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Si tenterà di illustrare inoltre la scelta di fronte alla quale i
medici tedeschi si troveranno, vale a dire quella di diventare semplici
burocrati al servizio dello Stato, o di continuare ad avere una
posizione di spicco, nell'inseguimento utopico di una realtà guidata
dalla classe intellettuale e nell'ambito della quale alla ricerca sarà tutto
concesso.
A più di cinquant'anni di distanza dalla fine della dittatura
hitleriana c'è ancora bisogno di far chiarezza sul ruolo della scienza
non solo durante il nazionalsocialismo, ma anche prima dell'avvento
di quest'ultimo.
Ecco perché la nostra analisi parte dalla seconda metà del XIX
secolo, e cioè dall'affermarsi delle prime teorie darwiniste, e giunge
fino al periodo di Hitler e dunque al coinvolgimento della classe
intellettuale tedesca nell'attuazione dell'ideologia nazista.
In ambito scientifico questo lasso di tempo non presenta alcuna
frattura, ma è un continuum che si sviluppa dalle idee di Charles
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Darwin fino a quelle di F.Lenz, E.Fischer e dei cosiddetti
Rassenhygieniker.
In questo processo il ruolo del socialdarwinismo è quello di
anello di congiunzione tra la teoria darwinista e la pratica eugenica.
Ecco perché ci si soffermerà maggiormente su questo momento di
passaggio delicato ed importante per capire gli sviluppi futuri della
scienza in Germania.
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I. IL SOCIALDARWINISMO AL GIORNO D’OGGI:
Problemi di definizione: il socialdarwinismo
Prima di iniziare questa trattazione sul socialdarwinismo,
bisognerà cercare di definire l'oggetto dei nostri studi e cioè il
socialdarwinismo stesso.
Non essendovi un manifesto programmatico o qualcos'altro che
lo definisca in maniera precisa ed inconfondibile, si tende ad
identificare come socialdarwinista qualsiasi teoria si riallacci
all'applicazione alla società delle idee evoluzionistiche di Charles
Darwin e dei suoi "seguaci".
Così esso più che un'ideologia si presenta ai nostri occhi come
una world view, un modo di vedere le cose, ed è stato ricollegato
molto spesso a dottrine differenti e talvolta opposte, a seconda che si
mettesse in risalto uno dei tanti aspetti degli scritti di Charles Darwin.
7
Il tentativo di dare una definizione si complica, se si tiene conto
dell'influenza esercitata dal socialdarwinismo sulla cultura popolare,
sulla letteratura e sulla scienza (la biologia e la medicina in
particolare) durante le ultime due decadi dell'Ottocento ed i primi
quarant'anni del Novecento. In questo periodo il socialdarwinismo è
una realtà, presente agli occhi di tutti, pur non essendo chiaramente
definibile ed identificabile. Talvolta apparirà a sostegno del pacifismo,
talaltra dell'imperialismo e del militarismo, addirittura sarà sostenuto
all'inizio dai socialisti tedeschi e dai socialdemocratici, per diventare
poco tempo dopo, sotto la minaccia di un proletariato sempre più forte
ed organizzato, roccaforte di una concezione aristocratica della vita.
Dunque sotto una stessa etichetta troviamo spesso sostenitori di
teorie ed ideologie totalmente opposte, il che diventa possibile nel
momento in cui si faccia uso non dell'opera in toto di un autore, bensì
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di singole parti
1
, frasi che staccate dal loro contesto possano assumere
il significato che loro si vuol attribuire.
Il socialdarwinismo è un vero e proprio fenomeno epocale che
affonda le sue radici in tradizioni diverse ed eterogenee (le teorie
evoluzionistiche di Darwin, Lamarck, Spencer, il malthusianesimo, il
positivismo) e che diventa oggetto di dibattito scientifico e strumento
di propaganda politica al servizio del nazionalsocialismo.
