INTRODUZIONE
Fin dalla giovinezza, ho sempre avuto un particolare interesse nei confronti della
capacità di alcune persone di usare l'intelligenza, e soprattutto la dialettica, per ottenere
un profitto, che fosse giusto o ingiusto.
A maggior ragione, per quanto fosse ingiusto ed illegittimo il fine, e maggiore fosse il
profitto ottenuto, la mia attenzione era calamitata anche a capire il perché, la
motivazione o le motivazioni per le quali le persone usino l'intelligenza e la dialettica
per violare le leggi, o utilizzarle a proprio favore, invece che per fare del bene, ed a
comprendere e valutare quanto i metodi predisposti da chi di dovere per evitare questi
comportamenti, il Legislatore, le società stesse o società esterne, possano essere
funzionali ed utilizzabili.
Questa tesi si propone di affrontare il tema della frode, in particolare in ambito
societario, anche spaziando limitatamente in quelli connessi all'attività aziendale o del
commercio, per dimostrare che i poteri di controllo, prevenzione e repressione delle
fattispecie fraudolenti, da parte di società pubbliche o private, sussistono in maniera
vigorosa, sono solidi ed applicabili.
Nel primo capitolo, si vedrà la definizione di frode generica, insieme a quella proposta
per i cosiddetti white collar crimes, i crimini dei colletti bianchi, la loro pervasività nella
società, la divisione sostanziale tra frode interna e frode esterna, ed i rischi, in ambito
societario, connessi alla perpetrazione delle stesse.
Nel secondo capitolo si analizzerà la disciplina riguardante le frodi. Data la vastità della
materia, mi sono voluto soffermare, oltre che per una visione generale delle frodi
societarie, su quattro ambiti in particolare: i reati contro la Pubblica Amministrazione, i
reati fallimentari, il falso societario (per mostrare che anche il Codice Civile è punitivo
in alcune fattispecie), ed i reati degli operatori bancari, con una disamina sulla storia
della banca.
Dopo aver analizzato la disciplina, i capitoli tre e quattro si occupano dei metodi di
prevenzione e, soprattutto, di repressione.
Il terzo capitolo si occuperà di fornire delle considerazioni preliminari relativi alla
gestione etica dell'azienda da parte degli stessi lavoratori, poi di analizzare l'attività di
internal auditing ed infine, molto importante perché rappresenta una forma esterna forte
di controllo, ma fragile allo stesso tempo perché svolta da esseri umani, l'attività delle
società di revisione, proponendo una disamina dei mezzi utilizzati e delle immense
possibilità che forniscono.
Il quarto capitolo, infine, riguarderà le istituzioni pubbliche preposte al controllo, alla
prevenzione ed alla repressione dei reati, in particolare quelli fraudolenti. In particolare,
mi sono voluto soffermare, perché di mio grande interesse, tanto personali, quanto in
riferimento ad un possibile futuro lavorativo, sull'attività della Guardia di Finanza ed in
generale sull'attività di polizia, amministrativa e giudiziaria, offrendo un'analisi dei
metodi posti in essere per svolgere al meglio gli istituti di prevenzione e repressione dei
crimini.
Per questa tesi, di fondamentale importanza, congiuntamente ad una ricca bibliografia, è
stata la lettura dei testi dei codici che regolano la vita tra privati e tra i privati ed il
comparto pubblico, in particolare si possono citare la Costituzione italiana, il Codice
Civile, il Codice Penale, la Legge Fallimentare, il Testo Unico Bancario, il Testo Unico
Finanziario ed il Codice di Procedura Penale, oltre che una moltitudine di Decreti
Legge, Decreti Legislativi, Leggi, Regi Decreti, aggiornati e annotati.
4
CAPITOLO I: LA FRODE
"In un'economia, c'è una e una sola
responsabilità sociale dell'impresa − usare
le proprie risorse e impegnarsi in attività
progettate per incrementare i suoi profitti,
rimanendo all'interno delle regole del
gioco, il che equivale a sostenere che si
impegni in competizioni aperte e libere,
senza inganno o frode."
