4
INTRODUZIONE
Nell’ultimo decennio si è assistito alla nascita di una grave crisi economica, le
cui cause sono tutt’ora oggetto di studio da parte della scienza economica, che ha
messo in seria difficoltà le economie di diversi paesi e la stabilità del sistema
economico internazionale.
Fra le cause della sua rapida diffusione sono sicuramente presenti, da un lato, la
trama di relazioni economiche che intercorrono fra i diversi paesi della comunità
internazionale, dall’altro, l’elevato numero di soggetti che, indipendentemente dal
possesso formale della personalità giuridica internazionale, operano al di fuori dei
confini nazionali, intrattenendo relazioni, talvolta di grande spessore economico,
con diversi soggetti e non di rado direttamente con gli Stati.
Quest’ultimi essendo spesso parti contraenti di accordi internazionali,
costituenti la fonte di oneri di natura economica, versando in stato di crisi hanno
adottato, nel rispetto della norma “pacta sunt servanda”, scelte politiche volte
all’adempimento di tali oneri, riducendo o talvolta privando i propri sudditi di
diversi dei diritti umani fino a quel momento tutelati (parte del cd. Welfare).
La dottrina, nell’affrontare tale tipologia di fattispecie, si è quindi dibattuta, tra
le altre questioni che vengono qui in rilievo, anche sulla problematica inerente la
possibilità per tali stati di invocare, in presenza di determinate condizioni, lo “Stato
di Necessità” per giustificare la violazione degli obblighi finanziari loro incombenti
in virtù di norme giuridiche internazionali di natura pattizia.
In tale studio analizzeremo quindi lo “stato di necessità”, osservando la sua
natura giuridica, la struttura e le caratteristiche, con particolare riferimento alla sua
applicazione nell’ordinamento giuridico internazionale.
Successivamente prenderemo in considerazione gli obblighi finanziari
internazionali esaminandone, fra quelli più diffusi, la fonte, la natura giuridica, i
soggetti tipicamente convolti, e le caratteristiche più controverse.
5
Guarderemo dunque, alla luce di quanto emerso nel corso dell’argomentazione,
l’attuale situazione politico economica della Grecia (cd. Caso greco) analizzando,
sotto il profilo giuridico, gli accordi internazionali firmati, i vincoli da essi nascenti,
e accertando se ed entro quali limiti sia possibile applicare, nel caso analizzato, lo
“stato di necessità”.
Pur non essendo direttamente oggetto di critica le scelte di politica economica
adottate nel caso concreto dedicheremo, durante il corso della trattazione, spazio al
delicato problema del rispetto dei diritti umani, con specifico riferimento alla
compatibilità delle misure adottate nel caso concreto con gli obblighi del diritto
internazionale dei diritti umani incombenti sullo Stato ellenico.
6
CAPITOLO I
LO STATO DI NECESSITÀ NELL’ORDINAMENTO GIURIDICO
INTERNAZIONALE
SOMMARIO: 1. Nozione dello stato di necessità - 2. Evoluzione storica dell’istituto - 2.1. Le
origini - 2.2. L’applicazione all’interno dell’ordinamento giuridico internazionale - 2.3. L’istituto
nell’era moderna - 2.4. L'Istituto nell’attuale panorama giuridico internazionale - 3. Struttura dello
Stato di Necessità - 3.1. La situazione necessitante - 3.2. La condotta necessitata - 3. I beni oggetto
di tutela - 3.4. Ulteriori condizioni di invocabilità - 4. Natura giuridica.
1. Nozione dello stato di necessità
Per “Stato di Necessità” si intende quel particolare istituto giuridico,
comunemente ricondotto alla generale categoria delle esimenti, che «agisce in
rapporto alla condotta lesiva dell’interesse di un terzo innocente, tenuta contra
legem per l’imprescindibile esigenza di ovviare a un pericolo attuale di danno
grave»
1
.
Tale istituto
2
, espressione di un più generale principio giuridico, comunemente
espresso attraverso il noto brocardo «Necessitas non habet legem, sed ipsa sibi facit
legem»
3
, trova tuttora applicazione in diversi rami giuridici componendosi, nella
sua struttura fondamentale, di un elemento necessitante, fonte della situazione di
necessità, e di un elemento necessitato, da questa derivante.
Oggetto del nostro studio sarà, fatte salve le caratteristiche comuni che l’istituto
mantiene nei diversi rami del diritto, lo SN all’interno dell’ordinamento giuridico
internazionale, con particolare attenzione al contenuto della norma che ne riconosce
l’esistenza, e alla definizione del proprio ambito di applicazione alla luce delle
attuali norme di diritto internazionale.
