Premessa
vitale importanza, la cui erogazione va comunque garantita a
livelli adeguati), semmai si intende riqualificarla,
responsabilizzando i dirigenti del settore sui risultati, focalizzando
l’attenzione sui costi, impostando un sistema di pianificazione e
programmazione a livello nazionale e soprattutto regionale che sia
capace di perseguire la tutela pubblica della salute, non più ad
ogni costo, ma compatibilmente alle risorse disponibili. Allo scopo
di conferire a strutture e dirigenti del settore un’autonomia
proporzionata alle responsabilità di cui dovranno farsi carico, si è
conferita alle USL e agli Ospedali di maggiore rilevanza, una
personalità giuridica di diritto pubblico, nel contesto di un
processo definito di “aziendalizzazione” delle struttura sanitarie.
Per tale motivo la “nuova sanità” deve costruttivamente
appropriarsi di pratiche e principi di economia aziendale,
tipicamente utilizzati nelle aziende private, applicandoli alla
propria peculiare natura, ai particolari fini istituzionali cui è
preposta, agli specifici assetti organizzativi del Servizio Sanitario
Nazionale. Si avvicinano reciprocamente, pertanto, gli studi di
finanza pubblica, economia sanitaria e management aziendale,
adoperandosi per un mutuo apprendimento di logiche e tecniche
gestionali. Se si vogliono rispettare i principi sopra menzionati, si
dovranno utilizzare degli strumenti di controllo di gestione, mezzi a
disposizione del management che hanno dimostrato un indiscusso
valore nell’ambito della gestione delle aziende private, e che
adesso diventano indispensabili anche per le aziende sanitarie.
L’introduzione di una contabilità dei costi è oggi un obbligo di
legge per le strutture di produzione ed erogazione dei servizi
sanitari, è opportuno, pertanto, descrivere le logiche, gli scopi, le
impostazioni di tale metodologia, così come si sono consolidate in
economia aziendale, e, nel contempo, passo per passo, individuare
le condizioni, le particolarità, le difficoltà da fronteggiare per un
adattamento coerente alla realtà delle aziende sanitarie.
Premessa
La tappa successiva nell’iter logico di impianto di un sistema
di controllo di gestione è rappresentato dall’introduzione di un
completo sistema budgettario, operazione per la quale la maggior
parte delle aziende sanitarie non si è ancora adoperata con serietà
e tempestività. A tal proposito si descriveranno alcune proposte
rilevanti che sono scaturite da studi e sperimentazioni avviate, in
alcune Regioni, su delle USL campione.
Analogamente, si sono manifestati degli sforzi, da parte di un
Istituto di Credito quale “Mediobanca”, protesi alla
predisposizione di un sistema completo di indicatori di efficienza e
di economicità per le aziende sanitarie. È, dunque, interessante
analizzare il corso attuale degli studi e cercare di intravedere gli
sviluppi futuri di una ricerca volta ad offrire alla gestione della
sanità un sistema articolato di controllo di gestione. Inoltre, si
descriverà anche la metodologia di raccolta e comunicazione dei
dati provenienti dal sistema informativo, esplicitando le
caratteristiche generali di un sistema di reporting e
prefigurandone una versione applicata alle aziende sanitarie.
Nodo focale della riforma del Servizio Sanitario Nazionale è
l’abbandono del vecchio sistema di finanziamento delle strutture
erogatrici per mezzo del rimborso delle spese sostenute "a piè di
lista”. Ai fini di contenere la spesa e creare un mercato
competitivo del “prodotto sanitario” si è introdotto un sistema di
finanziamento basato sulla singola prestazione effettivamente
erogata, da remunerare in base ad una gamma di tariffe
prestabilite dalle Regioni. Per supportare questo nuovo metodo si è
accolto un sistema di classificazione delle prestazioni sanitarie
proveniente dagli Stati Uniti, il sistema dei DRGs.
