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Introduzione
Il presente lavoro nasce innanzitutto da un interesse personale verso la cosiddetta questione
migranti sviluppatasi negli ultimi anni in Italia e nel resto d’Europa. A partire dal 2014,
quando il flusso migratorio da Africa e Paesi Arabi è aumentato esponenzialmente, ho
sempre cercato di tenermi informata sugli sviluppi e sugli avvenimenti legati al tema della
migrazione. In particolare durante la mia permanenza in Germania, nel semestre invernale
del 2015, ho affrontato questa tematica sia per mia personale curiosità, leggendo articoli e
assistendo a conferenze, sia poiché l’immigrazione è spesso stata al centro delle discussioni
in ambito accademico. Questi vari approfondimenti hanno fatto nascere in me il desiderio di
approfondire tale argomento da un punto di vista linguistico.
Nel presente elaborato ci si focalizzerà sui commenti tratti a corollario di articoli di
varie testate giornalistiche online sia italiane sia tedesche. Questa tesi non ha la presunzione
di riuscire ad affrontare un’analisi a tutto tondo, ma si propone di esaminare nella maniera
più dettagliata possibile quantomeno le parole proprie del recente discorso politico sulla
migrazione. Poiché i contenuti web sono da considerarsi parte della cosiddetta “politische
Sprache” (Niehr 2014: 9), ossia di quell’insieme di discorsi il cui contenuto ha una rilevanza
politica, la presente tesi analizzerà i testi tenendo anche conto delle implicazioni politico-
ideologiche di quanto affermato dagli utenti.
L’elaborato si suddivide in quattro parti principali: la prima, in cui vengono esplicitati
i presupposti teorici e metodologici dell’analisi; la seconda, in cui si presentano le
caratteristiche generali della lingua di internet; la terza, in cui vengono esposti i risultati
dell’analisi; e una quarta in cui vengono proposte alcune riflessioni suscitate dall’analisi in
merito alla correttezza politica che pare influenzare trasversalmente i discorsi analizzati.
Il presente elaborato ha dunque lo scopo di identificare le parole e i concetti chiave
utilizzati in italiano e in tedesco per parlare dell’immigrazione, cercando di descrivere per
ciascun argomento come si manifestano comportamenti linguistici comuni nelle due lingue.
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Capitolo 1: Presupposti teorici e metodologia
Prima di procedere con l’effettiva analisi dei testi selezionati, è necessario introdurre
opportunamente quali siano i suoi presupposti e quale sia la metodologia adottata per
effettuare l’analisi stessa. Poiché i testi presi in esame sono una raccolta di commenti degli
utenti a proposito dell’immigrazione, risulta indispensabile introdurre la prospettiva
politolinguistica e i suoi metodi: nell’interpretare i testi non si potrà fare a meno di riflettere
sul legame fra linguaggio utilizzato e punto di vista politico-idologico. Altro aspetto che si
intende chiarire nel presente capitolo è legato alla selezione e composizione del corpus;
infine verrà presentato il metodo analitico utilizzato per effettuare l’analisi del discorso.
1.1 Introduzione e metodi della politolinguistica
La stretta correlazione tra lingua e politica è un tema sviluppatosi già nell’Antica Grecia,
dove l’arte della retorica era lo strumento attraverso cui, mediante l’utilizzo del linguaggio,
era possibile persuadere la folla e ottenere consensi. In ambito politico, infatti, l’utilizzo della
lingua non è mai casuale ma anzi, come sostiene Girnth, “Sprache [ist] nicht nur irgendein
Instrument der Politik, sondern überhaupt erst die Bedingung ihrer Möglichkeit ” (2002: 1).
A fondere ufficialmente l’analisi linguistica con le scienze politiche è Armin Burkhardt,
esaminando dapprima il linguaggio politico utilizzato nell’area austro-tedesca e in seguito
occupandosi del francese e di altre lingue (De Mauro 2014: 7). Questo tipo di ricerca
linguistica transdisciplinare rimase privo di un’etichetta lessicale specifica finché Burkhardt
non coniò il neologismo Politolinguistik nel 1996: “Für die bisher namenlose Disziplin der
Sprachwissenschaft, die sich mit der Untersuchung der politischen Sprache im allgemeinen
und deren oben genannten Teilbereichen im besonderen beschäftigt, möchte ich die
Bezeichnung Politolinguistik vorschlagen“ (Burkhardt 1996: 82).
