3
CAPITOLO I
I costrutti oggetto di indagine
In questo primo capitolo sarà fornita qualche definizione circa i costrutti di parental
monitoring, parental knowledge e consumo di sostanze, al fine di riuscire ad inquadrare
il contesto all’interno del quale l’elaborato si sviluppa.
Come si evincerà dal presente Capitolo, tali costrutti vengono definiti in diversi modi a
seconda dell’autore che li analizza ed è alla luce di questa eterogeneità di definizioni
che si cercherà di approfondire se vi possa essere o meno un qualche collegamento tra il
controllo genitoriale, la conoscenza genitoriale ed il consumo di sostanze durante
l’adolescenza. Quest’ultima è stata definita da Stanley Hall (1904)
4
come “l’età delle
tempeste emozionali, degli innamoramenti irrazionali e degli odi ciechi, delle prese di
posizione estremistiche, della fiducia smisurata nelle proprie forze e della disperazione
per i propri limiti, della volontà intellettuale e sentimentale e della rinuncia romantica
sino all’autodistruzione, dei continui conflitti con i genitori e della propensione al
rischio”, in cui si verifica un significativo incremento della messa in atto di
comportamenti a rischio. Questi ultimi vengono definiti da Bonino, Cattelino e Ciairano
(2007)
5
come “la gamma di comportamenti che presentano la caratteristica comune di
poter compromettere, nell’immediato e a lungo termine, la salute non solo fisica, ma
anche psicologica e sociale dell’individuo” [Bonino, Cattelino e Ciairano, 2007]
6
.
1.1 Presentazione dei costrutti di parental monitoring, parental knowledge e
consumo di sostanze
In letteratura è presente una gamma di definizioni dei costrutti oggetto di indagine e le
stesse si caratterizzano per essere volte a descrivere tutti quei comportamenti messi in
atto dai genitori, al fine di conoscere e controllare le attività dei propri figli. Di seguito
verranno citate alcune definizioni di parental monitoring rilevate in letteratura:
1
Hall, S. G. (1904). Adolescence. New York: Appleton.
2
Bonino, S, Cattelino, E e Ciarano, s (2007). Adolescenti a rischio: comportamenti, funzioni e fattori di
protezione. Firenze: Giunti
6
Ibidem
4
- attività di supervisione e controllo diretto rivolte direttamente ai figli, quali lo
stabilire regole, il dare consigli e le eventuali punizioni [Fletcher et al, 1995;
Stattin e Kerr, 2000; Dishion et al, 1998]
7
;
- modalità di conoscenza indiretta, che comprendono la raccolta di informazioni
sulle attività svolte dai propri figli attraverso la semplice osservazione o l’uso di
domande ad amici, insegnanti o parenti prossimi al ragazzo [Stattin e Kerr,
2000; Waizenhofer et al, 2004]
8
;
- grado di consapevolezza genitoriale delle attività svolte dai propri figli, che è il
diretto risultato della messa in atto di modalità indirette e/o dirette (ad esempio,
chiedere informazioni direttamente al figlio) di conoscenza, unite all’interesse
genitoriale di informarsi sulle suddette attività [Fletcher et al, 1995;
Waizenhofer et al, 2004]
9
.
Tuttavia, nel 2000, Stattin e Kerr hanno sottolineato come, ai fini della comunicazione,
non sia bastevole il semplice desiderio dei genitori di informarsi sulle attività svolte dai
figli, spronandoli e stimolandoli a parlarne (parental solicitation
10
), ma ci debba essere
anche da parte di questi ultimi un desiderio di apertura nel raccontarsi (adolescent self
disclosure)
11
. Infatti, quest’ultimo costrutto, secondo gli autori
12
, fa proprio riferimento
7
Fletcher, A.C., Darling, N., Steinberg, L. (1995). Parental monitoring andpeer influences on adolescent
substance use. In J. McCord (a cura di), Coercion and punishment in long term perspectives. New York:
Cambridge University Press; Stattin, H., Kerr, M. (2000). Parental monitoring: A reinterpretation. Child
Development, 71, 1072-1085. Dishion, T.J., McMahon, R.J. (1998). Parental monitoring and the
prevention of child and adolescent problem behavior: A conceptual and empirical formulation. Clinical
Child and Family Psychology Review, 1, 61-75.
8
Stattin, H., Kerr, M. (2000). Parental monitoring: A reinterpretation. Child Development, 71, 1072-1085.
Waizenhofer, R.N., Buchanan, C.M., Jackson-Newsom, J. (2004). Mothers’ and fathers’ knowledge of
adolescents’ daily activities: Its sources and its links with adolescent adjustment. Journal of Family
Psychology,18, 348-360.
9
Fletcher, A.C., Darling, N., Steinberg, L. (1995). Parental monitoring andpeer influences on adolescent
substance use. In J. McCord (a cura di), Coercion and punishment in long term perspectives. New York:
Cambridge University Press; Waizenhofer, R.N., Buchanan, C.M., Jackson-Newsom, J. (2004). Mothers’
and fathers’ knowledge of adolescents’ daily activities: Its sources and its links with adolescent
adjustment. Journal of Family Psychology,18, 348-360.