La necessità degli ospedali, realtà complesse con
produzione differenziata, di conseguire adeguati livelli di
efficienza, orienta molti studiosi a suggerire l’adozione da parte di
tali aziende sanitarie di nuove metodologie di gestione e di
Premessa
contabilità (Activity Based Costing), non più focalizzate su unità
organizzative e centri di costo, ma su attività e processi, al fine di
essere in grado di spiegare e razionalizzare il consumo delle
risorse, proprio attraverso lo studio dei momenti in cui esso
avviene. Pertanto, al fine di delineare un quadro il più possibile
completo della situazione attuale della “nuova sanità”, nei capitoli
6 e 7, si affrontano le analisi, rispettivamente, del nuovo sistema di
finanziamento per DRG (raggrupamento omogeneo di diagnosi) e i
possibili sviluppi futuri di una contabilità per attività nelle aziende
ospedaliere.
Capitolo 1
Il Servizio Sanitario Nazionale
Capitolo 1
Il Servizio Sanitario Nazionale
1.1 Cenni giuridico-istituzionali
Un momento di svolta sostanziale nell’inquadramento
normativo del servizio sanitario, è rappresentato, indubbiamente,
dalla legge 23 Dicembre 1978 n. 833. Quest’ultima, ispirandosi
anche testualmente al dettato dell’art.32 della Costituzione, si
propone la tutela della salute come fondamentale diritto
dell’individuo e interesse della collettività. A tal fine istituisce
un Servizio Sanitario Nazionale, unitario ed omogeneo,
costituito “dal complesso delle funzioni, delle strutture, dei
servizi e delle attività destinate alla promozione, al
mantenimento ed al recupero della salute fisica e psichica di
tutta la popolazione, senza distinzione di condizioni individuali
o sociali e secondo modalità che assicurino l’eguaglianza dei
cittadini nei confronti del Servizio” (art.1 comma 1, L. 833/78).
L’attuazione e la gestione del Servizio Sanitario Nazionale
compete allo Stato, alle Regioni e agli enti locali territoriali, che
dovranno, comunque, garantire la partecipazione dei cittadini.
La legge 833/78, dunque, estende l’opera di “pubblicizzazione”
Capitolo 1
Il Servizio Sanitario Nazionale
della sanità, abolisce il sistema mutualistico e, mediante l’Unità
Sanitaria Locale, ricompone in un unico livello istituzionale, il
momento del finanziamento e quello del coordinamento e
dell’erogazione dei servizi sanitari. Proprio l’USL costituisce
l’innovazione principale della legge di riforma che, all’art.10
recita: “alla gestione unitaria della tutela della salute si
provvede, in modo uniforme sull’intero territorio nazionale,
mediante una rete completa di unità sanitarie locali”. Lo stesso
articolo definisce l’USL come il “complesso dei presidi, degli
uffici e dei servizi dei Comuni singoli o associati e delle
Comunità montane, i quali, in un ambito territorialmente
determinato assolvono ai compiti del servizio sanitario
nazionale”. Si delinea, pertanto, una figura che si pone a metà
fra l’ente locale territoriale e l’azienda speciale. L’intento è
quello di valorizzare l’iniziativa e l’autonomia periferica tramite
una rete di USL, articolate territorialmente al servizio delle
specifiche esigenze della popolazione, di cui esse possono
direttamente farsi interpreti; nella realtà degli anni ’80, invece,
ciò è stato frustrato da una intensa “regulation” centralista.
Si ravvisa una concezione “forte” ed accentrata
della programmazione, operata mediante il Piano Sanitario
Nazionale (art.53, L.833/78). Quest’ultimo fornisce le linee
generali di indirizzo e le modalità di svolgimento e
coordinamento delle attività istituzionali del Servizio Sanitario
Capitolo 1
Il Servizio Sanitario Nazionale
Nazionale, stabilite in conformità agli obiettivi della
programmazione socio-economica dello Stato. Si stabilì che il
Piano Sanitario Nazionale venisse predisposto dal Governo su
proposta del Ministero della Sanità e fosse poi sottoposto al
Parlamento ai fini della sua approvazione. Al documento è stata
assegnata una durata triennale con possibilità di modifica nel
corso del periodo di vigenza. Il Piano Sanitario Nazionale deve
stabilire gli obiettivi fondamentali di prevenzione, cura e
riabilitazione, i livelli di assistenza da assicurare in condizione
di uniformità sul territorio nazionale, le linee guida per
l’organizzazione dei servizi e delle prestazioni da parte delle
Regioni, e inoltre, i criteri per la ripartizione del Fondo Sanitario
Nazionale tra le Regioni e, successivamente, ad opera di queste
ultime, tra le USL.