In Italia, fra i primi a utilizzare il termine politolinguistica – mutuato dal tedesco – è
Lorella Cedroni, una political theorist a tutto tondo che nel corso dei suoi studi ha intrecciato
“filosofia e scienza politica, sociologia politica e diritto pubblico, psicologia politica e storia
del pensiero politico” (Cadeddu 2014: 98) per poi ricollegarli allo studio del linguaggio,
segnando così l’inizio di un cammino tutto italiano verso l’analisi politolinguistica.
La nascita stessa di questi due neologismi e la loro progressiva affermazione vanno a
soddisfare il bisogno di “dare una prospettiva epistemologica unitaria e […] ampia a studi e
9
considerazioni sui rapporti tra linguaggio e politica” (De Mauro 2014:7). La
politolinguistica, per come l’ha portata avanti Cedroni in Italia, ha lo scopo di “ripensare
criticamente e riorganizzare per strati e livelli tutti i vari studi che sono stati fatti sul
linguaggio politico e sulle relazioni tra lingua e politica, […] integrandoli e a mano a mano
completandoli” (De Mauro 2014: 10). Nel presente elaborato si intendono dunque sfruttare
alcune riflessioni politolinguistiche per interpretare ed analizzare il corpus in maniera critica,
senza tralasciare quelle che sono le naturali implicazioni politiche del discorso
sull’immigrazione.
All’interno della cosiddetta politische Sprache, Niehr include non solo il parlare e lo
scrivere dei politici, al quale intuitivamente potremmo limitarci, ma si interroga anche su
quelli che sono i canali di diffusione degli argomenti della politica. A giocare un ruolo chiave
nell’informazione dei cittadini sono i mass media: da un lato permettono infatti al pubblico
di formarsi un’opinione su un tema, dall’altro sono essi stessi a stabilire quali siano i temi
politici su cui far convergere l’attenzione del pubblico (Niehr 2014: 15) e a fornire dunque
ai riceventi dei loro messaggi gli strumenti linguistici per discuterne. Unendo le concezioni
di Dieckmann e Girnth, Niehr sostiene che si può includere nella politische Sprache “das
Handeln von Individuen oder Gruppen […], das staatlich oder auf den Staat bezogen ist”
(Niehr 2014: 16). Nella politische Sprache vengono dunque annoverati non solo l’utilizzo
della lingua nella politica, ma anche il discutere di politica (pubblicamente e non, oralmente
o per iscritto), così come la lingua usata dai media per trattare argomenti di rilevanza politica
(ibid.). Non sono dunque unicamente i politici a dare enorme valore al linguaggio da loro
utilizzato, ma i mass media interpretano e filtrano le dichiarazioni dei politici permettendo
così ai riceventi/cittadini di valutare criticamente l’agire e il comunicare dei politici, al tempo
stesso fornendo loro un linguaggio specifico per potersi confrontare su quelle stesse
tematiche. La lingua della politica perciò non comprende soltanto i discorsi prodotti dai
politici stessi, bensì include tutti quei testi (articoli di giornale, commenti, discussioni su
forum, articoli di blog, dibattiti e interventi in talkshow, ecc.) che trattano questioni di
rilevanza politica. Risulta quindi più che lecito analizzare i commenti degli utenti in ottica
politolinguistica, poiché il discorso migranti è strettamente legato alla politica e, a seconda
dell’ideologia, se ne può parlare in maniere diametralmente opposte.
La comunicazione politica avviene al giorno d’oggi attraverso i mass media e i new
media: a livello teorico un’analisi politolinguistica potrebbe quindi occuparsi sia di testi
scritti sia di interviste, dibattiti, spot elettorali, fotografie, vignette, ecc. Nel presente lavoro
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ci si soffermerà però sull’analisi dei commenti degli utenti relativi ad articoli sulla questione
migranti tralasciando gli articoli in sé e altri aspetti extratestuali. L’analisi della lingua della
politica si focalizza sulla semantica, ossia sul significato delle parole utilizzate; bisogna però
tenere presente che “eine sprachliche Äußerung kann nie isoliert von der Äußerungssituation
vollständig verstanden werden” (Niehr 2014: 64), dunque nell’esaminare i testi si presterà
particolare attenzione alla pragmatica e al contesto situazionale in cui avviene la
comunicazione. I metodi consigliati da Niehr per svolgere un’analisi politolinguistica si
rifanno direttamente a quelli presentati da Spitzmüller e Warnke nel loro vademecum
metodologico sulla linguistica del discorso, che verranno trattati in maniera più approfondita
nel paragrafo 1.3.
