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1. Riassunto
La tesi comincerà con una visione globale delle problematiche dell’agricoltura
convenzionale e introdurrà successivamente i vantaggi di un’agricoltura ciclica di
autosufficienza, mostrandone le caratteristiche fondamentali. Si passerà poi ad
analizzare alcuni esempi storici di come l’uomo abbia creato sistemi di
sostentamento completamente autonomi, funzionanti stabilmente, e come
questo gli abbia permesso di sopravvivere. Successivamente si andrà ad analizzare
alcune forme di agricoltura non convenzionale che sono caratterizzate dallo
sfruttamento dei cicli naturali e dall’assenza di input esterni. Quindi, basandosi
sugli esempi e sulle tecniche colturali analizzate si andrà a mostrare un ipotetico
esempio di come potrebbe essere costruito oggi un sistema autosufficiente di
piccole dimensioni, illustrandone vantaggi e svantaggi.
2. Introduzione
"È vero senza menzogna che ciò che è in basso è come ciò che è in alto. Suo padre
è il sole, sua madre la luna, il vento la porta in grembo, la terra ne è la nutrice.
Essa genera le opere di meraviglia del mondo intero. Il potere di questa cosa è
perfetto. Dolcemente separa la terra dal cielo, il sottile dal denso. Ascende dalla
terra ai cieli e ridiscende sulla terra riunendo in sé la forza delle cose superiori."
Il testo rappresenta il documento più celebre degli scritti ermetici ed è attribuito
allo stesso Ermete Trismegisto personaggio dell'età Ellenistica; il documento è
stato tradotto dall'arabo al latino nel 1250 e documenta come già gli antichi
avessero intuito l’importanza dell’acqua e di come essa permetta l’assoluta
armonia del ciclo della vita.
La vita, la sua stessa esistenza, si regge sopra a un bisogno di equilibrio, essa è
generata e genera ordine nel caos, struttura disordinati atomi di carbonio in
catene dal perfetto e stupefacente ordine e viola la legge fisica della continua
tendenza dell'universo all’entropia. Questo, grazie al fatto che ha creato un
sistema chiuso, dove ogni elemento e molecola viene riciclata seguendo un
preciso ciclo di organismi.
La scienza moderna separa le conoscenze in un percorso di specializzazione che
nonostante i suoi innegabili successi costituisce un strato sottile della storia
umana recente. Tuttavia essa pecca nella mancanza di una visione di insieme che
colleghi le singole scienze, riconducendole a un unico sistema dinamico e
continuo.
Con questa digressione si vuole introdurre l’importanza di riconsiderare l’eredità
tradizionale come un serbatoio di tecniche e di soluzioni da utilizzare come
percorso di ricerca e direzioni operative diverse da quelle convenzionalmente
accettate per l’agricoltura, nonché a immaginare affascinanti ipotesi di
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ribaltamento di quei modelli di vita e di agricoltura ritenuti ormai consolidati e
scontati.
2.1 Le problematiche dell’agricoltura convenzionale
L’agricoltura moderna nasce come evoluzione di un sistema agricolo di
dimensioni locali e risorse locali che, in quanto frutto della tecnologia e
dell’economia moderna, è diventata parte di un sistema frammentato, poi
distribuito su scala globale. Questo processo ha portato a una ridistribuzione dei
ruoli personali e dei vari componenti del ciclo dell’agricoltura, suddividendo le
fonti dei vari materiali necessari tra diverse aziende, spartendo le zone di terra in
macro aree a monocoltura e facendo ampio uso dei trasporti per colmare la
distanza tra ogni frammento. Tutto questo è avvenuto per la necessità
dell’agricoltura di trasformarsi da attività atta a sostentare i suoi lavoratori a vero
e proprio investimento economico, nel quale il successo è misurato in base ai
profitti e nel quale la produzione deve essere massimizzata.
Alcuni dati possono mostrare l’importanza che la trasformazione dell’agricoltura
può avere: circa il 50% della forza lavoro mondiale è impiegata in agricoltura: il
64% della popolazione africana, il 61% di quella asiatica, il 24% di quella
sudamericana, il 15% di quella dell'Europa dell'Est e degli stati dell'ex Unione
Sovietica, il 7% di quella dell'Europa occidentale e meno del 4% di quella
statunitense e canadese (ONU, 2016). I paesi così detti occidentali hanno infatti
ridotto la popolazione addetta al settore primario con l’ausilio della
meccanizzazione e delle tecnologie colturali moderne, a differenza della maggior
parte del mondo, che vive ancora di un’agricoltura locale, priva di input esterni e
di tecnologie, ma che riesce ugualmente a ricavare il suo sostentamento dalla
terra da millenni.
Nel processo agricolo moderno l'uomo ha il compito di ricercare risorse per
supplire alle perdite, consumate con l’asporto dei prodotti di consumo, per
permettere al ciclo di continuare; esse sono però sparse in tutto il globo: i
nutrienti che alimentano il terreno vengono composti chimicamente in grandi
aziende multinazionali che a loro volta usano agenti chimici ricavati in altre zone
lontane e che sono per la maggior parte sostanze tossiche e non riutilizzabili.
Questo meccanismo richiede un rilevantissimo consumo di risorse per il trasporto
e la trasformazione. Potremmo anche prendere in considerazione l’impianto di
vaste monoculture che creano le condizioni ideali per la proliferazione di molti tipi
di patogeni, anch’essi solitamente di origini esterne, sia microrganici che
macrorganici. Queste problematiche richiedono a loro volta il consumo di altre
risorse esterne che, come la storia dell’agricoltura moderna ci sta insegnando,
danno un aiuto modesto e, di solito, momentaneo, che quindi innesca un ciclo
negativo. Altri esempi sono le forze utilizzate, non solo meccaniche, ma anche
umane, che richiedono lunghi e dispendiosi spostamenti.
