’ipomagnesiemia, non sono ancora
state prospettate ipotesi convincenti, anche se uno studio ricollega la mancata funzionalità del
cotrasportatore NCC con una ridotta espressione ed attività dei trasportatori del magnesio TRPM6
e TRPM7, localizzati anch’essi a livello della membrana apicale del DCT [Nijenhuis T et al., 2005;
Introduzione
39
Jiang L et al., 2014]. Il deficit di magnesio tipico dei pazienti Gitelman è presente anche in caso di
malnutrizione, malassorbimento e aumentata perdita di sali per via renale come in caso di
iperaldosteronismo, diabete scompensato, uso di diuretici. I sintomi del deficit di magnesio sono
per lo più di natura neuromuscolare (debolezza, irritabilità, alterazioni elettrocardiografiche e
convulsioni). Uno studio molto recente condotto sulla popolazione cinese dimostra che, in realtà,
una situazione di normomagnesemia nei pazienti Gitelman non è rara; inoltre la magnesemia
risulterebbe correlata con la severità della patologia [Jiang L et al., 2014].
Pressione arteriosa, diuresi ed accrescimento
Nei pazienti Bartter e Gitelman viene riscontrata un’attivazione del RAAS con aumento di
livelli plasmatici di ANG-II e alti livelli di aldosterone, condizioni cliniche tipiche dell’ipertensione
arteriosa, principale fattore di rischio per le patologie cardiovascolari [Calò LA et al., 2008].
Nonostante queste evidenze, gli individui affetti da BS o GS sono normo o ipotesi, presentano
ridotte resistenze periferiche e iporesponsività agli agenti pressori.
L’ANG-II media le sue azioni biologiche attraverso il legame a due distinti recettori legati
alla membrana cellulare, i recettori AT1 ed i recettori AT2 [De Gasparo M et al, 2000]. Negli studi
effettuati su pazienti BS e GS, si è dimostrato che il signalling a breve termine dell’ANG-II
attraverso i recettori AT1, quello che media molti degli effetti emodinamici ed endocrini
conosciuti del peptide inclusa la vasocostrizione, risulta significativamente ridotto [Calò LA et al,
2005; Davis PA et al, 2006].
Evidenze sperimentali mostrano che i livelli di ACE2 in pazienti BS e GS sono risultati
significativamente aumentati sia rispetto ai soggetti sani che ai pazienti ipertesi, mentre tra i
soggetti sani ed i pazienti ipertesi non sono state riscontrate significative differenze. Inoltre anche
i livelli di ANG 1-7, un peptide che agisce in modo opposto rispetto all’ANG-II, risultano
significativamente aumentati nei pazienti BS e GS sia rispetto ai pazienti ipertesi che ai soggetti
sani. Questo eptapeptide determina vasodilatazione ed accresce l'effetto inibitorio, contribuendo
all'abbassamento della pressione arteriosa. E’ stato poi recentemente dimostrato che l’attivazione
del sistema RhoA/Rho Kinasi, strettamente coinvolto nella regolazione del tono e del remodeling
vascolare, risulta essere fortemente diminuita in questi pazienti [Pagnin E et al, 2004]. Tutti questi
risultati sono compatibili con le ridotte resistenze periferiche, l’iporeattività vascolare e la normo-
ipotensione, tipiche delle sindromi di Bartter e Gitelman.
La poliuria osservabile nella sindrome di Bartter può essere spiegata da un deficit dei
meccanismi di concentrazione renale dovuto al mancato riassorbimento di NaCl a livello del TAL
(per i Bartter I e II), con conseguente ridotta tonicità dell’interstizio midollare renale e quindi
minor richiamo di acqua dal tubulo collettore per effetto osmotico [Bichet DG, 2006].
Introduzione
40
Nella sindrome di Bartter è infine molto frequente un deficit dell’accrescimento che ha
una patogenesi multifattoriale: poliuria, ipopotassiemia e, in alcuni casi, coesistenza di deficit
dell’ormone della crescita GH [Bettinelli A et al., 2007].
1.2.5 Diagnosi differenziale
Da un punto di vista diagnostico, occorre distinguere le ipopotassiemie di origine reno-
tubulare da altre forme che, pur presentando ipopotassiemia ed iperaldosteronismo, sono
secondarie a cause extra-renali. Nella maggior parte dei casi clinici, i dati anamnestici sono già
molto indicativi per discriminare tra le forme di ipopotassiemia renali ed extra-renali; nei casi
dubbi è invece di particolare utilità la valutazione degli elettroliti urinari e, in particolare,
l’eliminazione urinaria di cloro e la relativa frazione escreta (FeCl). Nelle forme extra-renali
l’ipovolemia causa un iperaldosteronismo che tende ad aumentare la perdita di potassio con le
urine; il sodio e il cloro sono peraltro riassorbiti normalmente ed in particolare valori di cloro
inferiori a 10 mEq/l e una frazione escreta del cloro inferiore allo 0,5% sono indici di un buon
compenso renale tubulare. Nelle forme reno-tubulari invece, pur essendo presente ipovolemia, si
riscontrano valori di sodio e di cloro urinario elevati (>20 mEq/l) e una FeCl superiore all’1,0 %
[Bettinelli A et al., 2008].
Per quanto riguarda la sindrome di Bartter e Gitelman, nel 1987 Rodriguez-Soriano et al
elaborarono un’osservazione che risultò poi fondamentale nell’iter diagnostico, distinguendo le
due diverse sindromi, entrambe contrassegnate da ipopotassiemia, alcalosi metabolica di origine
reno-tubulare e normotensione, a partire dalle conoscenze di due diuretici ampiamente utilizzati
nella pratica clinica: la furosemide, attiva a livello del TAL, e i tiazidici, in grado di agire a livello
del DCT [Rodriguez-Soriano JA et al., 1987]. Pur favorendo entrambi la riduzione del
riassorbimento tubulare di NaCl (provocando un aumento di acqua legato ai soluti), il primo
determina l’insorgenza di ipercalciuria, come si osserva nella sindrome di Bartter neonatale,
mentre i secondi provocano ipocalciuria associata ad ipermagnesuria, tipiche anomalie cliniche
della sindrome di Gitelman [Bettinelli A et al., 1992]. Sulla base di questi riscontri, a partire dalla
semplice suddivisione dei pazienti in due gruppi, ipercalciurici da un lato ed ipocalciurici-
ipomagniesiemici dall’altro, si sono potute evidenziare importanti differenze cliniche. I primi
(Bartter) sono in genere neonati o bambini diagnosticati nel primo anno di età, con severa
poliuria, ritardato accrescimento staturo-ponderale e, spesso, nefrocalcinosi. Nei secondi
(Gitelman), invece, la diagnosi è spesso posta durante il periodo scolare o in età giovane-adulta;
essi manifestano spesso tetania ipomagnesemica e crampi, ma possono risultare anche del tutto
asintomatici e solo alcuni presentano un deficit di accrescimento.