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1. INTRODUZIONE
La tesi verte sulla crescita economica della Polonia dalla caduta del muro di
Berlino fino ai giorni nostri, dopo essere stata sotto l’influenza sovietica.
La Polonia è una nazione dell’Europa centro orientale che ospita circa 38,5
milioni di abitanti in una superficie di 312.000 km
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. È suddivisa in 16
regioni chiamate voivodati.
Situata nel cuore dell’Europa, rappresenta un importante nodo strategico
per le rotte commerciali. Confina ad est con la Bielorussia e l’Ucraina, a
nord con la Lituania, la Russia (l’exclave che si affaccia sul mar Baltico) e il
mar Baltico, ad Ovest con la Germania, a sud con la Repubblica Ceca e con
la Slovacchia, il cui confine naturale è rappresentato dai monti Beschidi,
porzione dei Carpazi.
La capitale è Varsavia, nonché la cittadina più popolosa con più di 1,7
milioni di abitanti. Altri centri urbani di rilevante importanza sono Cracovia,
Wroclaw, Lodz, e Danzica.
Perché la Polonia? Ho vissuto per 6 mesi nella città di Wroclaw, ubicata
nella Bassa Slesia, grazie al “Progetto Erasmus +. Tuttora ho un bellissimo
ricordo sia della città che della Polonia in generale, pertanto ho voluto
approfondire la storia affascinante di questo Paese, i motivi della recente
crescita economica e le principali criticità.
Nel secondo capitolo verrà esaminata la storia della nazione, con un focus
sul periodo dell’influenza sovietica e sugli eventi economici più recenti.
Nel terzo capitolo saranno presentate alcune teorie sulla crescita economica
che fungeranno da pilastri per il capitolo successivo in cui, oltre alla
composizione del PIL, verranno approfondite le determinanti della crescita e
i principali problemi del Paese.
L’ultimo capitolo sarà incentrato sulle conclusioni della tesi.
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2. LINEAMENTI STORICI E DISCONTINUITA’
2.1 LA NASCITA DELLA POLONIA E DINASTIA DEI PIAST
La storia della Polonia nasce nel X secolo d.C. quando la dinastia dei Piast,
una delle famiglie principali e storiche della Polonia, riunirono sotto la loro
autorità le tribù che vivevano tra il fiume Odra e Bug. Colui che viene
considerato il primo duca della dinastia Piast, nonché il fondatore dello stato
polacco è Mieszko I (960-992). Sin da subito la scelta tra paganesimo e
Cristianesimo fu risolta optando per la seconda, il che significò la possibilità
di sviluppo e ottimi rapporti con la Germania. Mieszko I accettò così il
battesimo divenendo a tutti gli effetti cristiano e nel 966 fu fondata la prima
diocesi a Poznan, nella parte centro occidentale dell’attuale Polonia. La
riunificazione sotto la sua egida permise a Mieszko I di imporre un potere
forte e centralizzato, facendo sì che tutte le tribù riconoscessero il monarca
come figura di riferimento per lo sviluppo del nuovo Paese. Il duca e un
gruppo di magnati che lo circondava organizzarono un esercito così da
garantire la difesa del proprio Paese e il vasto territorio fu diviso in
province, che a loro volta si suddividevano in distretti urbani.
Il successore di Mieszko I fu suo figlio Boleslao il Probo, abile condottiero
che riuscì a vincere la guerra polacco-tedesca tra gli anni 1002 e 1018
consolidando la supremazia nell’Europa centro orientale con la vittoriosa
campagna di Kiev nel 1018. Nel 1025 fu incoronato re di Polonia e ciò
rappresentò la definitiva indipendenza della Polonia. I suoi successori non
furono abili strateghi come lui, perciò l’indipendenza della Polonia cominciò
a vacillare. Solo 50 anni più tardi con Boleslao II Smialy si riuscì a
ripristinare l’indipendenza dello Stato. Nel conflitto tra Impero e Papato egli
si schierò dalla parte di Gregorio VII (157° Papa della Chiesa cattolica dal
1073 al 1085, anno della sua morte), contro Enrico IV. Questa presa di
posizione fece scoppiare una dura reazione dei magnati polacchi con cui
entrò in conflitto. Il re uccise il leader dell’opposizione Stanislao, vescovo di
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Cracovia, ma da questa crudele azione ne scaturì un’aspra protesta del
Paese che rovesciò il Governo e costrinse Boleslao II Smialy a lasciare il
trono.
