1
INTRODUZIONE
L’obiettivo del mio lavoro è quello di offrire una panoramica di insieme sugli investimenti
alternativi, in particolare definendo la fattispecie degli Hedge Fund nei paradisi fiscali e la loro
relazione con il settore turistico.
Gli strumenti finanziari classici sono ormai conosciuti da una vasta platea di persone e dai piccoli
investitori. Il mondo degli investimenti alternativi, al contrario, rimane sempre un po’ in penombra,
soprattutto perché non economicamente raggiungibile da tutti.
Dobbiamo però comprendere che questi strumenti, anche se raramente, possono essere utilizzati dai
normali investori. E anche quando questi non possono accedervi, è sempre meglio riuscire ad
analizzare l’intero mercato globale, così da comprendere le opportunità e i rischi che si corrono.
Questo perché investimenti alternativi come i fondi speculativi hanno un peso relativo sui diversi
mercati globali, in quanto gestiscono somme di denaro esorbitanti, riuscendo ad influenzare le
congiunture economiche anche mondiali.
Scegliere un argomento così vasto e interessante può essere lo spunto iniziale per aprirsi sempre più
al mondo della finanza anche nel settore turistico. Sono infatti pochissimi gli strumenti finanziari
propri del settore turistico ed uno dei maggiori esempi per la copertura del rischio sono i weather
derivatives. Questi sono strumenti derivati che coprono gli operatori turistici da eventi avversi che
possono influenzare la soddisfazione del cliente o annullare la totale utilità della vacanza.
La finanza è quindi un mondo che ben può conciliarsi con il settore turistico, in quanto condividono
un aspetto caratteristico quale la gestione del rischio. Un’impresa turistica non avrà mai la certezza
di ottenere dei profitti durante una stagione, in quanto condizioni avverse ed esterne alla volontà
dell’imprenditore, possono modificare qualsiasi previsione possibile fatta a priori.
La struttura della tesi orienta la comunicazione verso un vasto pubblico, perché questi temi spesso
non ben compresi, possano essere utili nella realtà di ogni investitore e imprenditore.
Il primo capitolo ha l’obiettivo di mostare una panoramica dei diversi investimenti alternativi
disponibili nei mercati globali per una valutazione personale delle performance e della fattibilità di
un ipotetico investimento.
Il capitolo successivo prende in considerazione i soli Fondi Hedge, ovvero quei fondi speculativi
che spesso troviamo nei paradisi fiscali e che nascondono delle realtà di evasione molto
preoccupanti.
2
I dati di questi primi due capitoli introduttivi sono una somma di una comunicazione che i vari
fautori dell’istruzione finanziaria italiana tentano di trasmettere ai diversi investitori del paese. Fonti
come Il Sole 24 Ore, Banca d’Italia o altri siti internet che si prestano alla consulenza gratuita e alla
libera informazione verso qualsiasi utente investitore, sono le fonti più rilevanti dei dati da me
raccolti.
Ma una rendicontazione puramente descrittiva di questi strumenti ci trasmette ben poco circa le loro
capacità di performance e la loro propensione al rischio.
Ecco perché il capitolo terzo raccoglie studi quantitativi che sono stati applicati negli anni ai fondi
speculativi. Partendo dai semplici indici descritti già nel modello CAPM, si mostrano le varie
applicazioni e gli svantaggi di questi indici su strumenti particolari come gli Hedge Fund.
Concludendo la parte puramente descrittiva e generale del lavoro, col capitolo quarto si passa ad
una rassegna dei vari legami tra fondi speculativi e paradisi fiscali, portando a mente il caso più
attuale che la stampa ha pubblicato negli ultimi mesi che riguarda i cosiddetti Panama Papers.
Infine, l’ultima parte dell’eleborato, sfrutta uno strumento di analisi statistica come la regressione
lineare per un interessante studio che ho voluto portare avanti, vista l’estrema curiosità suscitata.
Lo studio si prepone l’obiettivo di identificare una possibile correlazione tra il numero di fondi
speculativi e il numero di arrivi turistici nei paradisi fiscali.
