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CAPITOLO PRIMO
LE ORIGINI DEL FEMMINISMO
Per tratteggiare il percorso storico della lunga lotta intrapresa dalle donne per il
riconoscimento dei diritti fondamentali è necessario soffermarsi su alcune figure
particolarmente significative, a partire da una giovane inglese del XVIII secolo, Mary
Wollstonecraft (1759-1797), che durante il periodo della Rivoluzione Francese, pubblicò
l'opera Rivendicazione dei diritti della donna, destinata a suscitare molto scandalo, perché
metteva apertamente in discussione la tradizionale immagine femminile con affermazioni
che all’epoca suonavano quanto mai sovversive: «è ora di effettuare una rivoluzione nei
modi di vivere delle donne – è ora di restituir loro la dignità perduta – e di far sì che esse,
come parte della specie umana, operino, riformando sé stesse, per riformare il mondo.»
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Lo scritto si rivolgeva a un pubblico di lettrici molto ristretto. L’autrice, infatti,
sosteneva che le donne delle classi alte tendono ad avere un interesse esclusivamente
estetico e superficiale nei confronti della vita, contribuendo, in questo modo, a perpetuare
l’immagine della donna subordinata all’uomo. D’altra parte, ella non nutriva fiducia nei
confronti delle donne delle classi inferiori e oppresse, nonostante apprezzasse i loro
quotidiani sforzi nel combattere le dinamiche del patriarcato familiare. Non poteva
neppure riconoscersi nelle idee dei filosofi settecenteschi: perfino un cultore della libertà
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MARY WOLLSTONECRAFT, Rivendicazione dei diritti della donna, in Franca Ruggeri, I diritti delle donne,
Roma, Editori Riuniti, 1997, pp. 126-127.
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come Rousseau in effetti aveva negato alle donne la possibilità di dedicarsi ad attività
diverse dalla cura della casa e della famiglia.
Mary Wollstonecraft individua pertanto il proprio interlocutore privilegiato nelle
donne di classe media che manifestano interesse per le problematiche morali e politiche
dell’epoca in cui vivono.
L’autrice in primo luogo pensava che per realizzare una società migliore fosse
necessario permettere alle donne di accedere a una formazione culturale che consentisse
loro di ricoprire ruoli riservati esclusivamente agli uomini. L’oppressione delle donne,
secondo Mary Wollstonecraft, non era un problema riconducibile alla natura, bensì
all’educazione. Un primo passo per il miglioramento della società consiste nel
riconoscere alle donne i diritti “naturali” e quindi “universali”, cancellando
definitivamente tutte quelle teorie che riconducono l’inferiorità sociale del genere
femminile a una volontà divina. Ogni donna, per raggiungere tali diritti, deve innanzitutto
“educare” se stessa a non accettare in modo passivo l’immagine stereotipata del proprio
ruolo, e contemporaneamente deve affermare la propria razionalità femminile, aprendo
un orizzonte nuovo: si tratta, in sostanza, di contrapporre «un’alternativa razionalista alla
logica maschile che aveva sino a quel momento dominato la civiltà».
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La donna a cui si rivolge Mary Wollstonecraft è la stessa protagonista che
ritroviamo nelle pagine dei romanzi di Jane Austen: una donna di classe media, che si
ritrova a lottare da sola, ma che soprattutto ha il coraggio di decidere quale percorso
intraprendere senza avere alcun tipo di certezza sul risultato finale. Decidere se sposarsi,
se essere la compagna di un uomo anziché di un altro in passato erano considerate
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3
ELISABETH G. SLEDZIEWKI, Rivoluzione e rapporto fra i sessi in G. Duby – M. Perrot, Storia delle donne
in Occidente, trad. it. di E. Benghi, F. Cataldi Villari, C. De Nonno, V . Matera, P. Russo e G. Viano Marogna
Bari, Laterza, 2007, vol. IV , p. 48.
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decisioni “eroiche” che potevano essere prese quasi esclusivamente dalle protagoniste di
un romanzo, donne fuori della norma, non intenzionate a farsi scegliere, ma capaci di
intraprendere scelte “morali”.
Nella posizione di Mary Wollstonecraft affiora già uno dei temi fondamentali del
pensiero femminista: la critica al patriarcato e in termini più generali al “sessismo”,
fenomeno proprio di una società in cui è presente un sesso dominante, l'uomo, e un sesso
dominato, la donna. La tradizione occidentale ha sempre attribuito al fenomeno un
fondamento teorico riconducibile al dominio storico e culturale che viene definito
“androcentrico” o “fallologocratico”, il quale porta come conseguenza inevitabile una
giustificazione al patriarcato. In sintesi «la tradizione occidentale assume la differenza
sessuale come un'opposizione di maschile e femminile in cui i due termini non sono posti
sullo stesso piano uno di fronte all'altro, bensì sono strutturati secondo un ordine
gerarchico di subordinazione ed esclusione».
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Mary Wollstonecraft affermava che la manifestazione dell'ordine patriarcale fosse
evidente anche nella distinzione tra una “sfera pubblica”, assegnata agli uomini, e una
“privata”, assegnata alle donne. È proprio delle donne l’occuparsi dei lavori domestici e
coltivare la sensibilità, mentre la razionalità, gli impegni politici e l'educazione
rappresentano una prerogativa esclusivamente maschile.
