Introduzione 
 
2 
 
Entrambi i quotidiani, poi, hanno edizioni locali che ci permettono di analizzare ancora meglio la 
realtà più vicina a noi e nella quale più direttamente siamo coinvolti. Il quotidiano milanese esce 
con il Corriere del Mezzogiorno, tutti i giorni tranne il lunedì e Repubblica contiene una dozzina di 
pagine di informazione locale. 
Più discutibile può sicuramente apparire la scelta degli altri tre quotidiani. E’ chiaro che si sarebbe 
potuto optare per altri quotidiani autorevoli e prestigiosi come La Stampa, Il Sole-24 Ore o per 
quotidiani meridionali come La Gazzetta del Mezzogiorno. Ma anche questa scelta, sarebbe potuta 
apparire altrettanto discutibile. Per cui andiamo a vedere le ragioni di questa nostra, soggettiva, ma 
crediamo significativa selezione. 
 
Poiché il nostro scopo rimane quello di studiare come la stampa quotidiana vede il Sud, è 
necessario dare spazio a voci diverse, che si pongano in antagonismo con i due più grandi giornali 
italiani e che non vogliano assomigliarvi a tutti i costi. La scelta del Giornale va proprio in questa 
direzione. Il quotidiano attualmente diretto da Maurizio Belpietro, con Mario Cervi che ha 
ricoperto la funzione di direttore responsabile fino a poco tempo fa, ha una politica molto chiara, 
con un deciso orientamento di centro-destra, in particolare filo-berlusconiano, e non potrebbe 
essere altrimenti visto che l’editore si chiama Paolo Berlusconi, fratello del più noto Silvio, già 
editore lui stesso fino al 1992, quando, per incompatibilità tra tv e quotidiani dovette disfarsene, 
limitandosi a cederlo, appunto, al fratello. 
Bene, il Giornale ha sperimentato una serie di notevoli cambiamenti nel periodo che noi stiamo 
considerando (1992-2001). Il quotidiano fondato nel 1974 da Indro Montanelli che lo diresse fino 
al 1994 è oggi irriconoscibile rispetto alla struttura e all’impostazione originaria. Oggi abbiamo un 
giornale più politicizzato e schierato, “amico” verso il potere ma ribollente di vigore polemico 
contro il governo di ieri. 
Una voce forte, che si fa sentire, partigiana e abile a muoversi nel mercato difficile dei lettori 
italiani, senza la scorza dell’ufficialità e il carattere istituzionale del Corriere e di orientamento 
politico opposto a quello (meno marcato) di Repubblica. 
È sufficiente soffermarsi sull’architettura della prima pagina per trovare una conferma di quanto 
detto. 
L’importanza, anzi la necessità di analizzare il Sud da prospettive molteplici sottende anche alla 
scelta degli altri due quotidiani, la Padania e il Mattino, che guardano il Sud da punti di vista 
differenti, anche molto differenti, contrastanti. 
La Padania, organo ufficiale della “Lega Nord per l’indipendenza della Padania”, è molto giovane. È 
estremamente difficile leggere la Padania qui al Sud, non fosse altro che per una questione logistica. 
Introduzione 
 
3 
 
Questo quotidiano, infatti, non viene distribuito nelle edicole del Mezzogiorno. Noi siamo andati a 
studiarlo su Internet a partire dal primo anno in cui vi compare, il 1998, perciò non potremo 
analizzare come vengono coperti gli avvenimenti precedenti quell’anno.   
La Lega è un partito politico che generalmente guarda al sud dell’Italia come a una palla al piede 
fastidiosa, anzi di cui è meglio disfarsi completamente. E l’organo ufficiale di questo partito non 
può che rispecchiare in pieno tale visione. Certo, le recenti elezioni politiche, il cui impatto 
sull’impostazione del quotidiano sarebbe interessante approfondire, impongono una maggiore 
cautela. Quello che è importante sottolineare, comunque, è che la Padania guarda il Sud con gli 
occhi del Nord, poi cercheremo di capire in che modo, mentre il Mattino guarda il Sud con gli occhi 
del Sud. 
Due sguardi decisamente diversi, quindi, per osservare uno stesso oggetto. 
 
