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INTRODUZIONE
Lo scenario internazionale europeo è molto intrigante per lo studio delle
Relazioni Internazionali poiché sfuggente essendo da sempre in continua
evoluzione. L’Europa di oggi è un’identità geopolitica creatasi da una serie
di sviluppi politici, economici e sociali che le hanno consentito di
raggiungere una certa personalità giuridica di rilevante importanza in
ambito internazionale. Questi sviluppi evolutivi sono, però, scaturiti da
enormi difficoltà che gli europei hanno dovuto affrontare sul piano della
sicurezza e della difesa a causa degli eventi bellici e non solo, eventi che, in
compenso, hanno favorito la nascita innanzitutto dell’Unione Europea e poi
della successiva Politica Estera e di Sicurezza Comune (PESC), tema
centrale del presente elaborato.
La politica estera e di sicurezza dell'UE si è progressivamente sviluppata
nel corso degli anni e consente all'Unione di esprimersi con un'unica voce
sulla scena mondiale, infatti, agendo collettivamente i Paesi membri dell’UE
hanno un peso di gran lunga maggiore rispetto a quanto ne avrebbero
muovendosi in ordine sparso. Comprendere i processi evolutivi di tale
politica è l’obiettivo del presente scritto al fine di capire quali approcci
sarebbero efficaci per dotare l’UE di una maggiore autonomia nell’ambito
della politica estera. Sicurezza e difesa sono i fondamentali temi affrontati
nello studio della PESC a cui viene dedicata particolare attenzione.
Conoscere i primi passi di una politica di sicurezza e di difesa dell’UE è
obiettivo del Capitolo I che introduce l’esigenza di un nuovo ordine
internazionale dopo la seconda guerra mondiale, un ordine da raggiungere
attraverso una promettente cooperazione. Ma, l’avviarsi della Guerra Fredda
complica queste aspettative, anzi provoca una divisione ideologica
dell’Europa, la cui Germania sconfitta nella seconda guerra mondiale
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rappresenta il terreno di confronto fra i Paesi occidentali e l’Unione
Sovietica. Il timore di una “sovietizzazione” dell’Europa mobilita gli Stati
Uniti ad intervenire nel continente, avviando una serie di aiuti economici
che garantirebbero quella stabilità politica ed economica, garanzia di una
Europa difficilmente suscettibile dinanzi a eventuali obiettivi sovietici.
Contemporaneamente, gli europei iniziano a trovare una soluzione per
rendere la propria sicurezza più efficace, avviando i trattati di mutua
assistenza militare in caso di aggressione armata nei confronti dei Paesi
contraenti, tra i più importanti, il Trattato di Bruxelles che istituirà,
successivamente, l’Unione Europea Occidentale per la gestione militare. Per
quel che riguarda la sicurezza europea, ovviamente, gli aiuti economici
forniti dagli Stati Uniti servono a ben poco, motivo per il quale si ritiene
necessario un loro coinvolgimento militare sul continente coronato
dall’istituzione della NATO, l’Alleanza atlantica per eccellenza i cui Stati
firmatari si impegnano a fornirsi reciproca assistenza in caso di aggressione
per ristabilire la sicurezza, impegno reso effettivo dall’Art. 5 del Trattato di
Washington che afferma la clausola di difesa collettiva. In questo modo, il
Patto Atlantico rappresenta un passo decisivo per il consolidamento della
difesa occidentale rafforzato da un’efficiente cooperazione internazionale
fra Stati europei e Stati Uniti soprattutto. Inoltre, il capitolo evidenzia
l’importanza strategica sul piano economico, ma anche politico, della