Il Fondo Sanitario Nazionale è costituito da stanziamenti a
carico del bilancio dello Stato, che provengono dai contributi
sanitari, dalle imposte generali e dalle entrate locali (ticket e
proventi a pagamento erogati in strutture pubbliche). Esso
andava determinato annualmente nel contesto della legge
finanziaria e doveva essere coerente con la programmazione
triennale espressa nel PSN. Tale Fondo andava poi ripartito tra
le diverse Regioni, sulla base delle indicazioni contenute nello
stesso Piano Sanitario Nazionale e di alcuni indici, concepiti per
garantire livelli di prestazioni sanitarie uniformi su tutto il
Capitolo 1
Il Servizio Sanitario Nazionale
territorio nazionale, eliminando progressivamente le differenze
strutturali e di prestazioni erogate, esistenti tra le diverse regioni.
Anche queste ultime godono, in base alla legge 833/78, di una
loro autonomia istituzionale, soprattutto per quanto attiene
all’utilizzazione delle risorse disponibili. Le Regioni assolvono
a tre funzioni tipiche: legislativa, amministrativa,
programmatoria. La legge 833/78, le chiamava ad adeguare la
normativa di settore, nell’ambito del pieno rispetto dei principi
fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato, alle esigenze delle
singole situazioni regionali; a coordinare l’intervento sanitario
con quello negli altri settori economici, sociali e di
organizzazione del territorio; a determinare gli ambiti territoriali
delle unità sanitarie locali (art.11). Inoltre, in un’ottica di
programmazione pluriennale, nell’ambito dei programmi
regionali di sviluppo, esse furono incaricate di predisporre dei
Piani Sanitari Regionali triennali (in corrispondenza temporale a
quelli nazionali, e coerentemente ad essi), che contenessero gli
indirizzi di tutti i futuri atti da emanare ad opera delle Regioni
stesse. Esse ricevettero anche il compito di attuare il riparto
delle loro quote di pertinenza del Fondo Sanitario Nazionale alle
Unità Sanitarie Locali, sempre garantendo livelli di prestazioni
uniformi nel territorio. Le quote distribuite prima alle Regioni e
successivamente alle USL rappresentavano dei tetti massimi di
spesa. L’autorità regionale mantenne, dunque, un compito di
Capitolo 1
Il Servizio Sanitario Nazionale
coordinamento e controllo dell’impiego delle risorse e i vincoli
finanziari da essa imposti fecero degli organi operativi di
gestione locale (USL) dei semplici “terminali di spesa”.
Per quanto riguarda i Comuni, la legge 833/78 ritagliò per
loro un ruolo molto importante, adesso ridotto dall’ultima
riforma. Il già citato art.10 dipinse, infatti, le USL come
strumento dei Comuni per presidiare l’attività sanitaria, e
coerentemente assegnò ad essi il compito di nominarne gli
organi di governo.
1.1.2 L’intervento pubblico in sanità
Abbiamo visto come l’ordinamento giuridico attribuisca
alla Pubblica Amministrazione il dovere di occuparsi della tutela
della salute, bene supremo del singolo e della collettività,
consistente nel completo benessere fisico, mentale e sociale. E’
opportuno definire la natura del “bene” assistenza sanitaria per
trovare anche una spiegazione al suo appartenere ai compiti di
benessere attribuiti allo Stato. L’assistenza sanitaria è un bene
economico, in quanto è disponibile in quantità finita e richiede
per la produzione, l’impiego di input la cui offerta è limitata.
Inoltre, viene anche ricompresa tra i beni “meritori”
1
,
caratterizzati da una maggiore importanza del valore utilità sul
1
In proposito si veda, V. Li Donni, Politica Economica e Finanziaria, vol. 1,
CEDAM, 1995, cap. 6.
Capitolo 1
Il Servizio Sanitario Nazionale
valore prezzo, il quale potrebbe anche non esistere. Proprio
questa valutazione, avvicina, in qualche misura, l’assistenza
sanitaria al bene pubblico, nonostante essa produca una serie di
benefici appropriabili a livello individuale.
