3
Gli intensi rapporti fra i due stati fecero s� che, in Vietnam come
in Cina, trionfasse l�idea secondo la quale il modo di vivere del
letterato, dell�uomo amante delle arti, fosse di gran lunga il pi�
rispettabile, e che la cultura occidentale fosse considerata inferiore.
Una classe al potere che passava gran parte del suo tempo a
studiare i classici contribu� a far s� che i progressi in campo
politico, sociale ed economico fossero di scarso rilievo; il Vietnam
arriv� cos�, come il suo maestro cinese, impreparato all�incontro
con il mondo occidentale.
Il destino dei due paesi, all�alba del ventesimo secolo, � cos� ancora
una volta incrociato; lottare per liberarsi dal giogo delle grandi
potenze occidentali.
Se la Cina si trover� impreparata dinanzi alle richieste
dell�Occidente di aprire i suoi mercati e finir� per divenire terra di
conquista anche per uno stato come il Giappone una volta
considerato vassallo, il Vietnam passer� dalla sfera d�influenza
cinese a quella francese quando, a conclusione della guerra franco-
cinese nel 1885, la Cina ceder� alla Francia il controllo della
penisola indocinese.
Appare dunque chiaro che un�analisi delle relazioni fra questi due
paesi nel corso del �900 non pu� prescindere dalla considerazione
che il Vietnam e la Cina sono legati da un rapporto politico,
economico e culturale lungo quasi duemila anni; e che questo
rapporto cos� stretto ha fatto s� che, nel XX secolo, entrambi si
trovassero nella medesima condizione, ovvero quella di
riacquistare non soltanto la propria indipendenza ma di
riaffermare la propria condizione di stati sovrani, liberi dalle
intromissioni delle grandi potenze occidentali.
4
Capitolo 1
IL �900 IN CINA ED IN VIETNAM; DALLA FINE
DELL�IMPERO CINESE ALLA NASCITA DEI PARTITI
COMUNISTI CINESE E VIETNAMITA
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6
Dalla prima guerra dell’oppio alla sconfitta nella guerra franco-cinese
Nel 1800, mentre in Cina la dinastia mancese dei Qing tenta di
riportare agli antichi fasti un impero oramai in declino, minato al
suo interno da varie rivolte e dai contrasti fra la varie fazioni della
burocrazia, l�attenzione delle grandi potenze occidentali verso
l�Asia si fa sempre pi� intensa.
Le grandi risorse naturali e la presenza di mercati dalle immense
possibilit� nei quali introdurre i propri prodotti richiamano
l�attenzione dell�Europa verso l�Estremo Oriente; la Gran
Bretagna, che con la Compagnia delle Indie Orientali ha gi� creato
un vero e proprio impero economico, mira ad ottenere dalla Cina
un�apertura maggiore dei suoi porti.
La Cina, fino a quel momento paese prevalentemente esportatore,
tanto che il valore delle merci vendute era sei volte superiore a
quello delle merci acquistate, respinge ogni richiesta della Gran
Bretagna di aprire maggiormente i propri mercati, timorosa di
creare degli squilibri economici al proprio interno.
Le ditte britanniche, fallito il tentativo di limitare le perdite
cercando di creare un mercato per i tessuti di cotone inglese,
ricorsero allora allo smercio dell�oppio, che veniva prodotto nel
Bengala dalla Compagnia delle Indie Orientali.
La richiesta della droga crebbe velocemente, favorendo
notevolmente la diffusione in Cina della corruzione ad ogni livello
e la formazione di una rete di delinquenza organizzata;
l�incremento della vendita dell�oppio port� anche ad un drenaggio
sempre maggiore di argento, con cui veniva pagato l�oppio,
causando cos� uno squilibrio in un sistema monetario come quello
cinese che prevedeva un rapporto ben preciso fra il rame, usato
per il conio di monete, e l�argento.
Alla fine degli anni �30, dopo un dibattito che aveva visto
coinvolte tre posizioni diverse, venne deciso di intervenire
duramente contro il commercio dell�oppio, confiscando tutte le
riserve di droga in mano agli inglesi; la reazione di questi ultimi
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non si fece certo attendere, e nel 1839 le truppe inglesi sbarcano in
varie localit� della costa cinese, fra cui Canton e Shangai.
