II. LA STREET ART DIVENTA RIBELLE
2.1 Controcultura su muro
Dopo aver creato un cappello introduttivo riguardante i collegamenti tra la Street Art
di oggi e le sue origini più remote, si passerà ora agli utilizzi principali di questa forma d
'arte negli anni Settanta, Ottanta e Novanta, decadi che hanno sancito, saltellando da un
continente e all'altro la sua presenza,diffusa dai vari artisti nelle metropoli e, allo stesso
tempo, ricercata dalla gente comune.
Prima di passare a questo argomento però, mi sembra doveroso fornire alcune
precisazioni e quindi articolare il percorso designato per tale ricerca in quanto, a monte,
trattasi pur sempre di un elaborato non sull'arte o la sua storia, né tanto meno su correnti
sociali, politiche o addirittura antropologiche; il tema al quale si vorrà arrivare sarà la
pubblicità: le sue relazioni spigolose con la Street Art ieri, il suo poter diventare Street Art
eticamente corretta oggi.
A partire dagli inizi del '900 fino ai primi anni del XXI secolo infatti, la Street Art la
potremmo associare perfettamente alla definizione di “controcultura su muro” (Doghera
2015). Se negli altri paesi è sicuramente per lo meno degno di nota il Muralismo
internazionale degli anni Venti e Trenta, su tutti quello messicano per la sua carica
rivoluzionaria, nel bel paese bisognerà aspettare sino agli anni della contestazione affinché
la Street Art abbracci la sua funzione più duratura.
In Italia, ad eccezione degli anni Venti nei quali anche il fascismo utilizzò forme di
Street Art come mezzo di propaganda (troppo sporadiche ed effimere per poter però creare
un allacciamento forte tra la dittatura e la Street Art, escluso il caso del manifesto, usato in
maniera copiosa anche dalle autorità), sono infatti gli anni Sessanta-Settanta che
conclamano le sue rappresentazioni maggiormente influenti, battezzando così un
gemellaggio “per ora e per sempre” tra Street Art e protesta. Questo concetto vale però non
solo per L'Italia, in quanto la controcultura internazionale del decennio 1967-1977
rappresenta un capitolo fondamentale nel divenire neoavanguardie artistiche del secondo
Novecento e della comunicazione visiva generale: dieci anni caratterizzati da un assoluto
vitalismo, fortemente festoso e collettivo, capace di fondere il ludico con il politico e di
porre le basi per un'idea di arte “sgerarchizzata”, diffusa e spesso anonima, utopisticamente
svincolata da musei, gallerie, mercanti; “[...] gli anni della contestazione rappresentano una
cerniera con alcune questioni analizzate in precedenza, dalle scritte su muro alla pittura
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murale come forma di comunicazione politica; ma sono anche, se non soprattutto, un punto
di svolta, di rottura, di apertura a molte pratiche che caratterizzano la Street Art d'oggi. E'
l'opera d'arte che nasce dal basso; è l'illegalità; è la riqualificazione dei quartieri popolari; è
l'èpater le bourgois;è l'immediatezza; è l'impatto; è l'anonimato; è la provocazione; è la
sperimentazione. In sostanza, è la dimensione urbana che viene ridefinita creativamente, in
chiave collettiva e spesso ludica. [...]” (Doghera 2015)
Assodata la natura ribelle della Street Art, torniamo però a parlare del suo rapporto con
la pubblicità classica, quali cartelloni, manifesti, insegne e quant'altro. Fino alla fine degli
anni Novanta un rapporto praticamente senza intermediari, ad una unica via, un unico
binario. Lo scontro (o per lo meno apparentemente).
A sostegno di quanto appena detto si può affermare che la Street Art, a cominciare
soprattutto dagli anni Ottanta, abbia scelto come target delle sue opere non soltanto più
questioni politiche, di guerra, di libertà (muro di Berlino all'ora, barriera di separazione
israeliana nei nostri giorni ); più ci si avvicinava agli anni Novanta e più tale forma d'arte
spontanea si riversava sempre di più sui muri delle città contro il modello capitalistico, il
suo consumismo, il suo sfruttamento dell'ambiente e , come conseguenza diretta, quale
bersaglio più semplice, alla portata, quotidiano ma soprattutto intorno a tutti quanti noi se
non il cartellone pubblicitario? Di conseguenza, centinaia di esponenti della Street Art, dai
writers fugaci dotati di zainetto e bombolette spray, agli artisti più sofisticati con abilità di
progettazione,scultoree e disegno hanno colpito alcuni elementi appartenenti alla pubblicità
; per riportare qualche esempio famoso, il clown del McDonald è spesso stato uno dei
bersagli preferiti di Banksy come, degni di nota in questi ultimi anni, sono gli interventi di
Vermibus, il quale attraverso spazzole e solventi destruttura le modelle dei cartelloni
pubblicitari, con l'intento di trasformare la pubblicità in un atto sociale consapevole. Tale
pratica di definisce subvertising , ovvero la sovversione con toni parodistici e derisori dello
sfoggio di bellezza e perfezione nei cartelloni pubblicitari.
Decidere se l'attacco diretto alla comunicazione di quale più svariato marchio sia
eticamente e socialmente giusto o sbagliato non è certo argomento di questa tesi.
Ciò che invece ritengo cruciale nel proseguimento dell'analisi consiste nel fatto che, a
parer mio, tutti i messaggi anticonvenzionali della Street Art non vogliano colpire
direttamente la pubblicità in sé, quanto fare breccia nel sistema che ne sta a capo. La
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pubblicità infatti , intesa come comunicazione di una qualsiasi attività, iniziativa, ente,
movimento o azienda, a scopo di lucro o meno, non rientra nel mirino delle parodie degli
street artists, e non avrebbe senso il contrario. Semplici esempi esplicativi per rendere
l'idea: una campagna di promozione televisiva, o ancora editoriale, a favore della ricerca
per la cura di una malattia piuttosto che per la costruzione di una scuola in Africa è
pubblicità; la gigantografia dell'ex dittatore Ben Ali , posta su una piazza in Tunisia da
un'agenzia di comunicazione per sensibilizzare il popolo al voto,a favore della democrazia,
è pubblicità; una campagna sui social network di Gino Strada per le sue battaglie, per citare
un altro riferimento noto, è ancora pubblicità. Detto ciò, avrebbe senso che la Street Art
combatta movimenti come quelli appena citati?
Ritengo quindi comprensibile agli occhi della gente, ma al tempo stesso superficiale,
imputare la Street Art come uno degli acerrimi nemici della pubblicità, intesa come forma
di comunicazione. Essa potrà colpire un brand; un personaggio; un concetto; potrà alludere
a certi movimenti, politici e non ma non credo che tale forma d'arte abbia l'intenzione o lo
scopo di scherzare un assetto di comunicazione a causa della sua natura.
Ciò che invece ritengo fondamentale per la Street Art, se si parla della sua indole
sociale e non individuale, è la capacità di riuscire a colpire, non sempre ovviamente, la
mente delle persone, sollevare un pensiero, avanzare un punto di vista differente. In
definitiva, offrire alle persone spunti su cui riflettere attraverso le emozioni. D'altronde, è
proprio dalla “gente “ che nasce questa forma d'arte; non è la Street Art a ricercare i musei,
sono i musei a ricercare la Street Art.
Uscendo ora da ragionamenti di carattere generale più o meno personali, torniamo
però al percorso designato. La tesi, come già anticipato, avrà quindi l'obiettivo di trattare il
rapporto collaborativo tra Street Art e pubblicità,un rapporto già esistente per esempio
negli anni Ottanta (Haring su tutti), il quale però , oggi, ha l'enorme potenzialità di
risultare “giusto” anche sotto l'aspetto etico e morale, con la possibilità di schierarsi in
difesa dell'ambiente. Tutto ciò è quindi possibile grazie ad un nuovo concetto sviluppatosi
in questi ultimi dieci anni: l' Eco Street Art.
L'argomento verrà ripreso nel dettaglio nei capitoli finali mentre per ora è sufficiente
capire il perché si debbano trattare il capitolo delle tecniche principali appartenenti alla
“Street Art classica” (come in ogni cosa l'innovazione arriva solo se si conosce la storia
precedente), le sue applicazioni alla pubblicità esente da tecniche eco ambientali (esistono
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chiaramente tecniche di Street Art classica utilizzate proprio da quei marchi per primi
attaccati dalla Street Art stessa), come si dovrà accennare, brevemente, il bisogno di
adottare nuovi modelli di comunicazione, legati ad un sistema di progettazione e
produzione più “green” , cosicché vi siano elementi sufficienti sul perché la Street Art
possa supportare la pubblicità stessa nel risultare meno invasiva a livello ambientale,
diventando così “eco friendly”. Sono infatti convinto che, se mai avverrà un cambiamento
a favore dell'ambiente che ci ospita, a favore quindi della natura che ci circonda, esso sarà
possibile solo nel caso in cui tutte le fasi della filiera destinata al consumo di prodotti e
servizi saranno interessate dalla sensibilizzazione all'eco sostenibilità. Pubblicità compresa.
.
2.1.1 Murales e manisfesti
Prendendo sempre spunto da Doghera(2015) , riportiamo ora qualche esempio a
conferma della Street Art come “controcultura su muro” introdotta nelle pagine precedenti.
Tralasciando i giornali murali (non per una loro minor importanza quanto per minor
capacità d'impatto agli occhi del passante), i murales sono la massima espressione su muro
per impatto ed evidenzia. Hanno vissuto durante i Settanta una loro prima grande
diffusione specialmente nell'America Latina, questa volta nel Cile di Allende, attraverso
gruppi sorti nel 1969 dopo una manifestazione contro la guerra in Vietnam. Il gruppo
collettivo principale era il Brigadas Ramona Parra (BRP);con messaggi in difesa
dell'istruzione, del lavoro diventa famoso nel mondo dell'arte attraverso la sua mostra al
Museo de Arte Contemporaneo a Santiago del Cile
Immagine n.6 – Murales Brigadas Ramona Parra, Santiago del Cile
Fonte:http://mulpix.com/
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In Italia, paralleli ai movimenti cileni si schieravano invece, dalla metà degli anni
Settanta, i movimenti studenteschi da Milano a Roma, da Bologna a Venezia, trascinati da
figure icona del passato come Marx, Lenin e Che Guevara; rivolta studentesca, brutalità
poliziesca e “[...] caricatura del nemico democristiano[..]”(Doghera 2015) i principali
argomenti sollevati.
Immagine n.7- Murales a Orgosolo (Sardegna)
http://www.casieresalvatore.it
A fianco dei murales, un ruolo centrale della controcultura mondiale lo occupa il
manifesto. Sino ad allora usato dalle classi dominanti per fini politici e commerciali
(conosciuto da tutto il mondo il manifesto dello Zio Sam americano, risalente al 1917, per
il reclutamento nell'esercito), dai Settanta in poi sono le classi sociali più basse a farne un
maggiore uso, grazie alla sua peculiarità di poter esser moltiplicato a basso costo.
A partire dalla Francia, estesosi poi in molti altri paesi europei, il Maggio Francese del
'68 è stato uno dei massimi eventi di rivolta del XX secolo, per il quale il manifesto è stato
un mezzo fondamentale di propaganda. In Italia uno dei principali focolai di ricolta se lo
aggiudica Bologna , attraverso le manifestazioni del movimento studentesco.
Immagine n. 8 - Non Sparate! Movimento studentesco, Bologna
Fonte:http://insideart.eu/2016/01/30/la-street-art-in-un-volume
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