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INTRODUZIONE
L’acquisto di azioni proprie è l’operazione con cui una società acquisisce
dalla propria compagine sociale i titoli da essa emessi, divenendone così titolare.
L’intervento realizzato dall’emittente sulle proprie azioni è considerata una
manovra complessa e di natura controversa, la cui legittimità è stata a lungo messa
in discussione. Varie possono essere le finalità che lo giustificano: dalle più
semplici, quale la vendita ad un prezzo superiore a quello d’acquisto, alle più
articolate, tra cui il tentativo di opporsi alla conquista del controllo di una società,
mediante la riduzione del numero di azioni della stessa in circolazione. Le
motivazioni sottostanti l’acquisto di azioni proprie sono dunque molteplici e non
tutte immediatamente comprensibili. Vi è invero una rischiosità intrinseca ad esso
associata, incrementata dall’imprevedibilità dei suoi esiti.
Per valutare correttamente gli effetti di tale operazione, è necessario far
riferimento all’economia dell’impresa e, soprattutto, degli obiettivi strategici che
il suo organo amministrativo si pone. L’acquisto di azioni proprie, infatti, implica
impiego di liquidità aziendale disponibile che viene quindi distolta dal core
business. Ecco quindi che è fondamentale giustificare adeguatamente tale
operazione agli azionisti. Le giustificazioni finora proposte dalla dottrina fanno
riferimento ad un ampio novero di situazioni concrete che tendono ad variare in
2
relazione alle tendenze evolutive dell’ambiente aziendale e del mercato
1
. Si
sottolinea che gli studi sull’operazione in esame tendono ad avere ad oggetto
aziende quotate in mercati “maturi” (USA e UK) e seguire una metodologia di
tipo quantitativo: sono limitati gli studi dedicati al mercato italiano sviluppati
sulla base di un metodo qualitativo.
Muovendo da tali considerazioni, lo scopo del presente lavoro è analizzare
criticamente a livello teorico ed empirico le motivazioni sottostanti l’acquisto di
azioni proprie. Allo scopo sono state analizzate le relazioni prodotte dall’organo
amministrativo delle società quotate alla borsa di Milano per giustificare
l’operazione in parola. L’analisi dovrebbe permettere di evidenziare eventuali gap
tra teoria e prassi nonché elementi direttamente o indirettamente legati
all’operazione.
La struttura del lavoro è la seguente.
Nel primo capitolo viene analizzata la normativa nazionale in tema di
acquisto di azoni proprie. Il nostro ordinamento giuridico attuale, infatti, pur
evitando di tipizzare gli scopi che la società può perseguire con l’acquisto,
1
LIZZA F., “L’acquisto di azioni proprie nell’economia dell’impresa”, Milano, 1983, pag.2,
afferma: “Le possibilità operative del ricorso all’acquisto di azioni proprie sono andate nel tempo
arricchendosi, e riteniamo che siano suscettibili di ulteriori concreti sviluppi. Siamo pervenuti alla
conclusione … che i compiti assegnati all’istituto in esame siano mobili e mutevoli, in ciò
seguendo la sorte di quegli istituti che, pur concepiti in funzione di una specifica realtà, possano
prestarsi, per tendenze evolutive della struttura esterna ambientale ed interna aziendale, a
soddisfare esigenze nuove suscitate dal dinamico operare nel campo economico, non previste e
talora neanche prevedibili in sede di originaria formulazione, di modo che il soggetto aziendale
inventi, scopra, sulla base di ciò che è esistente, possibilità recondite di applicazioni aderenti alle
sue mutevoli necessità”.
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prevede dei vincoli precisi entro cui può essere realizzata e le relative sanzioni,
esplicitati dagli art. 2357 e ss. del codice civile.
Nel secondo capitolo viene invece descritta la lunga diatriba intercorsa nella
dottrina, relativa alla natura dell’operazione. Da un lato, viene equiparata ad un
generico investimento societario e, dall’altro, ad una riduzione di capitale. Come
idee così opposte generino un conflitto, sia in materia contabile che fiscale, è
evidente. Esso è stato risolto con la recente riforma in materia di bilanci
2
, che ne
ha sancito definitivamente la natura. Al contrario, le relative questioni contabili e
fiscali sono ancora oggi in fase di transizione, come chiarito nel corso del
capitolo.
Nel terzo capitolo vengono presentate le finalità perseguibili tramite essa e
sostenute dalla dottrina. Per ognuna di queste vengono indicate le potenzialità
future, senza tralasciare però le rischiosità ad esse associate. Innumerevoli e dagli
esiti a volte differenti, le ragioni riconosciute dalla teoria evidenziano
l’eterogeneità dell’operazione.