Inizia cos� la prima guerra dell�oppio (1839-1842), la cui
conclusione, ovvero la firma del trattato di Nanchino, segna
l�inizio di una nuova era per la Cina; oltre ad essere il primo dei
cosiddetti �trattati ineguali� che la Cina sar� costretta a firmare da
quasi tutte le grandi potenze occidentali, sar� anche l�inizio della
perdita della propria integrit� territoriale.
Il trattato di Nanchino prevede, oltre all�apertura di vari porti e la
creazione di vere e proprie enclaves inglesi in terra cinese, la
concessione alla Gran Bretagna del porto di Hong Kong.
La Cina, nello stesso periodo, � sconvolta al suo interno da varie
rivolte popolari dovute al malcontento della popolazione per le
cattive condizioni economiche causate dall�incremento
demografico, dall�aggravio sempre pi� pesante delle imposizioni
fiscali e dalla crescita della corruzione.
La Cina si trova cos� a fronteggiare due situazioni che ne mettono
a repentaglio la sopravvivenza; se le varie rivolte, prima fra tutte
quella dei Taiping, vengono sedate con un costo calcolato in varie
decine di milioni di vittime, la corrotta classe al potere e l�esercito
oramai allo sbando potranno far poco per respingere le richieste
sempre pi� onerose che gli stati occidentali avanzano nei confronti
della Cina.
La Gran Bretagna e la Francia, insoddisfatte dai risultati ottenuti
con la prima guerra dell�oppio, approfittano della situazione di
estrema debolezza nella quale versa l�impero cinese per sferrare un
nuovo attacco; l�arresto dell�equipaggio di un nave da parte delle
autorit� cinesi e la morte di un missionario francese furono il
pretesto per l�inizio della seconda guerra dell�oppio, iniziata nel
1856 e conclusasi con la firma del trattato di Tianjin nel 1858 e
quello di Pechino nel 1860.
La Cina, oltre a pagare un�indennit� ancora maggiore di quella
versata dopo la fine della prima guerra dell�oppio, apre alle
8
potenze occidentali altri porti, e concede benefici sempre maggiori
ai mercanti e ai missionari stranieri, ora totalmente liberi di
circolare sul territorio cinese.
La stessa Russia, sentitasi esclusa dai benefici di cui ora godevano
gli altri stati approfitta della situazione per imporre alla dinastia dei
Qing un ulteriore trattato, con il quale si annette una vasta area di
circa 500.000 chilometri quadrati sulla riva sinistra del fiume
Heilongjiang.
Negli anni a seguire i porti aperti al commercio con l�occidente
furono pi� di venti, con al loro interno aree urbane sotto il
controllo delle legislazioni straniere, di fatto sottratte al controllo
cinese; le clausole dei trattati in materia doganale resero pi�
competitivi i prodotti stranieri, ostacolando lo sviluppo e la
sopravvivenza dello stesso artigianato cinese; fecero poi la loro
comparsa agenzie commerciali, industrie alimentari e tessili,
compagnie di navigazione, istituti bancari e di credito straniere.
L�invasione delle coste cinesi e dei suoi porti non poteva certo
lasciare indifferente la classe dirigente, che si trovava ora di fronte
al problema di come reagire di fronte agli occidentali e alle loro
mire espansionistiche.
Se una parte dei letterati, i cosiddetti �funzionari puri� (qingguan), si
rifiut� di considerare l�esistenza del problema reputando
l�Occidente e la sua cultura moralmente inferiore, e quindi non
meritevole di attenzione, il movimento yangwu (ovvero �delle cose
d�oltremare�), tent� di rispondere all�aggressivit� delle potenze
occidentali proponendo di apprendere la tecnica e la scienza del
mondo occidentale per permettere alla Cina di resistere alle
ripetute aggressioni, pur mantenendo intatti la cultura e i valori
tradizionali.
Bisognava, insomma, agire secondo la formula: �il sapere
occidentale come mezzo, il sapere cinese come fondamento�.
La fine dell�esperimento yangwu fu sancita da due sconfitte che
segnarono l�inizio della fine per l�impero cinese, che venne meno
9
nelle sue certezze; con la firma del trattato di Tianjin nel 1885 alla
fine della guerra franco-cinese, la Cina perder� il Vietnam, da
sempre stato-cuscinetto posto a difesa delle regioni di frontiera pi�
vulnerabili e stato tributario sin dai tempi dell�imperatore Qin Shi
Huangdi.