Anche il termine "socialdarwinismo" non ha una sua chiara
definizione e viene utilizzato a partire dall'ultimo ventennio del XIX
secolo da coloro che criticano le teorie di H.Spencer, per poi riferirsi a
tutti coloro che tendono ad applicare alla società le leggi vigenti nel
mondo della natura, o viene etichettato come "socialdarwinista" un
qualsiasi teorico dell’eugenismo.
1
Interessante a tal proposito è l'analisi che ne fa P.Tort in P.Tort (a cura di), Darwinisme et
société, Paris, PUF, 1992
9
Nel Dictionnaire du darwinisme et de l'évolution
2
troviamo una
definizione semplice, ma efficace, di questo termine e delle idee ad
esso connesse.
Il termine socialdarwinismo viene utilizzato inizialmente
nell'ultimo ventennio del XIX secolo, dapprima in Europa e poi negli
Stati Uniti, dai critici della filosofia spenceriana. Esso ha una
connotazione negativa e si riferisce a coloro che ritengono che le leggi
alla base della società siano le stesse che regolano la vita naturale, e
che dunque la struggle for life e il survival of the fittest siano alla base
dei rapporti sociali. Tuttavia, i "veri" socialdarwinisti ricuseranno
questo termine, proprio per l’accezione negativa che esso avrà durante
tutto il XIX secolo.
Sempre in quest’opera viene fatta una distinzione tra vari "tipi"
di socialdarwinismo a seconda che si interpreti tale definizione in
senso stretto o meno. Il primo "tipo" include tutte le teorie nelle quali
2
P.Tort (a cura di), Dictionnaire du darwinisme et de l'évolution, Paris, PUF, 1996, 3 voll.
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vi è una qualsiasi analogia tra leggi naturali e leggi sociali, ma così
facendo, il campo d'indagine sarebbe immenso e sarebbe impossibile
tracciare dei limiti ben definiti. Il socialdarwinismo in senso "stretto" è
quello di alcuni critici che lo usano in riferimento agli eugenisti, senza
tener conto che alcuni di essi non sono socialdarwinisti. Infine ci viene
proposta una definizione che si situa tra questi due opposti e che vede
nel socialdarwinismo una sorta di sociologia, la quale si basa su tre
assunti principali e cioè:
- l'appartenenza dell'uomo alla natura e dunque l'applicazione alla
società delle leggi naturali;
- le leggi della natura, e dunque della società, sono
fondamentalmente la sopravvivenza del più "adatto", la lotta per la
vita e l'ereditarietà;
- la necessità, per il benessere dell'umanità, che tali leggi agiscano
all'interno della società.
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Fatte tali premesse il socialdarwinismo sarà «la branche de
l'évolutionnisme qui postule un écart minimal, ou nul, entre les lois de
la nature et les lois sociales, toutes deux soumises à la survivance du
plus apte, et considère que ces lois de la nature fournissent
directement une morale et une politique.»
3
A questo punto viene fatta un'ulteriore distinzione tra una forma
di socialdarwinismo "individualista" e una "olistica".
Il socialdarwinismo "individualista" si sviluppa dapprima in
Gran Bretagna verso il 1850 e deriva dalle teorie di Th.R.Malthus e di
H.Spencer. Esso si basa sulla lotta tra individui della stessa specie e
sull'idea che questi debbano essere liberi di competere, così come
avviene in natura. La competizione è prevalentemente di tipo
economico e viene ricollegata al laissez-faire, tanto caro alla
borghesia imprenditoriale anglosassone. Quest'ultima vede con
ottimismo l'applicazione alla società delle leggi vigenti in natura, in
3
Dictionnaire…cit., p.1109
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quanto apportatrici di progresso. Lo Stato non deve intervenire nella
vita dei privati e soprattutto la povertà è un male necessario, che
diminuirà soltanto grazie all'intensificarsi della lotta, che ha come
conseguenza il progredire della razza. Non è un caso, ovviamente che
questa ideologia abbia avuto un ampio successo dapprima
nell'Inghilterra in pieno sviluppo industriale ed in un secondo tempo,
in una versione meno rigida, negli Stati Uniti (altro paese protagonista
del processo di industrializzazione e bisognoso di mercati per
collocare le merci prodotte). Nonostante le critiche mosse da una parte
della società americana ed inglese a tale concezione dell’economia e
dello Stato, il socialdarwinismo "individualista" sarà molto diffuso in
Gran Bretagna fino al 1880 e negli Stati Uniti fino al 1914.