1
P. A. PILLITU, Lo stato di necessità nel diritto internazionale, Perugia, 1981, p.2
2
Al quale faremo da questo momento, per comodità espositiva, riferimento con la sigla SN.
3
Corpus iuris canonici. Decreti secunda pars causa I.Quest I. c. 38-42, Akademische Druck- u.
Verlagsanstalt, 1959, p.374
7
Sarà tuttavia opportuno, ai fini di una migliore comprensione, procedere con un
breve excursus storico che, partendo dall’origine dell’esimente
4
, conduca ai giorni
nostri mostrandone l’evoluzione ed i caratteri più significativi.
2. Evoluzione storica dell’istituto
2.1 Le origini
L’origine dell’esimente oggetto di studio vanno ricercate nella tradizione
giuridica romana, all’interno della quale possono individuarsi alcuni atti di natura
normativa scriminati da particolari situazioni di necessità. Facciamo riferimento a
quelle ipotesi nelle quali il compimento di determinati atti, che erano solitamente
vietati e punibili da norme che oggi definiremmo di natura penale o amministrativa,
rimaneva impunito in virtù della presenza di circostanze eccezionali, spesso
riguardanti l’assetto pubblico-istituzionale dell’ordinamento, che richiedevano
l’adozione di misure eccezionali
5
.
Tale peculiare causa di giustificazione trova tuttavia, nella stesso periodo,
applicazione anche in ambito privatistico, essendo possibile individuarla in alcune
particolari fattispecie come limite alla responsabilità aquiliana
6
, operando
successivamente con la medesima funzione anche in quella contrattuale. È proprio
a quest’ultima tipologia di responsabilità che si riferisce infatti la fattispecie
contemplata nella lex Rhodia de iactu
7
(D. 16, 2).
Questa norma consentiva, nelle fattispecie di trasporto di merci via mare, di
derogare all’ordinaria disciplina della responsabilità per impossibilità sopravvenuta
4
Utilizzeremo, in questo primo capitolo, per identificare l’istituto oggetto di analisi, il termine
esimente inteso come causa di giustificazione in senso ampio, non entrando nel merito del dibattito,
tuttora presente in dottrina, riguardante la specifica natura dell’istituto. Un tale dibattito sarebbe
sterile, in assenza di un sistema normativo di riferimento, per tale motivo tale tema verrà affrontato
in un momento successivo della trattazione. V. infra, § 4.
5
Si tratterebbero della dichiarazione di tumultus, dell’ordine di iustitium, dell’emanazione del
senatusconsultum ultimum e della dichiarazione di hostis pubblicum. Vedi A.ORMANNI, Necessità,
Enciclopedia del diritto, XXVII, Milano 1977, p. 837 ss.
6
Emblematici sono i casi in cui non era tenuto al risarcimento del danno il soggetto che, pur
avendo consapevolmente danneggiato o distrutto il bene di un terzo, lo abbia fatto spinto dal sensato
timore di vedere leso un proprio interesse, in presenza di una «magna vis cogens». Vedi. M.
ASCHERI, Note per la storia dello stato di necessità, Studi Senesi, 1975, p.26
7
Che la fattispecie descritta sia riconducibile allo SN sembra inequivocabilmente confermato
anche dalla testimonianza di Ulpiano (D. 19, 5, 14).
8
della prestazione dipendente da caso fortuito o forza maggiore, introducendo una
speciale disciplina nell’ipotesi in cui, a causa di particolari difficoltà nella
navigazione, l’armatore avesse consapevolmente gettato in mare parte dei beni, nel
tentativo di portare a termine il trasporto di almeno una parte del carico. La lex
faceva quindi ricadere il rischio del perimento dei beni proporzionalmente sui i
locatori delle merci imbarcate, affinché il danno, cagionato nell’interesse di tutti,
venisse ripartito fra chi se n’è fosse avvantaggiato
8
.
Così come nella storia antica, anche nel medioevo non è possibile individuare
una autonoma e sistematica disciplina dello SN, è tuttavia opportuno sottolineare
come, durante i secoli che lo compongono, si sia assistito ad una consolidazione del
principio generale di necessità.
Tale risultato va attribuito principalmente all’opera della scienza canonistica
che, nel corso della grande opera di codificazione del diritto canonico, sancisce
massime giuridiche, come quella espressa dal celebre brocardo «quod non est
licitum lege, necessitas facit licitum»
9
, costituenti la base giuridica utilizzata per la
costruzione dell’istituto dello SN in epoca successiva.
Giova, in questa sede, citare la Glossa ordinaria al Decretum Graziani,
all’interno della quale la stessa communio tempore necessitatis, già considerata
dalla lex Rodhia, costituiva la causa del ritorno alla communis omnium possessio
isidoriana, istituto proprio del diritto naturale
10
.
