4
Specifica attenzione sarà poi ovviamente dedicata all’Italia. Nel terzo
capitolo saranno analizzate in dettaglio le posizioni giurisprudenziali e dottrinarie
di maggior rilievo e verrà fatto il punto della situazione attuale. Si mostrerà come
nel nostro paese, ancor più che nel resto dell’Europa, si sia registrato un apparente
disinteresse verso questo istituto evidenziato dallo scarno numero di sentenze
emanate sull’argomento successivamente all’emanazione del decreto che ha
accolto i dettami della direttiva europea del 1985. Infatti, a fronte dell’accesissimo
dibattito che ha interessato la dottrina e la giurisprudenza americane nel corso
degli ultimi venti anni e che ha prodotto migliaia di cause contro case produttrici
facendo nascere l’esigenza di redigere il Terzo “Restatement of Torts” del 1998, in
Italia l'applicazione della legge è stata largamente al di sotto di ogni ragionevole
previsione. Invece che dei fenomeni di “overcompensation” e di
“overdeterrence” che hanno caratterizzato l'esperienza nordamericana, in Italia
come in Europa si potrebbe addirittura parlare di una vera e propria “implosione”
dell’istituto di responsabilità del produttore e dell’applicazione del decreto di
attuazione della normativa comunitaria. Le controversie giudiziarie decise dalle
Corti italiane fino al 1998, infatti, sono state meno di dieci e tutte hanno
riguardato episodi abbastanza marginali rispetto al ben diverso scenario di
contenzioso che si sarebbe potuto immaginare alla luce dell’esperienza
statunitense. Le aspettative di coloro i quali avevano considerato troppo ridotti i
casi discussi prima del 1985, pertanto, sono state fortemente deluse.
Una volta delineata la siffatta situazione sarà d’uopo interrogarsi sulle cause
che hanno determinato tanto il successo dell’istituto negli Stati Uniti quanto il suo
fallimento -almeno alla data odierna- nel Vecchio Continente.
5
È possibile, in altre parole, che le imprese produttrici e le esigenze del
mercato abbiano negli USA una rilevanza talmente maggiore di quella attribuita
loro in Italia da determinare una così diversa applicazione della disciplina della
responsabilità del produttore? O invece non si potrebbe attribuire tale differenza
alla maggior qualità dei processi produttivi sviluppati in Europa e quindi al minor
numero di prodotti difettosi? A questi e ad altri interrogativi si cercherà di
rispondere nel corso della presente trattazione.
6
1. Evoluzione storica della responsabilità del
produttore
La nascita della products liability
Tutela del consumatore e responsabilità del produttore sono due concetti che
hanno iniziato a farsi largo nel diritto civile solo di recente. Nel diciannovesimo
secolo si escludeva del tutto che i produttori fossero direttamente responsabili nei
confronti dei loro clienti. La mancanza di privity (il rapporto contrattuale
anglosassone in senso lato) tra consumatore e produttore non ammetteva la
responsabilità contrattuale di quest’ultimo e, poiché non vi era un dovere generale
di attenzione fra persone non legate da contratto, si escludeva altresì la
responsabilità extracontrattuale
1
.
1
Winterbotton v. Wright, in 10 M. & W.109, 152 Eng. Rep. (1842)
7
Le prime aperture si sono verificate agli inizi del ventesimo secolo negli
Stati Uniti, dove la giurisprudenza ha iniziato ad ammettere il risarcimento nel
caso di beni cosiddetti “imminently o inherently dangerous” (pericolosi per loro
natura), quali per esempio i medicinali, le armi e gli esplosivi; nel corso degli anni
i beni considerati pericolosi sono aumentati di numero finché, nel 1916, J.
Cardozo ha generalizzato questa categoria considerando “inherently dangerous”
tutti i beni suscettibili di recare danno agli altri se prodotti negligentemente
2
.
Questa regola è stata successivamente confermata in un famoso leading case dalla
House of Lords inglese del 1932 e non è più stata messa in discussione
3
.
