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INDICE
PREMESSA ….......................................................................................... 5
PARTE PRIMA: STUDI …........................................................................... 15
CAPITOLO I DONNA: SIMBOLO, MITO, IMMAGINE. …................ 16
§ 1 - Donna: Simbolo. ….................................................... 20
§ 2 - Donna: Mito. ….......................................................... 25
§ 3 - Donna: Immagine. ….................................................. 31
Note. …............................................................................... 44
CAPITOLO II L'ALTRO: LA DONNA E LA FILOSOFIA. ….................. 53
§ 1 - La donna non esiste. …............................................... 56
§ 2 - La dialettica dell'esclusione. ….................................... 72
§ 3 - La donna e la maschera. ….......................................... 87
§ 4 - La categoria della differenza. …................................... 93
§ 5 - La donna allo specchio. …........................................... 110
§ 6 - Il mito dell'Altro. …....................................................... 135
Note. ….................................................................................. 159
PARTE SECONDA: LA DONNA E LA STORIA.
RICERCA DI UNA CULTURA AL FEMMINILE:
RINASCIMENTO E CONTRORIFORMA:
DALL'ESALTAZIONE DELLA DONNA ALLA
DONNA ARTEFICE DEL NEGATIVO. ...........................
188
CAPITOLO I LA DONNA E LA STORIA: ORIGINE DELLA SUA
EMARGINAZIONE STORICA. L'ERETICA: TENTA TIVO
DI UN'EMANCIPAZIONE …........................................ 195
§ 1 - La donna e la storia: origine della sua
emarginazione storica ….................................................. 195
§ 2 - L'eretica: tentativo di un'emancipazione …............... 204
Note ................................................................................... 214
3
CAPITOLO II RICERCA DI UNA CULTURA AL FEMMINILE:
L'ETA' DEL RINASCIMENTO. L'ESALTAZIONE
DELLA DONNA …........................................................... 223
§ 1 - L'età del Rinascimento: Chiesa, Stato, società e
cultura rinascimentale alle corti. Donna veicolo dell'utopia
dal XIV secolo agli inizi del XVI secolo. …....................... 226
§ 2 - Mistica della donna: dalla donna angelicata alla
donna-gentile e la donna-filosofia di Dante Alighieri.
Alcune figure femminili nella letteratura e nell'arte
rinascimentale ….................................................................. 240
§ 3 - Incontro con alcune donne celebri del Rinascimento:
primi passi di una cultura al femminile. …............................. 253
Note. ….................................................................................... 283
CAPITOLO III RICERCA DI UNA CULTURA AL FEMMINILE:
L'ETA' DELLA CONTRORIFORMA. LA DONNA
ARTEFICE DEL NEGATIVO. ….......................................... 314
§ 1 - L'età della Controriforma: Chiesa, Stato, società
e cultura dal XVI al XVII secolo. Una utopia che
si deteriora . …........................................................................ 318
§ 2 - Mistica della donna: la donna simbolo del negativo
e strumento di servitù spirituale e civile. La misoginia. …..... 335
§ 3 - Un minaccioso logos femminile: la strega.
L'Inquisizione: la caccia e i processi alle streghe. …............... 366
Documenti. …........................................................................... 389
§ 4 - Incontro con alcune donne celebri della età della
Controriforma e del Seicento: le donne difendono le donne. …. 406
Note. …..................................................................................... 466
CONCLUSIONI …............................................................................................... 492
BIBLIOGRAFIA …................................................................................................... 520
Parte Prima …...................................................................................... 521
Parte Seconda …................................................................................... 532
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IL MITO DELL'ALTRO:
LA DONNA E LA FILOSOFIA
NELLA SOCIETA' DELL'EUROPA
OCCIDENTALE.
Ricerca di una cultura al femminile:
Rinascimento e Controriforma: dall'esaltazione della femminilità
agli scritti misogini del Seicento.
“Ben si spiega perché Dio
quando creò Eva, immerse Adamo
in un sonno profondo:
la donna è il sogno dell'uomo”.
