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INTRODUZIONE
In questo lavoro di ricerca si è voluto tentare un approccio all’itinerario
letterario e alla riflessione di Alberto Moravia partendo
dall’Indifferenza, tema portante del fortunato romanzo di esordio del
1929, sino ad arrivare a La Noia, romanzo che nel 1960 segna una
cesura nell’opera dello scrittore romano e su cui ci si è voluti
soffermare in modo particolare. Moravia effettua un’ermeneutica di
quell’angoscia fondante dell’uomo moderno e dell’intellettuale in
particolare, del mancato rapporto con la realtà, di quel sentimento del
nulla che rende il mondo al tempo stesso sensibile e inafferrabile, vano
e irreale, refrattario ad ogni attività e ad ogni pratica; non importa se
quest’angoscia nel corso del tempo sarà chiamata indifferenza, vuoto,
noia, nulla, derealizzazione.
Si è partiti tracciando un profilo biografico dell’autore, sintetico ma al
contempo esaustivo, poiché si è ritenuto di precipua importanza
l’approfondimento del suo vissuto per afferrarne al meglio l’opera; si è
scelto di utilizzare a piene mani la stessa voce di Moravia nei dialoghi
con il giornalista e amico Alain Elkann, conversazioni contenute nella
biografia Vita di Moravia
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uscita nel 1990, l’anno della sua dipartita. In
quest’opera si toccano un folto numero di aspetti della vita pubblica e
privata dello scrittore, ed è sicuramente un lavoro imprescindibile per
chiunque decida di approcciare criticamente il suo pensiero e la sua
produzione letteraria. Tra le altre numerose pubblicazioni consultate,
molto utile ed esaustiva va considerata anche la più recente biografia a
1
Cfr. ELKANN (1990)
6
cura di René De Ceccatty,
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che è stato il traduttore delle opere di
Moravia in francese e con il quale ha intrattenuto intensi rapporti
personali, entrambi accomunati dalla profonda amicizia con Pier Paolo
Pasolini il quale li fece conoscere.
Moravia nasce e cresce in una famiglia borghese, borghesia che gli è
particolarmente invisa e che ispirerà buona parte della sua opera a
partire proprio da Gli Indifferenti: questo romanzo mette in luce le
contraddizioni, il perbenismo e le false apparenze di questa classe
sociale di cui, come si è detto, anche lo stesso Moravia faceva parte. La
riflessione sull’uomo borghese e sull’intellettuale sarà il punto cardine
del suo iter letterario, anche se egli non disdegnerà di descrivere il punto
di vista del popolo e di personaggi ai margini della società come ad
esempio una prostituta in La Romana. Moravia subiva il fascino di
personalità controverse e particolari: traeva piacere dall’amicizia con
gli omosessuali poiché trovava in loro un’ostilità al modello familista
e, prima della rivoluzione dei costumi, un coraggio individuale e un
anticonformismo che non potevano non affascinarlo. Detto ciò, sarà
uno degli scrittori italiani del Novecento più prolifici, ed anche un
instancabile ed ardito viaggiatore.
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Nel secondo capitolo di questo lavoro si analizza l’esito della riflessione
di Moravia che, secondo il nostro giudizio, può essere considerato a
buon diritto uno scrittore esistenzialista, anzi, come sostiene Dacia
Maraini, addirittura è stato il precursore dell’esistenzialismo in
letteratura. Cronologicamente parlando Gli Indifferenti è anteriore alla
2
Cfr. DE CECCATTY (2010)
3
Moravia ha scritto numerosi e dettagliati resoconti dei suoi innumerevoli spostamenti; tra gli altri
segnaliamo i viaggi in India, Stati Uniti, Unione Sovietica, Marocco e buona parte dell’Africa. Per
un approfondimento si consiglia: MORAVIA, A. (1994) Viaggi. Articoli 1930-1990, Milano,
Bompiani.
