una che si muove verso destra e l’altra verso sinistra, con una velocità pari alla costante
(positiva) c, che nel caso della propagazione d’onde luminose è proprio la velocità della
luce. Queste onde non interagiscono tra loro né con qualche altra onda esterna. Ciò è una
conseguenza dell’equazione (1.1.1), che non presenta termini aggiuntivi dovuti ad
interazioni, come scambio di energia ed interferenza. L’equazione (1.1.1) è una semplice
equazione lineare e, come tale, ha un’altra proprietà fondamentale.
Combinando linearmente diverse soluzioni della (1.1.1) si avrà, come risultato, un’altra
funzione, soluzione della medesima equazione.
Consideriamo ora un altro esempio,costituito dall’equazione [1]
0=+
xt
cuu . (1.1.3)
Essa ammette la soluzione
() ( )ctxftxu −=, , (1.1.4)
con f funzione arbitraria.
Dal caso generale di un’equazione d’onda lineare si può partire per affrontare
problematiche più complesse in cui compaiono fenomeni di dispersione, di dissipazione e
di non linearità.
Prendiamo ora in esame il seguente caso
0=++
xxxxt
uuu , (1.1.5)
che rappresenta un’equazione d’onda dispersiva.
Una soluzione della (1.1.5) può essere data dalla funzione
()
()tkxi
etxu
ω−
=, , (1.1.6)
dove
3
kk −=ω , (1.1.7)
che prende il nome di relazione di dispersione. Si vede che ω è funzione del “numero
d’onda” k. Quando k è reale si hanno soluzioni oscillanti. La funzione ω è la frequenza. In
base alla (1.1.7) si ottiene
( )[ ]tkxktkx
2
1 −−=− ω , (1.1.8)
e quindi la (1.1.6) descrive un’onda che si propaga con velocità
2
1 k
k
c −==
ω
. (1.1.9)
Pertanto dalla (1.1.9) si evince che la velocità di propagazione dell’onda è funzione del
numero d’onda. In altre parole, le onde con differenti numeri d’onda si propagano con
velocità differenti. Questa è la caratteristica principale delle onde dispersive.
Esistono, infine, equazioni non lineari che possono essere dissipative, quale l’equazione di
Burgers
0=−+
xxxt
uuuu (1.1.10)
ed equazioni non lineari del tipo
0=++
xxxxt
uuuu . (1.1.11)
Quest’ultima equazione, che prende il nome di equazione di Korteweg – de Vries (KdV)
([2] , [3]), verrà studiata più avanti.
1.2. Le onde solitarie.
L’equazione KdV ammette alcune soluzioni particolarmente importanti per le applicazioni,
denominate onde solitarie. Una soluzione di tipo onda solitaria è caratterizzata dall’essere
una singola onda viaggiante localizzata.
La prima osservazione dell’esistenza di queste particolari onde risale al 1834 e fu effettuata
da J. Scott Russell, mentre osservava una nave traghettata nel canale di Edimburgo. Egli la
chiamò “grande onda viaggiante”. Russell riportò questa sua osservazione alla British
Association nel 1844 con il lavoro “Report on Waves” [3].
Nel 1895 Korteweg e de Vries [21] misero a punto alcuni strumenti analitici per lo studio
di onde solitarie. Essi determinarono un’equazione che spiega la propagazione di tali onde
in acque poco profonde, includendo effetti non lineari e dispersivi, ma ignorando gli effetti
dissipativi. Lavorando sulle soluzioni d’onda dell’equazione che prende il loro nome, essi
risolsero l’equazione stessa assumendo che la forma della soluzione fosse del tipo
() ()ξΦ=Φ tx, , (1.2.1)
con
vtx −=ξ , (1.2.2)
dove la costante v denota la velocità di propagazione dell’onda.
La relazione (1.2.2) implica che
ξd
d
x
=
∂
∂
,
ξd
d
v
t
−=
∂
∂
. (1.2.3)
L’equazione (1.1.5), che è alle derivate parziali, si riduce ad una equazione differenziale
ordinaria, che può essere risolta nel seguente modo.
Utilizzando le (1.2.1), (1.2.2) e (1.2.3) si ottiene
ξξ
ξ Φ−=Φ= vu
tt
e
ξξ
ξ Φ=Φ=
xx
u ;
quindi la (1.1.5) diventa
0=Φ+ΦΦ+Φ−
ξξξξξ
v , (1.2.4)
vale a dire
0
2
1
2
=
Φ+Φ+Φ−
ξξ
ξ
v
d
d
.
Integrando tale equazione, si trova
12
2
1
cv =Φ−Φ+Φ
ξξ
, (1.2.5)
dove
1
c è una costante arbitraria.
