4
2. COSA NOSTRA. ORGANIZZAZIONE E STRUTTURA
Il fenomeno criminale organizzato è stato letto soprattutto attraverso due
paradigmi interpretativi: quello socio-culturale, che evidenzia il legame pseudo-
etico e di mentalità del sistema organizzato e che genera consensi e motivazioni
d’appartenenza, e quello economico affaristico, che legge l’organizzazione
criminale come un sistema strutturato di affari. Al fine di ricostruire le logiche, il
retroterra culturale e le radici dell’organizzazione mafiosa, tentando di analizzarne
i perni ideologici, si premette un accenno alla struttura organizzativa interna di
Cosa Nostra.
2.1. Organizzazione interna
Un aspetto particolarmente interessante del fenomeno mafioso riguarda la
struttura interna delle famiglie criminali e i rapporti tra le cosche. La gerarchia
interna delle famiglie mafiose siciliane, secondo le principali testimonianze di
numerosi collaboratori di giustizia, è costituita al livello più basso dagli uomini
d’onore che rivestono il ruolo di soldati, organizzati in gruppi, detti decine, la cui
consistenza numerica può variare tra i cinque e i trenta elementi. A capo di ogni
decina si trova il capodecina, mentre al vertice dell’organizzazione opera il
rappresentante o capofamiglia. Una famiglia presenta quindi un’organizzazione
modulare e fortemente verticale: al crescere del numero dei membri vengono
costituite nuove decine a fianco di quelle già esistenti, mentre le linee esecutive
discendono dal rappresentante, al capodecina, ai soldati. «L’asse
capofamiglia/capidecina/soldati costituisce la struttura di comando ed esecutiva
della famiglia mafiosa.»
5
Oltre alla struttura esecutiva possiamo individuare una
seconda struttura, che assolve compiti propriamente di decisione e di indirizzo.
Perno di essa è il consiglio, cui partecipano il rappresentante e i consiglieri, e a cui
in particolari circostanze possono essere invitati i capidecina. Il numero dei
consiglieri non supera in genere i tre elementi nelle famiglie più numerose, e
molto spesso vi è un solo consigliere che affianca il rappresentante. La gestione
dei soldati ricade sui capidecina, che svolgono in questo senso un ruolo
fondamentale nella selezione e nell’educazione dei membri dell’organizzazione
mafiosa. Il consigliere svolge compiti di non facile inquadramento, e sembra
costituire un tentativo di mantenere, e nello stesso tempo circoscrivere, una certa
dialettica all’interno di un’organizzazione fortemente verticistica, entro cui il
ruolo del rappresentante/capofamiglia è certamente prioritario in ogni momento
decisionale. Così il consigliere si assume tanto il compito di dirimere le liti
4
U. SANTINO - G. LA FIURA, L’impresa mafiosa, Franco Angeli, Milano, 1990, 18-19.
5
P. ARLACCHI, ed., Secondo rapporto sulle priorità nazionali. La criminalità organizzata,
Arnoldo Mondadori, Milano 1995, 50.
5
interne, quanto quello di consigliare e di controllare l’operato del rappresentante.
Il rappresentante e il consigliere sono eletti dalla famiglia e alla elezione
partecipano tutti i membri della cosca. Nelle famiglie meno numerose gli elettori
si riuniscono e votano per alzata di mano, mentre nelle famiglie più numerose i
pareri dei membri vengono raccolti da ciascun capodecina per gli uomini a lui
sottoposti. Questa procedura che può apparire singolarmente democratica, in
realtà è soggetta ad un ampio margine di manipolazione da parte di chi conduce
l’operazione. Inoltre la consuetudine del voto palese può rappresentare una
implicita forma di intimidazione di eventuali minoranze all’interno della famiglia.
2.2. Reclutamento. Rituali e simboli
Prima dell’entrata ufficiale, un candidato riveste il ruolo di avvicinato o
affiliato per un periodo di tempo indefinito che può durare anche degli anni. Gli
affiliati sono a disposizione della mafia, nel senso che collaborano a tempo pieno
alle attività lecite e illecite della cosca e ne costituiscono parte integrante, ma non
commettono omicidi per l’organizzazione e hanno un accesso segmentato alle
informazioni. L’affiliato diventa “uomo d’onore” e membro di Cosa Nostra a tutti
gli effetti attraverso una cerimonia ufficiale. Il rito di associazione, descritto da
molti collaboratori di giustizia, consiste nel condurre il candidato o i candidati alla
presenza del rappresentante della famiglia e di coloro che rivestono cariche in
seno alla stessa; il rappresentante illustra ai futuri uomini d’onore le regole che
disciplinano Cosa Nostra e invita i candidati a scegliersi il proprio padrino fra gli
uomini d’onore presenti. Così inizia la cerimonia del giuramento nel corso della
quale il candidato, dopo essersi punto il dito indice della mano con cui impugna la
pistola, fa sgorgare un po’ del suo sangue su un’immagine sacra. Successivamente
il candidato/neofita le dà fuoco e, mentre l’immagine brucia, giura di non tradire i
comandamenti di Cosa Nostra per non bruciare come l’immagine stessa.
