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Capitolo 2
Osservazione e valutazione dei comportamenti a scuola
2.1 Problematiche in campo educativo
Non è sempre facile interpretare i comportamenti evidenziati in un bambino con
ADHD. Ciò che viene osservato è, nella maggior parte dei casi, solo la punta di un
iceberg, dal quale emergono manifestazioni comportamentali critiche, le cui
cause, spesso, hanno origine dalla combinazione di fattori biologici con quelli
ambientali. Comprendere più nel dettaglio alcune caratteristiche tipiche del
funzionamento di un bambino con ADHD, diventa fondamentale per intervenire e
aiutare in modo corretto gli alunni iperattivi e disattenti. L’inquadramento delle
criticità dell’allievo rappresenta, quindi, una condizione necessaria per la
progettazione di un intervento educativo personalizzato sulle sue esigenze.
Risulta utile una riflessione ed un’efficace lettura delle problematiche
frequentemente rilevate in campo educativo e dei principali problemi cognitivi
nell’ADHD.
2.1.1 Adhd e funzioni esecutive
I bambini con ADHD, come tutti gli altri bambini, hanno dei bisogni: conoscere
cose nuove, relazionarsi, essere veloci in particolari attività; ciò che in loro, però,
crea un ostacolo, è il pianificare, l’organizzare e il reagire in modo adeguato agli
stimoli. Ma perché questa incapacità nell’organizzare, reagire e gestire in modo
adeguato? Le valutazioni di più studiosi convergono nell’imputare un deficit nel
dominio delle funzioni esecutive( Norman e Schallice, 1986), definite, come
meccanismi cognitivi che consentono di ottimizzare la prestazione in situazioni
che necessitano della simultanea partecipazione di processi cognitivi differenti e
permettono una capacità decisionale e di selezione dei processi da attivare al fine
di produrre comportamenti coerenti, indirizzati ad uno scopo preciso
1
. Quindi
1
Cfr. D. Fedeli, C. Vio, Iperattività e Disattenzione a Scuola…cit., p.27.
35
tutto il contrario dell’automatismo che non implica atti volontari. La sede di
queste funzioni è riconducibile alla regione frontale anteriore del cervello, più
precisamente alla corteccia cerebrale prefrontale, e ai relativi circuiti cortico-
sottocorticali associati:
- l’area prefrontale, dorso laterale, coinvolta particolarmente nell’astrazione e
pianificazione dell’azione;
- l’area orbito frontale, coinvolta nella regolazione delle emozioni e nei processi
decisionali;
- l’area del cingolo anteriore coinvolta nel controllo delle motivazioni e degli
stimoli interferenti
2
.
Indubbiamente viene intaccato il dominio esecutivo.
Nella letteratura scientifica non esiste una definizione unanime di funzioni
esecutive; i modelli di interpretazioni sono tanti, ma tutti sono riconducibili alla
consapevolezza che queste funzioni sono necessarie per mettere in atto e portare a
termine, in modo adeguato, un comportamento finalizzato ad uno scopo. Quando
esiste un deficit, i comportamenti risultano inadeguati; infatti, i soggetti con
ADHD manifestano comportamenti in cui si evidenzia il deficit delle funzioni
esecutive:
- non curanza e disorganizzazione;
- difficoltà nel controllo delle risposte automatiche;
- scarsa consapevolezza dei sentimenti altrui e delle convenzioni sociali;
- marcata loquacità;
- difficoltà nella regolazione degli stati emotivi, impazienza, scarsa
tolleranza della frustrazione;
- difficoltà nel passare da un’attività all’altra;
- difficoltà nello stabilire priorità e nel rispettare i tempi;
- perdita della cognizione del tempo, lentezza cronica;
- ipoattivazione;
- procrastinazione e difficoltà ad intraprendere compiti nuovi o impegnativi;
- difficoltà a mantenere l’attenzione;
2
G.M. Marzocchi, Le caratteristiche principali del bambino disattento e iperattivo,
www.aidaiassociazione.com/documents/Marzocchi-le_caratteristiche_principali_del
_bambino_disat.pdf, cons. 07/05/2016.
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- incapacità a ricordare i luoghi e i tempi degli eventi accaduti o di imparare
dall’esperienza;
- grande distraibilità;
- difficoltà nell’eseguire più compiti contemporaneamente.
