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INTRODUZIONE
Il mais e la sua produzione agricola
Il mais (Zea mays L. ssp. mays) è una pianta monocotiledone appartenente alla famiglia
delle Poaceae (sottofamiglia Panicoideae, tribù Maydeae) e originaria dell’America
centrale (Lafitte, 2000; Lafitte, 2000; Strable and Scanlon, 2009).
Il mais attualmente è tra i cereali da granella più importanti al mondo, ed è quello che
vanta delle maggiori rese e della maggiore produzione mondiale (Lafitte, 2000). La
produzione attuale di mais interessa una superficie mondiale di circa 177 milioni di ha,
per una produzione totale che si assesta sui 970 milioni di tonnellate annue, di cui Stati
Uniti e Cina coprono più del 50% della produzione (USDA FAS 2016). La superficie
Italiana coltivata a mais ammonta a circa 870000 ettari, per una produzione nazionale
annua di 9,2 milioni di tonnellate, di cui il 90% è concentrato nelle regioni settentrionali
(FAO 2014).
La domesticazione e la grande diffusione del mais sono legate alla grande versatilità per
quanto riguarda le destinazioni di utilizzo e l’adattabilità della pianta alle diverse
condizioni ambientali. Queste caratteristiche ne consentono la coltivazione in numerose
e vaste aree. Gli ambienti più adatti alla coltivazione del mais comprendono la fascia di
latitudine tra 50°N e 40°S, ad altitudini che vanno dal livello del mare ai 4000 m di
quota nelle Ande (Fageria, 1997; Lafitte, 2000).
L’adattamento del mais alla sua origine geografica lo rende adatto a climi tropicali e
temperati, ed è in questi ultimi che fornisce le maggiori rese (Lafitte, 2000). I limiti
geografici per la coltivazione del mais sono determinati dalle temperature e dal
fotoperiodo e risultano ristretti in particolare per alcune linee tropicali (Strable and
Scanlon, 2009).
La pianta ha una struttura costituita da un apice principale e con minore frequenza
possono originarsi apici secondari, dai quali hanno origine i culmi di accestimento. Il
culmo, detto stocco, è avvolto dalle guaine fogliari e le foglie a lamina espansa sono
inserite singolarmente su ogni nodo con disposizione distica (Poethig, 1994). L'apparato
radicale è fascicolato e maggiormente sviluppato nei primi 30-40 cm del suolo. Le
radici seminali hanno origine dalla radichetta embrionale e la loro funzionalità è limitata
agli stadi giovanili della plantula, fino all'estensione della 4-5 foglia. I nodi basali hanno
internodi molto raccorciati e costituiscono la corona, dalla quale dopo i primi 3-4 giorni
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dall'emergenza si differenziano le radici avventizie; mentre dai primi 2-3 nodi sopra il
livello del suolo si differenziano le radici aeree con funzione di ancoraggio (Feldman,
1994; Lafitte, 2000). Il mais è una pianta monoica e dicline, infatti le infiorescenze del
mais sono separate e hanno uno sviluppo proterandrico. Queste caratteristiche
agevolano le operazioni nella costituzione delle linee e nell’incrocio ai fini del
miglioramento genetico (Strable and Scanlon, 2009).
Il mais, date le caratteristiche morfologiche e fenologiche delle infiorescenze, figura tra
le piante utilizzate da Mendel già nel 1869 per lo studio dell’ereditarietà dei caratteri.
Attualmente il mais è una pianta modello utilizzata nella ricerca soprattutto per le sue
caratteristiche genetiche, la vasta collezione di linee disponibili e la loro elevata
diversità allelica (Strable and Scanlon, 2009).
L’azoto in agricoltura
L'azoto (N) è il quarto elemento più abbondante nelle piante e rappresenta il nutriente
minerale più concentrato nei tessuti vegetali, seguito da fosforo e potassio. La sua
importanza è legata alla presenza nelle molecole organiche quale costituente di proteine,
acidi nucleici e clorofille (Miller and Cramer, 2004; Howarth, 2009; Robertson and
Vitousek, 2009; Andrews and Lea, 2013). I composti azotati hanno quindi un ruolo
fondamentale in vari processi fisiologici che influenzano le rese, primo dei quali la
fotosintesi (Lafitte 2000; Birch et al. 2003).
Il 98% dell'N si trova nella litosfera, mentre l'atmosfera ne contiene solo il 2%. Tuttavia
l'N presente nei suoli si trova in gran parte nelle rocce o in forma organica non
accessibile direttamente alle piante. Anche l’azoto molecolare (N2), che costituisce il
78% dell’atmosfera, non è utilizzabile direttamente dalle piante, se non previa
fissazione. L’azotofissazione può essere di tipo biologico, operata da batteri o diretta e
inorganica a seguito di reazioni chimiche che avvengono in atmosfera energizzate dai
fulmini o dall’attività vulcanica (Miller and Cramer, 2004). La frazione inorganica
dell'N nel suolo è invece generalmente inferiore al 2% ed è soggetta a rapidi
cambiamenti in termini di composizione e quantità (Barker and Bryson, 2007).