Soren Kierkegaard
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PREMESSA
Davanti al "mistero" l'uomo tace, non pretende di definirlo positivamente. Rinuncia a
pensarlo sulla falsariga di se stesso. Nega, anzi, una piena identità tra sé e il "mistero".
L'uomo, nel suo compito di prefigurare, di preparare, di plasmare responsabilmente giorno
per giorno 1'assetto della vita umana, di fronte al "mistero" alza una barriera e pone il
"mistero" come il suo Altro, l'Altro radicale l'inafferrabile: la Donna. Ma in questo rapporto
uomo/mistero, uomo/donna, giocano un'infinità di altri rapporti - quello dell'uomo con se
stesso, dell'uomo con il mondo, dell'uomo con gli altri, dell'uomo con il Trascendente. Questo
Io-umano, nella sua conquista dell'essere attraverso la storia resta lo Stesso, e fa degli eventi
disparati e diversi una storia, la sua storia. E, in questa "sua" storia, il "mistero", la donna,
gioca il "suo" non-ruolo di "qualcosa di inafferrabile", di Altro radicale.
L'opposizione tra principio maschile e principio femminile è profondamente integrata
all'interno del nostro sistema sociale. Il principio maschile viene generalmente riferito alla
sfera pubblica: leggi politica, produzione. Quello femminile, invece, ha a che fare con quella
privata: le strutture parentelari e la riproduzione. Da questa distinzione sono derivate
implicazioni discorsive, sociali e politiche che hanno definito i ruoli che, all'interno di un
ordine sociale, ci si aspetta che uomini e donne debbano assumere.
Attraverso i secoli infatti, il "femminile" è stato definito come il privato, ciò che è
dell'ordine della “physis”, della materia, della natura, del corpo, dei sensi, della passione,
dell'irrazionale; mentre il "maschile", all'opposto è stato identificato con il pubblico, il
“logos”, la cultura, la ragione e il razionale.
In questa dicotomia, il "femminile" è stato individuato non solo come “un” contrario,
bensì ”il” contrario per eccellenza. E' stato articolato come l' "Altro", e in quanto “Altro” dal
maschile, necessariamente privo di quella qualità della razionalità, della discorsività e del
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potere in quanto di marca maschile. Il risultato di questa opposizione dialettica à stato
dunque un detrimento ed una svalorizzazione del “femminile”. Il “femminile”, definito come
Altro, si è caricato di un senso negativo ed il peso di questa alterità è ricaduto sulle donne,
producendo, col passare del tempo, la convinzione della loro inabilità naturale e biologica ad
accedere all'ambito della cultura, del “logos”, del discorso razionale. Ciò che si è avuto è
stata l'effettiva esclusione delle donne da attività considerate “maschili” quali la discorsività,
la teoria, la filosofia.
L'articolazione dialettica della razionalità occidentale è stata tale da porre l'Altro come
l'Altro da, e cioè come “Differente”. E questa differenza è stata concepita come una
mancanza, una sottrazione. Tuttavia, è possibile uscire da questa logica di dominazione e
di esclusione?
Dare una risposta a questa domanda significa percorrere quello spazio oscuro che è la
storia della donna, rileggendo e ripensando come donna la storia – quella storia che risulta nei
suoi fatti scritta dall'uomo – nella piena consapevolezza che sullo sfondo dell'emarginazione
filosofica e culturale della donna sta proprio la sua emarginazione storica. E questo percorso
fa nascere un'altra domanda: c'è stata, c'è, o ci potrà essere un'espressione di cultura
“femminile”? Ovvero se è possibile identificare e definire una tradizione di saggezza ed
esperienza delle donne, così come si è sviluppata e tramandata nei secoli. Uno sguardo sulle
attuali Storie e Antologie critiche di letteratura o di filosofia ci manifesta, infatti, l'esiguità di
una tradizione poetica o filosofica femminile.