È importante sottolineare che questo tipo di socialdarwinismo è
emanazione di uno spirito positivista che vede con ottimismo
l'applicazione alla società, e soprattutto all'economia, delle leggi di
natura, e che tale concezione non prevede un intervento diretto
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sull'uomo e sulla razza, ma sostiene piuttosto una politica di non-
intromissione dello Stato nella vita dei suoi cittadini.
Ben diversi saranno i presupposti e le conclusioni del
socialdarwinismo "olistico", o anche "sociologia della lotta"
(com’era definito all’epoca).
Sotto questa etichetta, sono identificabili varie teorie che non
sempre coincidono, ma tutte hanno in comune la priorità della lotta tra
razze rispetto a quella tra singoli individui; una gerarchizzazione della
società, nell'ambito della quale vi sono individui superiori ed inferiori
ed una preoccupazione per il futuro della razza ariana. In pratica, le
richieste di democratizzazione della società ed il tentativo delle classi
inferiori di avere una certa influenza economica e politica
preoccupano questi socialdarwinisti, che vedono nel declino
dell'aristocrazia un declino della civiltà e della razza, che porterà alla
degenerazione della razza stessa. Tutto questo avviene, a meno che lo
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Stato non intervenga ad invertire gli effetti della selezione sociale che
agisce contro la selezione naturale, impedendone l'azione.
Un altro assunto di base è che la lotta tra razze comporta, una
volta sconfitte, l'assorbimento e l'omogeneizzazione delle razze
inferiori da parte delle razze superiori. Le razze inferiori costituiranno
le classi sociali inferiori. Dunque l'ineguaglianza sociale è necessaria
ed è alla base della civiltà stessa.
Riassumendo, i sostenitori di tali teorie saranno definibili come
socialdarwinisti "olistici" solo in quanto tutti a favore della lotta
interrazziale, nella convinzione che questa sia il motore della storia e
la base della civiltà, ed in quanto credono fermamente che qualsiasi
fenomeno sociale sia riconducibile alla biologia. Invece per quel che
riguarda le teorie politiche ed economiche vi sono sensibili differenze
tra di essi: vi è chi, come W.Bagehot ed O.Ammon, ha ancora una
visione ottimistica della società e prevede un intervento solo se gli
ariani dovessero essere in forte diminuzione, e chi vede nelle leggi
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sociali una netta opposizione alle leggi naturali ed auspica dunque
l'intervento diretto dello Stato.
Ai fini della nostra analisi, è molto interessante la
classificazione fatta da H.S.Chamberlain, il quale nella sua opera Die
Grundlagen des neunzehnten Jahrhunderts
4
fa derivare la società
contemporanea da quattro fonti diverse e cioè: greca, romana, semita,
e teutonica. Nella sua ottica, i veri civilizzatori sono i teutoni, il cui
spirito umanitario verso gli ebrei (la razza inferiore e approfittatrice
per eccellenza) sta mettendo a rischio la propria sopravvivenza. Per
porre rimedio all'influenza crescente dei giudei, H.S.Chamberlain
propone un intervento diretto dello Stato, il quale deve evitare la
procreazione degli individui giudicati inferiori e facilitare la
riproduzione di quelli superiori.
È superfluo ricordare che pangermanesimo ed antisemitismo saranno
alla base delle teorie nazionalsocialiste.
4
H.S.Chamberlain, Die Grundlagen des neunzehnten Jahrhunderts, München, Bruckmann, 1897