INTRODUZIONE
Ogni individuo percepisce il senso della propria vita, le gioie e le sofferenze, in modo
unico e personale. Alcune persone, nonostante le sofferenze sia fisiche che psicologiche,
vivono una vita soddisfacente e ricca di significato, altre persone, nonostante il successo e
l’assenza di sofferenze, percepiscono la loro vita come insoddisfacente e priva di
significato (Kohut, 1984). Spesso individui che appaiono pienamente soddisfatti del loro
successo lavorativo e del loro inserimento sociale, all’apparenza felici, sentono nel
profondo che manca loro qualcosa di fondamentale. Sebbene ogni persona sia unica nel
suo essere e nella propria esperienza di vita, questo vissuto è comune a molti individui, che
non sempre soffrono di disagi psichici conclamati, ma sono bloccati all’interno da modi di
pensare, di sentire, di agire, di relazionarsi con se stessi e gli altri che si sono formati in
momenti cruciali dello sviluppo e che si sono rafforzati nel corso del tempo, fino a
diventare dei veri e propri schemi maladattivi (Young, Klosko, 2004). Gli individui adulti,
per natura, tendono a rivivere le sofferenze provate nell’infanzia, Freud definì questo
meccanismo coazione a ripetere. Quasi tutti ripetiamo, con effetti autolesionistici, modelli
negativi originatisi nell’infanzia. In qualche modo tendiamo a creare, da adulti, condizioni
simili a quelle che hanno avuto un effetto devastante nel corso della nostra infanzia. Gli
schemi maladattivi sono i modi in cui ricreiamo questo tipo di condizioni. Gli schemi sono
le visioni che abbiamo di noi stessi, della realtà esterna e degli altri che ci sono state
trasmesse durante l’infanzia e che sono ben salde tra le nostre convinzioni. Gli schemi
sono parte fondamentale della nostra personalità, per cui smettere di crederci
implicherebbe non conoscere più chi siamo e come sono gli altri. Per questo motivo non
abbandoniamo i nostri schemi anche se dannosi (Young, Klosko, 2004). Nelle relazioni
interpersonali e, in particolare, in quelle sentimentali si riflettono le conseguenze più
negative degli schemi maladattivi. In psicologia è ormai noto il riscontro di un particolare
tipo di malessere psicologico manifestato da persone per le quali le relazioni interpersonali
intime sono causa ed effetto di un marcato disagio, tuttavia non è possibile ricondurre tale
malessere ad una categoria diagnostica dei manuali. Stare in relazione è uno dei bisogni
fondamentali dell’uomo. Fin dalla prima infanzia sentirsi coinvolti in una relazione intima
con un’altra persona ci conferisce sicurezza e fiducia in noi stessi. La vita di coppia ci
porta a rivivere la prima relazione di attaccamento ed è accompagnata da un generale senso
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di benessere, tuttavia per alcune persone questa esperienza porta con sé dolore e
sofferenza.
In questo elaborato ho voluto trattare un argomento, molto discusso e studiato sotto tanti e
diversi punti di vista, come la capacità e l’incapacità di instaurare relazioni interpersonali
intime, quindi di amare. Il senso comune, la psicologia ingenua, da un lato, ma anche la
letteratura scientifica dall’altro, mettono in evidenza come l’esperienza di amare e lasciarsi
amare incida diversamente su ogni persona a seconda delle esperienze personali vissute.
Riprendendo un concetto dalla celebre opera di Erich Fromm “L’arte di amare” (1996), la
maggior parte delle persone pensa di non aver nulla da apprendere riguardo all’amore.
Infatti, molti ritengono che amore corrisponda all’azione passiva di essere amati anziché di
amare e, di conseguenza, cercano in ogni modo di rendersi amabili; in secondo luogo,
molte persone credono che amare in sé sia semplice e che la vera difficoltà risieda nel
trovare il soggetto da amare e dal quale venir ricambiati (Fromm, 1996).
L’amore può apparire come un concetto scontato, se non addirittura banale, ma durante il
mio percorso di studi ho avuto modo di comprendere quanto in realtà sia complesso.