MILTON FRIEDMAN, Capitalism and Free–
dom, Chicago, 1962.
1. Fenomenologia della frode
Il reato di frode è, a tutti gli effetti, uno dei reati più ingegnosi
1
, e, per comprendere
quanto pervasivo sia nella vita pubblica e privata, occorre riprendere la definizione
legislativa per poi scostarsene ed addentrarsi nella sua componente sociologica.
La frode è «l'atto o il comportamento diretto a ledere con l'inganno un diritto altrui
2
»,
assimilabile al reato di truffa
3
che, secondo il Codice Penale italiano, è definito come il
procurarsi «[...] a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno [...] inducendo
taluno in errore [...]» mediante «[...] artifizi e raggiri [...]». Nell'esigua dottrina
economico–aziendale italiana
4
, allo stesso modo, la frode è stata individuata come «[...]
i molteplici mezzi e metodi a cui un individuo ricorre intenzionalmente [...] allo scopo
di conseguire un vantaggio nei riguardi di un terzo
5
», od anche come «il processo [...]
realizzato da un attore che, attraverso l'inganno, induce in errore la vittima e procura a
se stesso o ad altri un vantaggio ingiusto
6
».
La messa in atto di frode necessita di due controparti, attore e vittima, e spesso non
comporta un atto di violenza fisica
7
quanto più una "violenza" psicologica
8
, coordinata
dall'intelligenza all'ottenimento di un ingiusto
9
profitto.
1
M. ALLEGRINI – G. D'ONZA – D. MANCINI – S. GARZELLA, Le frodi aziendali. Frodi amministrative,
alterazioni di bilancio e computer crime, Milano, 2003, pagg. 9–10.
2
http://www.treccani.it/vocabolario/frode/
3
Codice Penale (c.p.), Libro Secondo (Dei delitti in particolare), Titolo XIII (Dei delitti contro il
patrimonio), Capo II (Dei delitti contro il patrimonio mediante frode), Art. 640.
4
G. D'ONZA, La prevenzione delle frodi aziendali. Alle radici della responsabilità sociale, Milano,
2014, pag. 14.
5
G. POGLIANI – N. PECCHIARI – M. MARIANI, Frodi aziendali. Forensic accounting, fraud auditing e
litigation, Milano, 2012, ripreso da G. D'ONZA, La prevenzione delle frodi aziendali. Alle radici della
responsabilità sociale, Milano, 2014, pag. 14.
6
M. ALLEGRINI – G. D'ONZA – D. MANCINI – S. GARZELLA, op. cit., 2003, ripreso da G. D'ONZA, La
prevenzione delle frodi aziendali. Alle radici della responsabilità sociale, Milano, 2014, pag. 14.
7
M. ALLEGRINI – G. D'ONZA – D. MANCINI – S. GARZELLA, op. cit., pag. 10.
8
M. ALLEGRINI – G. D'ONZA – D. MANCINI – S. GARZELLA, op. cit., pag. 9.
9
Nella definizione del reato, il termine "ingiusto" viene interpretato come "sine iure" (l'evento lesivo è
stato cagionato dall'attore con una condotta che non sia giustificata e che sia contraria alle valutazioni
di giustizia). La dottrina accoglie la definizione che ritiene «[...] ingiusto ciò che viene ottenuto sine
iure, senza alcun titolo di legittimazione; il contrario comporterebbe infatti una ingiustificata
restrizione dell'ambito di operatività del reato», da M. ALLEGRINI – G. D'ONZA – D. MANCINI – S.
GARZELLA, op. cit., pag. 9, nota 2.
5
Nell'accezione generale, questo tipo di violenza provoca anche una sorta di «[...] strana
simpatia ed ammirazione
10
», ingiustificata, a causa delle difficoltà relative dal successo
dell'atto, in corrispondenza però della riprovevolezza etico–culturale.
Allo stesso modo, la frode è un atto intenzionale, facendo di conseguenza parte della
categoria di reati definiti dolosi, ossia «[...] l'evento dannoso o pericoloso, [...] risultato
dell'azione od omissione [...], è dall'agente preveduto e voluto come conseguenza della
propria azione od omissione
11
».