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La nausea di Jean-Paul Sartre che uscì nel 1938, e a L’étranger di
Albert Camus apparso nel 1942. Come vedremo, si tratta di una prima
riflessione molto istintiva come lo scrittore stesso, con grande onestà
intellettuale, dichiarerà; una riflessione che trova il suo naturale
approdo e la sua naturale e consapevole maturazione ne La Noia. In
quest’ ultimo romanzo, tramite una continua auto interrogazione, c’è la
ricerca e l’analisi delle cause della crisi dell’intellettuale; la prospettiva
dell’arte come soluzione alla crisi dell’uomo moderno viene
definitivamente accantonata già all’inizio del romanzo, il quale
comincia con il pittore che non trova l’ispirazione e, in un violento
raptus, distrugge la tela alla quale lavorava da mesi. È l’unico atto
concreto del protagonista, in una storia di completa indifferenza e
“disagio” verso il mondo che lo circondava. Sia Michele che Dino,
rispettivamente protagonisti de Gli Indifferenti e de La Noia, soffrono
perché non riescono a stabilire un autentico rapporto con la realtà; ma
mentre Michele cerca, seppur in modo velleitario, l’azione, Dino è la
rappresentazione dell’intellettuale che contempla la realtà senza
riuscire ad avere alcun rapporto con essa.
Nel terzo capitolo si è tentato un approccio al tema della “noia” nella
letteratura e nella filosofia europea, con particolare riferimento a Jean-
Paul Sartre e al suo romanzo La Nausea, il quale presenta diverse
affinità a La Noia di Moravia: che si chiami noia o nausea, stiamo
parlando di quell’angoscia di vivere in cui l’esistenzialismo trova le
proprie radici, e che in Moravia, trova uno dei suoi più riusciti interpreti.
Quello di Sartre, è un esistenzialismo consapevole che può essere
definito una filosofia della libertà, della scelta, della responsabilità:
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l’uomo deve inventare la propria vita e il proprio destino, deve costruire
i propri valori.
Una solitudine che sfocia nell’angoscia, le cocenti delusioni e la crisi
di valori sono all’origine della nausea del protagonista, Antonio
Roquentin. Leggiamo così nel diario di questo intellettuale alla deriva
in un amorfa città di provincia, una lucida ma al contempo delirante
descrizione dell’assurdità del mondo.
La nausea sartriana è disgusto di tutto: sia degli uomini, definiti buffi
manichini inautentici, sia delle cose. La nausea è il senso dell’esistere,
è l’esistenza ridotta a sentirsi esistere e, correlativamente, è il senso che
tutto esiste; in altre parole è l’esperienza di una coscienza che non riesce
più a trascendere gli oggetti del mondo, i quali però perdono la loro
funzione. In entrambi i romanzi, il rapporto di microcosmo come
specchio del macrocosmo dominatore si capovolge; gli oggetti semplici
della quotidianità sono la scintilla dell’alienazione: per lo storiografo
protagonista del romanzo di Sartre sono il ciottolo, la pagina ingiallita
per strada o il bicchiere di birra di cui l’uomo non sostiene lo sguardo;
il bicchiere, ne La Noia, che quando “avvizzisce” davanti al pittore di
Moravia fa scaturire in lui il sentimento della noia, cioè l’impossibilità
di creare un contatto logico quanto il modo in cui l’oggetto si palesa.
Queste alienazioni avvengono in maniere diverse, ma rimane il fatto
che strania il protagonista e lo stesso lettore quando legge che questi
due uomini sono in un rapporto di inferiorità nei confronti di un
bicchiere di vetro. Lo sviluppo successivo è una conseguenza
drammatica quanto logica: entrambi i protagonisti dei due romanzi
perdono la certezza della loro identità, la quale invece di perdersi nel
nulla cosmico si attacca a qualcos’altro come un virus. Antoine
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Roquentin comprende di conoscere più il marchese Rollebon oggetto
dei suoi studi – peraltro una figura dalla personalità mediocre e
dall’importanza storica ancora minore – che non se stesso. Un distinguo
tra le due opere è che, ne La Nausea, la protagonista principale è proprio
la nausea stessa, l’impostazione narrativa è in questo caso un
espediente, strumento ‘esemplificativo’ di concetti filosofici, mentre ne
La Noia, viceversa, Dino rimane protagonista in senso assoluto, è la
crisi esistenziale (la nausea che avverte Roquentin, l’indifferenza di
Michele, la noia di Dino) ad essere un espediente di tipo narrativo:
l’elemento filosofico esiste in funzione dell’azione romanzesca.