Va fatta, poi, un’ulteriore precisazione di tipo metodologico. Non è certo possibile svolgere 
un’analisi completa e sistematica di tutti i fatti, temi e problemi che hanno interessato il Sud in 
questi ultimi anni, per cui anche qui si impone la necessità di una doverosa selezione. Subentra, 
allora, un’ineliminabile componente soggettiva e personale nell’operare questa scelta, che al pari di 
tutte le scelte comporta l’obbligo di considerare alcuni elementi e scartarne altri. Come nel caso dei 
quotidiani selezionati tra tanti altri, si tratta sicuramente di una scelta opinabile, che noi riteniamo, 
però, significativa e comunque non più soggettiva di altre per le quali si sarebbe potuto (altrettanto 
legittimamente) propendere. 
I temi da noi presi in particolare considerazione, fatta questa necessaria premessa, sono dunque:  
1. la criminalità; 
2. i disastri ambientali; 
3. il federalismo; 
4. l’identità del Sud. 
Sono sicuramente tutti temi attualissimi sui quali comunque si dibatte da anni e che possiamo 
brevemente introdurre spiegando perché sono stati scelti. 
 
Dopo un primo breve capitolo in cui riassumeremo le vicende storiche italiane degli anni di cui ci 
stiamo occupando, parleremo, nel capitolo successivo, di criminalità. Sappiamo di come il 
problema sia grave e pervasivo e per ciò stesso rappresenti un aspetto importante, ancorché 
negativo, del Sud. Un aspetto che è quindi fondamentale tenere in considerazione, come fa del 
resto la stampa, per il ruolo pesantissimo che ha giocato e gioca sull’economia, la politica e la storia 
non solo degli anni considerati, a partire cioè dal 1992. 
Introduzione 
 
4 
 
La criminalità organizzata recentemente è diventata sempre più spietata e sbrigativa di quella 
tradizionale. Negli ultimi anni, a cominciare proprio dal ’92, l’offensiva criminale si è caratterizzata 
per un’improvvisa recrudescenza uccidendo i giudici Falcone e Borsellino e dichiarando 
inequivocabilmente guerra allo Stato. 
Questi eventi sono stati in grado, come pochi in passato – gli assassini di Dalla Chiesa e La Torre 
per esempio – di suscitare  un’ondata emotiva e una mobilitazione tale da produrre un impegno più 
diffuso ed efficace sul piano legislativo e di organizzazione della giustizia. 
Il pentitismo è stato poi al centro della questione giustizia così come l’intreccio tra criminalità, 
politica, mondo dell’imprenditoria e della finanza. Attualmente la mafia ha adottato una strategia 
diversa, meno appariscente, che fa meno notizia, come si dice, ma tale da essere sempre presente e 
avvertita sul territorio. 
“Tutti sono convinti peraltro – governo, Confindustria, sindacati, associazioni di categoria – che il 
predominio della criminalità è oggi il maggiore ostacolo per qualsiasi processo di sviluppo 
economico e sociale che il Sud potrebbe finalmente tentare di avviare dentro i nuovi equilibri e 
forme dell’economia mondiale e con il concreto contributo dell’Unione europea”. 
1
 
Alla luce di queste considerazioni il tema della criminalità e dell’ordine pubblico ci sembra 
s’imponga di per sé all’attenzione come uno dei più importanti ai fini della nostra indagine. 
 
Quanto ai disastri ambientali, oggetto del terzo capitolo, va detto che purtroppo il materiale sul 
quale lavorare non manca. Di tragedie ce ne sono state e ce ne saranno, ospiti tanto sgraditi quanto 
puntuali. La stampa, per ovvi motivi, vi dedica un’attenzione particolare, quindi lo spazio per 
un’analisi approfondita c’è tutto. I disastri ambientali sono evidenziatori dei disastri sociali e perciò 
costituiscono una lente significativa attraverso la quale guardare con attenzione il Sud.  
Essi rappresentano un momento di riflessione e di discussione sullo stato del nostro Paese e del 
Mezzogiorno in particolare, in quanto sembrano costituire un trampolino di lancio per un’analisi 
più generale, più di fondo, quasi si trattasse di un bilancio da trarre a fine anno per misurare la 
bontà del lavoro svolto. I disastri ambientali sono eventi singoli che si frammentano in altri e più 
numerosi eventi poiché  non si esauriscono in sé, ma chiamano in causa diversi altri aspetti della 
realtà portando alla ribalta quello che è stato fatto e non fatto sul territorio, il ruolo e le colpe della 
politica, del mondo dell’economia, della società, delle persone. Così come viene portato alla ribalta 
il valore della solidarietà, dell’impegno civile e la voglia di rinascita. 
Nei disastri ambientali possono quindi concentrarsi il peggio e il meglio del nostro carattere come 
anche in tante altre situazioni, ma qui in maniera particolare data la drammaticità delle vicende che 
                                                 
1
 F. Barbagallo, la Repubblica Napoli, 6 settembre 2000 
Introduzione 
 
5 
 
li fa emergere in modo più forte e schietto. Si tratta di due anime, quindi, due Sud, due Italie, figlie 
di una cultura vittimista, rassegnata, ma anche solidale e coraggiosa, immagini diverse e significative 
che emergono e che cercheremo di capire meglio attraverso la lettura che ne danno i quotidiani.  
 