Esiste, altresì, la possibilità che la frode venga messa in atto da un attore per "errore
determinato dall'altrui inganno" e, provate le circostanze, «[...] del fatto commesso
dalla persona ingannata risponde chi l'ha determinata a commetterlo
12
»
13
.
A proposito delle frodi in ambito societario, il modello del sociologo americano Donald
Cressey
14
s u l white collar crime
15
, generalizzato anche per altri comportamenti
fraudolenti atti alla realizzazione di un profitto e definito anche "triangolo delle
bermuda" per sottolineare la pericolosità del meccanismo d'induzione alla frode
16
, ha
individuato tre variabili alla base del crimine: alla base del triangolo troviamo, da un
lato, la pressione (a compiere reati, generata dalla percezione di una molteplicità di
bisogni), dall'altro il meccanismo della razionalizzazione, mentre in cima si trova
l'opportunità (di compiere la frode ed avere la possibilità di celare il crimine evitando
la sanzione)
17
.
L a pressione al soddisfacimento di un bisogno, o una situazione di pressione in
generale, rappresenta la componente irrazionale del crimine, fondata solitamente sugli
impulsi inconsci di possesso anche di oggetti di futile utilità. È importante comunque,
nell'analisi delle cause, anche irrazionali, che conducono alla realizzazione di una frode,
o di un illecito in generale, conoscere l'impianto etico individuale. Questo comprende i
princìpi di onestà, di correttezza, d'integrità, di lealtà e di trasparenza che «[...]
dovrebbero ispirare le scelte dei soggetti in merito agli obiettivi da raggiungere e ai
mezzi da utilizzare per conseguirli e le valutazioni espresse in merito a fatti e
circostanze che si presentano durante la vita aziendale
18
».
La componente maggiormente preoccupante, però, si trova nel meccanismo di
razionalizzazione. Si compie prima e nel corso del reato, come giustificazione verso sé
stessi e verso gli altri membri dell'organizzazione, se si venisse scoperti, e consiste nella
trasformazione del reato in altra azione, minimizzando la portata dell'azione disonesta,
ovvero come compensazione per ingiustizie subite o per la costruzione di alibi.
10
M. ALLEGRINI – G. D'ONZA – D. MANCINI – S. GARZELLA, op. cit., pag. 9.
11
Art. 43, comma 1, c.p..
12
Art. 48 c.p..
13
Cassazione Penale, Sezioni Unite, 24 settembre 2007, n. 35488.
14
D. R. CRESSEY, Other People's Money: A Study in the Social Psychology of Emblezzment, Montclair,
1973, da M. ALLEGRINI – G. D'ONZA – D. MANCINI – S. GARZELLA, op.cit., pag. 28.
15
White collar crimes, in italiano crimini dei colletti bianchi, è una delle espressioni più usate nella
criminologia economica per indicare le frodi compiute nell'ambito di attività professionali ed
imprenditoriali. Il termine è stato coniato da Edwin Sutherland, criminologo statunitense, nel 1939, ed
indica «[...] quei reati realizzati da persone rispettabili, con un elevato status sociale ed economico
che apprenderebbero il comportamento criminale frequentando i "salotti buoni" (Sutherland, 1940)»,
G. D'ONZA, op. cit., Milano, pag. 15.
16
D. R. CRESSEY, op. cit., da M. ALLEGRINI – G. D'ONZA – D. MANCINI – S. GARZELLA, op.cit., pag. 28.
A riguardo l'autore (Cressey) ha evidenziato come l'impianto etico permetta di arginare le pressioni
indotte dalla manifestazione dei bisogni. G. GROSSI, Il white collar crime, Materiale didattico per il
Master in auditing e controllo interno, Pisa, 2001.
17
Per approfondimento si rimanda a G. GEIS, On white collar Crime, Lexington, 1992; L. J. SIEGEL,
Criminology, 3rd Edition, New York, 1989; J. T. WELL, Occupational Fraude and Abuse, Austin,
1997.
