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CAPITOLO I
Domenico Giuriati – Vita e opere
1. Gli anni patriottici
Domenico Giuriati nacque a Venezia l’11 settembre 1829, un periodo piuttosto
turbolento coincidente con i moti e le sollevazioni contro i regimi illiberali e gli assetti
imposti dalla Restaurazione e contro il dominio dell’impero asburgico nei territori del
cosiddetto lombardo-veneto nel processo di unificazione dell’Italia oggi noto come
Risorgimento.
Seguendo le orme del padre Giuseppe, ricco ed influente notaio, iniziò gli studi in
giurisprudenza a Padova e si ritrovò a frequentare gli stessi ambienti e circoli culturali e
politici del genitore, compreso il Circolo Italiano, da quest’ultimo fondato e diretto
durante i sollevamenti del periodo storicamente noto come “primavera dei popoli”.
Non ancora ventenne, si ritrovò inoltre coinvolto con il padre nei moti
dell’insurrezione che portò alla nascita della Repubblica di San Marco, praticamente in
concomitanza con la prima guerra d’indipendenza. La sua partecipazione si dimostrò
piuttosto attiva: Giuseppe Giuriati era infatti divenuto generale della guardia civica di
Venezia e quando la città di Marghera venne lasciata sguarnita dall’esercito piemontese in
ritirata, il giovane Giuriati accorse tra gli altri volontari nella disperata difesa della città e
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da quel momento continuò a battersi contro il dominio austro-ungarico fino alla
capitolazione di Venezia nell’anno successivo.
In varie occasioni e scritti successivi
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, il Giuriati illustrò da protagonista un anno
di gloriosa esperienza civica, ma ciò gli costò molto caro: il padre Giuseppe venne infatti
inserito in un elenco di quaranta cittadini proscritti dall’Austria banditi dal territorio e il
figlio lo seguì a Torino per i 18 anni seguenti. L’unica eccezione nota a tale periodo fu un
fugace ritorno a Padova nel 1849 per sostenere un esame universitario, ma tale occasione
si rivelò un’esperienza particolarmente negativa: il giovane studente venne infatti
imprigionato per alcuni mesi perché ingiustamente accusato di aver preso parte
all’aggressione al patriarca J. Monico, che durante il breve periodo della Repubblica di
San Marco aveva caldeggiato l’ipotesi di una rapida capitolazione all’impero austriaco.
2. La carriera giuridica
Una volta rientrato a Torino, riprese gli studi e i suoi trascorsi come combattente
gli valsero delle agevolazioni che lo aiutarono a conseguire la laurea in giurisprudenza nel
1853 e ad intraprendere poco dopo l’attività di avvocato, che lo assorbì quasi
completamente: per motivi professionali venne a contatto con esponenti della Sinistra
costituzionale (in particolare con Brofferio e Mancini, suoi mentori nell’arte forense) e di
quella estrema (come quella rappresentata dall’amico paterno Varé, da Macchi o da
Modena), ma per via di quella stessa attività non si lasciò coinvolgere in nessuna
iniziativa eversiva da loro promossa, benché fosse politicamente contiguo all’opposizione
democratica e alle posizioni mazziniane.
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Cfr. in particolare D. GIURIATI, Vere cagioni della capitolazione di Venezia nel 1849 (con documenti
inediti), estr. dalla Rivista storica del Risorgimento italiano, 1897 e ID., Discorso commemorativo della
difesa di Venezia nel 48-49 detto nella sala del Maggior Consiglio il 22 marzo 1898, Venezia 1898
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La sua carriera giuridica iniziò presso lo studio dell’avvocato Gastaldetti e, sotto la
guida di giuristi insigni come Angelo Brofferio e Pasquale Stanislao Mancini, ebbe una
partenza piuttosto brillante, in quanto il Giuriati si ritrovò presto in qualità di sostituto
processuale nel collegio difensivo dei protagonisti dell’insorgenza valdostana del
dicembre 1854
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, avvenuta durante il cosiddetto “decennio di preparazione” e sotto la
politica di Camillo Benso Conte di Cavour, verso cui lo stesso Giuriati aveva un giudizio
positivo nonostante le proprie posizioni politiche.