Un altro grosso punto sul quale si incardinerà la nostra ricerca – e siamo al quarto capitolo – è, 
come detto, il federalismo. E’ sicuramente una questione cruciale, che per qualche tempo pareva 
coincidere con quella della secessione, attualmente messa in soffitta. Leggendo i giornali sembra a 
prima vista che il federalismo riguardi soprattutto se non esclusivamente le regioni del Nord, ma è 
chiaro invece che una tale riforma dello Stato italiano avrebbe conseguenze altrettanto rilevanti 
anche al Sud. 
Il federalismo dovrebbe essere infatti un patto il cui fine è lo sviluppo di tutta la comunità 
nazionale. Più autonomia si darà agli enti locali e più il Mezzogiorno dovrà dimostrare di poter 
camminare con le proprie gambe e fare da solo. 
Il federalismo è poi un tema che ci permette di estendere lo sguardo a molti altri settori della vita 
civile e sociale poiché tutti ne sono interessati e ne verranno modificati. Partendo, quindi, da 
un’analisi su come la stampa vede il rapporto tra federalismo e Sud si può gettare uno sguardo 
d’insieme su una dimensione molto più vasta, su aspetti e livelli diversi di realtà. Proprio quello che 
fa per noi, in altre parole. 
 
Nel quinto capitolo prenderemo in considerazione il tema dell’identità. Raffaele Nigro anni fa 
scriveva che l’identità è come una bussola che indica la rotta da seguire. Perderla è come trovarsi a 
guidare una nave senza timone, in balia della tempesta, incapace di dirigersi verso acque tranquille e 
porti sicuri. 
L’importanza del tema dell’identità sta proprio in questo. In un mondo globalizzato occorre essere 
ben consapevoli della propria identità per impedire che si sviluppi il pensiero unico, l’omologazione 
dei valori, l’uniformità di scelte e abitudini. Bisogna saper usare la propria identità anche come 
risorsa non perdendo i contenuti e la direzione della memoria storica, consapevoli di chi siamo nel 
bene e nel male, considerando che l’identità non è costituita solo da connotati positivi, ma anche da 
quelli negativi. 
Il problema è interessante e complesso. A complicare il quadro si può sottolineare, con Elisabetta 
Rasy, come “ogni identità troppo coerentemente o idealisticamente o opportunisticamente assunta 
è una trappola, in quanto l’identità aperta è una risorsa e quella chiusa è una condanna”.
2
 
 
                                                 
2
 E. Rasy, Corriere del Mezzogiorno, 12 ottobre 2000 
Introduzione 
 
6 
 
Nel sesto capitolo, poi, si effettuerà una breve ricognizione su come la stampa estera, con 
particolare riferimento al Times di Londra e al New York Times, guarda il Mezzogiorno e verranno 
riproposti alcuni reportage di questi e altri quotidiani stranieri sulle due capitali del Sud: Napoli e 
Palermo. 
Avremo, infine, una sezione dedicata alla satira che, dice Umberto Eco, per funzionare bene 
dovrebbe essere un colpo basso che ti arriva addosso all’improvviso. Spesso non è così, ma andare 
alla ricerca di una bella vignetta fa sempre piacere. Noi ne proporremo alcune relative alle 
tematiche prese in esame e tratte dai quotidiani considerati. 
 
Una considerazione di fondo molto importante che non va dimenticata, un dato preliminare col 
quale bisogna fare tremendamente i conti riguarda il mercato asfittico dei lettori di quotidiani in 
Italia. 
Un po’ di storia e di cifre ci possono venire in aiuto. Tra il 1984 e il 1985 si raggiunsero e 
superarono i 6 milioni di copie vendute mediamente al giorno, un risultato ragguardevole che 
dimostrava la fine definitiva della crisi in cui la stampa versava da tempo. Nel 1990 anche il muro 
dei 6 milioni e mezzo di lettori fu abbondantemente superato e si sperava a quel punto di 
raggiungere anche la soglia dei 7 milioni. Invece, nel 1991 è cominciata la discesa e il brusco ritiro 
dei lettori. 
Nel 1997 si è scesi di nuovo al di sotto dei 6 milioni e con 105 copie ogni mille abitanti (erano 112 
nel 1993) eravamo terzultimi in Europa, davanti a  Grecia e Portogallo. In Gran Bretagna e in 
Germania si vendono abbondantemente più di 300 copie ogni mille abitanti. E’ vero che su quei 
mercati circolano anche fogli popolari a basso prezzo che in Italia non ci sono; ma la limitata 
dimestichezza degli italiani con i quotidiani resta un dato irrefutabile. Inoltre perdura un forte 
divario tra i  lettori del centro-nord e quelli del sud dell’Italia. Da noi si legge pochissimo.
3
 
