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1 Introduzione
L’Italia è un territorio giovane e geologicamente attivo, nato come causa dello scontro tra due
placche litosferiche (la placca africana a sud – ovest e quella europea a nord – est), grazie al quale si
sono elevate le Alpi e gli Appennini, tutt’ora in crescita.
Questo scenario ha modellato il Paese, rendendolo prevalentemente montuoso e collinare, con
paesaggi impervi ma al contempo molto suggestivi, tanto da diventare mete ambite per il turismo di
ogni stagione (trekking, sci, …). Esiste tuttavia un lato negativo della medaglia e cioè che questi
ambienti possiedono una natura molto fragile e sono soggetti ad un repentino deterioramento per
mano degli agenti atmosferici erosivi. La fisica indica infatti che qualsiasi asperità tende
naturalmente a portarsi verso la configurazione di minima energia potenziale, rappresentata da una
conformazione topografica spianata.
E’ all’ordine del giorno sentire, durante i telegiornali, l’avvenimento di fenomeni di dissesto
idrogeologico (frane e alluvioni), i cui impatti sono accentuati dal fatto che l’imponente
inurbamento della penisola (anche in zone di non facile sopravvivenza) fa aumentare sempre di più
il livello di rischio che questi avvenimenti si portano dietro (rischio umano, strutturale ed
economico).
L’Italia è anche uno dei paesi con il maggior numero di edifici storici, borghi millenari e
monumenti di ogni tipo, che descrivono sia la storia del nostro Paese che quella dell’arte e
dell’architettura in generale: la maggior parte delle opere artistiche possiedono un immenso valore
culturale a livello mondiale.
Il rischio di un determinato evento in un determinato luogo è quantificabile tramite l’equazione
R = P × V
u
× V
al
, (1)
dove:
P è la pericolosità intrinseca dell’evento = la probabilità che un fenomeno di determinata
intensità accada in un determinato luogo con un determinato tempo di ritorno;
V
u
è la vulnerabilità = l'attitudine di un determinato elemento a sopportare gli effetti legati al
fenomeno pericoloso e dipende dalla sua intensità e dal tipo di elemento a rischio presente;
V
al
è il valore che il particolare tipo di elemento esposto al rischio assume in termini
umanitari, economici o culturali.
Non è possibile mettere in atto misure che facciano diminuire la pericolosità dell’evento, perché
sono i segnali della dinamicità, della vitalità del pianeta su cui abitiamo, la stessa che consente
l’esistenza della biosfera. E’ necessario quindi operare sulla vulnerabilità dell’elemento a rischio:
per combattere un livello di rischio sempre maggiore, si devono mettere in opera misure preventive,
di protezione e di monitoraggio sempre più evolute ed accurate, che presuppongono una continua
ricerca e studi approfonditi.
La scelta della tipologia di intervento ottimale è subordinata alla valutazione delle caratteristiche e
delle condizioni di sicurezza del particolare fenomeno sotto osservazione (nell’elaborato si parlerà
della stabilità di versanti rocciosi) e dell’elemento a rischio. Queste valutazioni sono alquanto
complesse, perché entrano in gioco innumerevoli fattori, non sempre di semplice ed immediata
determinazione. Inoltre i parametri che li descrivono presentano spesso un carattere aleatorio.
A causa del continuo verificarsi di questi eventi, l’Italia è arrivata a possedere le capacità tecniche,
tecnologiche e un personale specializzato di assoluto livello in quest’ambito. Sempre più Paesi
chiedono consulenze o aiuti fisici veri e propri ad enti o persone specializzate del nostro Paese.
Tra questi la Georgia ha chiesto all’Italia, attraverso l’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e
la Ricerca Ambientale), aiuto per la preservazione del sito archeologico di Vardzia.
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Esso rappresenta uno dei siti di maggiore interesse storico, architettonico e religioso della Georgia,
che attira ogni anno migliaia di visitatori da tutto il mondo. Per questo l’UNESCO lo tiene sotto
osservazione come candidato ad entrare tra i Beni Patrimonio dell’Umanità. Il sito possiede però un
insieme di situazioni che lo rendono incline al deterioramento: l’ammasso su cui sorge è costituito
da materiale roccioso tenero, diviso in blocchi di varia dimensione dall’intrecciarsi di numerose
famiglie di discontinuità di diversa giacitura. In più la regione in cui si trova è sismicamente attiva.