Ulteriore questione che si ritiene opportuno chiarire in questo capitolo è il legame fra
immigrazione e discorso politico. In Italia il settore della politologia si è occupato in maniera
ridotta di questa tematica rispetto a paesi come Gran Bretagna e Germania: all’estero si è
affrontato lungamente il tema dello straniero e del legame fra contesto sociopolitico e
razzismo linguistico. Come sostiene Van Dijk, l’analisi del discorso è infatti particolarmente
adatta a rivelare “relevant sociopolitical issues, and especially makes explicit the ways power
abuse of dominant groups and its resulting inequality are enacted, expressed, legitimated, or
challenged in or by discourse” (1993: 96). La presente tesi vorrebbe quindi proporre una
riflessione su quelli che sono i concetti chiave e le parole ricorrenti dei discorsi in italiano
sulla migrazione, confrontandoli con quelli già individuati, per esempio, da studiosi tedeschi
quali Böke, Jung e Wengeler. Se l’Italia ha alle spalle un lungo passato di paese di emigranti
ma è diventata meta di immigrazione solo ultimamente, ossia dalla fine del ventesimo secolo,
la Germania si è invece scontrata in vari periodi storici con flussi migratori consistenti che
l’hanno addirittura resa il paese con il maggior tasso di immigrati d’Europa
1
. Ne deriva che
i linguisti tedeschi abbiano trattato a lungo la tematica migratoria a partire dai Gastarbeiter,
ossia quei lavoratori ospiti provenienti da Italia, Turchia e Grecia che erano stati “invitati”
in Germania per supplire all’assenza di lavoratori in alcuni settori del mercato del lavoro
tedesco. Fra i molti linguisti che si sono occupati del tema immigrazione in Germania Jung,
Niehr e Böke hanno cominciato a occuparsi di tale argomento a metà anni novanta,
nell’ambito di un progetto di ricerca promosso dalla Deutsche Forschungsgemeinschaft
2
1
Tratto dall’Enciclopedia Treccani Online sotto la voce “immigrazione”:
http://www.treccani.it/enciclopedia/immigrazione/.
2
La Deutsche Forschungsgemeinschaft è la più importante fondazione tedesca di ricerca scientifica,
ingegneristica e umanistica. Nel suo genere è la più grande d‘Europa, ha sede a Bonn ed è finanziata
direttamente dai Länder tedeschi e dal governo federale: http://www.dfg.de/.
11
(Böke, Niehr 2000: 9), che aveva lo scopo di costituire una sorta di vocabolario diacronico
dell’immigrazione tramite l’analisi di discorsi tratti dalla stampa a partire dal 1945. Uno dei
molti studi più recenti in tal proposito è invece l’analisi contrastiva portata avanti da Schröter
e Veniard presso la University of Reading sull’uso della parola tedesca Integration e del suo
equivalente francese intégration, al fine di individuare soprattutto collocazioni e parole
chiave proprie dei discorsi sulla migrazione fra il 1998 e il 2011. Nonostante qui il concetto
usato come chiave di ricerca sia l’integrazione e non l’immigrazione, lo studio ha dimostrato
che “Integration and intégration are keywords in both French and German migration
discourses and that their usage is indicative of main developments and events pertinent to
the public debates about migration and immigrants in both countries” (Schröter, Veniard
2016: 36). Dunque l’immigrazione può essere studiata da un punto di vista linguistico e anzi,
affrontando un’analisi approfondita del tema, è possibile rilevarne parole chiave e metafore
predominanti: comprendere come si parla dell’immigrazione potrebbe fornire interessanti
spunti di riflessione su come viene percepito il fenomeno. Il presente lavoro trae dunque
ispirazione metodologica da questi studi e anche dall’analisi linguistica di Bolasco, Giuliano
e Galli de’ Paratesi incentrata sulla lingua usata da Berlusconi.