Con la firma del trattato di Shimonoseki nel 1895, il Giappone
ottenne dalla Cina il controllo non solo della Corea, ma anche
della penisola del Liaodong, di Taiwan e le Pescadores; nel giro di
dieci anni la Cina viene a perdere ogni controllo su quelli che un
tempo erano i suoi due maggiori stati tributari, ovvero la Corea ed
il Vietnam, oltre ad essere stata sconfitta da quello che una volta
era considerato uno stato vassallo.
Il conflitto franco-cinese
Sin dai tempi dell�imperatore Luigi XIV, la Francia nutriva
interessi nei confronti del Vietnam, testimoniati anche dalla folta
presenza nell�Indocina di missionari francesi, che poco alla volta si
trovarono sempre pi� coinvolti negli affari di stato vietnamiti.
Infatti, nella salita al potere del principe Nguyen Anh, che
diventer� imperatore nel 1802 con il nome di Gia Long e fonder�
l�ultima dinastia imperiale destinata a regnare sul Vietnam fino al
1945, anno dell�abdicazione dell�ultimo imperatore Bao Dai, il
ruolo giocato dal clero francese fu di certo determinante.
Per la prima volta nella storia, una dinastia imperiale vietnamita era
riuscita nello scopo di unificare tutto il paese, e di governarlo
dall�estremo nord rappresentato dal confine dello Kwangsi-
Yunnan fino al Golfo del Siam.
Per la dinastia Nguyen, una volta al potere, l�obiettivo principale fu
quello di creare uno stato che si rifacesse ai principi confuciani,
evidenziando cos�, ancora una volta, le millenarie relazioni esistenti
fra il Vietnam e la Cina; tutto quello che concerneva l�ordinamento
dello stato, dai cerimoniali di corte al codice delle leggi, era una
imitazione voluta dell�ordinamento dell�Impero Cinese.
*
*
A. Short, The Origins of the Vietnam War, New York, Longman, 1989 (pag 3-5)
10
Basti pensare che la stessa capitale imperiale, Hu�, era una replica
in miniatura della Citt� Proibita di Pechino, e che il sistema di
dighe nel golfo del Tonchino era un lascito dell�ingegneria cinese.
I missionari francesi furono benvoluti sotto il regno di Gia Long, e
cos� i molti cittadini francesi presenti nel Vietnam; basti pensare
che le mura fortificate che proteggevano la citt� imperiale di Hu�
furono costruite anche con l�aiuto di squadre di mercenari francesi.
La situazione cambi� con l�avvento al potere del secondo
imperatore della dinastia Nguyen, l�imperatore Minh Mang che nel
1825 promulg� un editto con il quale il culto del cristianesimo
veniva proibito; a ci� fecero seguito, negli anni seguenti, varie
persecuzioni dirette a colpire i missionari o chi semplicemente
aderiva al culto ora vietato.
Ci� che distingueva il nuovo imperatore dal fondatore della
dinastia Nguyen non era soltanto la mancanza di simpatia o
tolleranza nei confronti del cristianesimo, bens� un profonda
diffidenza verso l�Occidente, dovuto alla sempre maggiore
attenzione che le grandi potenze, Gran Bretagna e Francia in
particolare, avevano nei confronti della Cina e della penisola
indocinese; a differenza del padre, che vedeva di buon occhio
rapporti economici e commerciali con la Francia, l�imperatore
Minh Mang credeva che l�unica arma di cui disponesse il suo paese
nei confronti dell�Occidente era il non coinvolgimento in nessun
affare con le grandi potenze occidentali.
Ogni tentativo della Francia di persuadere l�imperatore ad
allacciare rapporti economici o politici and� a vuoto, cos� come le
richieste di ricevere un console a corte; ma l�importanza che il
Vietnam ricopriva per la Francia era tale da non scoraggiare di
certo Parigi.
La presenza degli Olandesi in Indonesia, degli Spagnoli nelle
Filippine, dei Portoghesi a Macao e degli Inglesi, che di l� a poco
avrebbero conquistato Hong Kong, a Singapore, rendeva di fatto
11
fondamentale per i Francesi conquistare un porto nel quale far
sbarcare le proprie navi come se si trovassero in Francia.