10
Tale costrutto fa riferimento agli sforzi concreti e alle richieste attive di informazioni che i genitori
fanno per venire a conoscenza delle attività svolte dai propri figli. (Crouter, A. C., & Head, M. R. (2002).
Parental monitoring and knowledge of children. In M. H. Bornstein (Ed.), Handbook of parenting: Vol. 3:
Being and becoming a parent (2nd ed., pp. 461–483). Mahwah, NJ: Erlbaum.
11
Kerr, M., Stattin, H. (2000). What parents know, how they know it, and several forms of adolescent
adjustment: Further support for a reinterpretation of monitoring. Developmental Psychology, 36, 366-380.
Stattin, H., Kerr, M. (2000). Parental monitoring: A reinterpretation. ChildDevelopment, 71, 1072-1085.
12
Ibidem
5
alla disponibilità dei figli a comunicare spontaneamente ai genitori informazioni sulle
loro attività. Viene così a crearsi, all’interno del rapporto genitori-figli, un’interazione
reciproca tra le parti coinvolte nella stessa: il desiderio da parte dei genitori di venire a
conoscenza circa le attività svolte dai figli e il desiderio di questi ultimi di condividerle,
divenendo parte attiva all’interno del rapporto. Infatti, come verrà approfondito in
seguito e sostenuto da Crouter e colleghi (1990)
13
, affinché vi sia comunicazione
all’interno della diade, “parental interest is not enough: A child must be willing to share
his or her experiences and activities with the parent” [Crouter, MacDermid, McHale e
Perry-Jenkins, 1990]
14
.
Un ulteriore studio sul costrutto di parental monitoring è stato proposto da Hayes,
Hudson e Matthews nel 2004
15
. Gli autori
16
, che nel loro percorso di ricercatori si sono
dedicati al tema dei comportamenti a rischio in ambito adolescenziale e delle interazioni
tra i membri del nucleo familiare, hanno presentato le attività di monitoraggio dei
genitori e i conseguenti comportamenti dei figli come due parti in interazione di una
sequenza temporale. Nello specifico, Hayes e colleghi
17
hanno delineato quattro distinti
momenti che si verificano in seguito alla messa in atto di ogni episodio di monitoraggio
genitoriale:
- PRIMA FASE: attività di monitoraggio pre tempo libero, ovvero i
comportamenti che i genitori mettono in atto prima che il ragazzo esca di casa.
Ne sono degli esempi: chiedere informazioni su dove va il figlio, con chi esce e
che cosa fa quando è fuori e stabilire regole chiare e orari da rispettare per il
rientro. Secondo gli autori, le Regole sono una componente di questa prima fase;
- SECONDA FASE: avviene quando il ragazzo torna a casa. Egli può decidere di
raccontare spontaneamente ai genitori ciò che ha fatto mentre era fuori
(adolescent self diclosure), oppure i genitori possono sollecitare queste
informazioni, ponendo domande direttamente al figlio (attività di monitoraggio
13
Crouter, A. C., MacDermid, S. M., McHale, S. M., e Perry- Jenkins, M. (1990). Parental monitoring
and perceptions of children’s school performance and conduct in dualand single-earner families.
Developmental Psychology, 26, 649–657.
14
Ibidem
15
Hayes, L., Hudson, A., Matthews, J. (2004). Parental monitoring behaviors: A model of rules,
supervision and conflict. Behavior Therapy, 35, 587-604.
16
Ibidem
17
Ibidem
6
dopo il tempo libero). La Supervisione genitoriale, messa in atto attraverso la
richiesta di informazioni al ragazzo, rappresenta una componente di questa
seconda fase;
- TERZA FASE: parental response, ovvero la reazione del genitore alle risposte e
ai racconti del figlio. Tali reazioni possono manifestarsi, ad esempio, con
sgridate, ramanzine o espressione di opinioni;
- QUARTA FASE: adolescent response, ovvero la reazione di accettazione o di
sfida del ragazzo alle opinioni e ai comportamenti del genitore.
Nelle ultime due fasi, secondo gli autori
18
, le reazioni dei genitori ai comportamenti dei
figli hanno un impatto sulla successiva risposta dei ragazzi. Ad esempio, qualora la
risposta genitoriale ad una trasgressione del figlio si manifesti con una sgridata, il
ragazzo può riconoscere la sua violazione delle regole e accettare l’eventuale punizione
che ne farà seguito, oppure può assumere un atteggiamento di ribellione e di sfida verso
l’adulto, ponendo, in quest’ultimo caso, le basi per lo sviluppo di un possibile conflitto
tra genitori e figli. Infatti, il conflitto si verifica quando “un comportamento di un
membro di una diade è incongruente con gli scopi, le aspettative o i desideri dell’altro
membro, generando opposizione reciproca” [Collins, Laursen Mortensen, Luebker e
Ferreira, 1997]
19
. Per Hayes e colleghi
20
, il Conflitto rappresenta la terza ed ultima
componente di un episodio di monitoraggio.