L’opportunità dell’intervento pubblico si giustifica come
strumento diretto a coniugare i benefici privati a quelli sociali, in
quanto l’individuo potrebbe, altrimenti, compiere azioni in
contrasto con il benessere collettivo. E’ lo Stato, dunque, ad
orientare le scelte mediante un comportamento economico
definito come “paternalismo”
2
.
Altre circostanze che prefigurano un fallimento del
mercato, giustificando l’interventismo, sono: la rilevanza del
momento etico connesso alla salvaguardia della vita umana, un
forte personalismo nell’incontro tra domanda e offerta del
servizio, la difficoltà nella valutazione della qualità e
dell’efficienza produttiva, la ardua quantificabilità delle
prestazioni sanitarie rese, la non coincidenza in capo alla stessa
persona dei momenti di beneficio del servizio e di pagamento
del prezzo, l’assenza di perfetta informazione negli utenti. Tutto
ciò, si sostanzia in una inadeguatezza dei meccanismi allocativi
di prezzo e di mercato, in quanto le caratteristiche del bene si
possono conoscere solo dopo il consumo (experience goods), il
rapporto medico-paziente influenza ed orienta la domanda e
Capitolo 1
Il Servizio Sanitario Nazionale
presenta un’asimmetria informativa che penalizza soprattutto il
“consumatore”, riducendo il grado effettivo di concorrenza.
In tale contesto è inadeguato anche il concetto di
efficienza in senso paretiano, poichè sono irrinunciabili
valutazioni di giustizia distributiva del servizio.
3
E’ importante
aggiungere che nella gestione della sanità dovranno essere
rispettati i criteri di “efficienza”, di “efficacia”
4
, ma anche di
“equità”: garantire un uguale trattamento dei cittadini in
condizioni eguali e un diverso trattamento di quelli in condizioni
diverse. Ecco che la distribuzione territoriale dei servizi va
collegata al reale fabbisogno, per massimizzare i benefici a
parità di costi sostenuti evitando sprechi in alcune aree e
prestazioni insufficienti in altre.
2
R.A.Fertitta, USL e Ospedali nel Servizio Sanitario Nazionale:
organizzazione, finanziamento e gestione, tratto da Annali della Facoltà di
Economia, Università di Palermo, Area economico-finanziaria, 1996.
3
Un cambiamento che producesse un miglioramento nella condizione dei
ricchi e lasciasse invariata quella dei poveri sarebbe comunque un
miglioramento paretiano.
4
Con “ efficacia” si intende la capacità di soddisfare i bisogni, con
“efficienza” il migliore impiego delle risorse scarse, al fine di evitare
sprechi e potere soddisfare volumi più elevati di domanda.
Capitolo 1
Il Servizio Sanitario Nazionale
1.2 L’Unità Sanitaria Locale nella 833/78:
funzioni, organi, contabilità
Si ritiene opportuno descrivere brevemente come la legge
istitutiva disegnò le USL, al fine di comprendere meglio i
caratteri e la portata dei successivi cambiamenti che, in
particolare per quello che attiene la gestione economico-
finanziaria, costituiscono l’oggetto primario della nostra analisi.
L’Unità Sanitaria Locale è lo strumento esecutivo
fondamentale del servizio di assistenza sanitaria nazionale. Il
relativo ambito territoriale, coincideva, in linea di massima, con
quello comunale (relativamente ad un’area che doveva
accogliere tra i 50.000 e i 200.000 abitanti). Tramite tali aziende
pubbliche di servizio, è possibile ricondurre ad un unico centro
di responsabilità i diversi interventi sanitari e gestire
unitariamente le strutture di produzione e di erogazione
(principalmente gli ospedali, ad esse incorporati) al fine di
razionalizzare il servizio di offerta.
Le funzioni di competenza delle USL consistono, nel
dettaglio, nel provvedere: all’educazione sanitaria, all’igiene
dell’ambiente, alla prevenzione delle malattie fisiche e
psichiche, all’assistenza pediatrica, all’igiene e alla medicina
scolastica, del lavoro, dello sport, all’assistenza medico-
Capitolo 1
Il Servizio Sanitario Nazionale
generica, specialistica, farmaceutica, alla cura e riabilitazione
dei pazienti, al controllo igienico di prodotti e alimenti, alla
profilassi veterinaria e ad ogni tipo di certificazione e
prestazione medico-legale (art.14, L. 833/78).