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Come abbiamo quindi visto, l'agricoltura moderna, per quanto abbia portato, a
suo tempo, alla rivoluzione verde che ha consentito un aumento delle risorse
alimentari e una crescita di investimenti proficui a livello monetario (Evenson e
Gollin, 2003), è diventata ora un grande pozzo dove vanno perdute un numero
smisurato di risorse per mantenere organismi che crescono, in natura, senza
nessun bisogno di input umani. Il fallimento di questo tipo di agricoltura è
evidenziato dalla sempre maggior dipendenza delle aziende agricole e degli
allevamenti dai sussidi e dagli interventi economici nazionali e internazionali, che
devono essere messi a disposizione per salvaguardare il fragile equilibrio
economico che si viene a creare bilanciando gli investimenti e i ricavi.
Un bilancio questo che però non tiene conto di una tematica ancora più
importante del profitto, ossia quella delle catastrofi e delle emergenze ambientali
che, da un trascurabile livello locale, fanno oggi sentire i loro effetti su scala
planetaria. Cambiamenti causati dai paesi con le percentuali più basse di
popolazione impiegata nel settore agricolo quindi quelli che, come abbiamo visto,
sono più sviluppati e consumano più risorse. Il cambiamento climatico, la
desertificazione, la perdita di diversità biologica sono solo alcune delle calamità
che non solo affliggono la Natura, ma, prima di tutto, mettono a rischio la nostra
sopravvivenza in questo mondo. L’ecosistema riesce sempre a ristabilire un nuovo
equilibrio ma il sistema che abbiamo creato per sopravvivere disperde una tale
quantità di risorse che è impossibile pensare che possa durare a lungo, abbiamo
creato un ciclo che, invece di autosostenersi, si autoconsuma e che quindi, per
logica conseguenza, avrà una fine nel lungo termine (figura 1).
Fig. 1 - Rappresentazione delle interazioni del sistema sociale umano con gli
ecosistemi (da Marten, 2001).
Investiamo molto nella ricerca per cercare di ovviare a queste problematiche ma,
una volta sviluppata una cura per un patogeno, fa la comparsa uno più evoluto,
com’è successo a carico di colture come le banane o come avviene in apicoltura.
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Possiamo trovare un prodotto che difenda una coltivazione da un patogeno, ma
poi questa ne diventa dipendente e il trattamento va applicata tutti gli anni, come
per esempio accade con la vite. Possiamo avere alte rese con cultivar selezionate
di mais, ma poi ogni volta dobbiamo supplire con concimi azotati per mantenere
la fertilità della terra. Problematiche come queste sono alla base dello studio
dell'agricoltura moderna, ossia di come cercare di ricavare dei profitti e non
ottenere delle perdite (Altieri, 2013).
Se ancora pensiamo che questo tipo di agricoltura, definita “convenzionale”, ci
alimenti e ci sostenti e se pensiamo che questa sia l'unica via per supportare
l’attuale popolazione di massa e globalizzata, possiamo però guardare anche i due
terzi del mondo che invece vivono ancora grazie a un altro tipo di economia e di
agricoltura, le cui famiglie sono molto più numerose delle nostre e che
sopravvivono da millenni con un agricoltura autosostenibile e, soprattutto, senza
i mezzi tecnologici in nostro possesso.
2.2 L’agricoltura d’autosufficienza come alternativa
Avendo mostrato le grandi problematiche che perseguitano il mestiere
dell'agronomo e dei ricercatori in tutto il mondo, analizzeremo come una visione
totalmente differente dell'agricoltura moderna possa, da sola, risolvere molti di
questi problemi. Si prenderà come prova e ispirazione di una possibile risoluzione
di questo scenario chi ha vissuto prima di noi o chi, al giorno d’oggi, ha saputo
creare un circolo virtuoso che ha portato l’uomo a creare un sistema per
alimentarsi che si autosostenga e si autorigeneri. Vedremo come, ipoteticamente,
con un cambio radicale della visione di insieme dell’agricoltura, potremmo
trasformare quest’ultima da mezzo di ricavi e profitti a quello per cui era nata.
Questo, sfruttando le nuove conoscenze e tecnologie oggi disponibili, assieme a
quelle tradizionali sviluppatesi nell’ambito dell’agricoltura di sussistenza.
L’obiettivo è quello di creare un sistema ideale di sostentamento umano
‘autopoietico’ che potrebbe permettere un tenore di vita maggiore di quello
attuale conservando e ampliando le risorse naturali a nostra disposizione.
La creazione di un sistema chiuso, senza perdite interne e con limitati scambi con
l’esterno, potrebbe sembrare di per sé un’utopia, ma, come detto
nell'introduzione, abbiamo davanti a noi l'esempio perfetto di questo: la Natura.
Essa crea e consuma energia in un locale equilibrio, chiamato ecosistema, dove
ogni input e output viene localmente riutilizzato in ambienti più o meno vasti, ma
sempre seguendo la logica del ciclo e vedremo come molte popolazioni del
passato abbiano fondato la loro cultura agricola e antropologica su questo
principio.
La volontà è quella di proporre una rivisitazione dell'idea attuale di agricoltura per
proporre infine un’alternativa valida, ossia un sistema agricolo che abbia come
componenti principali il fatto di essere un sistema chiuso, locale, isolato, al cui