E’ questo il contesto di fondo nel quale ci muoviamo e che non dobbiamo mai dimenticare anche 
se, stando ai dati più recenti che la FIEG ha pubblicato, c’è una certa ripresa tanto delle copie 
vendute, quanto dei ricavi pubblicitari. 
Ed è in questo contesto che andiamo a svolgere la nostra analisi. Un’analisi in cui cercheremo di 
capire come viene visto il Sud attraverso la stampa, avendo come faro una importante lezione che il  
giornalismo ci ha insegnato: è vero, cioè, che l’obiettività non esiste, non è di questo mondo; ma è 
anche vero che esiste la serietà dei giornalisti e il loro impegno per ottenere un’informazione che sia 
comunque la più obiettiva e la più seria possibile. 
E tale vuole anche essere lo spirito che anima queste pagine. 
                                                 
3
 Cfr. P. Murialdi, Il giornale, il Mulino, Bologna, 1998, pag. 10 
 17
 
       Le convinzioni, più delle bugie, sono nemiche pericolose della realtà   
 F. Nietzsche  
Profilo storico degli anni 1992-2001 
 
19
Capitolo primo 
 
PROFILO STORICO DEGLI ANNI 1992-2001 
 
 
 
Gli anni che vanno dal 1992 a oggi sono quelli più vicini a noi e alla nostra memoria, quelli che 
sicuramente ricordiamo perché caratterizzati da avvenimenti ancora profondamente legati 
all’attualità; anni che sembrano quasi non essere stati consegnati ancora alla Storia e che abbiamo 
potuto seguire ampiamente in tv e sui giornali.  
Tuttavia, per avere un quadro di riferimento più preciso del periodo che consideriamo, può essere 
utile ripercorrere brevemente la storia di questi anni ricostruendone le tappe fondamentali. 
Facciamo cominciare tutto dal febbraio ’92. Dal 17 in particolare, quando Mario Chiesa, potente e 
temuto presidente del Pio Albergo Trivulzio, istituzione emblema dell’assistenza milanese agli 
anziani e agli orfani, fu sorpreso dai carabinieri con ancora in mano la tangente appena versata da 
un piccolo imprenditore in cambio della concessione di un appalto per le pulizie. L’imprenditore, 
stanco delle continue vessazioni, aveva deciso di raccontare tutto ai carabinieri e si era prestato a 
fare da esca tenendo un microfono sotto la giacca e consegnando a Chiesa le banconote 
opportunamente segnate dagli stessi carabinieri. 
Regista dell’intera operazione fu Antonio Di Pietro.  
Iniziò da allora quella serie di indagini, battezzata “Mani pulite”, che scoperchiò un gigantesco 
calderone di malaffare e loschi rapporti tra politica e imprenditoria che ebbe conseguenze 
inaspettate e devastanti per la classe politica la quale ne risultò decimata. 
Era scoppiata Tangentopoli. 
Quello che venne fuori fu un regime di corruzione che progressivamente, sistematicamente ed in 
modo sempre più arrogante e sfrontato aveva costruito un diffusissimo sistema di finanziamento 
illegale dei partiti e dei politici con la complicità di società, piccole e grandi, e di imprenditori 
privati. 
I partiti che maggiormente risentirono di questa ondata rivoluzionaria di inchieste furono la DC e il 
PSI. 
Proprio mentre Tangentopoli cominciava clamorosamente a venire a  galla, il 5-6 aprile si tennero 
le elezioni per il rinnovo di Camera e Senato e le novità, altrettanto clamorose, non si fecero 
attendere. Sconfitta la DC, in flessione il PSI, perde parecchio anche il neonato PDS, pur 
considerando i voti di Rifondazione Comunista. Ma la vera vincitrice delle elezioni fu la Lega Nord, 
nata dall’unione di Lega lombarda, Lega veneta e Lega Piemonte, che divenne il quarto partito 
italiano. 
Capitolo Primo 
 
