5
Introduzione
L’evoluzione della medicina e dell’organizzazione sanitaria stanno portando verso un
modello di assistenza per intensità di cure, dove efficacia ed efficienza sono
imprescindibili per avere prestazioni ottimali e migliorare gli outcome dei pazienti
che, per diversi motivi, hanno aspettative, nei confronti degli operatori sanitari,
decisamente elevate.
In quest’ottica il problema della prevenzione e gestione dei rischi legati all’assistenza
assume un carattere prioritario: le infezioni correlate all’assistenza (HAI) sono un
problema che investe, a livello globale, tutte le organizzazioni sanitarie, incidendo
pesantemente in termini di costi e prestazioni ma, soprattutto, in termini di mortalità.
Per cui per avere un sistema che sia efficiente e che garantisca alla popolazione il
livello di sicurezza delle cure che si aspetta di ricevere è necessario affrontare questo
problema per capirne le cause e per progettare una strategia di intervento che sia la
più condivisa possibile.
In questa trattazione, è stata presa in esame la realtà della Terapia Intensiva perché è
proprio in questa Unità Operativa che si ha il rischio maggiore di contrarre una
infezione nosocomiale.
È stato dato risalto alla figura dell’infermiere di Terapia Intensiva, in quanto, mentre
ancora si discute sulla formazione post – base e sulla figura degli “infermieri
specialisti”, quelli della UTI hanno già, per forza di cose, dovuto acquisire delle
competenze avanzate, non richieste ai colleghi degli altri reparti: malattie infettive,
emodinamica, dialisi, perfusione.
Sono state consultate diverse fonti, Linee Guida internazionali, siti specialistici
nazionali ed esteri, protocolli operativi aziendali provenienti da diverse regioni per
operare una analisi sullo stato dell’arte e sulle diverse strategie di intervento ad oggi
disponibili.
6
Cap. 1 Terapia Intensiva
La Terapia Intensiva è un'area logisticamente definita nell'ambito dell'ospedale, un
reparto con personale qualificato ed attrezzature idonee al monitoraggio e
trattamento, 24 ore su 24, di pazienti in condizioni critiche o instabili.
1
Una struttura dedicata al ricovero di pazienti ad elevata criticità e complessità
assistenziale, ai quali è garantita un’assistenza tecnologicamente avanzata ed un
insieme di complesse procedure diagnostico-terapeutiche di natura multidisciplinare,
finalizzate al ripristino ed al sostegno delle funzioni vitali compromesse attraverso un
ideale percorso terapeutico in 2 fasi:
Fase di emergenza (caratteristica della rianimazione), con il paziente in
potenziale/imminente pericolo di vita;
Fase della terapia intensiva, in cui al paziente “acuto” viene fornito un
sostegno clinico ad elevata specializzazione, che integra opportunamente le
conoscenze mediche, l’assistenza infermieristica e le moderne risorse
strumentali, elettroniche ed informatiche.
Esistono Terapie Intensive generali nelle quali il personale sanitario si prende cura di
pazienti che soffrono di un'ampia varietà di patologie, ed anche reparti di terapia
intensiva specialistica che si occupano solo o prevalentemente di determinate
malattie. Le principali sono: cardiologiche, neurochirurgiche, pediatriche e
neonatali.
2
1.1 Cenni Storici
Fu grazie agli infermieri che si arrivò alla decisione di raggruppare i pazienti più
gravi, che hanno quindi bisogno di cure specifiche e maggiore assistenza, in base
1
http://anestit.unipa.it/siaarti/icustandframe.htm
2
http://www.intensiva.it/per-conoscere/come-fatta-la-terapia-intensiva
7
all’intensità assistenziale di cui hanno bisogno
3
. Florence Nightingale, considerata la
fondatrice dell’assistenza infermieristica moderna, nel 1854 partì per la guerra di
Crimea, dove ha potuto osservare la pratica del triage sul campo. Le esperienze di
guerra aiutarono la Nightingale a comprendere l'importanza delle condizioni
sanitarie negli ospedali, una componente fondamentale delle moderne terapie
intensive.
4
Agli inizi del ‘900, negli Stati Uniti, presso il Johns Hopkins Hospital, furono attivati
i primi letti specificamente separati e dedicati all’alta intensità per la fase post
operatoria neurologica, mentre presso il Sarah Morris Hospital di Chicago si ebbero i
primi letti di terapia intensiva neonatale.
Nel 1950, l'anestesista Peter Safar stabilì il concetto di "Supporto Avanzato della
Vita" per mantenere i pazienti sedati e ventilati in un ambiente di terapia intensiva.
Safar è considerato il primo operatore di terapia intensiva in medicina.
Tra il 1948 ed il 1953, in Europa e negli Stati Uniti, si ebbe un evento sanitario che
fu da stimolo alla disciplina intensivistica ed alla ricerca di spazi e tecnologie ad essa
dedicate: l’epidemia di poliomielite che rese necessaria la sorveglianza e la
ventilazione meccanica tramite intubazione orotracheale in risposta alla paralisi
respiratoria spesso associata a tale malattia. In quegli anni, In Europa vennero messi
a punto i ventilatori meccanici e creati i primi reparti di terapia intensiva, mentre
negli USA questa idea trovò applicazione solo due anni più tardi grazie al Dr.
William Mosenthal, chirurgo presso il Darthmouth – Hitchcock Medical Center.
Nel 1958, il Dr. Peter Safar, ricordato come il fondatore della moderna rianimazione
cardiopolmonare e cardiocerebrale, creò la prima Unità di Cure Intensive (ICU)
multidisciplinare per adulti e pediatrica presso il Baltimora City Hospital, negli
USA.