Comunità Europea del carbone e dell’Acciaio (CECA), il trattato che è
all’origine delle attuali istituzioni e che spianerà appunto la strada al
processo di integrazione europea. In particolar modo, esso evidenzia il
tentativo dell’Europa di istituire la Comunità Europea di Difesa (CED) che
avrebbe dovuto creare un esercito europeo integrato sotto un comando
comune. Questo tentativo, fallisce poiché viene respinto dall’Assemblea
nazionale francese, facendo naufragare la prospettiva di una politica estera
comune. E’ sulle ceneri della CED che gli europei avviano una serie di
tentativi per coordinare le proprie politiche estere, tentativi che oggi
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potremmo definire “antenati” della PESC. Infatti, risultato di questi tentativi
è la nascita della Cooperazione Politica Europea (CPE) essenzialmente
costituita per una sostanziale consultazione tra gli Stati membri sulle
questioni di politica estera successivamente istituzionalizzata dall’Atto
Unico Europeo, un atto in cui non esiste ancora una politica estera e di
sicurezza comune, bensì una più ampia coordinazione delle politiche
individuali dei Paesi membri. Nonostante i progressi raggiunti con la CPE,
le crisi internazionali che l’Europa è chiamata ad affrontare, come
l’invasione del Kuwait e la guerra della ex Jugoslavia, mettono in risalto la
mancanza di una dimensione militare che farà perdere coesione agli Stati
non riuscendo a trovare gli accordi necessari per utilizzare il meccanismo
della cooperazione politica al fine di dare vita a operazioni militari
congiunte, esaltando così i limiti della CPE analizzati dal medesimo
capitolo. Saranno proprio questi limiti che consentiranno agli europei di
avviare un’apposita Conferenza Intergovernativa per discutere i passi
necessari per la costruzione della PESC che subentrerà alla CPE attraverso il
Trattato di Maastricht, firmato il 7 febbraio 1992 ed entrato in vigore il 1°
novembre 1993, identificandola come Secondo Pilastro dell’Unione
Europea. Per quanto riguarda la difesa europea, sarà grazie ai passi compiuti
ai Vertici di Saint Malo, Colonia, Helsinki e Nizza, approfonditi nell’ultimo
paragrafo, che la gestione delle questioni militari passerà a pieno titolo
all’Unione Europea, raggiungendo il punto più alto dell’integrazione
europea nel settore della sicurezza.
Indispensabile per il consolidamento della sicurezza è il ruolo della
NATO e, in particolar modo, la cooperazione tra l’Unione Europea e la
NATO, cui il Capitolo II dedica un’approfondita analisi. Importanza
dell’Alleanza è rappresentata soprattutto dal Partenariato per la Pace, c.d.
Partnership for Peace (PfP), la più importante iniziativa della NATO
destinata a rafforzare la fiducia e la cooperazione tra i membri dell’Alleanza
e i membri dell’area euroatlantica al fine di sviluppare e intensificare la
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stabilità e la sicurezza in Europa e non solo. Inoltre, rilevanza del ruolo della
NATO in un contesto internazionale soggetto a continui mutamenti,
soprattutto quelli legati alla fine della Guerra Fredda, è data dalla sua
capacità di adattarsi al cambiamento attraverso un lento processo di
trasformazione interna e che risulta abbastanza evidente nei Concetti
Strategici, con i quali si abbandona la segretezza della pianificazione
strategica ai fini della sicurezza, favorendo una certa trasparenza nel definire
i metodi di gestione delle nuove evoluzioni.