20
In una situazione già carica di difficoltà si inseriva l’improvvisa recrudescenza dell’offensiva 
mafiosa contro i poteri dello Stato. Il 23 maggio un attentato dinamitardo lungo l’autostrada tra 
l’aeroporto di Punta Raisi e Palermo, all’altezza di Capaci, uccise il giudice Giovanni Falcone, la 
moglie e i tre agenti di scorta. Meno di due mesi dopo, il 19 luglio, anche il giudice Paolo Borsellino 
e i cinque agenti della scorta furono uccisi da un’autobomba, in via D’Amelio, nel pieno centro di 
Palermo. 
Falcone e Borsellino erano in primissima fila nella lotta contro la mafia e l’onda di grande 
emozione che ha percorso tutta l’Italia dopo la loro morte è ancora sicuramente viva. 
Alla crisi dei partiti e all’allarme per l’inarrestabile dilagare della criminalità organizzata si 
aggiungevano anche i problemi della crisi produttiva e della gravissima posizione debitoria dello 
Stato. Eccezionali erano dunque i compiti che si prospettavano al nuovo governo nato nel giugno 
‘92 quando Oscar Luigi Scalfaro (eletto presidente della Repubblica a maggio), ricevute le 
dimissioni da parte di Andreotti, affidò al socialista Giuliano Amato l’incarico per la formazione del 
nuovo governo. Furono varate allora misure straordinarie per far fronte all’ammontare del debito 
pubblico che nel marzo del ’92 viaggiava intorno all’astronomica cifra di 1.600.000 miliardi. Fu poi 
presa la decisione di privatizzare alcuni grandi enti e imprese pubbliche. Questi interventi si resero 
tanto più necessari dopo che, in settembre, una violenta speculazione aveva costretto la lira a uscire 
dal Sistema Monetario Europeo. 
Un passo importante per il rinnovo delle istituzioni fu compiuto con il referendum del 18 aprile 
1993.  
La larga vittoria del sì al quesito concernente la legge elettorale consentì l’introduzione del sistema 
uninominale maggioritario al posto di quello proporzionale. 
L’approvazione della nuova legge elettorale maggioritaria si ebbe con il governo Ciampi, 
economista di indiscussa fama internazionale, già governatore della Banca d’Italia, estraneo alla 
logica dei partiti e del potere politico. Negli otto mesi del suo governo da annoverare è anche il 
concreto avvio delle privatizzazioni e il risanamento dei conti pubblici che si tradusse in un calo del 
costo del denaro e nella discesa dell’inflazione. 
Ma l’avvenimento clamoroso degli ultimi mesi del 1993 è la “discesa in campo” di Silvio 
Berlusconi, uno dei grandi imprenditori del Paese, che fondò un suo partito, Forza Italia, che in 
vista delle elezioni politiche del 1994 si alleò con Alleanza nazionale-MSI, CCD, Lega Nord mentre 
la DC e il PSI si erano avviate verso l’autoscioglimento. Il Polo  delle libertà incentrato su Berlusconi 
vinse le elezioni e il suo leader divenne capo del governo dando luogo ad un’anomalia tutta italiana 
visto il pesante conflitto di interessi che si veniva a determinare dall’intreccio tra politica e affari 
privati. Dissidi interni alla coalizione di centro-destra portarono poi nel dicembre dello stesso anno 
Profilo storico degli anni 1992-2001 
 
21
alla caduta del governo. Né molto più fortunata risultò essere la successiva esperienza alla guida del 
governo di Dini che si concluse ad un anno dalla sua nascita. 
Arriviamo così al 1996 e alla costituzione del governo di Romano Prodi, sostenuto dalla coalizione 
dell’Ulivo, con la presenza di nove ministri del PDS. Tra i momenti più significativi possiamo 
ricordare il rientro della lira nello SME, l’ulteriore riduzione del livello dell’inflazione e 
l’abbassamento del tasso di sconto operato dalla Banca d’Italia che lo ha portato al 6,75% e cioè a 
un limite che non si raggiungeva da oltre venti anni. In questo contesto la disoccupazione si 
manteneva elevata e la crescita del PIL modesta. 
Notevole interesse e grandi speranze suscitò, poi, la nuova Commissione bicamerale costituita nel 
1997 che avrebbe dovuto elaborare una serie di importanti riforme ma che, dopo il solito scambio 
reciproco di accuse tra le parti politiche, fallì.  
I profondi e inaspettati cambiamenti di questo periodo storico hanno imposto con troppa fretta la 
consuetudine di considerare conclusa la vicenda della “prima repubblica” e avviata quella della 
seconda. Ma le aspettative di una diversa pratica dei governi e di un diverso rapporto tra cittadini e 
Stato affidate a questo passaggio epocale sembrano ancora lontane dall’essere realizzate. 
Il resto, più che storia, è cronaca, compresa la recente vittoria elettorale del Polo di Berlusconi, 
attuale Presidente del Consiglio come nel 1994, ma questa volta a capo di una coalizione più solida. 
 