Nel frattempo in Polonia, così come in altri Paesi dell’Europa, si assistette a
uno smembramento dello Stato in tanti piccoli ducati, governati dai
rappresentanti della famiglia Piast. Nel periodo culminante della spartizione
dei territori, intorno al 1250 d.C., la Polonia era divisa in 20 ducati. La
diretta conseguenza fu un indebolimento dal punto di vista militare e
un’identità politica che andava scemando. La Polonia divenne terra di
conquiste: i Cavalieri Teutonici fecero breccia nei ducati polacchi, i quali
potettero opporre solo una debole resistenza; ancor più devastanti furono
gli attacchi dei mongoli guidati dagli allievi e posteri di Gengis Khan, morto
nel 1227 e ricordato come uno dei condottieri più feroci e abili di tutta la
storia. I 3 attacchi mongoli nel 1241, 1259 e 1287 causarono distruzioni e
devastarono i territori polacchi.
Nonostante ciò nel XII e il XIII secolo si assistette a una repentina crescita
demografica, favorita soprattutto dall’afflusso di coloni tedeschi e di ricchi
ebrei, il cui ingresso in Polonia fu favorito da privilegi speciali garantiti dal
duca di Cracovia Enrico il Devoto. Inoltre in campo culturale l’arte e la
letteratura mutarono la propria essenza, allargandosi anche a ceti non
elitari.
Il sogno di un’unità territoriale sotto un’unica egida sembrava sempre più
un’utopia: diversi furono i tentativi vani pianificati dai duchi della Slesia e
della Piccola Polonia.
Nel 1295, dopo l’uccisione del duca Magna Przemyslaw II, in molti
aspiravano al trono: il re ceco Venceslao II conquistò la Piccola Polonia, la
Polonia Magna, i territori limitrofi all’attuale città di Danzica, una parte della
regione di Kujawy e si autoincoronò re di Polonia nel 1300. In seguito gli
successe Ladislao il Breve che in poco tempo riuscì a conquistarsi l’appoggio
non certo trascurabile del Papa e aiuti militari dall’Ungheria. Salì al trono
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nel 1320 e dovette lottare con i numerosi problemi di origine militare del
Regno.
Il XIV secolo viene ricordato come uno dei secoli più bui per alcuni Paesi
dell’Europa come Francia, Inghilterra, Germania, Italia e gli Stati della
penisola iberica. Il 1348 fu l’anno della devastazione causata dalla peste
nera. La popolazione fu decimata a causa di questo flagello che in molti
pensarono avesse origine dalla volontà divina per punire i peccati
dell’uomo.
Oltretutto i Paesi in questione furono teatro di uno degli scontri più cruenti
e sanguinosi che la storia ricordi: la guerra dei 100 anni.
Gli Stati dell’Europa centro orientale non furono coinvolti direttamente,
perciò, relativamente alle altre nazioni del vecchio continente, prosperarono
in termini economici, politici e culturali.
Casimiro il Grande (1333-1370) firmò un armistizio con i Cavalieri Teutonici
(1343) garantendo loro il possesso della contesa Pomerania. Egli favorì il
commercio, la riforma monetaria e promulgò alcune leggi a favore
dell’estrazione di salgemma, minerali, piombo, argento e ferro. Nel 1364
fondò la prima Università polacca a Cracovia e destinò ingenti somme di
denaro per la costruzione di castelli e per la riforma dell’esercito, indebolito
nel corso dei decenni da una frattura politica e geografica del Paese.
Casimiro il Grande fu anche il promotore dell’espansionismo della Polonia
che, grazie ad alcune vittoriose campagne, raggiunse un territorio di
240.000 kmq, con una popolazione di circa 2 milioni di abitanti.
Nonostante i diversi matrimoni, egli non ebbe mai un figlio legittimo.
Casimiro stipulò un accordo con Luigi d’Angiò, re di Ungheria, il quale salì al
trono nel 1370, regnando per 12 anni. I problemi di successione lo videro
coinvolto come il suo predecessore: non avendo successori maschi, cercò di
convincere i nobili polacchi a riconoscere come meritevole di tale investitura
una delle sue figlie.