1
Uno studio potrebbe essere quello di una ricerca propriamente linguistica e stilistica
che, partendo da una rilettura di opere di donne, ipotizzi modelli individuali di discorso
1 Più che di “cultura femminile”, si è parlato di “sottocultura femminile”, per indicare la cultura del quotidiano
e quella tradizione di letteratura d'evasione – romanzi rosa, feuillettons, romanzi epistolari – spesso prodotta
da donne, e snobbata dalla critica ufficiale. La cultura è ritenuta “maschile” e la realtà femminile risulta
periferica rispetto agli interessi centrali della letteratura, quali la lotta dell'uomo contro la natura, Dio, il
destino, l'uomo come se stesso, o la donna intesa come Altro. La letteratura delle donne è stata, di
conseguenza, relegata, dal mondo accademico, allo status di “sottocultura”.
7
femminile, riprodotti nella letteratura deliberatamente o inconsciamente. Uno studio, cioè,
sull'esistenza di una “mente femminile” e sulla necessità, quindi, di sviluppare uno stile
adeguato a rappresentarla artisticamente.
Sorge, comunque, un'altra questione: fino a che punto è lecito parlare di linguaggio,
cultura e coscienza femminile, senza generalizzare e limitare le potenzialità espressive
delle donne? Ed anche, fino a che punto è, tuttavia, giusto e possibile rinnegare quella
tradizione culturale patriarcale, che è penetrata anche nelle pieghe più nascoste del non
ben definito “specifico femminile”? Non possiamo dimenticare, infatti, che le immagini
della Natura-come-Donna o della Donna-come-Musa o della Donna-come-Chiesa
custodiscono una loro verità e hanno avuto ed hanno una importante funzione all'interno della
nostra psiche collettiva. Inoltre non si può non riconoscere l'inevitabile coinvolgimento della
donna nella cultura tradizionale: un modello femminista del sé come “femminile” e dell'Altro
come “maschile” incontra, infatti, ben pochi punti di riferimento in filosofia. Si potrebbe
considerare il modo diverso di rapportarsi al prodotto artistico da parte della donna e quindi
di vedere ciò che, fino a questo momento, la mascolinizzazione della nostra società, può aver
impedito alla donna di vedere. Di leggere, cioè, in modo nuovo la tradizione, secondo nuove
interpretazioni dell'universalità o dell'umanità dei conflitti letterari.
2
Si giungerebbe così alla ridefinizione e dilatazione del concetto di “Umanesimo” che
andrebbe inteso, nella complementarietà di valori maschili e femminili, come espressione
dell'esperienza umana nella sua totalità, che è esperienza dell'uomo e della donna.
L'esplorazione di realtà strettamente femminili diventerebbe, in questo modo, uno stadio
verso l'integrazione della donna in una nuova visione dell'universo umano. Riscoprire
2 La tragedia di Edipo, ad esempio, anziché una tragedia maschile della volontà, potrebbe essere letta “come
un movimento quintessenzialmente umano dell'intenzione alla percezione, un movimento possibile a tutta
l'umanità”. Cfr.: C. Heilburn e C. Stimpson, Theorie of Feminist Criticism: A Dialogue, in: Feminist
Literary Criticism: Exploration in Theory”, Lexington, The University Press of Kentucky, 1975 – in:
MEMORIA, Rivista di storia delle donne, n°5, Rosenberg & Sellier, Torino, 1982 – pp.122-131.
8
l'androginia, il presentare temi androgini significherebbe imparare a trattare, ad esempio, “il
sesso e i problemi ad esso collegati una una prospettiva umana invece che maschile”.
3
Tenendo conto che il mio punto di vista è quello di una cultura “umana”, espressione
cioè di un pensiero “androgino”, privo di etichetta “maschile” e “femminile”, una soluzione
di questo problema appare comunque ancora lontana, in quanto la cultura “femminile” è
tuttora legata ad un processo di identificazione del “sé-femminile” come “Altro”, come
“Diverso”, come “Differente” da quello del “sé-maschile”, in un senso tuttavia non più
negativo, bensì positivo.