Quando ci innamoriamo usciamo da noi stessi per interessarci ad un altro individuo,
l’oggetto d’amore, al quale ci interessiamo per la vasta gamma di sentimenti contrastanti
che suscita in noi stessi. È una reazione fisiologica, ogni volta, infatti, che ci sentiamo
attratti da qualcuno, siamo spinti ad avvicinarci all’ “oggetto” dei nostri desideri perché
questo possa colmare i nostri vuoti e i nostri bisogni. Nella prima fase di ogni rapporto
l’altro viene idealizzato, vediamo in lui ciò che desideriamo, è il riflesso delle nostre
speranze. Tendiamo, perciò, ad avere delle aspettative che si riveleranno illusorie. Quando
riusciamo a superare queste illusioni, adattandole alla realtà, e iniziamo a vedere il partner
per ciò che è veramente possiamo passare dall’innamoramento ad un rapporto d’amore
stabile. Questo procedimento, tuttavia, per molte persone si rivela fallimentare. Scegliere
di instaurare un legame stabile con la persona che amiamo e sentirsi appagati da questa
esperienza significa mostrare all’altro caratteristiche intime di noi stessi, condividere un
percorso bilanciando indipendenza e vicinanza al partner e gestire i sentimenti coinvolti
nella relazione è un’esperienza tutt’altro che semplice o scontata.
Da queste considerazioni scaturiscono alcune domande su cui ho voluto incentrare il mio
lavoro di tesi. Le ragioni sottostanti ai comportamenti degli individui da sempre vengono
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studiate in ambito scientifico e suscitano l’interesse di chi prova ad avvicinarsi alla
comprensione del comportamento umano e, nello specifico, del proprio sentire. Nel caso
dei rapporti intimi cosa impedisce a molte persone di instaurare legami soddisfacenti?
Perché per alcune persone amare è, almeno apparentemente, molto semplice mentre per
altre sembra pressoché impossibile? Quanto le esperienze vissute nella propria infanzia
incidono sulle relazioni intime della vita adulta? Amare è una capacità innata o può essere
acquisita nell’arco della vita?
Ho suddiviso il mio lavoro di tesi in tre parti dove ho esaminato le principali teorie di
riferimento presenti in letteratura, l’esperienza dell’attaccamento, infine ho preso in
considerazione il ruolo della psicoterapia nella relazione di aiuto con le persone che
presentano significativo disagio nella sfera delle relazioni intime.
Nella prima parte ho preso in esame il concetto di capacità di amare confrontando le varie
teorie presenti in letteratura, partendo da Bowlby, per arrivare alle teorie di Ainsworth,
Mahler, Winnicott, Kernberg, per sottolineare quanto le esperienze infantili incidano sulla
vita adulta.
Nella seconda parte, analizzando le caratteristiche principali di quella che ho definito
incapacità di amare, ho indagato su alcune delle possibili cause di questa condizione e su
alcune delle sue manifestazioni.
Nella terza e ultima parte ho menzionato infine una serie di interventi presenti in
psicologia e psicoterapia mirati alla sfera affettiva.
Tutte le persone incontrano nell’arco della propria vita difficoltà, problemi e tensioni che
spesso possono essere superati con le proprie forze e l’aiuto delle persone vicine. La felice
risoluzione di ogni problematica permette alla persona di continuare serenamente il proprio
percorso di vita. Tuttavia ciò non sempre accade. Alcune problematiche non riescono ad
essere affrontate con successo o nemmeno ad essere esplicitate e possono entrare a far
parte dei propri schemi maladattivi. Arrendersi ai propri schemi è, purtroppo,
un’“abitudine” tra le più comuni. Questo può significare, da una parte, cercare di convivere
con quei modi di pensare, sentire e agire che, se pur dannosi, fanno parte di noi stessi,
dall’altra può significare cercare accuratamente di evitare ogni situazione che ci riporti al
nostro schema, il che conduce inesorabilmente all’evitare di vivere distaccandosi sempre
più dalla percezione di emozioni e sentimenti. Le situazioni adottate sono molteplici e
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ognuna diversa dalle altre ma spesso girano intorno a soluzioni inefficaci e modalità di
relazione disfunzionali ormai rigide. In realtà rivolgendosi ad uno specialista la persona
potrebbe essere sostenuta nell’affrontare i propri problemi in modo efficace. Chiedere
aiuto, perciò, può essere il primo passo di un percorso verso un cambiamento costruttivo.
Attraverso la psicoterapia è possibile, infatti, sperimentare una relazione caratterizzata da
fiducia nell’affidarsi all’altro, capire l’origine della propria condizione e attuare strategie
per modificarla per arrivare a comprendere quanto sia positivo ed appagante aprirsi a
relazioni sentimentali gratificanti.