Nel quarto capitolo, per chiarire infine quali tra i vari intenti ipotizzati a
livello teorico siano maggiormente considerati nella realtà operativa delle aziende,
sono analizzate le motivazioni riportate dagli organi amministrativi di alcune
società quotate nel mercato italiano all’interno delle relazioni dagli stessi
2
Cfr. il D. Lgs. 139/2015, il quale prevede che “le azioni proprie sono rilevate in bilancio a diretta
riduzione del patrimonio netto, ai sensi di quanto disposto dal terzo comma dell’articolo 2357-ter”,
decretandone in modo certo l’effetto di riduzione del capitale.
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predisposte e rivolte ai soci. Tali relazioni devono risultare convincenti e
plausibili innanzitutto alla compagine azionaria che autorizza l’operazione
3
.
Il confronto delle relazioni con quanto sostenuto dalla dottrina aziendalistica
consente di avanzare delle ipotesi che spieghino la possibile divergenza risultante,
mostrando quali sono i veri intenti a cui gli amministratori mirano e come, in
concreto, uno strumento così versatile ma anche fortemente aleatorio, sia
utilizzato nella realtà societaria italiana.
3
CARBONETTI F., “L’acquisto di azioni proprie”, Giuffrè, 1988, parlando degli “interessi che la
società può legittimamente perseguire con l’acquisto”, indica come “la loro individuazione nella
realtà fenomenica è necessaria proprio per poter formulare su di essi una valutazione di
meritevolezza alla luce di criteri generali, in particolare di quello della conformità dell’operazione
all’interesse sociale”.
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CAPITOLO 1
LA DISCIPLINA CIVILISTICA DELL’ACQUISTO DI AZIONI PROPRIE
1.1 IL QUADRO GENERALE DELLA NORMATIVA
L’acquisto di azioni proprie consiste nell’acquisto di azioni collocate e
scambiate sul mercato da parte dell’emittente delle stesse.
E’ infatti bene precisare che con “l’acquisto di azioni proprie” non si
intende un’operazione con cui una società acquisisce titoli già suoi, ma una
compravendita con cui la società acquista azioni dalla stessa emesse e di proprietà
di un soggetto socio terzo. Solamente dopo che l’acquisto produrrà i suoi effetti
saranno di proprietà dell’emittente, divenendo “proprie”
1
. In altri termini, con
l’operazione in parola, la società diviene “socia di se stessa”.
L’operazione in parola viene vista dalla dottrina economico - aziendale sia
come un investimento di denaro in titoli che rappresentano beni appartenenti al
patrimonio del soggetto investitore, sia come una modalità di riduzione del
capitale sociale
2
. A ben vedere, entrambe le prospettive risultano corrette. Coloro
che la ritengono equivalente a una riduzione dei mezzi propri considerano di più
gli effetti, mentre i sostenitori della prima interpretazione pongono l’attenzione
sulla natura dell’operazione. Qualsiasi opinione venga condivisa, si verifica
1
www.dirittoprivatoinrete.it/societa/spa/acquisto_delle_proprie_azioni.htm
2
Per tutti, COLOMBO G. E., “Il bilancio d’esercizio” in Trattato delle società per azioni, diretto
da Colombo e Portale, vol. VII, Torino, 1991.
6
comunque una riduzione della garanzia patrimoniale per i terzi a seguito della sua
realizzazione
3
.
L’acquisto di azioni proprie è, invero, un’operazione indubbiamente
“pericolosa” per i terzi in generale e per i creditori in particolare: la sua
realizzazione comporta infatti un rischio per l’integrità del capitale sociale. Per
evitare che questo sia leso, il Legislatore ha stabilito numerose e precise
disposizioni che limitano la possibilità di effettuarla.