«La cerimonia di iniziazione di Cosa Nostra è carica di significati simbolici: da
una parte i riferimenti religiosi servono a dare una valenza sacra al rito,
rafforzandone l’imperatività, mentre il sangue possiede una potente multivocalità,
veicola cioè più significati contemporaneamente. Il sangue, infatti, impone al
candidato una rinascita rituale, suggerisce un legame di parentela tra i consociati
e allude alla punizione che verrà comminata in caso di tradimento.»
6
Ogni gesto sottolinea il carattere assoluto e definitivo dell’adesione, che comporta
il rispetto di una serie di codici di comportamento ben precisi e non consente un
successivo abbandono della famiglia per iniziativa del singolo membro. L’insieme
delle regole generali, che vengono enunciate al nuovo adepto nel momento in cui
diventa membro dell’organizzazione, rappresentano in qualche misura il codice di
comportamento generale che un uomo d’onore deve seguire per garantire
l’armonia, la segretezza e la coesione all’interno dell’organizzazione.
6
L. PAOLI, Fratelli di mafia, Il Mulino, Bologna 2000, 81.
6
2.3. Coordinamento
«La struttura mafiosa, che si è andata delineando nel tempo per garantire una
sufficiente stabilità e una sorta di compensazione delle tensioni nei rapporti tra le
famiglie, vede al primo livello la figura del capomandamento, rappresentante di
un territorio all’interno del quale operano da due a quattro famiglie confinanti e
da questo eletto. Per la provincia di Palermo, dove più numerose sono le famiglie
mafiose, vi è una commissione provinciale che raccoglie tutti i capimandamento
ed elegge un segretario con funzioni di solo coordinamento, ma senza potere di
decisione autonoma. In rappresentanza della provincia di Palermo, questi fa parte
della commissione regionale, che raggruppa anche rappresentanti delle province
di Trapani, Caltanissetta, Enna, Agrigento e Catania. La commissione regionale
elegge un segretario, il quale presiede la commissione, ma non ne è il capo e non
ha potere di imposizione sui membri, ma ne riporta solamente le decisioni.»
7
Le competenze delle singole famiglie e di questi organismi di livello superiore
sono regolate da criteri generali, secondo cui una famiglia resta sovrana sul
proprio territorio, ma non può decidere autonomamente e senza consultare gli altri
organismi su materie che comporterebbero conseguenze anche per altri.
3. SIMBOLISMO E IDEOLOGIA
La breve panoramica sin qui tracciata lascia intuire che la mafia è
un’associazione di criminali, basata dunque su solidi rapporti relazionali visibili e
definiti. Proprio l’organizzazione paramilitare di Cosa Nostra, il verticismo
esasperato, la compartimentazione territoriale e la sua solidità organizzativa la
rendono così pericolosa e drammaticamente efficace. Una simile armatura
strutturale necessita di un forte e condiviso motore ideologico che ne tenga vivo e
socialmente accetto l’associazionismo, attraverso la complessità di riferimenti e la
forza attrattiva che il simbolismo culturale-mafioso esercita nel territorio in cui si
sviluppa. È vero però che una spina dorsale semplice e feroce può sintetizzare
Cosa Nostra per una sorta di mission che la caratterizza e che la dipinge in una
falsa e mortale prospettiva di futuro. Questa mission è il “potere”. Ne è
dimostrazione l’evidenza storica di come molti boss mafiosi siano stati arrestati
mentre conducevano uno stile di vita da precari, privati dei loro svaghi e dei
quotidiani, piccoli piaceri, pur di mantenere saldamente le redini del comando.
Comando strettamente connesso alla necessaria disponibilità di patrimoni: il
denaro è insieme fine e mezzo per raggiungere un dominio territoriale e strutturale
vasto e totale. Il teologo Augusto Cavadi sottolinea come una tale forza,
economica e simbolica insieme, abbia permesso alla mafia di attraversare tutte le
fasi del contesto sociale post-moderno e di porsi come riferimento territoriale:
«Non è un caso che, smentendo clamorosamente le previsioni di certi osservatori,
la mafia non si è rivelata un fenomeno residuale della società contadina, ma si è
7
P. ARLACCHI, ed., Secondo rapporto sulle priorità nazionali, 57.