1.2 La selezione del corpus
Al fine di effettuare un’analisi politolinguistica sul tema dell’immigrazione si è dovuto
decidere innanzitutto come selezionare il materiale. La politolinguistica, a differenza di altre
branche della linguistica, non ha come scopo ultimo quello di analizzare criticamente testi
3
,
ma ha come oggetto di studio corpora basati su discorsi. Quindi, prima di spiegare come è
stato selezionato il corpus è necessario introdurre brevemente i concetti stessi di discorso e
corpus.
1.2.1 Il discorso
La parola discorso, in tedesco Diskurs, è infatti polisemica: Adamzik e Warnke hanno
proposto di utilizzarla in linguistica “als Nomination für größere Text-Menge” (Heinemann,
Heinemann 2002: 112), prendendo in prestito tale termine direttamente da Foucault. Bisogna
3
Da intendersi come testo: “qualsiasi enunciato complesso, orale o scritto, la cui struttura non può essere
immediatamente interpretabile sulla base di quella delle frasi che lo costituiscono, ma che presenta proprietà
[…] quali […] la compattezza morfosintattica e l’unità di significato, tali da permettere di considerarlo come
un’entità unitaria” (Cfr. Enciclopedia Treccani Online, http://www.treccani.it/enciclopedia/testo/).
12
tuttavia sottolineare quanto la parola Diskurs venga utilizzata in maniera differente a seconda
del campo di applicazione: in filosofia indica da un lato un modo in cui scorre liberamente
il pensiero e dall’altro rappresenta uno dei metodi con cui possono essere effettuate
spiegazioni; negli studi culturali francesi e angloamericani il termine discourse indica la
conversazione, il dibattere o il racconto orale (cfr. Heinemann, Heinemann 2002: 112-113).
Proprio a causa di questo legame con l’oralità, la nozione di discorso è spesso
problematica anche in linguistica: Antelmi (2012), per esempio, fa notare che si tende a
confonderla soprattutto con il concetto di testo, in quanto i due termini vengono talvo lta
trattati come sinonimi, riferiti in particolare a produzioni orali per quanto concerne il
discorso, e riferiti a produzioni scritte per quanto riguarda il testo. Tale divisione fra discorso
e testo non è però del tutto esatta, in quanto ormai la maggior parte dei linguisti sono concordi
sull’ambiguità e sulla relatività dei concetti di scrittura e oralità. Come sostengono non solo
linguisti italiani quali Berruto e Antonelli, ma anche tedeschi quali Koch e Oesterreicher,
bisogna tenere presente che, nonostante un enunciato possa essere unicamente realizzato per
mezzo di foni o di segni grafici, non è detto che a livello concettuale (ossia delle sue
caratteristiche) quell’enunciato rispecchi il medium usato per trasmetterlo al ricevente.
Oesterreicher presenta in molti dei suoi studi sull’argomento uno schema riassuntivo di tale
differenziazione da cui appare evidente che “während die Trennlinie zwischen ‚phonisch‘
und ‚graphisch‘ eine Dichotomie darstellt, also einem Entweder-Oder entspricht, […] das
Verhältnis von ‚gesprochen‘ und ‚geschrieben‘ kann also in konzeptioneller Hinsicht nur als
Kontinuum verstanden werden” (Oesterreicher 1992: 83). Dunque, sebbene sussistano
rapporti preferenziali fra realizzazione fonetica e concezione orale e fra realizzazione grafica
e concezione scritta, Oesterreicher mette chiaramente in luce che esistono tipologie testuali
combinatorie, si pensi ad esempio a una lettera privata come abbinamento di realizzazione
scritta e concezione orale oppure all’intervento di un politico in Parlamento come
abbinamento di realizzazione orale e concezione scritta. È in primo luogo per questa
ambiguità che il discorso non può essere banalmente un insieme di enunciati realizzati per
mezzo orale, ma è da considerarsi tale “ogni sorta di espressione verbale come esempio di
‘lingua in uso’” (Antelmi 2012: 35) che abbia inoltre caratteristiche quali coerenza e
coesione, sia strettamente legato a un tempo e a uno spazio ben precisi, abbia uno scopo ben
definito, possegga una componente argomentativa, sia interattivo ed entri in relazione con
altri discorsi (cfr. Antelmi 2012: 35-37).