Definita la rilevanza strategica dell’Alleanza, il capitolo affronta l’analisi
dei rapporti NATO-UE rivolgendo particolare attenzione al fondamentale
ostacolo che impedisce un più concreto rafforzamento della cooperazione
tra le due organizzazioni, rappresentata dalla questione cipriota, ovvero il
conflitto tra la comunità greco-cipriota e la comunità turco-cipriota, disputa
tuttora non risolta, che vede la Turchia membro della NATO ma non
dell’UE e Cipro membro dell’UE ma non della NATO, impedendo l’attuarsi
di determinati meccanismi di cooperazione istituzionali in materia di
sicurezza. Ovviamente, la questione cipriota è solo un piccolo ostacolo nei
rapporti NATO-UE cui le due organizzazioni si dedicano per una pacifica
risoluzione. Contemporaneamente, entrambe percorrono un cammino di
avvicinamento reciproco, non solo in termini di membership, ma anche
condividendo importanti obiettivi strategici, intenzione che si manifesta
ampiamente con la stipula degli accordi Berlin Plus, una sorta di quadro
giuridico che regola la cooperazione tra le due, processo di cooperazione di
notevole valenza politica e strategica ai fini del consolidamento della
sicurezza a livello sia regionale sia globale. Le prime missioni europee che
sperimentano tali accordi, e che riscontreranno un notevole successo, sono
la Missione Concordia del 2003, condotta nella Repubblica ex-jugoslava di
Macedonia con il compito per l’UE di contribuire al raggiungimento della
pace, della democrazia e della prosperità in Macedonia in vista della
stabilizzazione dell’area balcanica dopo le guerre della ex-Jugoslavia e la
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Missione Althea, condotta in Bosnia-Erzegovina a partire dal 2004, con
l’obiettivo di mantenere un ambiente di sicurezza nel Paese. Inoltre, altre
missioni internazionali, trattate nel medesimo capitolo, ribadiscono la
collaborazione tra NATO e UE in varie aree quali Kosovo, Afghanistan,
Darfur. Altre forme di cooperazione ambiziosamente perseguite dalle due
organizzazioni riguardano lo sviluppo delle capacità, un’area in cui la
cooperazione è essenziale e dove vi è un alto potenziale di crescita, avviate
con i Battlegroups e la Nato Response Force (NRF). Ma una maggiore
dedizione viene dedicata ad un’altra forma di cooperazione, il terrorismo, il
più temuto dei nostri giorni, per cui entrambe ritengono fondamentale la
condivisione di informazioni sulle loro attività nel campo della protezione
della popolazione civile contro attacchi chimici, biologici e radiologici.
Successivamente, il capitolo esamina i fattori di criticità che destabilizzano
il rapporto NATO-UE, spesso rappresentati dalla questione delle capacità
militari oltre al problema del margine di autonomia che l’UE dovrebbe
avere rispetto alla NATO, polemica che si riflette soprattutto sul fatto se
dotare o meno l’UE di un Quartier generale permanente, fattore che
susciterà l’Incidente di Tervuren. Inoltre, si prende in esame il ruolo della
European Defence Agency (EDA), ovvero, l’Agenzia Europea per la Difesa
e, in particolar modo, l’intesa con la NATO in quanto una cooperazione
sullo sviluppo delle capacità porterebbe ad una massimizzazione dei profitti
per entrambe nel campo della difesa. Infine, il capitolo individua i punti
essenziali che permettono un ulteriore rafforzamento della cooperazione
NATO-UE, tematica al centro della Conferenza tenuta nel 2015 tra il
Segretario Generale della NATO, Jens Stoltenberg e L’Alto Rappresentante
per la politica estera e di sicurezza comune, Federica Mogherini.
Il capitolo III esamina gli sviluppi della difesa e della sicurezza
inquadrandoli giuridicamente nei Trattati UE. A partire dal Trattato di
Amsterdam, entrato in vigore il 1° maggio 1999, si avvia un notevole
processo evolutivo per la politica estera europea poiché tra le innovazioni
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più importante vi è la creazione della figura dell’Alto Rappresentante per
la PESC, l’organo capace di orientare le scelte e l’azione dell’Unione
verso ciò che di volta in volta viene individuato come l’interesse comune.
Il Trattato di Nizza, entrato in vigore nel 2003, effettua invece alcuni
aggiustamenti imperniati su due assi principali: da un lato la questione
del funzionamento e della composizione delle istituzioni e dall'altro le
cooperazioni rafforzate. Il Trattato di Lisbona, entrato in vigore nel 2009,
ha fornito personalità giuridica all’UE e le principali novità introdotte dal
trattato sono tuttavia di natura istituzionale. Esse riguardano l'istituzione
della figura di un Alto Rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la
politica di sicurezza e la creazione di un Servizio Europeo per l’Azione
Esterna (SEAE).
Infine, il Capitolo IV elabora l’evoluzione delle strutture e delle
istituzioni della sicurezza e difesa europea, prendendo in considerazione
il ruolo della CPE e i suoi limiti al fine di introdurre la PESC anche in
chiave evolutiva relativamente alle sue funzioni e ai suoi organi.
A conclusione dell’elaborato, si prospettano gli eventuali scenari futuri
per la PESC, scenari che potrebbero rivelare le sue ulteriori evoluzioni.