Per comprendere il perché di tali manifestazioni, approfondiremo dei processi che
fanno capo all’attenzione, alla memoria di lavoro, alla capacità di pianificazione e
per ultimo, ma non meno importante, al controllo inibitorio. Quindi, più
precisamente al controllo attentivo, riferito alla capacità di inibire stimoli
interferenti e attivare l’informazione rilevante; alla memoria di lavoro, riferita a
quei meccanismi cognitivi che consentono il mantenimento e la manipolazione
dell’informazione necessaria per l’esecuzione di operazioni cognitive complesse;
e alla capacità di pianificazione e valutazione di strategie efficaci in relazione ad
un fine specifico, connesse con le abilità di problem-solving e la flessibilità
cognitiva; per ultimo, al controllo inibitorio, processi inibitori che supportano la
selezione della risposta funzionale e la modificazione della risposta(
comportamento) in relazione al cambiamento delle contingenze ambientali.
2.1.2 Controllo attentivo
Il concetto di attenzione è determinato in base ai fenomeni di oggetto di studio e
ai paradigmi sperimentali utilizzati. In riferimento al nostro oggetto di studio,
l’ADHD, è necessario conoscere i suoi aspetti fondamentali e iniziare un
approccio indirizzato alla comprensione di ciò che non funziona nel processo che
regola l’attenzione. Non esiste, tuttavia, un modello condiviso che accomuna tutti
i pareri per circoscrivere tale funzione cognitiva.
Esistono diverse proposte che si distanziano sia a livello descrittivo( numero e
tipologia), sia a livello esplicativo. Un punto che accomuna i vari modelli
neuropsicologici è il concetto di funzione attentiva che non può essere ridotta ad
un’unica dimensione. Questa conclusione comune è riconducibile allo studio della
struttura( tripartizione) del sistema nervoso centrale( MacLean 1990) che porta a
distinguere la multidimensionalità della funzione attentiva.
Sul piano definitorio si contano varie proposte:
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- l’attenzione identificata quasi esclusivamente con altre funzioni, come la
consapevolezza, focalizzata di stimoli esterni, cioè la percezione selettiva
di alcuni aspetti del globale( Huang-Pollok, Nigg, 2003);
- l’attenzione con alcuni suoi aspetti, cioè la filtrazione di stimoli
significativi, con l’inibizione delle interferenze dell’ambiente( Douglas,
Peters, 1979)
3
.
L’attenzione viene anche valutata su diversi livelli di indagine( Van der Meere,
Sergeant, 1988):
- piano anatomo-fisiologico( evidenziazione dei circuiti cerebrali coinvolti);
- piano pedagogico( discussione dei processi attentivi impiegati).
In questo contesto è interessante la definizione alla quale si affida Fedeli che, pur
consapevole delle difficoltà metodologiche, parte da una coniugazione tra le
impostazioni di stampo educativo con quelle neurologiche: una funzione di stato,
cioè la base su cui si innescano le altre abilità strumentali
4
.
In effetti, il bambino non può leggere, scrivere, giocare, senza porre attenzione
agli stimoli, senza una focalizzazione attentiva. Se si considerano le sfaccettature
dell’atto attentivo, ci si rende conto che questa funzione che non si concretizza in
prodotti tangibili e misurabili, è contemporaneamente delicata e impalpabile(
Barkley, 2006 a; Burke, 1990)
5
. Fedeli, conscio delle complessità metodologiche
nell’approccio sulle problematiche attentive, parte da una prospettiva molto
pragmatica, legata al piano di lavoro di alunni con ADHD che presentano
difficoltà attentive esplicitate in modo differente. Consapevole della
differenziazione delle aree e circuiti cortico-sottocorticali in cui si originano i
processi attentivi e dei differenti profili di deficit attentivi determinati, ipotizza
una valutazione di deficit attentivo basata sull’osservazione della condotta
disorganizzata che gli alunni con ADHD presentano nel contesto di lavoro
didattico. In questo tipo di approccio è soprattutto l’individuazione dei segni
comportamentali, oltre ad altri approfondimenti specialistici, che permette di
individuare il deficit attentivo e le cause.
Da queste osservazioni si deduce che la carenza di attenzione può essere
determinata dall’incapacità di filtrare adeguatamente le stimolazioni interferenti(
3
Cfr. F. Fedeli, Il disturbo da deficit d’attenzione e iperattività…, cit., p.23.
4
Cfr. Ivi, p.24.
5
Cfr. Ibidem.