La necessità, in tal senso intesa, rimase tuttavia per diverso tempo una mera
affermazione di principio non trovando, diversamente da quanto emerge dal tenore
letterale delle massime riportate, un’applicazione generale ma restando circoscritta
ad alcune fattispecie specificamente individuate
11
.
8
Nei contratti di locatio operis, di cui tale fattispecie faceva parte, il rischio veniva solitamente
assunto dal singolo locatore del bene oggetto del contratto. Si veda M. MARRONE, Istituzioni di
diritto romano, 3a ed. Palumbo, Palermo, 2006, p. 472.
9
Si tratta di un passo di Beda, contenuto nelle Decretales Gregorii IX, riferito a un brano del
Vangelo di Marco (2, 23-28). A cui può aggiungersi quello già visto, vedi supra, p.7.
10
Si tratterebbe dell’interpretazione di Uguccio, poi refluita nella Glossa Ordinaria. Vedi J.
MIÑAMBRES, Diritto canonico e servizio della carità, Giuffrè Editore, 2008, p.67.
11
Come quella prospettata da Tommaso D’Aquino all’interno della Summa (II, ii, 66, 7.) che
arrivava in casi eccezionali a legittimare il furto. Si vedano PERGOLA, Lo stato di necessità nella
storia e nella legislazione comparata, in Rivista penale, 1909. p.152; POSITANO DE VINCENTIS,
Difesa legittima, Stato di necessità, disposizione della legge e ordine dell’autorità, Il digesto
Italiano, XI, I, Milano 1937, p.427.
9
Non va tuttavia sottovalutata l’importanza del contributo dato dall’elaborazione
giuridica medievale, questa ha infatti dato un apporto rilevante allo sviluppo
dell’esimente traendo il principio di necessità dal diritto civile, cui era da tempo
costretto, e facendolo rientrare fra i principii generali del diritto.
2.2 L’applicazione all’interno dell’ordinamento giuridico internazionale
Durante il periodo rinascimentale con la nascita del concetto di sovranità,
successiva alla formazione dei moderni Stati, si assiste al tentativo di individuare
nella necessità il fondamento del fenomeno bellico, il quale, a causa del crescente
numero di conflitti militari, si manifestava come la principale tipologia di relazione
interstatale e come tale il principale oggetto di studio della moderna disciplina
internazionalistica.
Fra i primi studiosi ad applicare la necessità al diritto bellico troviamo i teologi
Vittoria e Suarez che la analizzarono sotto due distinti profili
12
.
Da un lato la necessità veniva osservata come la fonte dello ius ad bellum e, più
precisamente, come la fonte del diritto di ciascuno Stato a prendere parte o ad
intraprendere una guerra contro l’altro in presenza di una grave violazione di un
interesse proprio ed in assenza di utili alternative volte all’interruzione, riparazione
o punizione della violazione
13
.
Dall’altro, la necessità viene invece in rilievo con riferimento allo ius in bello,
venendo impiegata come parametro di legittimità delle condotte tenute durante la
guerra dai belligeranti. Ed è questo concetto che, fatte salve le modifiche
successivamente intervenute, è refluito in quello più recente della necessità bellica.
La necessità di ottenere giustizia arriverebbe quindi, secondo i due teologi, a
giustificare qualsiasi condotta, non essendo tale criterio idoneo a priori a
determinare un limite tassativo ed oggettivo, sicché qualsiasi misura, idonea nel
caso concreto a portare lo Stato alla vittoria, sarebbe stata considerata legittima.
12
P. A. PILLITU, Lo stato di necessità nel diritto internazionale, cit, pp. 12-14.
13
È questo il concetto di bellum iustum che è stato per molto tempo diffuso nella scienza
internazionalistica, giustificato dal preminente ed incondizionato interesse dello Stato alla sua auto-
conservazione.
10
Al lavoro fatto dai due autori si aggiunse quello dei giuristi posteri, tuttavia si
perviene ad una autonoma categoria concettuale dello SN solo grazie al contributo
scientifico della scuola giusnaturalistica, i cui risultati sono stati utilizzati in epoca
recente per tracciare i contorni dell’esimente nei diversi rami del diritto.
Giuristi del calibro di Grozio, Pufendorf, Wolf e Vattel dedicarono all’esimente
ampio spazio nelle loro opere, distinguendo concettualmente lo SN dalla legittima
difesa e individuando alcune delle caratteristiche distintive dell’esimente.
I loro vari tentativi, volti alla sua applicazione, condusse gli stessi ad sostenere
in presenza di necessità la reviviscenza dello ius commune ad rem
14
.
Tale ius o più correttamente, secondo i moderni schemi giuridici, titolo di
diritto, permetterebbe al soggetto versante in necessità di entrare nel possesso di
determinati beni altrui, qualora il loro utilizzo sia strettamente necessario ad ovviare
al pericolo incombente.