Furono tuttavia proprio tali simpatie a trascinarlo di nuovo ingiustamente in
carcere nel 1857 per una sua presunta complicità con gli organizzatori di una fallita
insurrezione a Genova, dove venne trasferito e trattenuto dopo l’arresto per due settimane,
fino alla sentenza di non luogo a procedere che lo liberò e gli permise di tornare ad
esercitare l’attività forense.
Da quel momento aspettò e visse nell’attesa della liberazione della terra natia da
cui era stato esiliato in gioventù, rammaricandosi per l’esito infruttuoso della seconda
guerra d’indipendenza del 1859, che per via dell’armistizio firmato da Napoleone III con
Francesco Giuseppe d’Asburgo aveva liberato la sola Lombardia dal dominio austriaco, e
compiangendo soprattutto la morte di Cavour, che Giuriati riteneva una delle concause
fondamentali del processo di unificazione dell’Italia con la sua accorta diplomazia.
L’attesa venne infine ripagata nel 1866 quando terminò la terza guerra d’indipendenza,
alla quale avrebbe anche partecipato se pochi mesi prima non si fosse fratturato un
braccio e non fosse quindi stato inabile al combattimento.
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E. PIETRIBONI, Domenico. Giuriati, in Ateneo veneto, CXL (1949), cit. in Enciclopedia Italiana
Treccani, Dizionario Biografico degli Italiani, Volume 57, 2002
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3. L’impegno per la ricostruzione di Venezia e dell’Italia
Una volta rientrato in patria dopo diciotto anni di forzata lontananza, entrò in una
società di coltivazioni coloniali, incentrata soprattutto sulla coltivazione di cacao,
zucchero e pepe, allo scopo patriottico di contribuire alla ripresa e allo sviluppo
economico della regione; l’impresa non ebbe tuttavia particolare fortuna e venne quindi
riformata in un modo che le permettesse di tirare avanti e di recuperare un qualche
modesto profitto per alcuni anni, prima di essere chiusa.
Il contributo maggiore di Giuriati alle sue terre si sostanziò tuttavia nella forma in
cui la sua vita si era maggiormente specializzata, ovvero sotto forma di numerosi lavori di
natura giuridica e diversi solleciti per rimediare all’arretratezza legislativa e a tratti
culturale della regione dopo la lunga permanenza sotto il dominio asburgico e per favorire
l’unificazione con il resto del Regno d’Italia proclamato da pochi anni. La battaglia per la
modernizzazione legislativa del Veneto assunse anche dei connotati politici, in quanto la
confusione legislativa tra le vecchie leggi austriache e quelle italiane era ritenuta dal
giurista uno strumento con cui la Destra moderata manteneva il proprio consenso
sull’elettorato locale, di stampo fortemente conservatore. Il suo dissenso si fece sempre
più forte e crebbe fino alle aperte denunce nei confronti del governo Menabrea di
moltiplicazione dei processi, a fronte di una sostanziale paralisi dell’attività legislativa e
dell’autonomia della magistratura; ma l’addebito più grave fu soprattutto quello per cui il
governo aveva bloccato l’attività del progetto del codice penale italiano.
La sua partecipazione politica toccò il picco massimo quando venne eletto
deputato della Sinistra nella XV Legislatura
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e rimase in carica dal 1863 al 1866. In
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P. DE ZAN voce GIURIATI DOMENICO in Dizionario Biografico dei Giuristi Italiani, Il Mulino,
Bologna 2013, pag. 1034
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quegli anni si mise in mostra in particolar modo come relatore in commissione a favore
del disegno di legge Zanardelli, volto ad introdurre in Italia il divorzio, nell’ambito di una
ben più vasta sensibilizzazione nei confronti dell’emancipazione femminile, come poi
enunciato anche letterariamente nella sua opera Le leggi dell’Amore, un vero e proprio
studio di critica legislativa dedicato ai temi delle donne.