In questi ultimi trent'anni, all'interno del contesto storico del dopoguerra europeo, in un
clima di crisi generale in cui la stessa egemonia del mondo occidentale e i suoi valori
predominanti sono stati messi progressivamente in dubbio, si sono avuti due fenomeni
paralleli: da un lato il sorgere del movimento delle donne e delle ricerche, da parte di donne,
sul ruolo, le condizioni e la discorsività delle donne. Dall'altro, una crisi interna alla filosofia
contemporanea europea, che riguarda la nozione di razionalità in quanto costitutiva della
conoscenza umana e quindi dello stesso ideale etico dell'uomo. Ci riferiamo in particolare a
quella critica radicale della soggettività, a quel progetto di demistificazione del “soggetto che
sa” e che formula la necessità di liberarsi della soggettività intesa come identità del soggetto
con la coscienza razionale.
4
3 M. Holly, Consciousness and Authenticity:: towards a Feminist Aestetic, in “Feminist Literary Criticism:
Exploration in Theory”, op.cit., in: MEMORIA, op.cit., pp.122-131.
4 La rappresentazione classica consentiva una perfetta adeguazione tra il linguaggio e il mondo
dell'esperienza. Con Kant cade questa rappresentazione e si libera un campo di empiricità che pone alla
riflessione filosofica in termini nuovi il problema delle condizioni e dei limiti della conoscenza. Kant riduce
l'ambito dell'esperienza possibile all'attività sintetica ed analitica di un soggetto che ordina e organizza i dati
empirici sulla base di schemi e moduli a priori. La struttura stessa del problema, che fa del soggetto,
empirico o trascendentale, il correlato di ogni possibile esperienza ha dato luogo ad un esito in cui si sono
riconosciuti tutti gli idealismi e i positivismi posteriori: l'esperienza, il mondo, la storia come “prodotti” del
soggetto, nella sua attività pratico-empirica o teorico-trascendentale. Ciò porta al principio della
”adeguazione” e della “compresenza”dei contenuti empirici alla coscienza che li produce, e impone loro,
empiricamente o trascendentalmente, le leggi della propria soggettività: la continuità (tali contenuti vengono
sempre riferiti al loro doppione empirico-trascendentale); l'omogeneità (tale doppione li attraversa e li
percorre a tutti i livelli); la trasparenza (tali contenuti non hanno alcun senso residuo all'infuori di quello che
il soggetto conferisce o investe in essi). L'esperienza e i suoi contenuti sono, in tal caso, sempre ricondotti
entro la lineare temporalità del soggetto che li produce e che, quando li pensa, non fa che attualizzare, nella
9
Si tratta di quel progetto annunciato da Marx, Freud e Nietzsche e portato poi a
conclusione, soprattutto in Francia, da Sartre, Merleau-Ponty, Foucault, Lacan, Deleuze,
Levi-Strauss e Levinas. Si tratta della rimozione, spostamento e sfasatura del soggetto
rispetto al discorso e al suo significato: si tratta di quella “mutazione” che ha spostato l'asse
del sapere dal cartesiano “penso” all'anonimo e costrittivo “c'è del pensiero”. Tuttavia, questa
rimozione del soggetto lascia uno spazio oscuro, silenzioso e incombente, una “soggettività
seconda”.
5
In questi Autori, l'indagine filosofica viene anche focalizzata intorno ad una serie
di problemi circa il ruolo e lo status del “femminile” all'interno del quadro concettuale del
discorso filosofico ed intorno alla ridefinizione della coscienza che ha condotto ad una
desessualizzazione del soggetto.
6
Questa radicale rottura ha avuto come risultato di sottrarre
forma dell'esegesi, dell'interpretazione e del commento, un senso dimenticato, nascosto, allusivo. Cfr.:
Alessandro Fontana, “Introduzione” in: Nascita della Clinica di M. Foucault, Torino, G. Einaudi Editore,
1969(IV), pp.XII-XIII.