Quest'ultima costituisce il principale pool di N disponibile alle piante.
L’N nei suoli biodisponibile per le piante costituisce quindi una risorsa molto variabile e
limitata (Barker and Bryson, 2007; Miller and Cramer, 2004); tale considerazione vale
in particolare per colture con elevate esigenze nutrizionali come il mais (Robertson and
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Vitousek, 2009). Carenze di N nelle piante sono state osservate indurre riduzione del
tasso di crescita, maggiore allocazione dei fotosintati nelle radici e ingiallimento
fogliare (clorosi), provocando conseguenti riduzioni delle rese (Lafitte 2000; Miller and
Cramer, 2004). La disponibilità di N nei suoli costituisce quindi uno dei principali
fattori limitanti nella maiscoltura.
La crescita esponenziale delle rese osservata a partire dagli anni 1950 è dovuta
principalmente al miglioramento genetico, ma anche al maggiore uso di fertilizzanti, in
particolare per quanto riguarda quelli contenenti N (Tilman et al., 2011; Andrews et al.,
2013; Simons et al., 2014). L’uso intensivo di fertilizzanti azotati inorganici in
agricoltura ha inizio con la fine della seconda guerra mondiale, a seguito della messa a
punto agli inizi del 1900 del processo di fissazione industriale dell’N di Haber-Bosch.
Da quel momento i fertilizzanti azotati hanno rappresentato un potente strumento per
l’incremento delle rese, soprattutto per i cereali come il mais (Hirel et al., 2001;
Erisman et al., 2013; Andrews and Lea, 2013).
Il ciclo dell’azoto nel suolo
L’N è presente nei suoli in diverse forme e proporzioni, tuttavia le più rappresentative
sono quella nitrica, quella ammoniacale e quella amminoacidica (Miller and Cramer,
2004).
Le forme di azoto inorganico presenti nei suoli sono nitrato (NO3
-
), nitrito, ammonio
(NH4
+
) scambiabile e immobilizzato, azoto molecolare (N2) e ossido nitroso (N2O). Tra
questi solo i pool di NO3
-
e NH4
+
scambiabili sono utilizzabili dalle piante e quindi
importanti ai fini della nutrizione. Inoltre la gran parte dell'N utilizzabile dalle piante si
trova entro il primo metro dalla superficie del suolo (Touraine, 2004: Miller and
Cramer, 2004; Barker and Bryson, 2007).
La forma di N utilizzata preferenzialmente dalle piante dipende dal costo energetico di
assimilazione, ma risulta anche correlata ad altri fattori ambientali, tra i quali la
temperatura e il pH (Glass et al., 2002; Andrews et al., 2013; Bartelheimer and
Poschlod, 2013; Britto and Kronzucker, 2013). Le piante possono utilizzare l'N presente
nei suoli sia in forma ammoniacale sia in forma nitrica, tuttavia quest'ultima è quella più
abbondante nei suoli agrari, quindi quella principalmente utilizzata.
L’NH4
+
è un acido debole, che in soluzione acquosa si trova in equilibrio dinamico con
l’ammoniaca (NH3), la corrispondente base in forma gassosa. La costante di equilibrio
(Keq) della reazione acido-base è 10
-9.3
, pertanto nella soluzione del suolo, dove il pH è
4
di regola inferiore a 9.3, l’NH4
+
costituisce la forma dominante (Britto and Kronzucker,
2002; Miller and Cramer, 2004). L’NH4
+
, a differenza del NO3
-
, risulta poco mobile nei
suoli, in quanto presenta un coefficiente di diffusione inferiore e interagisce con le
particelle cariche negativamente presenti nel suolo. L'NH4
+
immobilizzato sulle argille,
infatti, pur costituendo il nutriente azotato più abbondante nel suolo è poco mobile e
quindi di scarsa importanza nella nutrizione delle piante (Touraine, 2004: Miller and
Cramer, 2004; Barker and Bryson, 2007).
Il NO3
-
è un anione idrosolubile, pertanto essendo libero di muoversi nel suolo può
raggiungere facilmente le radici delle piante per diffusione e per flusso di massa (Miller
and Cramer, 2004; Andrews and Lea, 2013). Le concentrazioni di NO3
-
nei suoli sono
storicamente utilizzate, assieme al contenuto idrico e ad altri fattori, per stimarne la
fertilità, poiché è stata evidenziata una relazione tra la concentrazione di NO3
-
nel suolo
e le rese (Barker and Bryson, 2007). Generalmente le concentrazioni di NO3
-
nei suoli
agrari sono comprese tra 1-5 mM, mentre le concentrazioni di NH4
+
rimangono tra 20-
200 µM (Miller and Cramer, 2004).