La legge 833/78 prevedeva il “Comitato di gestione” come
organo di governo delle Unità Sanitarie Locali. Il Comitato di
gestione si componeva di 5 o 7 membri, il Presidente, da
scegliere nel novero di essi, veniva nominato dal Comune o
dall’Assemblea dei Comuni, nel caso di Comuni associati o di
Comunità montane. I suoi componenti erano spesso appartenenti
al Consiglio comunale, conferendo quindi, a tale organo, una
natura spiccatamente politica. Il Comitato di gestione era atto a
compiere tutti gli atti di amministrazione dell’Unità Sanitaria
Locale, rappresentando l’ente (art.15, L.833/78). Esso veniva
eletto dall’Assemblea generale, che non era altro che il
Consiglio comunale o una rappresentanza dei consigli dei
diversi Comuni abbracciati dal territorio di competenza
dell’Unità Sanitaria Locale. Si prevedeva, inoltre, un Collegio
dei revisori, tenuto a sottoscrivere i rendiconti e a redigere la
relazione trimestrale sulla gestione amministrativo-contabile.
L’art.49 della citata legge, ci indica la natura del controllo da
effettuarsi sulle aziende sanitarie da parte dei Comitati regionali
di controllo (CO.RE.CO), lo stesso a cui sono assoggettati gli
atti comunali: essenzialmente un controllo di legittimità. Ciò era
Capitolo 1
Il Servizio Sanitario Nazionale
un ulteriore segnale di una eccessiva burocraticizzazione del
servizio, di una struttura formale-garantista che
deresponsabilizzava gli operatori circa l’efficacia e l’efficienza
della loro gestione, soffocandoli con una logica ristretta allo
svolgimento acritico delle mansioni.
L’art.50 della L. 833/78, infine, per quanto concerne il
sistema contabile, ne detta i principi, primariamente poggiati sui
quelli della contabilità pubblica.
1.3 Inefficienze e sprechi: auspici di una
controriforma
Il sistema sanitario impostato dalla legge del 1978, pur
rappresentando una grande evoluzione, non ha retto alla prova
pratica, passibile di numerose critiche e portatore di alcuni
difetti. Contrasto insanabile è stato quello tra il ruolo
accentratore dello Stato e quello programmatorio e di gestione
della spesa, affidato alle Regioni. In tal modo la spesa stessa,
non avendo un unico centro di controllo, è cresciuta a dismisura,
portando a prefigurare ed auspicare, una corresponsabilizzazione
delle Regioni sul piano finanziario, chiamandole ad integrare
con fondi propri le risorse assegnate loro dal Piano Sanitario
Nazionale. Il momento della programmazione, su cui avrebbe
Capitolo 1
Il Servizio Sanitario Nazionale
dovuto fondarsi il sistema, è stato solo un miraggio e con esso si
è anche smarrito ogni proposito di controllo della spesa
sanitaria: il primo PSN è stato emanato solo nel 1993. I
trasferimenti alle USL, di ripartizione del FSN, si sono sempre
rivelati sottostimati e la soluzione ai debiti da esse contratti è
stata la copertura integrale delle spese sostenute, a posteriori, “a
piè di lista”, indipendentemente dalla produttività delle strutture
finanziate. Il ripianamento da parte dello Stato di tutte le spese
eccedenti i tetti prestabiliti, si poggiava sul presupposto della
non limitabilità della domanda di salute e la non razionabilità
delle risorse destinate al suo soddisfacimento. Inoltre, essendo
inapplicata qualsiasi forma di programmazione, lo stanziamento
del Fondo Sanitario Nazionale, ogni anno, si basava,
essenzialmente, sulle spese effettivamente sostenute l’anno
precedente, consolidando gli sprechi. L’origine di questo
insanabile circolo vizioso stava nell’anteporre la predisposizione
degli obiettivi del sistema, alla valutazione delle risorse
razionalmente disponibili senza la creazione di squilibri
finanziari.
Tra la fine degli anni 80’ e gli inizi degli anni 90’, viene
fuori, dunque, un quadro dove resistono forti squilibri territoriali
e dove la dicotomia fra il costo complessivo dei servizi da
attivare e le risorse disponibili, si è allargata.