E�anche facile capire che, dopo aver assistito ai vantaggi concessi
dalla Cina all�Inghilterra, i francesi pensassero che fosse oltremodo
possibile convincere il piccolo Vietnam a fare altrettanto;
altrettanto chiaro che la Francia cercasse un semplice pretesto per
poter intervenire, anche militarmente, in Vietnam e costringerlo ad
aprire i suoi porti.
Subito dopo l�editto di Minh Mang del 1825, le persecuzioni che
non risparmiarono neanche i missionari francesi fecero s� che alla
Francia si presentasse subito l�occasione per poter cominciare a
concentrare le proprie forze navali al largo delle coste del Vietnam;
tali persecuzioni erano dovute al fatto che la corte vietnamita
accusava i missionari cattolici, e pi� in generale quelli francesi di
fomentare le rivolte del popolo contro l�imperatore.
Quando, sotto il regno dell�imperatore Tu Duc il Monsignor Diaz,
vescovo spagnolo attivo nel Tonchino, fu condannato a morte
con l�accusa di essere implicato nelle rivolte che a cavallo del 1850
insanguinavano la regione, la decisione di intervenire in Vietnam
fu presa congiuntamente da Francia e Spagna, anche se il grosso
della spedizione era rappresentato da militari francesi; in realt�
Parigi aveva gi� capito che l�intervento militare era l�unico modo
per costringere il Vietnam a ritornare sui suoi passi e ad aprire i
suoi porti.
La spedizione aveva come obiettivo quello di creare un vero e
proprio protettorato sulla Cocincina, ovvero la parte pi�
meridionale del Vietnam; cos� come la presa della citt� costiera di
Turane (l�odierna Da Nang) il primo passo da compiere prima di
far avanzare le proprie truppe verso la capitale Hu�.
La spedizione che nel 1858 arriva a Turane si rivela incapace di
muovere verso la citt� imperiale dove, secondo le previsioni
francesi, la corte sarebbe stata costretta a firmare un trattato di
resa; l�obiettivo diventa dunque Saigon che viene conquistata
senza grosse difficolt�.
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La penetrazione francese nell�entroterra vietnamita continuer�
negli anni seguenti, facendo s� che la firma del trattato di �pace,
amicizia ed eterna alleanza� avvenuta ad Hu� il 15 marzo del 1874
risulti nient�altro che la legittimazione di quello che gi� era
diventato un protettorato francese.
Oltre alla conferma della sovranit� francese su tutta la Cocincina, il
permesso di navigazione sul Fiume Rosso viene esteso anche ai
battelli francesi ed il cristianesimo torna ad essere un culto
praticabile anche dagli stessi sudditi dell�imperatore; ad un
corrispondente del governo francese era permesso di risiedere ad
Hu�, facendo s� che la politica estera vietnamita fosse allineata a
quella francese.
Ma nello stesso anno della firma del trattato, la corte vietnamita
decide di inviare, come prassi consolidata da quasi duemila anni, il
suo tributo a Pechino; questo, agli occhi della Francia, suona come
un mancato rispetto degli accordi firmati.
Lo stesso Tonchino, ovvero la parte centrale del Vietnam che si
affaccia sul golfo medesimo e sul quale la Francia mirava di
estendere il suo dominio per poi annettersi anche l�Annam, ovvero
il nord del Vietnam, appariva pi� come un affare fra la Francia e la
Cina che la Francia ed il Vietnam; nei loro rapporti, gli ufficiali
francesi reputavano pericolose non le forze vietnamite, ma i
veterani dell�insurrezione dei Taiping che qui si erano riorganizzati
con il nome di Bandiere Nere.
La guerra fra Francia e Cina per il controllo del Vietnam inizia nel
1884, per concludersi un anno dopo con la firma del trattato di
Tianjin; se questo, da un certo punto di vista, pu� sembrare un
trattato meno pesante degli altri imposti alla Cina dalle potenze
occidentali, perch� non prevede n� il pagamento di un�ammenda
n� la perdita di una parte del territorio cinese propriamente detto,
d�altra parte costituisce un punto di svolta nella storia cinese.