Nel processo di decomposizione della sostanza organica l’N viene mineralizzato ad
NH4
+
dall’attività microbica nel suolo. La predominanza del NO3
-
nei suoli agrari è
dovuta al rapido processo di ossidazione dell'NH4
+
a NO3
-
operato dai batteri
nitrificanti. Questo processo avviene in due tappe ossidative, che portano alla
formazione prima di NO2
-
(Nitrosomonas spp.) e successivamente NO3
-
(Nitrobacter
spp.). Il processo di nitrificazione avviene rapidamente in suoli areati con pH maggiori
di 5 e poiché il secondo step ossidativo è più rapido del primo, ne consegue che le
concentrazioni di NH4
+
e nitrito sono generalmente basse nei suoli. Questa evidenza va
a vantaggio delle piante, in quanto entrambi questi ioni in concentrazioni nel suolo
superiori ai 50 mg N/kg possono provocare effetti di tossicità sulle piante (Miller and
Cramer, 2004; Barker and Bryson, 2007; Andrews et al., 2013).
L’efficienza d'uso dell'azoto (NUE) nel mais è mediamente inferiore al 50% (Raun and
Johnson, 1999; Lafitte, 2000; Cassman et al., 2002; Cameron et al., 2013; Simons et al.,
2014), inoltre la mobilità e la reattività del pool di azoto nitrico nel suolo lo rendono
vulnerabile ai processi di denitrificazione, volatilizzazione e lisciviazione (Cassman et
al., 2002; Robertson and Vitousek, 2009; Andrews and Lea, 2013). In particolare, la
lisciviazione del NO3
-
comporta l'accumulo di nitrati nelle acque ed è il fenomeno che
provoca gli effetti più rilevanti sull'ambiente e sulla salute umana, anche in termini di
potabilità delle acque (Vitousek et al., 1997; Miller and Cramer, 2004; Good and
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Beatty, 2011; Andrews and Lea, 2013). Al fine di contenere i rischi ambientali legati
all’utilizzo di concimi e fertilizzanti nitrici nel 1991 l'Unione Europea ha emanato la
direttiva comunitaria 91/676/CEE, nota con il nome di “Direttiva Nitrati”. Gli obiettivi
di questa direttiva sono la definizione di zone agricole vulnerabili e non vulnerabili e la
limitazione degli apporti consentiti di N rispettivamente di 170 kg/ha e 340 kg/ha
(91/676/CEE).
Il NO3
-
può anch'esso subire trasformazioni nel suolo: in condizioni anaerobiche può
essere ridotto da microrganismi che lo utilizzano come accettore di elettroni al posto
dell'O2 nel processo di denitrificazione, con formazione delle forme gassose N2, N2O,
NO e NO2 (Miller and Cramer, 2004; Barker and Bryson, 2007; Andrews et al., 2013).
In suoli acidi con pH inferiore a 5, o nei quali non vi sono le condizioni per la crescita
dei batteri nitrificanti, l’NH4
+
rappresenta invece la fonte di N principale e può arrivare
a concentrazioni fino a 20 mM, con conseguente rischio di tossicità per le piante (Miller
and Cramer, 2004; Barker and Bryson, 2007). Questi condizioni sono tipiche dei suoli
della tundra, degli ecosistemi boreali e di quelli forestali, nei quali le concentrazioni di
NH4
+
possono arrivare a 2 mM (Kronzucker et al., 1997; Britto and Kronzucker, 2002;
Miller and Cramer, 2004). Infine, l’NH4
+
costituisce la forma principale di N anche in
suoli sommersi nei quali si instaurano condizioni di anaerobiosi, tra i quali le risaie
(Ponnamperuma, 1972).
Dalla fonte di N utilizzata in prevalenza dalla pianta dipende anche il bilanciamento di
altri nutrienti. Ad esempio è stato osservato che l'assorbimento del NO3
-
incrementa
l'assorbimento di cationi come K
+
, Mg
2+
e Ca
2+
mentre sembra ridurre l'assorbimento di
anioni come PO4
2-
e SO4
2-
. Questo effetto può essere attribuito all'innalzamento del pH
della rizosfera conseguente ai processi di assorbimento e riduzione del NO3
-
, ma anche
alla necessità di controioni, utilizzati per bilanciare l’ingresso del NO3
-
e gli anioni
organici prodotti durante la sua riduzione (Britto and Kronzucker, 2002; Miller and
Cramer, 2004).
Analogamente, l'assorbimento dell'NH4
+
facilita l'assorbimento di anioni come PO4
2-
e
SO4
2-
mentre inibisce l'assorbimento di cationi come K
+
, Mg
2+
e Ca
2+
. Tali effetti
possono essere dovuti all'abbassamento del pH della rizosfera, alla competizione dei
cationi per i sistemi di trasporto deputati all’assorbimento e alla produzione di ioni H
+
nei processi di assorbimento e di assimilazione dell'NH4
+
(Britto and Kronzucker,
2002).