Il pittore Dino comincia una particolare tipologia di relazione con
Cecilia, l’ultima delle ragazze del suo anziano vicino di studio, un certo
Balestrieri, il giorno dopo che, quest’ultimo, era morto davanti a lei
durante un amplesso sessuale. Egli tenta di oggettivarla dandole del
denaro dopo ogni incontro, in modo da creare una sorta di distacco,
anche se poi finirà per esserne ossessionato, tra una folle gelosia e atti
di voyeurismo. Nel romanzo l’amore, il sentimento e il sesso non sono
dei mezzi di piacere e benessere, in altri termini, non vengono utilizzati
per avere un rapporto con la realtà e con gli altri, ma servono solamente
a prendere coscienza del vuoto nel quale fluttua ogni esistenza; anzi le
scene di sesso appaiono addirittura grottesche e a tratti ripugnanti.
Incapace di avere un rapporto con le cose, Dino pare afflitto da una sorta
di ipertrofia della dimensione ermeneutica: cerca costantemente di
capire, proprio perché non capisce; può essere un esempio il continuo
interrogare Cecilia con toni “polizieschi.”
Lo stesso Moravia spiega il finale de La Noia, individuando in Dino un
personaggio più positivo rispetto a Michele, personaggio che, come
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abbiamo precedentemente accennato, raggiunge una maturazione e una
consapevolezza che Michele non aveva.
In definitiva, la crisi e i suoi fattori scatenanti, sia per il protagonista del
romanzo di Sartre, che di Michele e Dino, è il contatto con la realtà e
l’impossibilità di creare un rapporto con essa; ma dal rifiuto radicale
della realtà finiscono per emergere interessi e ricordi, un sentimento
amoroso non sopito, un moto di pietà, di simpatia umana e, infine, la
possibilità di accettarsi, di accettare l’esistenza.
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CAPITOLO I
UN PROFILO BIOGRAFICO E INTELLETTUALE
1.1 ALBERTO MORAVIA
Le sfaccettature della vita privata sono fondamentali nella vita di
qualsiasi artista. Come vedremo, lo sono ancor di più per Moravia, che
più di molti altri ha infarcito la propria opera di elementi autobiografici.
Egli è stato protagonista e attento osservatore della cultura italiana ed
europea per quasi settant’anni, ha contribuito all’evoluzione del
romanzo moderno, è stato un instancabile viaggiatore, scrivendo
innumerevoli articoli di viaggio e reportage da tutto il mondo; ha avuto
influenze nel cinema, nella politica e nella società civile con i suoi
interventi su riviste e quotidiani autorevoli. Nel corso della sua
esistenza, è stato legato affettivamente a tre donne intellettuali e di
grande temperamento (Elsa Morante, Dacia Maraini, Carmen Llera),
mentre si dedicava a vivaci relazioni con due generazioni di letterati, su
tutti Pier Paolo Pasolini. Fonte precipua per questa sezione biografica,
come già accennato nell’introduzione, è il libro intervista che Alain
Elkann scrisse insieme a Moravia nel 1990, pochi mesi prima della sua
morte, nel quale egli si confessa a tutto tondo. Alberto Moravia, al
12
secolo Alberto Pincherle
4
, nacque a Roma il 28 Novembre del 1907 in
una famiglia della borghesia romana
5
. Il padre era un architetto con
l’interesse per la pittura e proveniva da una famiglia veneziana.
Proveniva da una famiglia ebraica ma egli si è sempre professato ateo.