Elemento identificativo del mio elaborato è proprio l’applicazione statistica finale, che dopo una
panoramica generale per meglio comprendere cosa realmente sia un investimento alternativo, si cala
nella realtà e cerca di scovare possibili correlazioni per identificare un potenziale turismo
finanziario.
3
Capitolo 1
L’universo degli investimenti alternativi
In un mondo in cui le frontiere nazionali vanno sempre più a scomparire, il mondo della finanza
mobiliare diventa sempre più complesso. Sempre più investitori decidono di diversificare il proprio
portafoglio con una nuova tipologia di investimenti.
Come ogni innovazione finanziaria, il fenomeno degli investimenti alternativi nasce negli Stati
Uniti, e dopo essere stato sviluppato e consolidato, arriva nel vecchio continente attraverso la City
londinese, ponte di collegamento oltreoceano.
Questi investimenti alternativi delineano un nuovo modo di investire i propri risparmi, e come ogni
scelta di investimento, è sempre meglio sapere in cosa stiamo andando ad investire e soprattutto
quali sono le opportunità e gli svantaggi di questi strumenti. Questa preliminare analisi è resa però
più difficile dal momento in cui riuscire a trovare una definizione univoca, o comunque una
classificazione tipica, che individui le caratteristiche fondamentali di questi asset, è estremamente
difficoltoso.
1.1 Una possibile definizione di investimento alternativo
Nonostante vari studi e ricerche sul tema, non esiste una precisa definizione di investimenti
alternativi e neppure una classificazione esatta degli asset che possono rientrare in questa categoria.
Nel 1999 Thomas Schneeweis e Joseph Pescatore, nell’introdurre il loro manuale sulle strategie
alternative, definivano in questo modo gli alternative: “qualsiasi investimento che presenta
particolari proprietà di relazione rischio/rendimento e che normalmente non si può trovare in stock
tradizionali e obbligazioni, può essere definito come investimento alternativo”. Leggendo la
definizione, ci rendiamo conto come effettivamente sia difficile distinguere tra investimento
tradizione e non. Ma se allarghiamo la nostra visione, a definizioni date da altri autori, lo scenario si
complica ancor di più. Infatti alcuni sostengono che anche i normali portafogli azionari e
obbligazionari possono essere considerati alternativi quando sono gestiti con tecniche non
tradizionali.
Se volessimo comunque arrivare ad una definizione parziale, potremmo partire dall’analisi delle
caratteristiche comuni che frequentemente possiedono questi impieghi, tra cui troviamo:
4
- La bassa correlazione con i benchmark dei mercati azionari e obbligazionari;
- L’alta potenzialità di rendimento, se paragonata con gli investimenti convenzionali, a cui
corrisponde comunque un elevato profilo finanziario;
- Il target di riferimento rappresentato da investitori istituzionali e privati molto facoltosi;
- L’illiquidità dell’investimento;
- La presenza di una forte componente “umana” e quindi discrezionale nella gestione degli
impieghi.
Andiamo adesso ad esaminare passo per passo le caratteristiche che fanno di questi investimenti un
vero e proprio strumento alternativo per l’investitore.
La correlazione. Questa è una misura che descrive la relazione tra due variabili, ovvero tra due
investimenti, siano essi rappresentati da singoli strumenti finanziari o da un insieme di questi.
L’indice di correlazione è un numero che può variare da -1 a +1. Se l’indice è positivo significa che
le due diverse tipologie di investimento si muovono con uguale direzione, e più alto sarà il valore
della correlazione, tanto più alta sarà la similarità del cambiamento tra le due variabili. Se invece
l’indice è negativo, vuol dire che le due variabili/investimenti si muovono in direzioni opposte. Se
invece è uguale a zero, le due variabili sono tra loro indipendenti. Dopo questa piccola introduzione
all’indice di correlazione, possiamo affermare che numerosi studi statistici dimostrano che la
maggior parte degli impieghi tradizionalmente considerati investimenti alternativi, hanno una
correlazione largamente inferiore a 1 sia in relazione ai benchmark tradizionali come l’S&P 500 e
l’US 30 yr. Bond, sia tra gli stessi investimenti tradizionali. Essendo allora gli investimenti
alternativi svincolati dall’andamento dei corsi di mercato e dai diversi benchmark di riferimento,
CUMULATIVE RETURNS (%)
Figura 1.1: Report sugli investimenti alternativi della Morgan Stanley 2014
5
essi sono in grado di stabilizzare nel tempo il rendimento del portafoglio, riducendone l’incertezza
di lungo periodo.
