7
1.3 Farmacia clinica nel mondo.
Molto diffuso in ambito ospedaliero, il farmacista assume una figura
rilevante nella clinica assumendo responsabilità differenti a secondo gli
ordinamenti dei vari paesi. Generalmente i farmacisti clinici si occupano
delle interazioni tra i farmaci e del corretto schema posologico (ad esempio
l’aggiustamento del dosaggio in base alla funzionalità renale o epatica del
paziente o la compatibilità chimico fisica dei farmaci usati in fleboclisi). In
ambito internazionale un modello sicuramente interessante è quello
americano, dove il farmacista è un componente essenziale ed ampiamente
riconosciuto dal team terapeutico; la sua presenza in reparto è sempre
richiesta essendo considerato l’unico professionista esperto nell’uso dei
farmaci. E’ quindi lui che spesso decide, nell’ambito del team terapeutico,
quale medicinale e quale dosaggio sia più adatto per il paziente. La figura del
farmacista clinico è riconosciuta non solo negli Stati Uniti ma anche in molti
paesi Europei, in Canada, Australia e Nuova Zelanda. In Gran Bretagna, ad
esempio, il farmacista di reparto ha il compito di prescrivere alcune terapie
farmacologiche e di gestire le terapie dei pazienti sottoposti a trapianti. I
farmacisti vengono formati dal National Prescribing Centre attraverso corsi
specifici dedicati alla prescrizione basata sull’EBM (Evidence Based Medicine)
e, a seguito dell’acquisizione del titolo, possono prescrivere autonomamente
alcune categorie specifiche di farmaci grazie ad uno speciale accordo
stipulato con il medico
[6]
. Nel 2016 il servizio sanitario nazionale inglese NHS
ha deliberato l’assunzione di 1500 farmacisti clinici prescrittori da affiancare
ai general practitioners, i medici di base inglesi. Oggi, nella cultura
anglosassone, la farmacia territoriale è una realtà con due anime ben
distinte e se la parte commerciale è molto sviluppata e minuziosamente
programmata da manager commerciali (store manager), la parte tecnica
professionale gestita dal farmacista non è da meno. Nel 90% delle farmacie
inglesi c’è un solo farmacista, che è civilmente e penalmente responsabile di
8
tutto ciò che viene fatto in sua presenza. Il cliente al banco viene servito dal
dispenser, che è un diplomato in possesso di un’abilitazione. Una volta
raccolte le prescrizioni, queste vengono controllate, valutate e siglate dal
farmacista con un’operazione che viene chiamata checking. Le attività di
farmacia clinica sono numerose e i servizi erogati vengono remunerati alle
farmacie dal NHS
[7]
.
Tabella 1.3.1 Esempi di servizi di farmacia clinica erogati in convenzione dalle farmacie
territoriali inglesi.
Attività di servizio clinico Retribuzione NHS
Weekly medication (disposizione
settimanale dei farmaci da assumere con il
supporto di blister personalizzati)
n.d.
Vaccinazioni 165 £
Iniezioni I.M. n.d.
N.M.S. (new medicine service) 26 £
M.U.R. (medicine use review) 28 £
Riconoscendo le enormi differenze a livello internazionale, la FIP ( Fédération
Internationale Pharmaceutique) ha sottoposto ai 75 stati presenti nel
congresso di Basilea 2008 le nuove funzioni del farmacista clinico, ottenendo
molte risposte rassicuranti. Da un punto di vista internazionale, quindi,
l’orientamento è chiaro: il farmacista clinico deve avere un ruolo importante
e i modelli esistenti possono essere adattati anche al sistema sanitario
italiano
[8]
.
9
1.4 La farmacia clinica in Italia e il ddl S. 2717.
In Italia le prime concrete esperienze di farmacia clinica sono nate all’ISMETT
di Palermo e all’A.O.U. San Giovanni Battista di Torino. L’ISMETT ha creato
un dipartimento di farmacia clinica, basato sul modello americano ma
adattato alla realtà italiana, allo scopo di migliorare l’assistenza farmaceutica
al paziente. Oltre alla normale attività di gestione e distribuzione dei farmaci,
il servizio garantisce l’appropriatezza terapeutica (verifica della correttezza
di tutte le prescrizioni e dei protocolli tramite il controllo della cartella clinica
elettronica, in termini di sicurezza, dosaggio, tossicità), la sicurezza, la
personalizzazione delle terapie e l’approccio multidisciplinare alla cura del
paziente che prevede la presenza del farmacista. L’esperienza dell’A.O.U.