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PARTE 1
LA CAPACITA’ DI AMARE
Per poter parlare di capacità di amare è importante, prima di tutto, definire cosa intendiamo
per amare. Con un’unica parola, “amore”, possiamo intendere una vasta gamma di
sentimenti ed atteggiamenti diversi, che possono variare da una forma generale di affetto
fino a riferirsi ad un forte sentimento che si esprime in attrazione interpersonale ed
attaccamento (Merriam-Webster collegiate dictionary, 2000), una dedizione appassionata
tra persone oppure, in un significato più esteso, l’inclinazione profonda nei confronti di
qualcosa (Devoto Oli, 2011).
Gli antichi Greci avevano identificato quattro forme principali di amore: storge, (amore
familiare), philia (amicizia), eros (desiderio sessuale romantico) e agape (amore spirituale).
L’amore romantico, inteso come risultato della reciproca attrazione tra due individui, da
sempre è stato studiato dalla psicologia da diversi punti di vista. Tuttavia, possiamo
certamente affermare che cercare di definire in modo chiaro e univoco tale sentimento è
tutt’altro che semplice (Sternberg, 2014). In termini psicologici possiamo definirlo come
un “rapporto duale basato su uno scambio emotivo generato dal bisogno fisiologico della
gratificazione sessuale e dal bisogno psicologico dello scambio affettivo (Galimberti,
1999)”. Ne consegue che la capacità di amare consiste nel saper riconoscere e regolare tali
bisogni.
Particolarmente esauriente, tra le varie definizioni di “capacità di amare” presenti in
letteratura, è quella di Alfredo Civita che cita: “Per capacità d’amare intendiamo la
capacità di provare per la persona amata sia il desiderio sessuale, sia l’amore che è da
concepire come una gamma di sentimenti e capacità che, se non sono certo disinteressati,
sono tuttavia indipendenti dalla sessualità e in generale dal campo delle pulsioni.
Espressioni della capacità di amare sono il riconoscimento dell’altro come persona
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indipendente, la dedizione, la capacità di preoccuparsi, di sentirsi in colpa, di interagire in
assenza di ogni rapporto patologico di dipendenza (Civita, 2006)”
CAPITOLO 1
L’ATTACCAMENTO
La teoria dell’attaccamento tradizionalmente utilizzata per lo studio e l’osservazione dei
bambini può fornirci una visione interessante sulle dinamiche dei rapporti di coppia degli
adulti. Dagli studi di Bowlby (1988) emerge che l’attaccamento adulto, come quello
infantile, dipende dalla qualità delle relazioni tra i soggetti coinvolti. Relazioni basate sulla
sensazione di sicurezza, infatti, offrono a questi ultimi soddisfazione affettiva e benessere
psicologico (Ryff et al. 2001; Diamond, Hicks, 2005), aspetti fondamentali di quella che
abbiamo definito capacità di amare e meritano quindi un’attenta riflessione. Il bisogno di
disponibilità affettiva da parte della figura di riferimento è uno dei sistemi motivazionali ai
quali fa riferimento Bowlby nella teoria dell’attaccamento. Negli ultimi anni le dinamiche
dei rapporti di coppia e la soddisfazione dei partner che vi sono coinvolti sono stati oggetto
di studio di numerose ricerche dalle quali appare evidente una forte connessione tra stile di
attaccamento e qualità delle relazioni di coppia, nelle quali possiamo notare una modalità
di funzionamento molto simile a quella del rapporto mamma-figlio (Hazan, Shaver, 1987;
Levy, Davis, 1988; Carli, Cavanna, Zavattini, 2009; Baldoni, 2010). La fiducia negli altri,
la capacità di amare e la gestione dei conflitti si apprendono molto prima di quanto
potremmo credere. Il rapporto mamma-bambino nel suo primo anno di vita preannuncia la
qualità delle relazioni di quel bambino da adulto. Prima di altre importanti funzioni, come
il linguaggio e la coscienza, nel nostro cervello si struttura la capacità di rapportarsi agli
altri individui. In base a come siamo stati accuditi e stimati costruiamo l’idea di noi stessi,
del nostro essere degni o non degni di ricevere amore. La ricerca sui differenti prototipi di
attaccamento infantile, dopo una prima fase di studi e ricerche effettuati principalmente
sull’infanzia, è stata amplificata grazie ad un numero crescente di ricerche sui prototipi di
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