Moltiplicando la (1.2.5) per
ξ
Φ :
ξξξξξξ
Φ=ΦΦ−ΦΦ+ΦΦ
1
2
2
1
cv ,
da cui
Φ=
Φ−Φ+Φ
ξξ
ξ
d
d
cv
d
d
1
232
2
1
6
1
2
1
,
integrando nuovamente:
21
232
2
1
6
1
2
1
ccv +Φ=Φ−Φ+Φ
ξ
, (1.2.6)
con
2
c costante arbitraria.
Risolvendo l’equazione (1.2.6) rispetto alla
ξ
Φ e separando le variabili otteniamo
ξd
vcc
d
±=
Φ−Φ++Φ
Φ
32
21
3
1
22
. (1.2.7)
Giunti a questo punto, consideriamo il caso in cui 0
21
== cc . Allora la (1.2.7) diventa
ξd
v
d
±=
Φ−Φ
Φ
3
1
. (1.2.8)
Si integrano ambo i membri della (1.2.8). L’integrale a sinistra si può calcolare
effettuando la sostituzione Φ−=
3
1
vy , giungendo, così alla semplice formula
∫∫
±=
−
− ξddy
yv
2
1
2 . (1.2.9)
Dalla (1.2.9) si ricava
()
2
1
12
ξ
ξ
v
v
e
e
v
+
=Φ . (1.2.10)
Estraendo dal denominatore della (1.2.10) il termine
2
ξv
e e tenendo presente la
definizione della funzione trascendente Cosh[x] si ottiene il risultato
==Φ
2
3
]
2
[cosh
3
2
2
ξν
ν
ξ
senh
v
v
. (1.2.11)
La soluzione (1.2.11) rappresenta la soluzione mono-solitonica dell’equazione KdV.
Altre soluzioni si possono ottenere nel caso in cui le costanti d’integrazione
1
c e
2
c sono
diverse da zero. In questo caso le soluzioni sono espresse nella forma di integrali ellittici.
Definizione: Data una qualunque equazione d’onda, un’onda viaggiante ()ξ
T
Φ è una
soluzione che dipende solo dalle variabili x e t mediante la relazione vtx −=ξ , dove v è
una costante fissata.
Per la classe delle onde viaggianti, che sono anche delle soluzioni localizzate chiamate
onde solitarie, vale la seguente definizione:
Definizione: un’onda solitaria ()ξ
TS
Φ , è un’onda viaggiante localizzata o, più
precisamente, un’onda viaggiante la cui transizione da uno stato asintotico costante
−∞→ξ ad un altro +∞→ξ è essenzialmente localizzato in ξ . (Vedi [22])
Ci sono due tipi di onde solitarie: il solitone propriamente detto ed il kink, rappresentati
rispettivamente nella figura {1} e {2}.
Figura 1 Soluzione solitonica dell’equazione di KdV.
Figura 2 Rappresentazione di un kink, soluzione
dell’equazione di sine-Gordon.
Le onde solitarie sono state a lungo considerate delle semplici curiosità matematiche,
relative allo studio di particolari equazioni differenziali alle derivate parziali (PDE).
Inoltre, si credeva che, prese due onde solitarie e fatte interagire, il risultato sarebbe stato
simile a quello che si verifica con le onde normali, cioè effetti di interferenza o
disgregazione oppure, addirittura, si pensava potessero annullarsi. Successivamente, con
lo sviluppo dei calcolatori, è stato possibile fare delle simulazioni facendo interagire due o
più onde solitarie. Si è potuto così vedere che queste onde erano diverse da quelle fino ad
allora studiate. Avevano proprietà nuove e straordinarie che le rendevano molto più simili
a particelle, che a semplici funzioni d’onda.
Dopo un’interazione esse mantenevano inalterata la loro integrità e identità, proprio come
accade nell’urto elastico tra due corpi solidi.
I primi risultati che portarono alla scoperta di queste particolari proprietà furono effettuati
nel 1962 da Perring e Skyrme [22], che poterono associare l’interazione tra due solitoni,
soluzione dell’equazione di sine-Gordon, ad un semplice modello di scattering fra
particelle materiali.
Successivamente Shorthy e, contemporaneamente, Zabusky e Kruskal [26] pubblicarono
dei risultati, completamente indipendenti, dei loro studi, fatti con simulazioni al computer
di soluzione d’onda solitaria dell’equazione di Korteweg - de Vries applicata per studiare
le onde che si propagano in un plasma. I risultati di queste simulazioni dimostravano che
le onde solitarie, emergenti da una collisione, avevano la stessa forma e la medesima
velocità di quelle interagenti.
Zabusky e Kruskal coniarono il termine “solitone” per indicare questa importante
proprietà. Il termine solitone fu adottato in origine esclusivamente per caratterizzare
queste particolari proprietà delle soluzioni d’onda solitaria dell’equazione di Korteweg -
de Vries. Successivamente si è scoperto che esistono altre equazioni che ammettono tra le
loro soluzioni quella solitonica.
Definiamo, ora, esattamente cos’è un solitone.
Definizione: Un solitone ()utx
s
−Φ è un’onda solitaria, soluzione di un’equazione
d’onda che conserva asintoticamente la stessa forma e velocità dopo una collisione con
altre onde solitarie (vedi [22]).