5 Si tratta dello spazio d'esclusione, oscuro, silenzioso, invisibile ma incombente indagato da M. Foucault
(Cfr.: Storia della follia nell'età clssica, 1963). Foucault ha inteso ricostruire la “storia” della follia: una
“storia” non più disegnata con il profilo rassicurante e continuo delle “storie della ragione”, delle
“fenomenologie dello spirito”, in cui una legge interna allo svolgimento riscatta ad ogni istante la negatività,
l'alterità, l'alienazione, ma una “storia” piena di rotture, una “storia” che traccia, lungo quattro secoli –
dall'epoca rinascimentale a quella moderna e contemporanea – il potere fondatore della follia. Fondazione
della ragione, in quanto, almeno a partire da Cartesio, la ragione è “ciò che resta” quando si esclude tutto
quanto è antiragione; la ragione circoscrive lo spazio proprio “tramite” l'esclusione della follia, di questo
linguaggio “senza soggetto parlante e senza interlocutore” che sottende tutti i discorsi della ragione. Cfr.:
Alessandro Fontana, “Introduzione” in: Nascita della Clinica di M. Foucault, op.cit., pp.XX-XXI. Al termine
“follia” può essere sostituito il termine “donna” ed al termine “ragione” il termine “uomo”; il risultato è il
tentativo di lettura di quell'essere che è “non-essere”, che è il “diverso”, che è l'Altro radicale, spazio oscuro,
silenzioso, invisibile, mistero.
6 M. Foucault, ad es., suggerisce che la sessualità, dal momento che è lo strumento più importante della
codificazione del corpo, è collegata al potere non in base alla “repressione”, quanto piuttosto alla
“espressione”. Per Foucault la necessità di esprimere o di articolare in parole la nostra sessualità è una
imposizione sociale e conclude che le nozione di “liberazione sessuale” appare come una vera e propria
contraddizione nei termini. Secondo Foucault, infatti, l'oggetto “sessualità” si è sostituito come dispositivo
millenario di assoggettamento. Ciò che è importante nei movimenti di liberazione della donna non è il fatto
che essi abbiano rivendicato la specificità della sessualità e i diritti ad essa concernenti, bensì il fatto che essi
facciano parte di quello stesso discorso così come è stato tenuto all'interno dei dispositivi della sessualità.
L'unica possibilità veramente sovversiva è, secondo Foucault, l'analisi dall'interno del discorso sulla
sessualità: svelarne i legami con il potere, il dominio e l'autorità. E conclude che il femminismo potrebbe
essere assai più importante se le donne fossero preparate ad abbandonare lo specifico sessuale, il termine
comune di oppressione sessuale che in un primo tempo le aveva unite.
G. Deleuze analizza invece il tema in relazione alla problematica della “differenza”. Tentando di superare lo
schema hegeliano della dialettica della coscienza, Deleuze definisce “maggioranza” le formazioni del potere
dominante all'interno della nostra cultura, e “minoranza” le sub-categorie che esistono all'interno della
maggioranza. I negri in un società bianca, le donne in un sistema patriarcale e gli omosessuali in un mondo
eterosessuale possono essere definiti “minoranze”, benché non lo siano numericamente. Per Deleuze il
soggetto deve essere liberato dalla rappresentazione, sia in termini di coscienza razionale, sia in quelli di
forze libidinali inconsce. Andare oltre la rappresentazione implica la fine della codificazione imposta al
10
il peso della “alterità” negativa alle donne e la filosofia è divenuta ricettiva di quel
“femminile” che proprio essa aveva contribuito ad escludere.
7
Tuttavia le donne hanno
riproposto il loro accesso alla soggettività, rivendicando soprattutto il diritto di far sentire la
loro presenza in ogni momento dell'esistenza e in ogni ambito discorsivo, e criticando la
pretesa all'universalità del soggetto razionale rivelandone i pregiudizi maschili all'intero
processo, pregiudizi che avevano implicato la denigrazione sistematica del “femminile”. La
tattica discorsiva adottata
8
è consistita nello smascherare soprattutto i pregiudizi sessuali
insiti nel discorso filosofico.