Il concetto di responsabilità del produttore o meglio di responsabilità per
prodotti pericolosi da quel momento ha iniziato ad estendersi esponenzialmente,
soprattutto negli Stati Uniti d’America. Questo allargamento ha riguardato tanto le
categorie di soggetti, quanto i tipi di prodotti o addirittura di attività per i quali si
configurava la responsabilità
4
. Se inizialmente la responsabilità gravava solo sulla
persona che produceva il bene, gradualmente essa ha iniziato ad estendersi anche
a soggetti differenti: la giurisprudenza, ad esempio, ha cominciato ad ammettere la
responsabilità anche di soggetti come l'importatore o il commerciante di
determinati prodotti. Dai difetti di fabbricazione si è gradualmente passati alla
responsabilità per i difetti di progettazione (design defects) relativi ad intere
categorie di prodotti. In taluni casi è stato concesso il risarcimento perfino in
presenza di un utilizzo improprio del prodotto da parte del consumatore.
2
J Cardozo era il giudice del famoso caso McPherson v. Buick Motor Company, in 217
N.Y.(1916), la cui sentenza fu definita come epic decision nella evoluzione della disciplina
dell’illecito causato da prodotti dannosi.
3
House of Lords, sentenza Donoghue v. Stevenson, A.C. 562 (1932)
4
Corte suprema della California, sentenza Escola v. Coca Cola Bottling Co., in 24 Cal. 2d 453,
150 P2d 436 (1944)
8
La giurisprudenza ha inoltre ammesso il principio della responsabilità per
quote di mercato (market share liability), proporzionale alla porzione di mercato
di ciascun produttore
5
.
Tutto questo, unito all’affermarsi dell’istituto della responsabilità oggettiva,
nonché alla possibilità di intentare class actions in caso di “mass torts”, ed ancora
alla possibilità di ottenere ingenti somme a titolo di punitive damages, ben presto
ha cominciato ad esercitare un impatto devastante sul sistema americano della
responsabilità del produttore. Il progressivo incremento delle somme dovute a
titolo di risarcimento del danno ha gradualmente aperto le porte ad una vera e
propria crisi della responsabilità civile e del sistema assicurativo americano che si
è definitivamente verificata negli anni ottanta del ventesimo secolo. Come
vedremo nel secondo capitolo, a proposito dell’esperienza statunitense, infatti,
molte industrie ed interi sistemi produttivi, come per esempio l'industria
dell’amianto, sono stati costretti ad uscire dal mercato subissati dalle domande
risarcitorie.
5
Corte suprema della California, sentenza Sindell v. Abbott Laboratories, in 26 Cal. 3d 588, 163
Cal. Rptr. 132, 607 P. 2d 924 ( 1980)
9
L’esperienza europea fino al 1985
Nei più importanti Stati membri della Comunità Europea, il principio della
responsabilità del fabbricante per difetti di produzione è stato definitivamente
riconosciuto con la direttiva 25 luglio 1985, n. 374. Anche prima di essa, tuttavia,
l’attività comunitaria era stata caratterizzata già da alcune iniziative in materia,
soprattutto attraverso l’uso degli strumenti di natura extracontrattuale
6
; tra queste
ricordiamo il “Progetto di convenzione sulla responsabilità del produttore”
adottato dal Consiglio d’Europa il 27 gennaio del 1977 e la “Proposta di direttiva
del Consiglio relativa al ravvicinamento delle disposizioni legislative,
regolamentari e amministrative degli Stati membri in materia di responsabilità
per danno da prodotti difettosi” presentata dalla Commissione al Consiglio a
partire dal luglio 1975 e nell’ ultima stesura nel 1979. Risalgono agli stessi anni
anche la “Carta europea dei consumatori” e la risoluzione adottata il 25 aprile del
1975 dal Consiglio della Comunità Economica Europea in relazione a un
“Programma preliminare della CEE per una politica di protezione e di
informazione del consumatore”. Queste forme di attività comunitaria erano
essenzialmente ispirate dall’esigenza di assicurare a tutti i consumatori la più
ampia tutela.
