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INTRODUZIONE
Nell’ultimo decennio il fenomeno della migrazione si è
molto accentuato nel territorio italiano fino a diventare un
problema a livello politico e sociale. La società italiana, a
causa di questo fenomeno, sempre più importante, sta
affrontando un nuovo processo di evoluzione, formando
una nuova dimensione della realtà culturale italiana,
denominata “meticcia”. A causa di esso, psicologi e
psichiatri hanno iniziato ad interessarsi maggiormente al
rapporto che intercorre tra processo migratorio e disagio
psichico, dando vita a un nuovo campo di studio:
l’etnopsichiatria.
L’etnopsichiatria “si occupa di studiare e di classificare i
disturbi e le sindromi psichiatriche tenendo conto sia dello
specifico contesto culturale in cui si manifestano, sia
del gruppo etnico di provenienza o di appartenenza del
paziente. In particolare, essa è la disciplina che mette in
risalto la specificità di certi disturbi strettamente collegati
all'ambiente culturale di insorgenza e non riducibili a
categorie psichiatriche universalmente riconosciute o
condivise”
1
. Infatti, lo psicologo Gambugiati A. sostiene
che “L'etnopsichiatria è una scienza piuttosto recente. […]
L'etnopsichiatria si occupa delle connessioni tra
psicopatologia e cultura e delle differenze tra cultura e
cultura. […] L'etnopsichiatria si occupa di questi fenomeni
secondo l'ottica complementarista: in questa prospettiva
discipline quali la psicoanalisi e la sociologia possono
essere utilizzate soltanto considerandole autonome e
interdipendenti tra loro […]. In altre parole, l'indagine
etnopsichiatrica è possibile soltanto se vengono rispettati i
rispettivi quadri di riferimento delle materie di studio
1
Wikipedia (s. d.). Etnopsichiatria. Tratto il giorno 12 maggio 2016 da
Wikipedia: https://it.wikipedia.org/wiki/Etnopsichiatria.
12
considerate di volta in volta”
2
. Infine lo psicoanalista
Nathan Tobie sostiene che “la psychiatrie transculturelle
est, du point de vue méthodologique, en quelque sorte le
symétrique de l’ethnopsychiatrie. […] Elle utilise les
apports anthropologiques pour rendre la psychiatrie
possible avec des populations que peu de choses dans
leurs traditions prédisposaient à ce genre de pratiques. En
vérité, cette psychiatrie consacre un lien entre
anthropologie et conquête puisqu’elle demande à
l’anthropologie de lui fournir les savoirs qui lui permettront
de percer les défenses que ces populations opposent aux
pratiques psychiatriques”
3
.
Purtroppo, per questa tipologia di fenomeno, non ci sono
approcci teorici prevalenti e procedure standardizzate per
un sostegno psicologico e processo di cura
4
. È da questo
processo sociologico che l’Italia sta affrontando che nasce
il progetto sperimentale “In capo al mondo”, rivolto ai
minori stranieri presenti nella Cooperativa Sociale
“L’Alternativa” - Onlus.
2
Gambugiati, A. (s.d.). Etnopsichiatria. Tratto il 12 maggio 2016 da
A.I.P.E.P. – Onlus, Questioni di psicologia:
http://www.psicotel.it/articoli/etnopsichiatria.html.
3
“La psichiatria transculturale è il punto di vista metodologico, in
qualche modo etnopsichiatria simmetrica. […] Esso utilizza contributi
antropologici per rendere possibile la psichiatria con le popolazioni
che, per via delle loro tradizioni, sarebbero poco predisposti a tali
pratiche. In realtà, questa psichiatria spende un legame tra
l'antropologia e la conquista, in quanto la domanda dall'antropologia è
quella di fornire la conoscenza adeguata per penetrare le difese che
queste persone oppongono alle pratiche psichiatriche tradizionali”.
Nathan, T. (2000). Les enjeux théoriques, institutionnels et politiques
de l’ethnopsychiatrie, "Genèses", 38, p.136-159.
4
De Luca, D. (s.d.). Migrazioni e salute: etnopsichiatria e svolta etno-
pedagogica. Tratto il giorno aprile 24, 2016 da Cestim. Siti di
documentazione sui fenomeni migratori:
http://www.cestim.it/argomenti/21salute/21salute_deluca-01.pdf.
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La Cooperativa Sociale “L’Alternativa” - Onlus è una
comunità sorta nel 2010 a conduzione familiare. È ubicata
nel comune di Quinzano d’Oglio, in provincia di Brescia,
all’interno del Parco Oglio Nord. La struttura è annessa
alla Fattoria Sociale, Azienda Agricola e Fattoria Didattica
“Dosso S. Andrea”, nata nel 1992, che per molti anni
eroga servizi rivolti alle cooperative sociali che trattano
soggetti con disabilità e scolaresche, come la Pet-
Therapy, percorsi di laboratori didattici e soggiorni di
sollievo per persone diversamente abili.
La comunità ospita minori con procedimenti penali,
amministrativi e minori stranieri non accompagnati, di
genere maschile e di età compresa tra i 14 e i 18 anni. La
struttura può ospitare fino a 7 utenti con procedimento
amministrativo e penale e 2 posti letto per il servizio di
Pronto Intervento. Attualmente collabora anche con la
prefettura di Brescia con la quale ospita 8 minori che
hanno fatto richiesta di asilo politico.
Nel 2012 è stato presentato un progetto sperimentale alla
Regione Lombardia per i minori stranieri, denominato “In
Capo al Mondo”, in collaborazione con il Comune di
Brescia, la Scuola Agraria del Parco di Monza, il Comune
di Cremona e la Fattoria Sociale “Dosso S. