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Primo capitolo
Il realismo creaturale
1.1 Definizione del termine
Definire esattamente cosa si intenda per “creaturale” non è cosa semplice. Consultando
alcuni dizionari come quello stilato da Devoto e Oli
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oppure il dizionario storico del
tedesco, dei fratelli Grimm, abbiamo trovato lemmi molto sintetici ed incapaci di
soddisfare tutta l’ampiezza semantica del termine. Va considerato che la parola si
inserisce nella vastissima tradizione di creatura, il cui utilizzo è stato così ampio nel
corso dei secoli da causarne una complessa stratificazione semantica che copre
numerosi ambiti della sfera della cultura. Il procedimento ha visto, da una parte,
l’arricchimento del suo significato, dall’altra, ha permesso ad ogni autore una certa
libertà proprio per il suo utilizzo ormai familiare. Così facendo, ogni studioso ha
aggiunto una nuova accezione, rendendo sempre più complesso il tentativo di limitare
qualsiasi lemma ad una breve ed esaustiva definizione.
Come già accennato nell'introduzione, questo termine diventa importante, anche per
l'Italia, quando insigni studiosi devono confrontarsi con Mimesis
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, perciò per capirne
meglio il significato dobbiamo valutare il tedesco, Kreatürlich
6
.
Secondo il dizionario storico dei fratelli Grimm
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, significa «naturale, essere creatura
che dipende dal creatore». Il dizionario storico dei termini della filosofia tedesca,
Historisches Wörterbuch der Philosophie, alla voce Kreatur, Kreaturlichkeit
8
, ci
traccia una breve storia del termine in ambito filosofico.
4
Dizionario della lingua italiana, ad vocem.
5
Erich Auerbach, Mimesis: il realismo nella letteratura occidentale, Torino, Einaudi, 1956.
6
In realtà Auerbach usa nel suo trattato Kreatürliches, nell'edizione tedesca p. 236, nella forma plurale,
mentre qui usiamo il singolare, perché è la voce che ritroviamo sui dizionari.
7
Deutsche Wörterbuch, ad vocem.
8
Kreaturlichkeit è il rispettivo sostantivo traducibile in italiano con creaturalità.
6
L'autore dell'articolo descrive l'origine e lo sviluppo che la parola ha avuto partendo
dal termine latino
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, creatura, che in tedesco ha avuto due realizzazioni: Geschöpf e
Kreatur. La prima è di derivazione germanica ed indica precisamente il singolo essere
creato in relazione all'azione di un Creatore
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, mentre la seconda è ripresa direttamente
dal latino e trova una sua diffusione già dal Medioevo fino a tendere alla quasi totale
sostituzione del termine germanico. Il sostantivo Kreaturlichkeit, invece, si carica della
connotazione, percepita come limitativa, della dipendenza dal Creatore. Nel Nuovo
Testamento la creatura è consapevole del suo rapporto con il Creatore in cui si inserisce
un intermediario che è Cristo, attraverso il quale si ottiene la salvezza. Anche San
Paolo si pone il problema della creatura nella sua condizione di essere nel peccato
originale, ma torna ad indicare Cristo come unica salvezza. Il dramma presente nella
dialettica tra peccato e redenzione viene affrontato anche dalla Scolastica e in
particolare da San Tommaso d'Aquino, il quale identifica un duplice rapporto tra la
creatura e Dio. Da una parte c'è l'attività creatrice del Creatore con un movimento
dall'alto verso il basso, dall'altra il fatto che ogni essere alla fine della sua vita è
ricondotto a Dio, quindi un nuovo movimento dal basso verso l'alto. Si può notare
un'esigua distanza tra le due entità, che si riduce ulteriormente per il fatto che la
creatura è immagine del suo Creatore, questo è ancora più accentuato dal fatto
dell'Incarnazione con la quale Dio si è manifestato come una creatura. Questo implica
oltretutto una giusta volontà di Dio sull'essere creato, per la quale è anche necessaria
una corretta conoscenza di Dio da parte della creatura stessa.
In ambito tedesco risulta essere molto determinante la posizione di Lutero, il quale
pone al centro della sua riflessione la trascendenza di Dio rispetto alle creature, ma
non rispetto alla natura che è pervasa dalla sua presenza, mentre la creatura-uomo
domina la natura. Si viene a delineare una situazione di subordinazione rispetto a Dio,
con l'accettazione di un intermediario, anzi due: lo Spirito e il Verbo, attraverso i quali
la creatura si rapporta al suo Creatore. Un ruolo importante nella definizione del
pensiero luterano e anche del termine è l'elaborazione della Mistica medievale tedesca
nel pensiero di Meister Eckhart, secondo il quale vi è un'importante differenza tra il
corpo e lo spirito dell'uomo: il primo si colloca fuori dall'essere, è nulla in quanto fuori
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Non va dimenticato che tale termine comincia ad essere usato in latino dalla diffusione del
Cristianesimo.