La Figura 1.1 mostra l’andamento dei vari asset alternativi comparati a quello del corso azionario
statunitense dal 2001 al 2013, misurando le variazioni percentuali dei rendimenti cumulativi nel
periodo in questione.
Come possiamo naturalmente osservare, la relazione tra il corso azionario statunitense e le varie
categorie di investimenti alternativi è veramente bassa. L’andamento che possiamo notare dal
grafico, ci inoltra subito alla seconda caratteristica degli alternativi.
Le potenzialità di rendimento. Normalmente alcune categorie di impieghi considerate alternative
offrono un rendimento più elevato rispetto alla maggior parte dei comuni metodi di gestione del
risparmio. Ma dobbiamo comunque chiarire, che come in tutte le attività finanziarie, i ritorni
devono essere attentamente valutati e considerati in relazione al profilo e al grado di rischio insito in
ciascuna tipologia di investimento e soprattutto in relazione all’investitore in questione. Infatti,
secondo la classica teoria del rischio/rendimento è possibile dimostrare come a rendimenti crescenti
nel tempo, sono associabili gradi di rischio sempre più elevati. Questa forte presenza di incertezza,
porta quindi gli investitori a svolgere un’attenta analisi dei propri profili di rischio, oltre che
prendere in considerazione una serie di variabili di carattere personale che possono incidere sulla
scelta finale, la necessità di far fronte a spese di breve periodo e così via. Una volta analizzate le
caratteristiche personali, è opportuno comprendere quale sia il tipo di investimento più vicino alle
proprie esigenze. Dobbiamo allora sottolineare che ogni categoria di investimento alternativo
presenta una configurazione rischio/rendimento diversa dalle altre, proprio come notiamo dalla
distribuzione dei rendimenti nel grafico sopra. Ma questa configurazione a sua volta dipende da
variabili come la strategia utilizzate dal gestore, l’oggetto dell’investimento e il ricorso o meno alla
Figura 1.2: Dal Report di Robert W. Baird & Co. 2013
6
leva finanziaria.
Se volessimo rappresentare questa intuizione graficamente, potremmo utilizzare la teoria del
portafoglio di mercato di Markowitz, e notare come la frontiera efficiente di un portafoglio che
comprenda sia investimenti tradizionali che alternativi, offra certamente un rendimento maggiore e
allo stesso tempo un rischio minore dovuto alla differenziazione del portafoglio.
Tratto da uno studio della “Robert W. Baird & Co”, nella Figura 1.3 possiamo analizzare
analiticamente delle situazioni che ci fanno comprendere quanto vantaggioso sia investire in
alternativi nel lungo periodo.
Se nel breve periodo questi strumenti rimangono profittevoli, ma non quanto i tradizionali, nel
lungo periodo si mostrano abbastanza performanti, e soprattutto con un rischio contenuto rispetto a
quello per esempio dello S&P 500 TR. Possiamo dunque dire che nel lungo periodo gli strumenti
alternativi garantiscono situazioni performanti, con un grado di rischio contenuto per il ritorno
avuto. Bisogna però fare attenzione al fatto che riferendoci a dati storici, queste performance
passate non sono rappresentative dei risultati futuri. Questo scenario potrebbe allora essere
delineato in un contesto economico espansionistico.
È proprio il concetto di rischio che distingue i vari profili degli investitori, questo ci porta al
prossimo punto caratteristico degli alternativi.
Le tipologie di investitori e l’illiquidità dell’investimento. Tra gli investitori istituzionali, le
fondazioni universitarie sono state le prime ad accorgersi dei vantaggi offerti dalle strategie di
allocazione alternative. Le università di stampo privato devono cercare di avere un elevato
rendimento dai propri asset, finanziando così le proprie attività di ricerca e garantirsi le risorse
necessarie per la propria sopravvivenza. Questa strategia ha dato ottimi risultati nel tempo,
Figura 1.3: Dal Report di W. Baird & Co. 2013