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2.2. DINASTIA DEI JAGELLONI E UNIONE CON LA LITUANIA
Ad 11 anni Edvige, figlia di Luigi d’Angiò, sostituì il padre al trono. Un
gruppo di magnati di Cracovia decise di darla in sposa al principe del Gran
Ducato Lituano Jagellone, a condizione che la Lituania fosse inclusa nel
Regno di Polonia. Jagellone fu battezzata in quella che allora rappresentava
la capitale del Regno polacco, Cracovia, e assunse il nome di Ladislao.
Questo comune accordo tra i due regni aveva tra le sue ragioni principali
quella di combattere l’incombente nemico teutonico che rappresentava una
continua minaccia per entrambi gli schieramenti.
Nel 1413 l’unione tra i 2 Paesi fu modificata in modo da garantire una certa
autonomia alla Lituania. Il territorio appartenente a Polonia e Lituania era
vastissimo (circa 4 volte quello dell’attuale Polonia) e poteva contare su un
crogiolo di etnie e fedi religiose: in tali zone risedevano infatti polacchi,
lituani, tedeschi, russi, ebrei, armeni, tartari che professavano la fede
cattolica, ortodossa, giudaica e musulmana. La prossimità geografica e la
necessità di una convivenza pacifica spinse i sovrani locali a perseguire una
politica di tolleranza, volta a promuovere il melting pot piuttosto che
respingerlo. La politica di tolleranza e rispetto del prossimo era stata
rifiutata e respinta da altri Paesi dell’Europa. Durante il periodo della Peste
Nera in molti additarono gli ebrei come unici responsabili di quella
catastrofe e per questo furono perseguitati, causando la loro fuga.
I Cavalieri Teutonici, preoccupati dalle mire espansionistiche ed
egemoniche della Lituania e della Polonia, dichiararono loro guerra nel
1409. A Grunwald, nel 1410, la battaglia si risolse a favore dell’unione
polacco-lituana e i Cavalieri furono costretti alla ritirata. La respinta dei
teutonici fu accolta con clamore tant’è che si cominciò a pensare ad
un’offensiva verso ovest che fu tuttavia messa in atto solo una quarantina
d’anni dopo con Re Casimiro Jagellone. La guerra durò circa 13 anni e si
concluse nel 1466 con la pace di Torun: la Polonia riconquistò la tanto
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agognata Pomerania, Malbork, Elblag e la regione di Warmia. La restante
parte dell’Ordine divenne un feudo della Polonia.
Lo sviluppo economico, politico e territoriale procedeva di pari passo con
quello culturale. L’Accademia di Cracovia pullulava di studenti: oltre 17.000
studenti risultavano essere iscritti, anche se la quasi totalità faceva parte
dei ceti più abbienti.
Il XVI secolo venne definito dagli storici “il secolo d’oro”: l’estensione del
Regno polacco-lituano era di circa 815.000 kmq e la popolazione di circa 8
milioni di abitanti. Una stabilità politico-militare e la fioritura dei commerci
con i territori limitrofi (in cui il grano rappresentò il bene più esportato
grazie alla crescente domanda proveniente dall’Europa occidentale) garantì
benessere e un impressionante aumento demografico. La lingua polacca
cominciò a diffondersi grazie alla crescente pubblicazione di opere in
polacco, che cominciò a sostituire gradualmente quelle dell’annoso latino. I
privilegi della nobiltà polacca furono estesi anche ai ceti più alti della
Lituania: nonostante la frammentazione territoriale, etnica e religiosa, tutte
le giunte regionali inviavano i deputati all’assemblea nazionale in cui
partecipavano anche il Consiglio reale e il monarca stesso.
La lotta per il potere tra magnati e nobiltà proseguì per tutto il ‘500. In
particolare i nobili avevano l’ambizione della conquista del potere
parlamentare. Sigismondo il Vecchio (1506-1548) e suo figlio, erede al
trono, fino al 1572 diedero il loro appoggio ai magnati. Tuttavia diversi
problemi quali la successione al trono, la necessità di riscuotere le tasse e
la guerra contro Mosca potevano rappresentare delle barriere
insormontabili senza l’appoggio dei nobili, i quali in poco tempo assursero a
personaggi chiave all’interno della politica.
La Dieta, assemblea in cui si deliberava riguardo le questioni più rilevanti
del Paese, negli anni ’60 realizzò molte riforme, una delle quali fu quella
approvata nell’Unione di Lublino, in virtù della quale si aprì la strada ad
un’elezione in comune di un unico sovrano in Polonia e Lituania.