18
G. D'ONZA, op. cit., Milano, pag. 124.
6
Questa componente, sebbene sia soprattutto di natura soggettiva, nell'ambito societario è
talvolta legata anche al comportamento dei membri dell'alta direzione oppure alla
gestione del personale
19
.
Per frode interna si intende quel comportamento fraudolento posto in essere sia da un
attore interno all'organizzazione, conoscitore quindi dei metodi di audit e sorveglianza,
sia da attori esterni che abbiano degli interessi o delle connivenze con altri attori
interni
20
.
Questi comportamenti sono definiti "in danno dell'azienda" perché derivanti da
comportamento promossi tanto dalla mancanza o dal disinteresse dei controlli di natura
societaria, quanto dal ritenere gli attori come persone fidate.
Per frode esterna si intende quel comportamento fraudolento posto in essere da un
attore necessariamente esterno che abbia particolare interesse a trarre profitto senza
badare ai successivi effetti.
Solitamente questi atti non sottendono una conoscenza totale dell'organizzazione,
quanto piuttosto una specifica area, e vengono definiti "a danno dell'azienda" perché
derivanti da comportamenti conosciuti come frodanti ma non sufficientemente
prevenuti.
2. Rischi connessi alle frodi
Oltre alle pene derivanti dall'applicazione dei singoli articoli del Codice Penale che
puniscono ogni fattispecie fraudolenta, ossia la reclusione da un minimo di quindici (15)
giorni ad un massimo di ventiquattro (24) anni, e/o con una multa di una somma non
inferiore a euro cinquanta (50), né superiore a euro cinquantamila (50000)
21
, si trovano
in una terra di mezzo alcuni degli effetti collaterali pari alla gravità del reato
commesso, a loro volta divisibili tra "con propagazione endemica circoscritta" e "con
propagazione epidemica"
22
.
Il primo rischio in cui si incorre è il cosiddetto rischio reputazionale. La reputazione è
l'«opinione pubblica sul conto di una persona
23
» o di una società, mentre nella dottrina
societaria/bancaria viene definita come il fondamento di una «[...] relazione fiduciaria
[...]
24
» con i propri clienti. Soprattutto nelle piccole realtà, dalla reputazione, molte
volte di pari importanza ai servizi resi, dipende la possibilità di finanziamento ed
ampliamento del proprio business. Per le nuove realtà, inoltre, è difficile entrare su un
mercato già competitivo o addirittura oligopolizzato, di conseguenza costruirsi la
fiducia di potenziali investitori o finanziatori diventa molto costoso anche proprio in
termini monetari
25
. Una volta ottenuta tale fiducia, difficilmente un'organizzazione
19
M. ALLEGRINI – G. D'ONZA – D. MANCINI – S. GARZELLA, op. cit., pag. 29.
20
Esiste altresì una categoria mista, in cui la frode è ideata da un attore interno all'organizzazione ma
posta in essere da un attore esterno ad essa, od il contrario.
21
Art. 23 c.p.; art. 24, comma 2, c.p.: «Per delitti determinati da motivi di lucro, se la Legge stabilisce
soltanto la pena della reclusione, il giudice può aggiungere la multa da euro 50 a euro 25000».
Questa è una considerazione generale, alcune fattispecie fraudolente possono essere classificate come
contravvenzioni, punite con l'arresto (art. 25 c.p.) e/o con un'ammenda (art. 26 c.p.). Per maggiore
approfondimento si vedano i singoli articoli del Codice Penale.
22
Si prende in prestito una terminologia medica appropriata per spiegare il concetto di propagazione.
Con "endemico", «[...] particolare a un popolo [...] per il luogo in cui vive [...]» (Zingarelli, 1968), si
intende come gli effetti collaterali di una frode si propaghino solo all'interno della stessa
organizzazione; con "epidemico", «[...] che colpisce nel medesimo tempo [...] gli abitanti di una città
o una regione [...]» (Zingarelli, 1968), si intende come gli effetti collaterali di una frode si propaghino
non solo nella stessa organizzazione, ma colpiscano anche altre organizzazioni e la società stessa.