Una testimonianza dell’evoluzione del sito è data dalla presenza di numerosi blocchi sparsi lungo la
zona di Vardzia, residui di passate frane.
L’obiettivo ultimo di questo elaborato è quello di valutare le condizioni di sicurezza del sito ed in
particolare di un blocco potenzialmente instabile, di grosse dimensioni, situato all’inizio del
percorso pedonale che porta all’esplorazione della città rupestre di Vardzia (quindi vi è associato un
alto rischio).
Prima verranno illustrati il sopralluogo del sito a cui ho partecipato e la caratterizzazione in
laboratorio dei materiali rocciosi prelevati durante questa e precedenti spedizioni, per individuare al
meglio le loro proprietà meccaniche. Questi capitoli porteranno ad ottenere delle informazioni che
saranno utili ad ottenere un’accurata analisi di stabilità del cuneo oggetto di studio, sia tramite il
metodo dell’equilibrio limite che attraverso un programma agli elementi finiti.
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2 Il complesso monastico di Vardzia (Georgia)
2.1 Inquadramento generale storico - architettonico
Figura 2.1.1 – Panoramica della città rupestre di Vardzia e sua localizzazione geografica
La città rupestre di Vardzia (Figura 2.1.1) è un sito archeologico medioevale nel Sud - Ovest della
Georgia, situato in prossimità del confine con la Turchia e scavato all’interno del versante Sud del
monte Erusheti, a 1253 metri sul livello del mare, sulla sinistra orografica del fiume Mt’k’vari.
Le grotte che costituiscono il complesso (più di 6000 stanze tra refettori, chiese, magazzini, …)
sono state aperte a mano lungo una parete rocciosa alta 127 metri e che possiede un’estensione
longitudinale di circa 800 metri. Le camere si estendono fino a 50 metri all’interno della montagna
e si distribuiscono su 13 livelli (60 metri circa).
Fu costruito in modo da garantire un’adeguata esposizione alla luce solare e al calore che ne deriva,
combattendo così le estati calde e gli inverni freddi, propri del clima continentale della regione.
Originariamente il complesso era interamente nascosto all’interno del monte Erusheti, per garantire
agli abitanti protezione dalle incursioni degli eserciti stranieri: l’area costituiva un’importante
crocevia tra la Georgia e il resto dell’Asia, il cui controllo era ambito da diversi popoli.
La morfologia odierna, che rende particolare questo sito agli occhi dei visitatori, è dovuta all’azione
di un terremoto di grande magnitudo, che nel 1283 fece crollare due terzi del versante che
proteggeva la città, portando a giorno e in balia dei conquistatori gli ambienti che la costituivano.
L’evento sismico fece inoltre collassare il sistema di approvvigionamento idrico e di irrigazione,
che garantiva l’autosufficienza alla città.
Il complesso ha conosciuto la sua massima espansione nella seconda metà XII secolo. Più
precisamente vengono distinte quattro fasi costruttive:
la prima durante il regno di Giorgi III (1156 – 1184), quando cominciò la costruzione del
complesso, con lo scopo di erigere una fortificazione di frontiera contro le invasioni e per
controllare il commercio lungo la valle;
il secondo si estende tra la sua morte e il matrimonio della figlia Tamar (1184 – 1213) nel
1186, che gli succedette al trono di Georgia, durante il quale il complesso venne trasformato
da centro militare e doganale a monastero e crebbe fino ad arrivare a diventare una vera e
propria città sacra, in cui arrivarono ad abitare anche più di 2000 monaci cristiano –
ortodossi. A questo periodo risale la costruzione della Chiesa dell’Assunzione, o della
Dormizione (Figura 2.1.2), al cui interno è presente un ritratto del re Giorgi III, con
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l’epigrafe “… che la sua memoria viva per sempre…”, e uno della regina Tamar, in cui non
porta il tradizionale soggolo (velo che contraddistingueva una donna sposata).