Le attuali discussioni in seno alla filosofia sulla morte del soggetto del sapere, sulla
dispersione, frantumazione e molteplicità del soggetto
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hanno avuto come effetto immediato
quello di nascondere e indebolire i tentativi delle donne nella ricerca di una voce teorica
propria. Abbandonare la nozione di soggetto proprio nel momento storico in cui le donne
hanno iniziato ad averne accesso e, nello stesso tempo, sostenere un “divenire-donna” da
parte del discorso filosofico possiamo definirlo un paradosso. Affermare che il “divenire-
donna” è la trasformazione essenziale del nostro ordine discorsivo e che tuttavia anche le
soggetto in quanto entità corporea, in favore di una visione a-centrata, dispersa, multipla, polimorfa della
coscienza. Il soggetto è diventato “nomade”. Si tratta di un modello di coscienza, questo proposto da
Deleuze, che può essere visto come l'ultimo atto della dissoluzione del principio di identità del soggetto.
Cfr.: Rosi Braidotti, Modelli di dissonanza: donne e/in filosofia, in: “Le donne e i segni”, LUOGHI
COMUNI, 1, Ancona, Il Lavoro Editoriale, 1985, pp.23-37.
7 Mentre Foucault ha preteso di decodificare il discorso della sessualità in quanto pietra miliare nelle teorie
moderne della soggettività, Deleuze ha invece tentato di dimostrare la decostruzione di tutte le identità, la
rottura di tutti i sistemi di significazione dominanti nella nostra cultura.
Uno degli obiettivi più immediati in questo progetto di ridefinizione della coscienza umana è ciò che viene
definito il “divenire-donna”. Nella prospettiva di Deleuze infatti le donne, essendo un gruppo di minoranza,
sono in grado di contribuire alla decostruzione radicale della soggettività, tramite la distruzione del sistema
di significazione della sessualità. Il “divenire-donna” e il “divenire-minoranza” della coscienza umana
vengono quindi a configurarsi come sessualmente indifferenziati. Il tramonto della nozione di soggetto
cancella anche la possibilità dell'emergenza della differenza sessuale.
J: Derrida afferma che dal momento che il femminile/donna non può essere detto, esso funziona come la
forza più penetrante e attiva del discorso occidentale.
Cfr.: Rosi Braidotti, Modelli di dissonanza: donne e/in filosofia, op. cit.
8 Cfr.: Luce Irigaray, Speculum. L'altra donna, trad.it. Di Luisa Muraro, Milano, Feltrinelli, 1975(V).
9 Cfr.: G. Vattimo, Le avventure della differenza, Milano, Garzanti, 1980
M. Cacciari, Krisis. Saggio sulla crisi del pensiero negativo da Nietzsche a Wittgenstein, Milano, Feltrinelli,
1976
F. Rella, Il silenzio e le parole. Il pensiero nel tempo della crisi, Milano, Feltrinelli, 1981 (XI)
F. Rella, Il paradosso della ragione, in: AUT-AUT, 161, 1977.
11
donne dovrebbero contribuire a questo radicale cambiamento, ci sembra che porti a
perpetuare l'antica abitudine mentale di pensare il maschile come sinonimo di universale e, di
conseguenza, ad ignorare la differenza sessuale. Non si può desessualizzare una sessualità
che non si è mai posseduta: per decostruire il soggetto si dovrebbe, innanzi tutto, aver già
ottenuto il diritto di parlare come tale.
10
O, comunque, come afferma Luce Irigaray, solo chi
ha già una voce può optare per una strategia del silenzio e dell'assenza.
11
Tuttavia anche il silenzio può essere segno. Come far parlare questo silenzio? Il
prendere coscienza del proprio silenzio è già un linguaggio. E da questo “silenzio” nasce
questa ricerca, che vuole dare voce a quello “spazio oscuro” perché possa definirsi,
identificarsi e ricondursi all'esistenza, all'essere.