5
Nel 1960 venne riconosciuta l'importanza delle aritmie cardiache come fonte di
morbilità e mortalità degli infarti del miocardio. Questo ha portato alla pratica di
3
Sala operatoria e terapia intensiva. Dalla pratica medica al design per la prevenzione delle
infezioni. Ciraolo, Giofré. Maggioli editore, 2013
4
https://it.wikipedia.org/wiki/Terapia_intensiva
5
http://www.hopkinsmedicine.org/anesthesiology/people/history.shtml
8
routine del monitoraggio cardiaco nell'unità di terapia intensiva, soprattutto in
pazienti cardiopatici.
6
6
https://it.wikipedia.org/wiki/Terapia_intensiva
9
1.2 Paziente Critico
Nella pratica clinica, si definisce “critico” il paziente che sia soggetto ad una o più
alterazioni acute delle funzioni vitali (cardiocircolatoria, respiratoria, neurologica,
metabolica), potenzialmente reversibili, che necessitano una correzione tempestiva
per evitare una degenerazione delle condizioni che può portare fino all’arresto
cardiocircolatorio (ACC) e, quindi, a morte improvvisa.
Tali criticità possono verificarsi in ambiti differenti, intra ed extra ospedalieri:
durante il trasporto del paziente verso l’ospedale o il trasferimento da un reparto
all’altro, in Terapia Intensiva o in altre Unità operative
7
.
Nonostante si pensi all’ospedale come un luogo sicuro, si ha un’incidenza di 1-5
eventi su 1000 ricoveri ogni anno con una sopravvivenza, fuori dalle aree intensive,
stimata tra il 15 - 20%
8
, a causa di alterazioni non prontamente riconosciute dal
personale, sottovalutate, interpretate in modo erroneo o trattate in maniera
inappropriata
9
.
In un paziente critico, la fase di pre arresto, può essere facilmente riconoscibile anche
da personale poco esperto; per questo medici ed infermieri, in generale, ed
intensivisti, in particolare, devono essere addestrati affinché siano in grado di
riconoscere le alterazioni obiettive e strumentali che precedono questa fase, che
possono essere scarse di sintomi dal punto di vista clinico.
Uno studio del 2012 ha stimato che su tutto il territorio britannico, nel solo 2009, si
sarebbero potuti evitare tra gli 8700 ed i 15000 decessi se solo le procedure di
sorveglianza fossero state tempestive. Questo portò alla creazione di uno score per il
riconoscimento della gravità, tempestività e appropriatezza d’intervento nei pazienti
a rischio di repentino decadimento delle funzioni vitali: l’Early Warning Score
(EWS), la cui versione finale (National Early Warning Score), fu prodotta dal Royal
College of Physicians nel luglio dello stesso anno.
“Il principio di base di EWS è la raccolta di parametri fisici di usuale e facile
riscontro in una scala a punteggio che consenta una veloce e condivisa valutazione
7
Gentili A., Nastasi M., Rigon L.A., Silvestri C., Tanganelli P. Il paziente critico. Clinica e
assistenza infermieristica in anestesia e rianimazione. Ambrosiana. Milano,1993.
8
In-hospital cardiac arrest:incidence, prognosis and possible measures to improve survival.
Sandroni C. et all., Intensive Care Med. 2007 Feb; 33(2): 237-45
9
Goldhill 1999; Mc Gloin 1999; Smith 1998
10
dello stato clinico sia ai sanitari e sia a coloro che accudiscono gli infermi, dopo
adeguata formazione. Negli ospedali essa può consentire di cogliere il
deterioramento delle funzioni fisiologiche prima che i guasti precipitino a cascata e
definire l’intensità di cura necessaria, fornendo indicazioni precise per la frequenza
e la tipologia dell’assistenza nelle sezioni di degenza. Nel territorio, i valori
numerici espressi dal NEWS forniscono una chiara indicazione del livello di gravità
e aiutano a individuare il cut-off per l’invio al dipartimento di emergenza e urgenza.
In generale, il punteggio NEWS fornisce uno standard di riferimento universale per
la valutazione del decorso clinico, con le sole eccezioni della casistica pediatrica e
ostetrica e delle cure di fine vita” (National Early Warning Score – NEWS, edizione
italiana – G. Berni, C. Francois, L. Tonelli. Linea Guida del Consiglio Sanitario
Regionale della Toscana, 2014).
Gli infermieri intensivisti devono quindi avere una formazione teorico – pratica di
tipo avanzato in quanto sono quotidianamente a contatto con pazienti in condizione
di parziale o totale dipendenza per quanto riguarda il soddisfacimento dei bisogni
primari e secondari e con elevata necessità clinico – assistenziale dal punto di vista
diagnostico terapeutico.
1.3 Personale infermieristico e competenze
Gli operatori sanitari di area critica devono essere in grado di affrontare situazioni
cliniche in cui urgenza ed emergenza sono all’ordine del giorno. La loro formazione
deve abbracciare sia l’ambito delle competenze generali richieste ad ogni operatore
sanitario, che l’ambito delle competenze avanzate, specifiche per chi opera in questo
settore.
Nella fattispecie, l’infermiere che si trova ad operare in terapia intensiva, oltre ad
essere in grado di riconoscere, rilevare e monitorare segni e sintomi del paziente,
rispondendo in maniera appropriata e tempestiva ed operando scelte che presentino il
minor rischio per il paziente, deve possedere delle capacità tecnico-operative sempre
aggiornate, al passo con l’evoluzione delle cure e dei macchinari, sempre più
complessi, che permettono il monitoraggio e/o sostegno delle funzioni vitali del
paziente. Inoltre, gioca un ruolo di fondamentale importanza nella prevenzione e