(1) (2)
Figura 2.1.2 – Porticato esterno della Chiesa della Dormizione (1) ed il ritratto dei regnanti al suo interno (2)
il terzo va da tale data fino alla battaglia di Basian, avvenuta nel 1203. Durante questo
periodo la città conobbe il suo massimo splendore: fu ampliata e furono costruiti dei sistemi
difensivi, l'impianto di approvvigionamento idrico e di irrigazione;
il quarto rappresenta il periodo di ricostruzione che si è susseguito al disastroso terremoto
del 1283. Al XIII secolo risale la costruzione della torre campanaria (unica costruzione del
sito non intagliata nella roccia), di cui ora rimane solo il piano basale (Figura 2.1.3).
Figura 2.1.3 – Quello che rimane della torre campanaria del XIII secolo
Da allora Vardzia venne più volte saccheggiata da mongoli, persiani, ottomani, turchi e
conseguentemente cominciò a conoscere un lento ma inesorabile declino, fino a che non fu
definitivamente abbandonata dopo la conquista avvenuta da parte dell’esercito ottomano nel 1578.
Soltanto nel 1854 venne riscoperta l’area da un muratore greco, c h e t e n t ò d i r i s t r u t t u r a r e i l
complesso, in completo stato di degrado, per riportarlo all’attività monastica. Questo nobile intento
ebbe però vita breve, poiché durante il periodo in cui la Georgia fu sotto la dominazione sovietica
(1921 – 1991), la regione venne chiusa in quanto zona di frontiera e resa accessibile solo con un
permesso speciale.
Dal 1938 la zona è diventata un museo a cielo aperto, con all’incirca 400 stanze visitabili dai turisti.
Una decina di grotte, dopo la benedizione del vescovo georgiano avvenuta nel 1999, sono tornate ad
ospitare 6 monaci cristiano – ortodossi, che fungono da custodi del sito (Figura 2.1.4).
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Il complesso di Vardzia è l’attrazione turistica più conosciuta della regione di Samtskhe - Javakheti,
ma rappresenta solo una delle molteplici testimonianze dell’importanza che questa zona ha avuto
fin dall’età del bronzo: la valle infatti è disseminata di numerosi altri siti, di diversa natura
(religiosa, laica, militare), come le Grotte di Gelsunda, il monastero di Cholta, la dimora –
monastero di Margastani, il complesso di Vani Kvabebi, il villaggio di Pia, … Tutti questi siti (21)
sono stati uniti in un’unica area di interesse storico - culturale di 25 km
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(chiamata Riserva museale
storico – architettonica di Vardzia), che si estende per 18 km tra il castello di Khertvisi a Nord e la
città rupestre di Vardzia a Sud e che segue il corso del fiume Mt’k’vari.
Figura 2.1.4 – Panoramica notturna della città rupestre di Vardzia, in cui è evidenziata in rosso la zona che è tornata
ad essere abitata da alcuni monaci ed un suo particolare
2.2 Nomina a Patrimonio Mondiale dell’Umanità UNESCO
L’UNESCO (Organizzazione delle Nazioni Unite per l'Educazione, la Scienza e la Cultura)
seleziona siti archeologici e naturali in base a criteri di importanza culturale, naturalistica, storica o
scientifica, la cui conservazione e sicurezza è ritenuta importante per la comunità mondiale e quindi
li protegge tramite la stipula di trattati internazionali tra le nazioni che vi hanno aderito. Le azioni di
preservazione fisica spettano invece al Paese che possiede il controllo del sito, il quale può
richiedere per tali scopi fondi o aiuti tecnici ai comitati facenti parte dell’Organizzazione.
Ogni Paese deve creare un elenco, nominato “Tentative List”, di tutti i siti che ritiene di notevole
interesse naturale e culturale in ambito internazionale. Questa lista viene valutata dal Consiglio
Internazionale dei Monumenti e dei Siti e dall’Unione Internazionale per la Conservazione della
Natura. In seguito mandano le loro valutazioni al Comitato UNESCO, che decide se nominare i siti
proposti come Beni Patrimonio dell’Umanità o rimettere la decisione e richiedere ulteriori verifiche
e azioni di miglioramento.