Innanzitutto, tutte le società il cui capitale sia rappresentato da azioni
potrebbero in linea teorica acquistare i propri titoli sul mercato primario, nel
momento in cui si offrono in sottoscrizione azioni di nuova emissione, ovvero sul
mercato secondario, acquistando azioni già emesse e liberate. A ben vedere, la
prima opzione, comprendente sia l’ipotesi di costituzione di una società che di
aumenti di capitale a pagamento, è vietata in modo assoluto. Ciò perché non
verrebbero effettuati i conferimenti a liberazione delle azioni, essendo la società
che sottoscrive azioni proprie contemporaneamente nella posizione di creditrice e
debitrice del conferimento stesso. L’acquisto delle azioni sul mercato secondario è
invece consentito, mediante la conclusione di contratti traslativi di qualsiasi
natura (vendita, permuta, ecc.). Inoltre, se la società è quotata il riacquisto può
3
A riguardo COMUZZI P., BESSO U., VARCASIA G., in “Acquisto di azioni proprie. Tematiche
civilistiche, implicazioni fiscali”, Giuffrè Editore, Milano, 2002, affermano “… Si tratta di
un’operazione che avviene per le ragioni più diverse, che non è permessa a tutte le società di
capitali e che riduce certamente la garanzia patrimoniale per i terzi in quanto la stessa è, nella
sostanza un rimborso di somme conferite o una distribuzione di utili in precedenza mantenuti nella
società”.
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avvenire esclusivamente tramite un'OPA o sul mercato secondario e, in questa
seconda ipotesi, le modalità operative devono essere concordate con l'autorità che
gestisce la borsa
4
.
Nonostante questi vincoli, però, la necessità di proteggere il capitale sociale
permane. Le società per azioni potrebbero, infatti, acquistare teoricamente le
azioni dai propri soci nel mercato secondario, senza limiti. Così facendo
danneggerebbero i creditori sociali poiché la società rimborsa di fatto i
conferimenti effettuati dai soci. Si potrebbe persino giungere al caso limite in cui
la società acquisti tutte le azioni dai soci finendo per rimborsare l'intero capitale
sociale. I soci riceverebbero in tal modo il rimborso dell’intero conferimento,
lasciando poi la società. Il capitale sociale sarebbe allora garantito esclusivamente
dalle azioni possedute dalla società. Se il patrimonio fosse insufficiente a
soddisfare le pretese dei creditori, questi non avrebbero nulla su cui soddisfarsi
perché l’ulteriore garanzia del capitale sociale, di cui ordinariamente godono,
verrebbe meno, essendo questo costituito da azioni rappresentanti un patrimonio
incapace di soddisfare le obbligazioni sociali.
Da tutto ciò, è evidente perché il Legislatore pone dei vincoli alla
fattispecie. Oltre a limitare le modalità con cui può essere realizzata,
l’ordinamento interviene in altre due direzioni: per un verso, subordina l’acquisto
ad alcune condizioni la cui violazione comporta sanzioni penali per gli
4
“La disciplina dell’acquisto di azioni proprie”, luglio 2013, disponibile in: www.fiscomania.com
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amministratori e l’obbligo di alienare le azioni illegittimamente acquistate, per
altro verso, sottopone le azioni acquistate ad un regime particolare, finalizzato alla
sterilizzazione dei loro diritti.
In sostanza, se l’operazione viene realizzata nel rispetto della disciplina
legislativa, e dunque senza ledere l’integrità del capitale sociale, l’acquisto di
azioni proprie è possibile. Anche gli effetti attesi dagli amministratori derivanti
dalla realizzazione dell’acquisto si verranno a produrre soltanto se questo assuma
i connotati giuridici prestabiliti. Risulta allora utile definire preliminarmente i
confini normativi dell’istituto.
1.2 LA RATIO DELLA DISCIPLINA E GLI INTERESSI COINVOLTI
La normativa relativa all’acquisto di azioni proprie ha conosciuto
un’evoluzione rilevante negli anni. Una prima disciplina dell’operazione in esame
era già contenuta nel Codice di Commercio del 1942 ed era finalizzata, in
sostanza, a limitare la discrezionalità dell’imprenditore. Oggi essa risulta molto
più articolata e dettagliata, a causa delle numerose esigenze emerse nel corso degli
anni e ritenute meritevoli di tutela da parte del Legislatore. Il maggior dettaglio
della normativa attuale non è altro, quindi, che il risultato di una maggiore
9
conoscenza del fenomeno e dei rischi ad esso connesso, da parte del mondo
accademico e del Legislatore
5
.
Ciò che ha maggiormente inciso sull’attuale disciplina giuridica è stata la
riforma in materia attuata mediante la seconda direttiva CEE n.77/91 del 1976,
volta a coordinare le garanzie a tutela dei soci e dei terzi richieste alle società per
azioni degli stati membri, in merito alla salvaguardia del capitale sociale delle
stesse. Tale riforma era un atto necessario per tenere conto delle mutazioni
economiche avvenute dall’emanazione del Codice, mutazioni profonde che hanno
provocato l’obsolescenza delle previsioni emanate nel 1942. Il recepimento nel
nostro ordinamento è avvenuto tramite il D. P .R. n. 30/1986, composto da 37
articoli, di cui ben 17 inerenti l’acquisto di azioni proprie ed istituti contigui. La
riforma ha reso la normativa previgente più incisiva ed articolata, aumentando le
norme di riferimento (artt.2357 e seguenti) ed emendandone altri, per ragioni di
coordinamento sistematico e non come effetto del recepimento della Direttiva, tra
cui le norme attinenti l’informativa di bilancio (artt.2424 e 2429bis) e le
disposizioni penali che sanzionano le violazioni della disciplina.