San Giovanni Battista di Torino nasce nel 2004 con l’inserimento in alcuni
reparti pilota del farmacista clinico fino ad arrivare, alla fine del 2005, a
formulare la definizione di una metodologia standardizzata di approccio al
farmaco che ha permesso di intervenire sull’appropriatezza terapeutica e
sulla sostenibilità economica. Anche nella realtà torinese, la
multidisciplinarietà si è rivelata la carta vincente del progetto, e ciò ha
permesso di evidenziare le potenzialità della collaborazione sinergica clinico-
farmacista-infermiere nell’ambito di un team multiprofessionale. A partire
dal biennio 2007-2008, grazie ai risultati ottenuti negli anni precedenti,
soprattutto in termini di contenimento della spesa, sono stati portati avanti
anche altri progetti, quali: la sorveglianza degli errori in terapia (prescrizione,
somministrazione, preparazione e monitoraggio) e monitoraggio delle
segnalazioni delle prescrizioni off-label. Attualmente, il progetto torinese
prevede anche un intervento importante sull’informazione scientifica del
farmaco, spesso delegata in maniera quasi esclusiva alle aziende
farmaceutiche. Una corretta informazione sui medicinali e dispositivi medici
è un fattore essenziale per una pratica clinica efficiente ed uno strumento
strategico e di governo per la razionalizzazione del loro utilizzo. Nel corso
10
degli anni, altre esperienze (esclusivamente di tipo ospedaliero) si sono
aggiunte a quelle già descritte e rappresentano la testimonianza che in Italia
è molto attiva la volontà e la necessità di affermare la presenza del
farmacista clinico per contribuire a migliorare la qualità e la sicurezza delle
terapie
[9]
. Recentemente, alcune regioni hanno formalizzato
l’implementazione della figura di farmacista di dipartimento nelle aziende
sanitarie ed il mondo accademico ha promosso specifici corsi di
perfezionamento e master finalizzati a formare questa nuova figura
professionale
[10]
.
Se da una parte il posizionamento del farmacista clinico ospedaliero, o di
reparto, è stato ampiamente delineato e sperimentato, dall’altra invece
pochi dati e poche sperimentazioni sono disponibili per il farmacista clinico
di comunità, o territoriale, figura che opera sul territorio collaborando con
farmacie territoriali pubbliche e private, ambulatori di medicina generale
SSN, medici specialisti e ambulatori delle unità sanitarie locali.
Il posizionamento di questa nuova figura, i suoi ruoli e le sue competenze,
sono stati recentemente individuati nel Disegno di legge num. 2717
“Disposizioni in materia di attività professionali del farmacista” che
riconosce nuovi compiti ai farmacisti e alle farmacie territoriali <<per
garantire, con ridotti oneri per il SSN, prima assistenza e un'efficace missione
di orientamento del cittadino verso gli altri presidi sanitari con effetti virtuosi
per la finanza pubblica, limitando l'accesso alle strutture ospedaliere e ai
pronto soccorso in relazione alle effettive necessità dell'assistenza sanitaria,
anche preventiva, con esclusione dei casi di domanda di servizi suscettibile di
adeguata soddisfazione da parte delle farmacie>>. In particolare, gli articoli 8
e 9 sono finalizzati a valorizzare il ruolo del farmacista <<nella prevenzione e
nella risoluzione delle problematiche connesse agli errori in terapia, al rischio
clinico e alla sicurezza dei pazienti. La specializzazione dei farmacisti
ospedalieri e territoriali e il loro patrimonio di conoscenze culturali e di
11
competenze professionali possono e devono trovare un'adeguata
valorizzazione in ambito clinico […] con effetti positivi per il miglioramento
della qualità delle prestazioni, per la riduzione degli errori terapeutici e per il
contenimento della spesa farmaceutica […]>>. L’articolo 9 mira a
<<introdurre sistemi di segnalazione e monitoraggio che permettono
l’identificazione di nuovi e non sospettati rischi a cui faccia seguito una
precisa analisi scientifica dei dati finalizzata all’individuazione delle strategie
di azione da seguire. In tal senso è prevista l’istituzione della Rete nazionale
di gestione del rischio clinico, nonché un meccanismo di reporting dei dati
relativi all’assunzione dei farmaci e la costituzione di un gruppo di esperti che
rivede tutti i report individuando i nuovi possibili rischi al fine di prevenirli>>.
Con particolare riferimento alla fase successiva alla dimissione ospedaliera
del paziente, l'articolo 10, in attuazione di quanto previsto dalla
Raccomandazione n. 17 emanata dal ministero della salute nel 2014,
disciplina il ruolo del farmacista nei <<processi di “ricognizione” e
“riconciliazione farmacologica” al fine di garantire l'aderenza alle terapie da
parte dei pazienti e, allo stesso tempo, l'ottimizzazione delle risorse
economiche, contribuendo ad eliminare sprechi e inefficienze. Il farmacista,
in collaborazione con il medico, raccoglie tutte le informazioni cliniche sul
paziente e sui medicinali assunti, indispensabili per una prescrizione corretta.
Una volta esaminati questi dati, attraverso la cosiddetta “riconciliazione”
della terapia farmacologica, lo stesso medico proscrittore, d’intesa con il
farmacista, valuta se proseguire variare o interrompere la terapia
somministrata al paziente in conformità alle esigenze dello stesso. A tal fine,
il farmacista è tenuto a valutare costantemente i farmaci e le terapie assunte
dall’assistito per monitorare appropriatezza e aderenze alle terapie ed è
chiamato a concordare gli interventi di riconciliazione farmacologica per
allineare prescrizioni e consumi effettivi ed eliminare eventuali errori in corso
di terapia farmacologica
[11]
>>.