7
6
In Germania, per esempio, la sentenza del BGH del 26 novembre 1968 è stata la prima che ha
affermato la natura extracontrattuale della responsabilità del produttore, utilizzando lo strumento
dell’inversione dell’onere della prova della colpa.
7
Alpa G., Bessone M. La responsabilità del produttore, Giuffrè, Milano, 1976
10
a) La “Carta europea del consumatore”
In particolare, la “Carta europea del consumatore”, redatta dal Consiglio
d’Europa nel 1973, era una vera e propria raccolta di diritti fondamentali,
dedicata specificamente alla “protezione del consumatore”; accanto al diritto al
risarcimento dei danni, essa prevedeva un diritto all’assistenza, all’informazione e
all’educazione. L’Assemblea Consultiva del Consiglio d’Europa ha invitato gli
Stati membri ad adeguare l’ordinamento interno alle regole della Carta e, in
mancanza di norme esistenti, ad emanare provvedimenti legislativi volti a
predisporre gli strumenti giuridici di tutela del consumatore. Il paragrafo B della
“Carta di protezione del consumatore” prevedeva che ogni consumatore avesse la
possibilità di ottenere dal fornitore di beni e servizi il risarcimento per ogni
pregiudizio subito a causa di una descrizione menzognera sulle caratteristiche del
prodotto o di un difetto di fabbricazione o di funzionamento, la possibilità di
ricorrere al giudice nazionale o ad un arbitro ufficiale. Particolare di non lieve
importanza, l’onere della prova veniva posto a carico del fornitore.
11
b) Il “Progetto di convenzione sulla responsabilità del produttore”
Appena quattro anni dopo la “Carta del consumatore” il Consiglio d’Europa
ha elaborato un nuovo progetto, chiamato “Progetto di convenzione sulla
responsabilità del produttore” sempre in materia di risarcimento del danno, ma
con più attenzione alla responsabilità del fabbricante per i pregiudizi provocati al
consumatore dalla distribuzione di prodotti difettosi, finalizzato a realizzare
l’uniformità della disciplina giuridica del fenomeno nell’ambito degli ordinamenti
nazionali. Con esso il Consiglio d’Europa sembrava orientato ad elaborare un
modello di disciplina della responsabilità del produttore basato su criteri oggettivi.
Ed era a questo proposito significativo che, come precisava l’articolo 3 del
progetto, non fossero assoggettati a tutela solo i fabbricanti dei prodotti difettosi,
bensì anche gli importatori e tutti coloro che avessero partecipato alla messa in
commercio di tali prodotti con il proprio marchio o altro segno distintivo.
Più precisamente, perseguendo il fine di una disciplina uniforme, il progetto
realizzava una composizione degli orientamenti dottrinali e giurisprudenziali
emersi dalle diverse esperienze dei Paesi europei.
ξ Nell’esperienza francese, secondo le caratteristiche del diritto contrattuale, si
mostrava la tendenza ad accollare al “fabricant”, considerato come primo
venditore e primo anello della catena di distribuzione della merce, una
responsabilità oggettiva per danni derivanti all’acquirente dai vizi o difetti della
cosa. La lettura nel senso più favorevole al compratore degli articoli 1645 e 1646
del Code Civil era tale da imporre al produttore una responsabilità contrattuale
sicuramente più rigorosa di quella che normalmente incontra il “vendeur”
12
occasionale
8
. Al contrario, l’ipotesi di una responsabilità oggettiva o aquiliana a
carico del produttore pareva meno probabile, resa difficile soprattutto dalle norme
del Code Civil che codificavano il principio “nessuna responsabilità senza colpa”
e quindi impegnavano la vittima alla dimostrazione della colpa dell’impresa
rendendo così più improbabile la possibilità di ammettere il risarcimento.
ξ L’esperienza tedesca appariva completamente orientata verso un modello di
responsabilità fondato o sul “contratto sociale”, concluso tra impresa e singolo
consumatore attraverso attività promozionali, la cosiddetta reclame, o sulle regole
di responsabilità aquiliana, sulla base però dei principi della responsabilità per
colpa.