Sebbene l’indagine storica mostra come l’ammissibilità logica
dell’operazione sia sempre stata oggetto di forti dubbi, a causa del peculiare
rapporto tra il soggetto acquirente e l’oggetto dell’acquisto, nella prassi societaria
5
Si veda CORSI F., “L’acquisto di azioni proprie (o della società controllante)”, in
“L’adeguamento dela disciplina della società per azioni alle direttive comunitarie nel D. P. R.
30/1986”, a cura di A. Predieri, Firenze, 1987.
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il fenomeno ha continuato a svilupparsi. Ciò è stato agevolato dall’esistenza di
discipline positive, che seppur con limiti e garanzie richieste differenti nei vari
paesi, hanno consentito l’acquisto di azioni proprie.
Si deve però tener conto che “le scelte, variabili nei diversi ordinamenti, di
vietare o di circoscrivere o di regolare con particolare cautela l’acquisto di azioni
proprie si fondano non su ragioni logiche, ma sulla ponderazione dei vantaggi e
dei rischi: si tratta, insomma, di scelte di politica del diritto”
6
. Le differenze nelle
discipline degli stati membri che hanno recepito la direttiva sono espressione
dunque del bilanciamento tra i benefici e la rischiosità dell’operazione operato in
sede legislativa.
Nel nostro ordinamento, il criterio ispiratore dell’adeguamento del codice
civile alla Direttiva è stato quello del rispetto della tradizione italiana in materia.
Ad esempio, è stata confermata la scelta di non subordinare l’acquisto a
determinate motivazioni, tecnica adottata invece dalle leggi francese e tedesca
7
.
La riformulazione dell’art. 2429-bis c.c., operata dal D. P. R. n.30/1986 prevede
solamente che, nella relazione al bilancio, debbano essere enunciati, i “motivi
degli acquisti e delle alienazioni”, ma che ad essi non sia da ricondurre il
riconoscimento della liceità dell’operazione.
6
CARBONETTI F., “L’acquisto di azioni proprie”, Giuffrè Editore, Milano, 1988.
7
Si veda la legge 13 dicembre 1978 dell’ordinamento tedesco e la legge francese n.81-1163 del 30
dicembre 1981, entrambe emanate in attuazione della II Direttiva e determinanti una serie di
ipotesi specifiche in cui la finalità o il titolo dell’acquisto ne fondano la liceità.
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Anche la scelta della quiescenza del rapporto di partecipazione, tra
l’alternativa dell’estinzione ed il mantenimento in vita di questo, quando la
posizione attiva e passiva vengono a coincidere nella stessa persona, è stata
confermata. La temporanea paralisi del suo esercizio si protrae finché non
riprenda vigore, come effetto della rimessa in circolazione delle azioni, oppure si
estingua, a causa dell’annullamento di queste
8
.
La sorte dei diritti e degli obblighi connessi al rapporto di partecipazione,
invece, è stata risolta dalla Direttiva in modo minimale, prevedendo all’art. 22 che
“è in ogni caso sospeso il diritto di voto delle azioni proprie”, lasciando ampia
autonomia ai paesi membri di regolare nel concreto la fattispecie.
Risulta comunque evidente come l’intervento del legislatore sia stato dettato
essenzialmente dall’intento di conciliare i vantaggi ed i rischi dell’operazione, con
il fine di salvaguardare i molteplici interessi coinvolti. Invero, la relazione al
progetto del codice di commercio aveva già evidenziato con chiarezza quali
fossero gli interessi meritevoli di tutela e come questi potessero essere
pregiudicati. Gli acquisti di azioni proprie erano definiti come “operazioni che si
risolvono in altrettante indebite distrazioni del capitale sociale, cioè della sola
garanzia che hanno i creditori della Società. Quelle operazioni sono anche spesso
un mezzo poco onesto per influire sul corso delle azioni, facendo apparire un
credito ingannevole, o mascherando il discredito della società coll’impedire che le
8
Cfr. PUGLIATTI, “Il rapporto giuridico unisoggettivo”, in Diritto civile, Milano, 1951.