Gli anni di cui ci stiamo occupando hanno visto almeno altri due importanti fenomeni interessare il 
nostro Paese: la costituzione dell’Unione Europea e la crescita dell’immigrazione. 
Quanto al primo punto ricordiamo come a Maastricht nel dicembre del 1991 i governi dei 12 Paesi 
che allora componevano la CEE firmarono uno storico trattato che prevedeva la realizzazione 
dell’unione economica e monetaria (UEM), la creazione di una moneta unica e della Banca centrale 
europea. L’integrazione tra i Paesi dell’Europa avrebbe progressivamente riguardato anche altre 
materie come la politica estera e di sicurezza comune, una maggiore cooperazione nei settori degli 
affari interni e della giustizia. 
A partire dal 1993 venne istituito il mercato unico e si abolirono le frontiere doganali in modo che 
persone, capitali, merci e servizi potessero circolare liberamente. 
Ogni Paese, per entrare nell’unione monetaria e per continuare a farne parte, deve rispettare dei 
criteri di convergenza nel raggiungimento dei quali l’Italia e i suoi governi si sono giocati una fetta 
importante di credibilità. Alla fine l’obiettivo è stato raggiunto; quando nel maggio del 1998 il 
Consiglio europeo annuncia quali Paesi possono partecipare alla fase finale dell’UEM, c’è anche 
l’Italia, insieme ad altri dieci Paesi, dove dal 1° gennaio 1999, con la determinazione delle parità 
fisse ed irrevocabili, l’euro è diventata la moneta ufficiale dell’Unione Europea. 
Capitolo Primo 
 
22
Romano Prodi, già presidente del consiglio, dimessosi dal suo incarico, affidato a D’Alema e poi a 
Giuliano Amato, che aveva fatto dell’ingresso in “Eurolandia” uno dei punti fondamentali del suo 
programma, siede ora alla presidenza dell’Unione. 
 
Quanto all’immigrazione, la crisi del regime comunista in Albania, accompagnata da un tracollo 
dell’economia e della produzione e distribuzione di generi alimentari, ha prodotto, a partire dal 
1991, un’ondata di immigrazione illegale in Italia di cui il drammatico approdo nel porto di Bari 
della nave Vlora, con migliaia di persone ammassate a bordo, rappresenta l’immagine forse più 
significativa. 
Il fenomeno continua tuttora, la storia sconfina nella cronaca. Attratti dal miraggio di un Paese 
ricco, intravisto sulla sponda orientale dell’Adriatico attraverso gli schermi televisivi, decine di 
persone ogni giorno intraprendono un viaggio disperato, alla mercé di scafisti senza scrupoli. I 
Paesi di provenienza sono diversi, non c’è solo l’Albania, ma l’ex Jugoslavia dilaniata dalle guerre, 
l’Africa e l’Asia. In questo triste commercio di esseri umani che pagano cifre enormi pur di 
scappare dalla loro terra, ha finito per inserirsi ben presto la mafia italiana, oltre a quella albanese e 
internazionale, che rende il problema ancora più complesso. 
L’Italia, da Paese di emigranti sta diventando Paese di immigrati e deve quindi affrontare delle 
difficoltà crescenti alle quali non era abituata e che  producono a volte preoccupanti manifestazioni 
di intolleranza. 
Le migliaia di chilometri di coste italiane e del Sud in particolare diventano, così, oggetto di grande 
attenzione e il tema dell’immigrazione rimane uno dei più caldi nel dibattito politico e sociale 
italiano, insieme alla riorganizzazione del mercato del lavoro, alla disoccupazione, ai conti pubblici 
dello Stato, al welfare. 
 29
 
Disapprovo quello che dite, ma difenderò fino alla morte il vostro diritto di dirlo 
 F. M. Voltaire 
Criminalità 
 
31
Capitolo secondo 
 
CRIMINALITÀ  
 
 
 