La Cina, dopo quasi duemila anni, rinuncia ad ogni privilegio nei
confronti del Vietnam, rinuncia al tributo che le spettava e perde
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un�importante stato cuscinetto posto a difesa dei suoi confini; ora
spetta alla Francia il compito che per millenni era stato del
Vietnam, ovvero quello di definire i confini meridionali della Cina.
La Cina ed il Vietnam, accomunati da una storia di profonde
relazioni millenarie, sono entrambi costrette a subire ora la
dominazione straniera e la perdita della propria integrit�
territoriale; ma anche nella lunga lotta di liberazione i rispettivi
movimenti nazionalistici intrecceranno rapporti continui.
La colonizzazione francese del Vietnam
Neanche con il Vietnam, ultima loro colonia in ordine temporale, i
francesi cambiarono il loro modo di intendere i rapporti fra
governo centrale e colonia.
L�opinione diffusa in merito a Parigi era che �il primo compito del
conquistatore fosse quello di mantenere stabile e sicuro il suo possedimento, e
che qualsiasi cosa potesse aiutare nel raggiungere questo obiettivo fosse buona,
mentre era da evitare tutto quello che potesse minare la sicurezza della
colonia�
*
.
Molte furono le misure che la Francia adott� per impedire che in
Vietnam scoppiasse una qualche forma di rivoluzione guidata;
basti pensare che negli anni �20 soltanto l�1% della popolazione
aveva accesso all�istruzione e che ai vietnamiti, pur se in possesso
di titoli di studio rilasciati dalle scuole francesi o dall�Universit� di
Hanoi, erano preclusi i posti pi� alti nella scala gerarchica della
societ�.
Se a ci� aggiungiamo una situazione economica che con il passare
degli anni peggior� sensibilmente, � scontato dire che le
manifestazioni popolari anti-francesi non tardarono a manifestarsi,
anche se ancora non organizzate dall�alto e quindi ancora non in
grado di rovesciare il governo coloniale; nella societ� non era
ancora radicata nessuna idea moderna per quanto riguardasse la
politica o le riforme sociali, e le sporadiche rivolte verso i francesi
*
A. Short, The origins of the Vietnam War, New York, Longman, 1989, (pag 21)
14
non erano poi tanto diverse da quelle che in passato i vietnamiti
avevano condotto verso la Cina, avendo come unico obiettivo
l�indipendenza, e nient�altro.
A cavallo fra i due secoli, due saranno gli eventi destinati a
cambiare il volto all�Estremo Oriente; gli echi della vittoria
giapponese contro la Russia nel 1905 e la caduta dell�impero in
Cina nel 1911 non tarderanno a giungere sino in Vietnam.
Il conflitto russo-nipponico e i suoi riflessi sulla scena politica vietnamita
Il conflitto russo-nipponico affonda le sue cause nel comune
interesse dei due paesi verso la Manciuria e la Corea, reputate due
aree di grandissima importanza strategica.
Nonostante i tentativi dei due paesi di trovare un accordo che
fosse soddisfacente per entrambi, parve chiaro ai pi� che l�unico
modo di risolvere definitivamente tale questione fosse quello di
entrare in guerra, e lasciare che fosse il campo a decidere.
Nel 1904, il Giappone dichiar� guerra e nel 1905, al largo delle
coste di Tsushima, lo scontro decisivo fra la flotta russa che aveva
lasciato l�Europa e quella giapponese comandata dall�ammiraglio
Togo si risolse a vantaggio di quest�ultima.
Il mito dell�invincibilit� dell��uomo bianco� era stato spazzato via
una volta per tutte; ed il risentimento anti-francese mont� sempre
di pi� in Vietnam, tanto che il principe Cuong D�, discendente
dell�imperatore Gia Long, chiese un aiuto al Giappone per potersi
riappropriare del trono che gli era stato usurpato.
Fra gli intellettuali vietnamiti, sono due le correnti che vanno ora
affermandosi; la prima fa capo a Phan Boi Chau, che riteneva
necessario l�uso della violenza per cacciare i Francesi dal Vietnam;
mentre la seconda ha come punto di riferimento Phan Chu Trinh
che, al contrario non reputava necessario l�uso della violenza, ma
che invece propugnava l�idea secondo la quale il Vietnam avrebbe
dovuto servirsi della Francia per diventare una nazione moderna
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nelle sue strutture e nella societ� per potersi poi, in seguito,
affrancare dalla dominazione dello straniero.