L'antico esilio della parola nel momento in cui il logos nella nostra cultura si è
configurato come la parola forte, la parola presa in pubblico, unico veicolo legittimato della
ragione, ha fatto del silenzio femminile il luogo di una perdita, della degradazione stessa del
soggetto. Eppure il “femminile”, per quanto impenetrabile e frammentario, ha attraversato
tutta la cultura maschile: da sempre si è infatti posto di fronte all'intero sapere se non altro
come recisione, assenza e soprattutto enigma. Il femminile spesso è stato l'orizzonte
dell'emergenza della soggettività maschile: era l'Altro, l'opposto, la maschera, la differenza a
partire dalla quale l'io maschile iniziava un processo di individuazione, di identificazione e di
indipendenza del “sé”. E in questo senso il “femminile” non ha cominciato ad esistere se non
come inverso, inversione del maschile. Oppure si è trattato per l'uomo di un'identità cercata
come ritorno alla Madre, alla cavità rassicurante in cui egli si trova a casa propria. In questa
10 G. Deleuze, come M. Foucault, sostiene la coestensività del corpo ad una serie di complesse modalità del
potere. Tuttavia è presente una contraddizione quando entrambi argomentano la costruzione dell'entità
corporea come se fosse immune da ciò che dovrebbe essere l'effetto più comune della socializzazione, e cioè
la differenziazione sessuale degli uomini dalle donne. E' come se Deleuze e Foucault avessero trascurato di
considerare il fatto che il processo di socializzazione dopo tutto produce due diverse sessualità: quella
maschile e quella femminile. Cfr.: Rosi Braidotti, Modelli di dissonanza: donne e/in filosofia, op. cit.
11 Cfr.: Luce Irigaray, Questo sesso che non è un sesso. Sulla condizione sessuale sociale e culturale delle
donne, Milano, Feltrinelli, 1980
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visione la donna si configura come luogo dell'epifania dell'altro proprio in quanto assenza,
mancanza, linguaggio che tace ed anche come asilo, ospitalità e dunque non ha ancora
cominciato ad esistere in quanto “Altro”, in quanto “Soggetto-Altro”. Stabilizzandosi come
soggettività l'uomo sembra aver destabilizzato l'altro, l'altra: lo ha relegato ad un destino di
marginalità.
12
Chi è dunque l'Altro? Come possiamo definire l'Altro? C'è l'Altro? Dove può la donna
trovare una “identità”? E' possibile uscire dalla logica di dominazione e di esclusione? Questa
serie di domande formano la base di ricerca della PARTE PRIMA "STUDI", nella quale si è
voluto approfondire il tema del "mito dell'Altro" definito come la donna, leggendo nella
storia del pensiero filosofico aspetti, immagini e figure proprio come definizione della
problematica simbolica della Donna come l'Altro, come “diverso”, nella sua dicotomia
negativa e positiva. In particolare, si è voluto esplorare alcuni momenti per una riflessione sul
rapporto che intercorre tra l'immagine della donna, così come è stata proposta e razionalizzata
all'interno del pensiero filosofico e dell'espressione letteraria, e la realtà storica e sociale in
cui questa immagine è stata pensata.
Infine, questa dialettica si è voluto osservarla prendendo spunto dal confronto di due
culture, quella del Rinascimento e quella della Controriforma, in cui sono sembrate meglio
emergere le due rappresentazioni più contrastanti del femminile: la donna pensata
platonicamente come tramite di un rapporto tra l'uomo e l'ideale, come veicolo dell'utopia, e
la donna come strega, come artefice del negativo, vale a dire come portatrice di un destino
malefico nelle vicende umane. Nella PARTE SECONDA, intitolata "LA DONNA E LA
STORIA. RICERCA DI UNA CULTURA AL FEMMINILE: RINASCIMENTO E
CONTRORIFORMA: DALL'ESALTAZIONE DELLA DONNA ALLA DONNA ARTEFICE
12 Patrizia Magli, Il segno della differenza, in: “Le donne e i segni”, LUOGHI COMUNI, 1, Ancona, Il Lavoro
Editoriale, 1985, pp. 12-13