Il primo importante aspetto che andremo a considerare è, come abbiamo detto,  quello della 
criminalità. Si tratta di un tema che possiamo immaginare come una lente attraverso la quale 
guardare al Sud, o meglio cercare di capire come la stampa vede il Sud. 
Il problema della criminalità è assai vasto, chiama in causa molti altri fattori, di tipo sociale, 
economico, politico e anzi proprio per questo motivo lo abbiamo scelto ritenendolo 
particolarmente significativo per ciò che ci proponiamo di indagare.  
Dobbiamo poi chiarire che il materiale sul quale lavorare non manca di certo. Ci sono tantissime 
testimonianze, commenti e articoli su questo tema. Sarebbe stato difficile per noi recuperarli tutti a 
partire dal 1992, anno in cui abbiamo scelto di iniziare questa nostra analisi, fino ad oggi. Perciò 
abbiamo deciso di limitarci ad alcuni avvenimenti che sono obiettivamente più importanti di altri o 
che comunque hanno destato particolare clamore: l’omicidio del giudice Giovanni Falcone, della 
moglie e degli agenti di scorta avvenuto il 23 maggio del 1992; quello di Paolo Borsellino e degli 
agenti di scorta avvenuto meno di due mesi dopo; la cattura di Totò Riina datata 15 gennaio 1993; 
l’omicidio di Nicholas Green del 30 settembre 1994; l’omicidio della piccola Valentina Terracciano 
che è del 12 novembre 2000. 
Si tratta di cinque avvenimenti sui quali i giornali hanno lavorato parecchio, attorno ai quali si sono 
fatte analisi profonde e molto interessanti, di certo utilissime se vogliamo capire come viene 
rappresentato il Sud da questa particolare prospettiva. 
 
 
L’idea che personalmente ci siamo fatti della criminalità al Sud è questa: si tratta di un fenomeno 
paragonabile ad una guerra che lo Stato, noi, combattiamo sempre. C’è il fronte, con i giudici “in 
prima linea” come vengono non a caso definiti. Ci sono le auto blindate, le aule bunker, le scorte, 
ecc. 
Più dietro ci siamo tutti noi, considerando che la criminalità, la mafia e soprattutto una certa 
mentalità mafiosa, si manifestano anche nelle cose di tutti i giorni, nelle piccole grandi sopraffazioni 
che non vanno sempre sui giornali, anzi quasi mai per la verità. 
Capitolo Secondo 
 
32
Tante persone, tanti di noi possono essere coinvolti, più o meno da vicino e più o meno 
direttamente. Ciononostante tutto continua ad andare avanti, niente turba veramente le nostre 
coscienze, almeno fino a quando non accade un fatto clamoroso, la strage di Capaci, quella di via 
D’Amelio per esempio, e allora si ha più chiara la percezione della guerra che è in atto. Lo Stato 
risponde in maniera forte. Subito. Ma dopo, cessata l’emotività del momento, tutto ridiventa 
tranquillo, cala l’attenzione generale su un problema che evidentemente non si è aperto e chiuso lì, 
si “abbassa la guardia” come tanti magistrati non si stancano di ripetere. In attesa del successivo 
fatto clamoroso che ridesti di nuovo l’attenzione e riaccenda le luci della ribalta spente forse troppo 
presto. 
Questa è, in breve, l’impressione che sulla criminalità abbiamo ricavato non solo dai giornali, ma 
anche dagli altri media e dalla nostra personalissima esperienza. 
Quello che però bisogna davvero osservare ai fini della nostra analisi  è come i giornali considerino e 
rappresentino il Sud partendo da questo particolare aspetto, cioè dal fenomeno criminale. 
Possiamo allora subito trovare una conferma della nostra impressione ricordando quello che dice 
Corrado Stajano sulle colonne del Corriere della Sera: “La questione della mafia non sembra proprio 
più una questione nazionale come riuscì ad esserlo dal 1982 al 1987 e poi dal 1992 al 1995. Tutto 
tace.”
4
 E ancora: “In questi ultimi anni la società politica, nel suo complesso, ha minimizzato il 
problema tenuto vivo solo da alcune minoranze”.
5
   