Negli anni successivi, non più rieletto al Parlamento, Giuriati portò avanti la sua
attività giuridica in maniera sempre più teleologica ed utilizzata come mezzo volto ad
affermare i principi giuridici di cui si fece propugnatore: la legalità come fondamento di
libertà, la libertà di stampa e di espressione, l’emancipazione femminile, l’eliminazione
della pena capitale.
4. Gli impegni letterari e dottrinali
L’avvocato non si limitò però ad essere un promettente principe del foro, in
quanto parallelamente all’attività forense portò avanti un vasto impegno di pubblicistica
giuridica iniziato subito nel 1853 con il Commentario al Codice di procedura criminale
degli Stati sardi poi aggiornato ai successivi codici del Regno d’Italia del 1863 e del
1866.
Il suo impegno venne proseguito parallelamente anche con impegni di stampo
giornalistico ed editoriale, rappresentato dalla fondazione e direzione per ben otto anni
della Gazzetta dei giuristi a partire dal 1854 e poi in seguito della Giurisprudenza
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Italiana
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, di cui curò anche la compilazione degli indici decennali, e dalla collaborazione
al più radicale Bacchiglione di Padova.
Giuriati mostrò spesso un atteggiamento ben diverso dalla media: un interesse per
la scrittura, uno spirito fieramente polemizzante ed un entusiasmo divulgatore ben diverso
dallo spirito e dall’atteggiamento puramente accademici della maggior parte dei giuristi:
difatti collaborò attivamente alla sezione dedicata al diritto dall’Enciclopedia Popolare e
si dedicò a numerose opere di carattere non esclusivamente scientifico, ma anche di
carattere più squisitamente letterario.
Tramite uno stile arguto ed accattivante, ma al contempo appesantito da uno
sfoggio di erudizione vicino alla pedanteria, l’avvocato tentò la strada della divulgazione
forense con testi di denuncia di errori, mancanze e ritardi del diritto italiano: esemplari in
tal senso sono i trattati di galateo dell’arte forense citati da Beneduce quali l’Arte forense
e Come si fa l’avvocato, i trattati Le leggi dell'amore, Memorie di un vecchio avvocato e
Gli errori giudiziari. Diagnosi e rimedi o testi di natura diversa come Il caso Amerling,
scritto in collaborazione con Lombroso per la parte odiernamente definibile psichiatria
criminale.
Sul confine. Narrazione giudiziaria è invece un’opera per molti versi più vicina ad
romanzo che ad una trattazione forense vera e propria per appoggiare nuovamente le tesi
divorziste già sostenute in altre opere precedenti, raccontando il caso di due sorelle
infelicemente sposate, la prima delle quali fu indotta al suicidio dalle condizioni del suo
matrimonio, mentre la seconda fu messa in condizione di ricrearsi una famiglia e di essere
felice grazie a un divorzio ottenuto in Svizzera.
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BENEDUCE in particolare ricorda questa collaborazione come una rivista particolarmente esemplare e
utile come mezzo di confronto per la successiva formazione dell’Archivio Ellero, ma nota anche che quella
di GIURIATI, come tutte le altre riviste, era priva del rigore scientifico che sarebbe stato necessario per una
vera e propria disamina dei vari casi e delle sentenze della giurisprudenza corrente.
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Allo stesso genere, a metà tra diritto e letteratura, appartiene l’ultima opera
compiuta del Giuriati: il volume intitolato Il plagio. Furti letterari, artistici e musicali,
redatto con l’intento di scrivere un libro che parlasse al cuore e che fosse rivolto a tutti,
ma ben consapevole della difficoltà di redigere un’opera simile e di riuscire a rendere un
libro scientifico egualmente divertente ed utile alla scienza. Inoltre ne Il plagio più che in
ogni altra opera appare quanto mai evidente che il Giuriati mirasse ad essere
compiutamente “un letterato per i giuristi ed un giurista per i letterati” senza voler
competere o effettuare invasioni in un campo o nell’altro.