Entrambi comunque erano pervasi da un patriottismo che la
vittoria di uno stato asiatico nei confronti di una potenza europea
aveva certamente contribuito a far crescere e maturare.
*
Certamente la vittoria giapponese nel 1905 fece s� che furono
molti, fra gli intellettuali vietnamiti e fra i futuri capi delle
organizzazioni patriottiche, ad andare in Giappone, visto ora come
esempio da studiare per potersi affrancare dalla dominazione
straniera; fra questi lo stesso Pan Boi Chau.
Dalla caduta dell’Impero Cinese al Movimento del 4 Maggio
Agli inizi del XX secolo, le insurrezioni popolari in Cina non si
sono ancora smorzate e nonostante non si assista a sommosse
paragonabili a quella dei Taiping o a quella da poco sedata dei
Boxers, la povert� dilagante nelle campagne contribuisce a far si
che varie sommosse infiammino ancora l�impero di mezzo.
Le aspirazioni dei nuovi gruppi sociali ed i rancori delle classi rurali
trovano un�espressione comune nella rivendicazione nazionalistica
che si svilupper� all�inizio del secolo attorno a due differenti poli:
l�odio nei confronti della dinastia mancese,dovuta al lealismo
provato verso l�ex dinastia cinese, e l�ostilit� verso l�imperialismo,
ovvero verso quelle potenze europee ree di essersi impadronite
delle ricchezze cinesi e di aver ridotto alla fame le classi meno
agiate.
L�opposizione si organizza attorno a Sun Yat-Sen, uno dei
principali artefici del crollo della dinastia mancese; celebri i suoi
�Tre Principi�, ovvero nazionalismo, democrazia e socialismo.
Il nazionalismo � diretto principalmente contro la dinastia
mancese, rea di aver permesso la penetrazione imperialistica; la
democrazia invoca l�elaborazione di una costituzione repubblicana
*
Nguyen Khanh Toan, The Vietnamese People’s road to national and social liberation, Far Eastern Affaire, n� 2,
1978
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che garantisca diritti uguali ai cittadini e la separazione dei poteri
esecutivo, legislativo e giudiziario; il socialismo che invoca Sun �
invece uno strumento contro le ineguaglianze sociali ed
economiche.
L�occasione giusta per i rivoluzionari si present� nel maggio del
1911, allorch� il decreto di nazionalizzazione delle ferrovie,
accompagnato da un prestito straniero di oltre sei milioni di
sterline fece insorgere i notabili della provincia dello Sichuan
contro il governo centrale; gli interessi finanziari lesi, il
patriottismo cinese oltraggiato per l�ennesima volta dal ricorso a
capitali stranieri, contribu� a spingere l�opinione pubblica tutta a
mobilitarsi in massa conducendo una violenta campagna contro
Pechino, diretti dai principali interessati, i notabili.
I disordini dello Sichuan preoccuparono il governo centrale a tal
punto che fu mobilitato l�esercito; ma invece di diminuire, i
disordini si moltiplicarono dinanzi alla minaccia d�intervento.
Ma l�Armata Beiyang, comandata dal generale Yuan Shi-Kai
dimostra di essere molto pi� fedele al suo comandante che
all�autorit� principale; appare subito chiaro a Pechino che la
salvezza della dinastia non dipende tanto dalla repressione delle
rivolte scoppiate nelle province ribelli, quanto da un difficile
accordo con il generale, che non esita a dettare le sue condizioni.
Condizioni che da una parte sono destinate a raccogliere consensi
fra i rivoluzionari, come la creazione di un parlamento e la
richiesta di un�amnistia per gli insorti, dall�altra mirano a
consolidare il suo potere personale; firmando l�accordo la dinastia
mette la parola fine al suo lungo periodo di dominazione in Cina.
Con un voto quasi unanime, la direzione del governo presidenziale
che guider� la neonata Repubblica Cinese � affidata a Sun Yat-Sen;
la solenne cerimonia d�investitura ha luogo il 1� gennaio 1912 a
Nanchino. Dopo tre mesi di rivolte, l�autorit� del governo
imperiale � ora completamente dissolta.