ξ Le tendenze che emergevano dalla case law inglese prendevano il via da una
applicazione sempre più lata del principio di “due care” formulato in una
pronuncia del 1974 da Lord Atkin
9
, secondo il quale il fabbricante era tenuto ad
osservare nei confronti del destinatario del prodotto una diligenza ragionevole.
L’inosservanza di questa regola rilevava ogni volta che il consumatore subisse un
pregiudizio dai danni derivanti dall’uso del bene, anche se non potesse fornire
prove evidenti della colpa del produttore. Il modo di procedere del common law
inglese, comunque, invece di orientarsi verso criteri di responsabilità oggettiva
pura, stabiliva regole per il controllo delle vendite al consumatore e interpretava in
modo più favorevole per gli acquirenti le condizioni generali di contratto. La
disciplina del Supply of Goods (Implied Terms) Act del 1973 indicava proprio la
necessità di tutelare il consumatore non solo per quanto riguarda la diffusione di
8
Malinvaud. La responsabilità civile du fabricant en droit français, La responsabilité civile du
fabricant dans les Etats du Marché commun, Aix-Marseille, 1974.
9
House of Lords, sentenza Donoghue v. Stevenson, A.C. (1932)
13
prodotti dannosi, ma a partire dalla imposizione di condizioni contrattuali
inique.
10
ξ Nell’esperienza italiana, l’argomento era affrontato soprattutto dalla
dottrina, partendo da modelli di responsabilità per colpa e cercando di elaborare
schemi di responsabilità oggettiva del produttore o tipi di responsabilità oggettiva
integrati da responsabilità per colpa, o ancora esempi di responsabilità
precontrattuale basati sul principio dell’affidamento suscitato nel consumatore
dall’impresa. Proprio di questa evoluzione si parlerà più compiutamente nel primo
paragrafo del secondo capitolo.
Da questo pur breve esame del contesto europeo risulta chiaro come il citato
“Progetto di convenzione sulla responsabilità del produttore” presentasse sia
aspetti positivi che negativi. Quanto ai primi è da apprezzare la scelta di imporre
al fabbricante una vera e propria responsabilità oggettiva così come si desumeva
direttamente dall'articolo 3; inoltre, l’intenzione di disciplinare nello stesso modo
la responsabilità dell'importatore e dell'imprenditore che diffonde prodotti altrui
con etichette che recano il suo nome e i suoi segni distintivi appariva senz'altro
opportuna, così come la formulazione degli articoli 3 e 4 che imponevano al
fabbricante di “parti componenti” una responsabilità solidale con quella
dell'impresa distributrice, con la previsione dell’esonero qualora l'interessato
dimostrasse che il danno era stato cagionato da difetto insito in altre parti del
prodotto, da lui non fornite all'assembler. Ammettendo il principio della
responsabilità per rischio, il Progetto non lasciava molte possibilità all'impresa di
escludere la propria colpevolezza, sia perché testualmente disponeva la
10
Alpa, Bessone.La responsabilità del produttore, op. cit.
14
responsabilità del produttore anche nell'ipotesi di danno causato da un atto
imputabile ad un dipendente (art. 5) o anche ad un terzo, sia perché precisava il
principio per cui il produttore aveva l’onere di portare in giudizio la prova che il
prodotto non era stato da lui messo in circolazione, o che il difetto non esisteva al
momento della messa in circolazione (art. 5).
Il profilo negativo del progetto riguardava invece la formulazione
dell’articolo 4, che prevedeva la possibilità di riduzione o di esclusione del
risarcimento nel caso di colpa della vittima. Né sembrava una scelta felice quella
di stabilire un termine di prescrizione dell'azione in tre anni (dal giorno della
conoscenza o della conoscibilità del danno) (art. 6), se si considera che nel nostro
ordinamento la vittima, secondo le regole di diritto comune, poteva avvalersi della
prescrizione quinquennale in materia di responsabilità aquiliana, e di una
prescrizione decennale in materia di responsabilità per inadempimento.