Consideriamo, ad esempio, l’equazione di Korteweg – de Vries.
Data una soluzione ()tx,Φ composta solo da onde solitarie tale che
() ()
iST
N
i
tx ξΦ≈Φ
∑
= 1
, per −∞→t ,
dove
tux
ii
−=ξ , tu
i
cos= ,
tale onda solitaria sarà chiamata solitone se emerge, dopo un’interazione, un’onda solitaria
tale che
() ()
iST
N
i
tx ξΦ≈Φ
∑
= 1
, per +∞→t ,
con
iii
tux δξ +−= , .cos t
i
=δ
Si può vedere che in questa definizione di solitone si è omesso il concetto di stabilità.
Certamente non perché la stabilità delle soluzioni solitoniche sia di minore importanza
rispetto alle proprietà di interazione. Ma, come si può ben notare dalla definizione, il
considerare l’onda in tempi estremamente lunghi, sia dalla parte dell’asse negativo del
tempo che da quello positivo, implica indirettamente il grande grado di stabilità di queste
entità matematiche.
Abbiamo precedentemente detto che in origine si credeva che le soluzioni solitoniche
fossero ammesse solo dall’equazione di Korteweg - de Vries, ma successivamente si è
potuto verificare che esistono altre equazioni dotate di tale proprietà. Si è potuto così
osservare che, qualitativamente, quando gli effetti di carattere non lineare sono bilanciati
da quelli di tipo dispersivo, si ottengono soluzioni stabili.
Le equazioni più note che ammettono soluzioni solitoniche in 1+1 dimensioni (1
dimensione spaziale ed 1 dimensione temporale) sono:
1) 0=Φ+ΦΦ+Φ
xxxxt
α eq. di KdV
2) 0
2
=Φ+ΦΦ+Φ
xxxxt
α eq. di KdV modificata (mKdV)
3) Φ=Φ−Φ sen
ttxx
eq. di sine-Gordon
4) () ( )[]
1
22
2
expexp
+
−−−=
nn
n
brbr
td
yd
m α eq. di Toda
5) () 06
2
=Φ+Φ+Φ−Φ
xxxxxxttxx
eq. Boussinesq
6) 0
2
=ΦΦ+Φ+Φ α
txx
i eq. di Schrödinger non lineare
(α , a e b sono costanti).
CAPITOLO II
2.1 Soluzione dell’equazione di Korteweg – de Vries con il Metodo del
Prolungamento di Struttura.
Il metodo di prolungamento di struttura permette di determinare alcune soluzioni di
particolari equazioni differenziali alle derivate parziali, con l’utilizzazione di nuove
variabili, legate a quelle dell’equazione originaria, da condizioni di integrabilità.
Le equazioni scritte nelle nuove variabili sono equazioni lineari nelle quali le variabili
originarie giocano il ruolo di un potenziale. Il numero delle nuove variabili non è
specificato in partenza e questo potrebbe essere un problema in quanto il numero delle
variabili è associato al tipo di equazione studiata.
Siano
a
x , a=1,..., n le variabili indipendenti spazio – temporali. Sia u la variabile
originale che compare nell’equazione; con
aba
uu , ,..., si denotino le derivate parziali prima,
seconda, ecc.; sia infine {
A
y }, (A=1,...,N) il set delle nuove variabili dipendenti che
prende il nome di pseudopotenziale, dove
A
a
y ,
A
ab
y ,...sono le derivate parziali prima,
seconda, ecc.
Si suppone che la u soddisfi l’equazione differenziale alle derivate parziali [4]
()0...,,, =Φ
aba
a
uuux (2.1.1)
Le nuove variabili
A
y sono definite da equazioni del tipo
()
B
aba
aA
b
A
b
yuuuxFy ,...,,,,= . (2.1.2)
Si può osservare che nell’equazione (2.1.2) compaiono le stesse variabili u con i medesimi
ordini di derivazione di quelle che compaiono nell’equazione (2.1.1).
Inoltre per la (2.1.2) deve valere la condizione di integrabilità, che è garantita dalla
relazione
A
c
b
A
b
c
y
x
y
x ∂
∂
=
∂
∂
,
o equivalentemente
A
cb
A
bc
FDFD = , (2.1.3)
dove
B
B
c
d
cdc
c
c
y
F
u
u
u
u
x
D
∂
∂
++
∂
∂
+
∂
∂
+
∂
∂
= ... ,
è l’operatore di derivata totale fatto rispetto alla variabile
c
x .
La somma sugli indici ripetuti è soppressa per semplicità.
Questa costruzione rappresenta il prolungamento dell’equazione (2.1.1) imponendo che
valga la condizione di integrabilità (2.1.3).
Se ci limitiamo a considerare equazioni differenziali in 1+1 dimensioni, la condizione di
integrabilità si scrive
0
2112
=−
AA
FDFD .