La madre, Gina de Marsanich, cattolica, era di Ancona. Moravia ebbe
una prima infanzia piuttosto tranquilla e “normale”, benché solitaria,
come egli stesso affermerà:
[…] La mia famiglia era normale. Semmai l’anormale ero io. Anormale
perché ero troppo sensibile. Io non credo che tutti siano sensibili allo
stesso modo: ci sono bambini tonti, ottusi, insensibili. Ci sono quelli
che sono molto sensibili, ipersensibili. Quelli ipersensibili possono
diventare dei disadattati; ma possono diventare dei grandi artisti
6
[…]
Moravia ripeteva questa frase con notevole frequenza nelle sue
interviste. Questa anormalità era dovuta fondamentalmente alle sue
precarie condizioni di salute.
All’età di nove anni infatti, egli si ammala di tubercolosi ossea
7
,
malattia che gli dura, tra illusorie guarigioni e ricadute, fino a sedici
4
Moravia prende il cognome della nonna paterna, molto probabilmente a causa di alcune situazioni
di omonimia e scambio di persona, tra tutte quelle con un professore universitario romano di storia
delle religioni che aveva lo stesso cognome; si rinvia a: PARIS(1991) p.29
5
I primi anni della sua vita li trascorse in una palazzina di via Sgambati, una traversa di via Po che
affaccia su villa borghese. Moravia a Dacia Maraini racconta di ricordare molto bene l’appartamento
in cui è vissuto, in particolare alcuni dettagli che ricompaiono frequentemente nella descrizione delle
case borghesi dei suoi romanzi come, ad esempio, la carta da parati decorata con minuscole rose e i
mobili chiari, in legno di bosso con degli intarsi di fiori.
6
Cfr. ELKANN (1990) p.7
7
Si trattava di Coxite tubercolotica, infiammazione delle anche causata dal bacillo di Koch.
13
anni circa. Moravia parlando di questa malattia disse che è stato il fatto
più importante della sua vita. Trascorre molti anni a letto e nel sanatorio
Codivilla di Cortina d’Ampezzo. A causa della malattia non riesce ad
andare a scuola, studia a casa e legge molto, quasi in maniera ossessiva,
per compensare la mancata frequenza delle lezioni: già prima del
periodo in sanatorio aveva letto Dostoevskij, Delitto e castigo e
L’Idiota, libri che gli furono regalati dall’amico Andrea Caffi
8
; durante
la convalescenza riceve un pacco di libri ogni settimana e legge in
media un libro ogni due giorni, tra gli autori più significativi Dante,
Ariosto, Goldoni, Shakespeare, Manzoni e Molière.
Dopo il soggiorno in sanatorio, legge Una stagione all’inferno di
Rimbaud, Kafka, Proust, i surrealisti francesi, Freud e l’Ulisse di Joyce
in Inglese. Egli infatti padroneggiava piuttosto bene sia l’inglese che il
tedesco, studiato con ostinazione durante gli anni della malattia. La sua
condizione di infermità, segnerà in modo profondo la sua esistenza. La
malattia lo isola dal tempo e dallo spazio del mondo e creò in lui una
disposizione particolare in rapporto al resto delle persone, in rapporto
all’azione, in rapporto alla riflessione
9
. In altre parole, gli fece
sviluppare una profonda sensibilità e una fantasia smisurata che andava
al di là dei confini della sua stanza, dove, costretto a letto, leggeva
intensamente e rappresentava, nella sua testa e con la sua fervida
immaginazione, quello che leggeva, raffigurando situazioni e
avvenimenti non altrimenti fruibili a causa della forzata immobilità.
8
Moravia conobbe Caffi, un giornalista italiano nato a San Pietroburgo, tramite un uomo russo, che
si faceva chiamare Cenerini, conosciuto in treno al rientro da una vacanza in montagna con la
famiglia. Caffi era un uomo erudito e a detta di Moravia piuttosto particolare. Moravia era attirato
dalla sua cultura e anche dal fatto che egli fosse omosessuale. Egli traeva piacere dall’amicizia con
gli omosessuali poiché trovava in loro un ostilità al modello familista, e prima della rivoluzione dei
costumi, un coraggio individuale e un anticonformismo che non potevano non affascinarlo.
9
Cfr. DE CECCATTY (2010), pag. 7