23
Zingarelli, 1968.
24
E. DIA, Il credito e l'evoluzione degli intermediari bancari, Pavia, 2010, pag. 42.
25
E. DIA, op. cit., pag. 37.
7
vorrà perdere un rapporto così ferreo e quindi credibile, a tal punto da mettere in atto
"feroci" politiche di controllo pur di non vedersi completamente azzerate le proprie
rendite.
Anche se ogni organizzazione intrattiene rapporti commerciali con ben più di un
soggetto, il rischio reputazionale, soprattutto nei moderni mercati ormai altamente
connessi, ha una propagazione epidemica tale che, se la frode perpetrata ai danni di una
vittima risulti così grave, essa rischierebbe di perdere anche tutto il resto della propria
platea di investitori.
Connesso alla reputazione come diretta conseguenza, troviamo il rischio di fallimento.
Secondo la giurisprudenza
26
, infatti, «la crisi dell'impresa è [...] legata ad una perdita
di capacità reddituale [...]» determinata da «[...] una situazione di squilibrio non
meramente momentaneo [...]» nel quale l'imprenditore non riesce ad operare secondo il
principio di economicità
27
ma può essere in grado sia di far fronte alle obbligazioni
sociali che di non potere, finendo in uno stato di insolvenza. «I casi Enron e Arthur
Andersen, aziende che per effetto degli illeciti hanno cessato la loro attività, sono
l'emblema delle conseguenze che le frodi possono avere per la continuità dell'istituto e
la distruzione di ricchezza per una pluralità di portatori di interessi
28
».
L'apertura di una procedura per la risoluzione della crisi preferisce una soluzione
privatistica, sia per gli elevati costi di un ricorso pubblico
29
, sia per una minor perdita di
credibilità (reputazione), sia soprattutto per una maggiore autonomia, snellezza ed
elasticità della procedura. Quando però non viene trovato un accordo con i creditori, la
regolazione della crisi verrà imposta al debitore mediante una procedura di fallimento.
«Nell'esperienza statunitense è stata escogitata una via ibrida tra la via privatistica e
quella pubblica, rappresentata dalla ristrutturazione del passivo pre–negoziata con i
creditori (pre–packaged bankruptcy), costituente una via preferenziale per l'accesso
alla procedura di reorganisation ed ai vantaggi che essa offre
30
».
Il terzo e ultimo rischio coinvolge tanto più il lavoratore che l'imprenditore: il rischio di
licenziamento. Se da una parte si può evitare la cessazione dell'attività, come nel caso
Parmalat, grazie ad un intervento normativo, dall'altra è stato emblematico il caso
WorldCom, che per evitare il dissesto è stata acquisita da Verizon, vedendosi ridurre il
personale per 300000 unità
31
.
Il fenomeno della frode, quindi, non mina solo la condizione fondamentale della
continuità aziendale, ma ha conseguenze talvolta dolorose e gravi anche per i molteplici
stakeholders
32
.
26
L. GUGLIELMUCCI, Diritto fallimentare: Aggiornato con le modifiche legislative intervenute con la l. 9
agosto 2013, n. 98 di conversione del d.l. n. 69/2013 – Sesta edizione, Torino, 2014, pagg. 1–2.
27
Realizzazione del massimo risultato in relazione ai mezzi a disposizione.
28
G. D'ONZA, op. cit., Milano, introduzione.
29
L. GUGLIELMUCCI, op. cit., pag. 3.
30
L. GUGLIELMUCCI, op. cit., pagg. 3–4.
31
G. D'ONZA, op. cit., Milano, introduzione.
32
Stakeholders, in italiano "portatori d'interessi", sono individui, gruppi od organizzazioni che possono
influenzare od essere influenzate dal raggiungimento degli obiettivi di un'organizzazione. Cfr. R. E.
FREEMAN, Strategic Management: A stakeholder approach, Boston, 1984. Anche i dipendenti di
un'azienda possono essere definiti come stakeholders, essendo l'insieme unitario delle persone che,
con il proprio lavoro, partecipano allo svolgimento dell'attività aziendale.
8