Noi crediamo, come l’articolista del Corriere, che il problema continui ad esistere, probabilmente in 
forme diverse dal passato, perfino in forme meno gravi e pervasive tanto da far esclamare troppo 
entusiasticamente a Pino Arlacchi nella recente conferenza ONU sulla criminalità tenutasi a 
Palermo, che la mafia è quasi sconfitta e che siamo vicini a batterla definitivamente. Il problema 
della mafia e della criminalità, non dimentichiamoci nemmeno per un momento della camorra, della 
‘ndrangheta e dell’ultima nata, la Sacra Corona Unita, è certamente ancora vivo e vegeto, ben 
lontano dall’essere veramente eliminato, tanto che lo stesso Arlacchi si è precipitato ben presto a 
ridimensionare i toni del suo ottimismo. Il problema della criminalità è ancora lì, pronto a sfigurare 
di nuovo il nostro Sud come ha già fatto tante volte e come sta facendo adesso. 
Noi crediamo però che esista anche un Sud che vuole battersi per la legalità, produrre economia 
sana e scrollarsi di dosso il peso insostenibile della criminalità. Questo Sud va raccontato, seguito e 
sostenuto, a partire dal suo guardare in faccia la realtà senza voltarsi indietro facendo finta di niente 
o ridimensionando la questione. Riconoscere il male di cui si soffre è il primo passo verso la 
guarigione e da questo basilare punto di vista è indubitabile che qualche risultato sia stato 
raggiunto. Ce lo dice Paolo Borsellino nel comitato antimafia del luglio 1988: “Io sono vissuto in 
                                          
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C. Stajano, Corriere della Sera, 7 novembre 2000  
Criminalità 
 
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una società in cui, quando avevo 15 anni, un mio compagno di scuola si vantava di essere figlio o 
nipote del capomafia del suo paese, e io lo invidiavo. Oggi, probabilmente, non ci sono a Palermo 
giovani come me che a 15 anni invidiavano il compagno di classe perché figlio del capomafia”. 
Ma cos’è la criminalità per il Sud? Cosa sono mafia, camorra, ‘ndrangheta e Sacra Corona Unita? E’ 
chiaro che la saggistica sull’argomento è assai copiosa, sono state sviscerate ragioni storiche, sociali 
e quant’altro. Noi più semplicemente ci contenteremo di prendere in esame qualche intervento 
apparso sui giornali e altre poche riflessioni che ci hanno particolarmente colpito. 
Cominciamo con Giuliano Zincone: “La mafia – ma potremmo dire in generale la criminalità 
organizzata – non è un cancro piovuto da cieli lontani. E’ un potere autoctono che ha profonde 
radici nelle masse, che è largamente accettato, forte nell’economia, potente nel mondo della 
produzione, ente di assistenza, agenzia di collocamento, camera di compensazione rispetto alle 
ingiustizie (vere o ipotetiche) dello Stato centrale, banda armata che distribuisce ai fedeli le 
sontuose elemosine che piovono dalle colpevoli elargizioni romane. E’ ingenuo o peggio 
irresponsabile ritenere che un’organizzazione come questa sia, in qualche modo, espressione del 
potere politico governativo. Cosa Nostra – la criminalità organizzata – è un regno autonomo che 
agisce, di volta in volta, secondo i propri interessi: vende voti a un partito in cambio di favori, 
oppure glieli nega se i favori non sono sufficienti, patteggia tangenti con un industriale oppure dà 
fuoco alla sua fabbrica, corrompe i magistrati, li intimidisce oppure li uccide. Si comporta, 
insomma, come uno Stato che, secondo le circostanze, sceglie l’alleanza o il compromesso, la 
trattativa o la guerra nei confronti di chi interferisce con i propri disegni”.
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Un altro contributo che vogliamo ricordare e che ci sentiamo di condividere è di Gian Carlo 
Caselli, il quale dice: “La mafia – ma crediamo di poter estendere il discorso a tutto il crimine 
organizzato – è un’associazione criminale, è sì un problema di ordine pubblico, ma non è soltanto 
questo. E’ un fenomeno assai più complesso, caratterizzato da una fittissima trama di relazioni con 
la società civile e con svariati segmenti delle istituzioni. Di qui un intreccio di interessi e un reticolo 
di alleanze, connivenze e collusioni che sempre hanno fatto della mafia un pericoloso fattore di 
possibile inquinamento della politica, dell’economia e della finanza”. 
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Sfiorando appena il secolare confronto che sul tema ha impegnato tanti autori, ci piace ricordare il 
dibattito modernissimo che s’instaurò, alla fine dell’Ottocento, tra Pasquale Villari e Pasquale 
Turiello. Si discuteva di camorra, ma possiamo anche dire, in generale, di mafie. 
                                                                                                                                      
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C. Stajano, Corriere della Sera, 19 dicembre 2000 
 
 
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G. Zincone, Corriere della Sera, 26 maggio 1992 
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G. Caselli, Corriere della Sera, 18 ottobre 1994