Questa ipotesi veniva tuttavia, secondo gli stessi, esclusa nei casi in cui anche il
soggetto terzo, vittima della condotta necessitata, versasse in uno stato di necessità
uguale o maggiore di quella incombente sul soggetto agente, trovando applicazione
in tali particolari fattispecie la regola, già presente nel diritto civile, espressa dal
brocardo «in pari causa turpitudinis, melior est conditio possidentis»
15
.
L’istituto configurato entro tali limiti venne poi dagli stessi autori, e da quelli
successivi, applicato ai rapporti interstatali, ed in particolare alle ipotesi dove lo
Stato parte di un conflitto bellico in corso di svolgimento, aggredisca beni o territori
di Stati terzi al conflitto al fine di ottenere un vantaggio militare sull’avversario,
giustificando in tal modo la violazione della sovranità dello Terzo, ed il suo diritto
alla neutralità
16
.
Il concetto di SN fu quindi, per diverso tempo, quello ricostruito grazie
all’apporto dato dai diversi giuristi, operando sia con riferimento alle norme di
14
È in virtù di tale ius che Wolf legittima l’uso degli Stati di derubare i territori vicini del loro
grano in tempo di carestia, per salvare la propria popolazione della fame. Vedi P.A. PILLITU, Lo stato
di necessità nel diritto internazionale, cit, p. 39.
15
Vedi in tal senso ivi, cit, pp. 20-65.
16
Vattel, ritenendo tale facoltà espressione dell’applicazione generale dello SN, redasse un
elenco dettagliato di beni, di proprietà degli Stati neutrali al conflitto bellico, confiscabili dagli stati
parti del conflitto. In tali casi, secondo l’autore, il mero rischio che tali beni potessero essere utilizzati
a favore del nemico, legittimava gli Stati alla confisca, o in altri casi ad una vendita coattiva. Vedi
VATTEL Le droit des gens, ou Principes de la loi naturelle, appliqués à la conduite et aux affaires
des Nations et des Souverains (1758), Liv. III, Chap. VI, §§112-113.
11
natura consuetudinaria sia a quelle di natura pattizia, ed indistintamente in tempo
di pace o in quello di guerra. Va precisato, per evitare la nascita di spiacevoli
fraintendimenti, che l’esimente oggetto di esame va tenuto distinto rispetto
all’istituto giuridico della Necessità Bellica (o ragion di guerra) che, pur trovando
fondamento nello stesso principio ispiratore, ha tuttavia un ambito di applicazione
più ristretto.
Cogliamo tuttavia l’occasione per specificare, in tale sede, che la necessità
bellica, non eliminando la possibilità che venga applicata la generale causa di
giustificazione dello SN, trova applicazione solo come limite speciale
all’applicazione di talune norme del sistema dello ius in bello, potendo essere
utilizzato sol quando, e nella misura in cui, ciò è previsto dalle norme del diritto
internazionale umanitario
17
.
2.3 L’istituto nell’era moderna
I limiti e la portata dello SN divennero nuovamente oggetto di attenzione, da
parte della scienza internazionalistica, dopo lo scoppio delle grandi guerre
mondiali, e con particolare intensità a seguito della seconda, che nel giro di pochi
anni furono la causa della morte di milioni di individui.
Le conseguenze di tali conflitti avevano portato al centro del dibattito dottrinale,
diventando oggetto di forti critiche da parte della dottrina, non solo i concetti di
bellum iustum e ius ad bellum, ma anche lo stesso principio di necessità, base
concettuale condivisa dai concetti ora richiamati e dell’esimente oggetto di analisi.
È in tale clima che si arriva alla costituzione dell’Organizzazione delle Nazioni
Unite (ONU), il cui primo obbiettivo è il raggiungimento ed il mantenimento della
pace internazionale perseguito, fra gli altri strumenti, anche attraverso l’art. 2, § 4
della Carta di San Francisco (1945), il quale sancisce il divieto della minaccia e
dell’uso della forza
18
.
17
Tale opinione, più orientata al rispetto dei diritti umani, è quella che ha trovato negli ultimi
decenni maggiore successo fra gli internazionalisti. Vedi P. A. PILLITU, Lo stato di necessità nel
diritto internazionale, cit, pp. 387-408
18
E’ opinione dottrinale maggioritaria quella che attribuisce al termine forza il significato di
forza armata. Non mancano tuttavia le opinioni che attribuiscono al termine forza un significato più
ampio, comprensivo anche di altre condotte aggressive quali, ad esempio, le pressioni politiche o
economiche. Si vedano. BENTWICH E MARTIN, A Commentary on the Charter of United Nations,