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Nel tedesco moderno e colloquiale il termine ha una connotazione negativa per il singolo uomo.
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da Dio; il secondo è identificato con il cuore puro che si contamina con il corpo creato
ostacolando il riconoscimento del vero Essere, in se stesso, nella sua unità e non nella
sua divisione, cioè la creatura. Di fatto si delinea il problema dell'ente creato come
ostacolo al riconoscimento dell'Essere e, in quanto tale, negativo.
Il rapporto tra Dio e la creatura viene analizzato più volte all'interno della storia della
filosofia, la distanza e la dipendenza dell'uomo da Dio viene più o meno sottolineata
da numerosi studiosi a seconda della percezione o della scuola di pensiero a cui
appartengono.
La parola creatura attraversa la storia della filosofia tedesca passando per Cusano,
Böhme, von Baader, Kant, Schelling, Schleiermacher, Karl Barth ed il gruppo di
filosofi che si raccoglievano attorno al periodico Die Kreatur
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. Quello che emerge
dalla loro riflessione non si discosta molto da ciò che era emerso nei loro predecessori,
ma in questa percezione della nullità dell'uomo di fronte al Creatore si rende sempre
più evidente come la creaturalità sia la percezione drammatica di questo distacco
irrisolvibile che si viene a delineare. Rimane presente un continuo rapporto a una sola
direzione cioè un movimento dal Creatore che crea e che ha bisogno della presenza
della creatura. Questa, tuttavia, non si ritrova a godere di una specifica relazione in
senso opposto che attenui la connotazione negativa che il termine creaturale viene ad
assumere, in questo rapporto concepito come interamente unidirezionale.
Possiamo dire che il termine Kreatürlich, con questa accezione, era diffuso nella
cultura tedesca, tanto che trova posto anche nel dizionario dei fratelli Grimm, e trova
un ulteriore approfondimento negli anni 20 del Novecento presso l'Università di
Marburg dove si trovano a insegnare e a studiare alcuni teologi protestanti come
Rudolf Otto, Rudolf Bultmann e Karl Barth. Bisogna anche precisare che la loro
riflessione si concentra sulla posizione dell'uomo come creatura e su come il suo essere
creaturale influisca sulla posizione ontologica.
Per i fini del nostro studio è bene precisare che, a mio parere, Auerbach acquisisce il
termine e lo rielabora per la sua riflessione, mantenendone il significato generale.
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Rivista attiva dal 1927 al 1929, prima a Berlino, poi in altre sedi.
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1.1.1. Rudolf Otto
Rudolf Otto (1869-1937), teologo protestante e filosofo delle religioni, fu professore
di teologia sistematica nell'università di Gottinga, poi a Breslavia e dal 1917 a
Marburgo. Partendo dallo studio di Kant, Schleiermacher, Fries, De Wette, nella sua
opera fondamentale Das Heilige (1917)
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tentò un'analisi fenomenologica del sacro o,
con il termine da lui introdotto negli studi, del "numinoso" che egli considerava come
un'irriducibile realtà obiettiva, accessibile all'uomo attraverso una particolare facoltà
dello spirito, quella religiosa
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.
In Das Heilige, inizialmente riflette sulle caratteristiche del numinoso e si sofferma
prima di tutto su come l'uomo ne percepisce la presenza ed il suo sentimento di
dipendenza da un essere tanto grande e potente. Confrontandosi con Schleiermacher
definisce questa percezione umana come Kreaturgefühl, che significa “sentimento del
creaturale”, cioè il sentimento «di essere creatura che affonda nella sua nullità, che
scompare al cospetto di ciò che sovrasta ogni creatura»
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; di fatto il soggetto viene
totalmente svalorizzato nel confronto con l'infinitamente grande tanto da annullarsi
nella divinità.
Nel prosieguo della sua trattazione la figura dell'uomo è completamente annullata
proprio da questa prima affermazione, tanto che poi si occupa solo delle caratteristiche
del “numinoso”. Risulta interessante notare come Otto sia il primo nell'ambito
dell'università di Marburg a parlare di creaturale, certamente il concetto si basa molto
su una percezione sensista per cui è tutto basato su un sentimento. Tuttavia l’atto di
definire con forza questa dipendenza creaturale, propria della creatura, è un tentativo
che si inserisce nella tradizione di significato del termine e ne pone le basi per ulteriori
approfondimenti. Un elemento mancante è la negatività di questa dipendenza, cioè non
vi è nessun riferimento ad una percezione drammatica di questo stato, anzi la creatura
diventa così insignificante rispetto al numinoso che non serve neppure approfondirne
le caratteristiche.
12
R. Otto, Das Heilige, p. 21.
13
Enciclopedia Treccani, versione online, ad vocem.
14
R. Otto, Das Heilige, p. 21. Va comunque specificato che Otto non usa esplicitamente creaturale, ma
solo Kreaturgefühl.