Molto importante era, comunque, la disposizione dell'articolo 8 che stabiliva
che la responsabilità del produttore non poteva essere esclusa o limitata attraverso
una clausola di esonero. Il disposto dell’articolo 12, però, lasciando agli Stati
membri la possibilità di variare la disciplina dell’articolo 8, deludeva le
aspettative di coloro che avrebbero preferito una tutela non impostata sulla
responsabilità aquiliana, ma articolata nei vari settori della materia
Questo progetto tralasciava le problematiche relative alla prevenzione del
danno e certamente va valutato come un primo segmento di una linea che si
formerà attraverso una serie di interventi articolati volti a comporre in modo
razionale la funzione preventiva e quella risarcitoria delle regole di responsabilità
civile.
15
c) La “Proposta di direttiva del Consiglio relativa al ravvicinamento delle
disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri
in materia di responsabilità per danno da prodotti difettosi”
Il problema della responsabilità del produttore ha interessato anche la
Commissione della Comunità Europea che nel luglio del 1975 ha elaborato alcune
direttive per rendere uniforme negli Stati membri la disciplina della circolazione
di prodotti difettosi. Il contenuto di queste direttive non presentava grandi
differenze rispetto al progetto redatto dalla Commissione del Consiglio d'Europa.
Il termine “produttore“ era definito in senso lato, comprendendo anche la figura
dell'”importatore”, e il “prodotto difettoso” era inteso nel senso di bene che non
presenta quella sicurezza che una persona avrebbe potuto aspettarsi. Anche le
direttive della Comunità Europea statuivano criteri di responsabilità oggettiva del
fabbricante. Il produttore non poteva discolparsi offrendo la prova della propria
diligenza, ma poteva evitare la responsabilità dando prova del fatto che l'articolo
non era difettoso quando fu posto in circolazione. Non poteva invece eccepire che
il difetto era stato causato da colpa di un suo dipendente o di non esserne stato a
conoscenza al momento della messa in circolazione della merce.
Neppure la colpa dell'utente, che avesse omesso di seguire le istruzioni
impartitegli dal produttore, o non avesse osservato le regole di normale diligenza
e prudenza, poteva, in linea di principio, essere sufficiente ad escludere la
responsabilità del produttore se l'articolo era difettoso.
16
Infine, anche la Proposta della Commissione precisava che la responsabilità
non potva essere esclusa o limitata in alcun modo, pur prevedendo però la
possibilità di determinare l’ammontare del risarcimento in base alla natura del
danno.
17
d) La “Convenzione internazionale sulla legge applicabile alla responsabilità
per il fatto dei Prodotti”
La diffusione di prodotti difettosi avviene molto spesso in aree commerciali
che interessano i territori di più Stati. La “Convention sur la loi applicable et la
responsabilité du fait des Produicts” fu elaborata sulla base di un progetto
preparato nel corso della XII sessione della Conferenza di diritto internazionale
privato, tenutasi all'Aja dal 2 al 2I ottobre 1972.
11
Inizialmente, come criterio di
collegamento, per la scelta della legge applicabile, nel caso di conflitto di
ordinamenti giudiziari, il progetto della Conferenza dell'Aja aveva indicato la
residenza della vittima. Si proponeva, cioè la scelta della legge vigente nel luogo
di residenza del consumatore danneggiato. In sede di redazione del testo definitivo
la Commissione ha mutato avviso ed ha scelto il criterio tradizionale in materia di
responsabilità civile della lex loci commissi delicti, cioè la legge interna dello
stato sul cui territorio il fatto dannoso è accaduto. Tale principio opera purché lo
stato in cui è avvenuto il fatto dannoso sia anche lo stato dove risieda
abitualmente la persona lesa, quello del suo domicilio, o quello dove è avvenuto
l’acquisto; in mancanza di questi requisiti, opera la legge interna dello stato in cui
si trova la sede principale del fabbricante.
11
A partire dal 2 ottobre 1973 la Convenzione è stata firmata da sei Stati, Francia, Italia,
Lussemburgo, Norvegia, Olanda e Portogallo, ma nessuno di essi l’ ha ratificata