Oltre al suo scritto, anche la vita stessa dell’autrice destò sconcerto tra i suoi
contemporanei e alcune sue vicende private, considerate disdicevoli, fornirono un buon
pretesto per infangare l'immagine della scrittrice e mettere in secondo piano l’importanza
storica e sociale del suo impegno nel campo dei diritti delle donne.
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ADRIANA CAVARERO - FRANCO RESTAINO, Le filosofie femministe, Milano, Bruno Mondadori,
2002, p. 81.
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In effetti, la giovane Mary, nata in una famiglia di condizione economica modesta,
non aveva esitato a cercare la propria indipendenza: era riuscita ad aprire e a gestire, anche
se solo per breve tempo, una scuola per ragazze, e aveva successivamente lavorato come
governante in una famiglia aristocratica per poi trovare rifugio presso l’editore e libraio
Joseph Johnson. Fu proprio grazie a questo incontro che Wollstonecraft iniziò a scrivere
per il periodico di Johnson, «La rivista analitica», e riuscì a pubblicare alcuni suoi libri,
diventando, così, scrittrice indipendente, oltre che collaboratrice del periodico. Ebbe così
inizio il periodo più significativo e produttivo nella vita di Mary Wollstonecraft, che nel
1792 pubblicò la sua opera fondamentale, Rivendicazione dei diritti della donna, che
raggiunse in poco tempo anche Stati Uniti e Francia. Erano gli anni della Rivoluzione
Francese, dei dibattiti negli ambienti intellettuali e politici inglesi, e della creazione di
organizzazioni femminili: la scrittrice sentì il bisogno di entrare a far parte di quel mondo
e decise di trasferirsi in Francia per circa due anni. Dopo una storia d’amore travagliata
con lo scrittore americano Gilbert Implay, riprese a lavorare senza mai perdere i contatti
con l’ambiente intellettuale inglese più avanzato. È questo il contesto in cui conobbe il
pensatore inglese William Godwin, che nel suo saggio Inchiesta sulla giustizia politica
aveva teorizzato un totale anarchismo della vita pubblica e privata. La nostra autrice morì
nel 1797 dopo aver dato alla luce una bambina, Mary, futura moglie del poeta Percy
Shelley e scrittrice universalmente nota per il romanzo Frankeistein.
A proseguire la lotta di Mary Wollstonecraft per l’emancipazione femminile fu
un’altra saggista inglese: Harriet Hardy Taylor Mill. Harriet nel corso della propria vita
non pubblicò nulla con il proprio nome fino a quando il marito e compagno di lotta, John
Stuart Mill, decise di rivelare che era stata lei a scrivere il saggio L’emancipazione delle
donne pubblicato nel 1851 nella rivista «The Westminster Review» sotto il nome dello
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stesso Mill. Già in uno scritto risalente al 1832-33 l’autrice aveva trattato con efficacia il
tema del matrimonio, sostenendo come spesso non fosse l'amore la base di questa
istituzione, bensì l’abitudine e la norma, in quanto essere sposate corrispondeva allo
scopo dell’esistenza delle donne e «una volta ottenuto quello scopo esse cessano di fatto
di esistere in vista di qualcosa degno di essere chiamato vita, o di qualche obiettivo utile.
Si riscontrano pochissimi matrimoni in cui vi sia una reale simpatia, o un piacere nella
compagnia tra i partner.»
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Nel testo L’emancipazione della donna Harriet Taylor si spinse sino a chiedere
l’uguaglianza completa delle donne con gli uomini nell’accesso all’istruzione, alle libere
professioni, alle istituzioni mediche, legali e religiose, e alle strutture politiche e
amministrative, con diritto di voto e di eleggibilità. L'autrice, nelle sue pagine, illustra ai
lettori la nascita di un nuovo movimento politico, sensibile alla questione
dell'emancipazione femminile: le donne, oltre a essere l'oggetto a cui si rivolge il
movimento, sono viste anche come soggetti attivi che lottano con determinazione per
ottenere gli stessi diritti politici, civili e sociali dei cittadini maschi. In questo scritto viene
affrontato apertamente il tema del diritto al voto: «Con quale verità si potrebbe chiamare
universale un suffragio dal quale rimane esclusa metà della specie umana?».
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Harriet tra le cause dell'inferiorità politica e sociale femminile individuava la forza
fisica e a questo proposito riflette su come nel corso della storia tutti i popoli che si erano
dimostrati deboli furono poi soggiogati dalle nazioni che a livello economico e militare
apparivano più potenti. Oltre ad essere una questione di forza fisica, l'esclusione delle
donne dai settori politici e sociali sarebbe dovuta anche alla differenziazione delle “sfere”
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5
NADIA URBINA TI (a cura di), Sull’eguaglianza e l’emancipazione femminile, [Scritti di] John Stuart Mill
e Harriet Taylor, trad. it di M. Reichlin, Torino, Einaudi, 2001, p. 28.
6
Ivi, p. 39.