Facendo riferimento alla “teoria coercitiva” enunciata da Patterson nel 1982, gli autori
21
hanno ipotizzato che la presenza di conflitto, in particolare, all’interno del nucleo
familiare, potesse prevedere lo sviluppo di comportamenti a rischio in età
adolescenziale. La “teoria coercitiva”, infatti, “describes a process of mutual
reinforcement during which caregivers inadvertently reinforce children’s difficult
behaviors, which in turn elicits caregiver negativity, and so on, until the interaction is
discontinued when one of the participants “wins”. These cycles may begin when the
child reacts with anger or resistance to a caregiver’s directive or request, evoking
18
Ibidem
19
Collins, W. A., Laursen, B., Mortensen, N., Luebker, C., & Ferreira, M. (1997). Conflict Processes and
Transitions in Parent and Peer Relationships Implications for Autonomy and Regulation. Journal of
Adolescent Research, 12(2), 178-198.
20
Hayes, L., Hudson, A., Matthews, J. (2004). Parental monitoring behaviors: A model of rules,
supervision and conflict. Behavior Therapy, 35, 587-604.
21
Ibidem
7
anger and hostility from the caregiver, which is often intensified as the coercive cycle
escalates”.
Per verificare la loro ipotesi, Hayes e colleghi
22
hanno somministrato un questionario
self report, l’Adolescent Health and Well Being Survey [Bond, Thomas, Toumbourou,
Patton e Catalano, 2000]
23
, ad un gruppo di 1.299 studenti di età compresa tra i 13 e i 16
anni (età media = 14.67 anni). Lo strumento prevede:
- tre item
24
per quanto riguarda la subscala della componente Regole (alpha .71);
- tre item
25
per quanto riguarda la subscala della componente Supervisione (alpha
.71);
- tre item
26
per quanto riguarda la subscala della componente Conflitto (alpha .82);
- tre subscale che indagano la presenza di comportamenti a rischio: la Early
Problem Behavior subscale
27
(alpha .72), una subscala
28
inerente la ribellione
(alpha .76) e una
29
riguardante la sensation seeking
30
(alpha .78).
22
Ibidem
23
Bond, L., Thomas, L., Toumbourou, J., Patton, G., & Catalano, R. (2000). Improving the lives of young
Victorians in our community: A survey of risk and protective factors. Melbourne: Centre for Adolescent
Health.
24
(a) my family has clear rules about drug and alcohol use, (b) the rules in my family are clear e (c) my
parents want me to call if I am going to be late home. I ragazzi sono stati invitati a rispondere in base ad
una scala Likert a 4 punti, dove 1 corrisponde a “no” e 4 a “yes”.
25
(a) when I am not at home one of my parents knows where I am and who I am with, (b) my parents
would know if I didn't come home on time e (c) my parents ask if I have done my homework. I ragazzi
sono stati invitati a rispondere in base ad una scala Likert a 4 punti, dove 1 corrisponde a “no” e 4 a “yes”.
26
(a) people in my family often insult or yell at each other, (b) people in my family have serious
arguments e (c) we argue about the same things in my family over and over again. I ragazzi sono stati
invitati a rispondere in base ad una scala Likert a 4 punti, dove 1 corrisponde a “no” e 4 a “yes”.
27
E’ composta da otto item e chiede agli studenti di indicare “if they have been suspended from school,
carried weapons, attacked someone, tried marijuana, age first smoked, age first drank more than a sip of
alcohol, and if they drink alcohol regularly”. Agli item veniva richiesto di rispondere 1 per il “no” e 2 per
il “yes” e, in caso di risposta affermativa, indicare l’età in cui si è verificato per la prima volta quanto
chiesto nell’item.
28
Si compone di tre item: (a) I do the opposite of what people tell me just to make them angry, (b) I like to
see how much I can get away with e (c) I ignore rules that get in my way. Gli studenti sono stati invitati a
rispondere in base ad una scala Likert a 4 punti, dove 1 corrisponde a “no” e 4 a “yes”.
29
E’ composta da tre item: “have you ever (a) done what feels good no matter what? (b) done something
crazy just for a buzz? and (c) done crazy things even if they are a little dangerous?”. I ragazzi sono stati
invitati a rispondere in base ad una scala Likert a 6 punti, dove 1 corrisponde a “never” e 6 a “yes, once or
more each week”.
30
“il bisogno di varie, nuove e complesse sensazioni ed esperienze e perciò la propensione ad assume-re
rischi fisici e sociali al solo fine di tale esperienza”. (Zuckerman, M. (1971). Dimensions of sensation
seeking. Journal of consulting and clinical psychology, 36(1), 45)