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ambiente) o da una vera e propria “fuga dei pensieri”, immagini mentali e pensieri
interferenti. A questo punto ci si chiede, però, se si tratta di una carenza dovuta
all’incapacità di guidare la focalizzazione, essendo in balia di stimoli esterni o
interni, oppure mancano vere e proprie capacità attentive
6
.
Un approfondimento della funzione attentiva darà una risposta a questo quesito.
Si parte dagli interrogativi contenuti nelle due problematiche che interessano la
precocità dell’elaborazione attentiva rispetto alla consapevolezza del soggetto e il
“rapporto automatico controllato”. In sintesi i quesiti in questione sono: i criteri
mentali, nella selezione degli stimoli, e i meccanismi che li regolano sono una
scelta consapevole o preconsapevole? Esiste uno spostamento automatico nei
meccanismi dell’attenzione o un controllo volontario?
Per comprendere bisogna far chiarezza sui due grandi sistemi attentivi: quello
anteriore e quello posteriore. Se analizziamo questi due aspetti dell’attenzione ci
rendiamo conto che sono due modi di essere attenti. Nel primo caso il sistema
attentivo è guidato dall’esterno, involontario, in modo inconsapevole; nel secondo
caso è volontario, originato dall’interno e resistente agli stimoli interferenti.
Nel caso del bambino con ADHD si assiste ad un deficit inibitorio di selezione
degli stimoli percepiti in entrambi i sistemi. Infatti i soggetti non sono privi di
abilità attentive, anzi sono fin troppo attenti ma in modo non selettivo, inefficace e
generalizzato. Ecco perché l’obiettivo riabilitativo con questi bambini non è
aumentare in modo generico il livello attentivo, quanto insegnare a guidare la
propria attenzione.
Un’adeguata attività attentiva scaturisce dalla continua interazione e
dall’equilibrio tra i sistemi attentivi: quello posteriore e quello anteriore. E’ ovvio
che la presenza di deficit in uno dei due sistemi si ripercuoterà sulla prestazione
cognitiva.
Per i soggetti con ADHD sono i problemi presenti nel sistema interiore che
avranno come risultato un comportamento maggiormente controllato dall’esterno
e quindi poco pianificabile dal soggetto. Infatti il sovraccarico attentivo procurato
dalla mancanza selettiva del sistema anteriore crea una inabilità tra uno stimolo e
l’altro che il sistema posteriore non riuscirà a focalizzare e da qui la conseguente
6
Cfr. Ibidem.
39
compromissione della focalizzazione dell’attenzione sugli stimoli necessari in
quel contesto
7
.
In ciò che è stato trattato fin qui si è vista una schematizzazione che prevede una
differenziazione tra processi attentivi automatici( basati sulla rilevanza percettiva)
e controllati( indotti dal significato cognitivo). In tali categorie emergono diverse
dimensioni attentive: l’attenzione selettiva, l’attenzione sostenuta, shift attentivo(
capacità di passare da un fuoco attentivo ad un altro nel minor tempo possibile).
In sintesi il sistema attentivo può essere suddiviso in tre fasi che, nel soggetto con
ADHD, risultano compromesse nel controllo volontario:
- la fase della percezione: e l’orientamento attentivo sono guidati in modo
significativo dalle stimolazioni ambientali, sfuggendo al controllo
volontario del soggetto. In questa fase vengono raccolti molti input; si
tratta di una raccolta squilibrata verso quelli in possesso di maggiore
importanza percettiva( salienza percettiva) ma non orientati al compito. il
soggetto con ADHD, raccoglie molti dati ma irrilevanti( casuali);
- la fase di elaborazione: risulta già intaccata se gli input ricevuti nella
prima fase non sono stati valutati in base al significato corrispondente agli
obiettivi specifici e risultano un intreccio di informazioni confuse. Tale
fase presenta particolari deficit principalmente per ciò che riguarda la
insufficiente capacità di selezionare le informazioni rilevanti e di
conservare un adeguato livello di attenzione nel corso del tempo;
- la fase dell’output( risposta): risulta anch’essa compromessa; il soggetto
con ADHD non presta sufficiente attenzione alle risposte; il problema non
sta nelle conoscenze possedute dal soggetto ma nel recupero delle stesse
8
.
2.1.3 La memoria di lavoro
La memoria e l’attenzione hanno stretti rapporti su cui è utile indagare se si vuole
dare una risposta agli interrogativi che sorgono quando si parla di deficit delle
funzioni esecutive del bambino con ADHD. Questo stretto legame deriva da
7
Cfr. Ivi, p.37.
8
Cfr. Ivi, p.59.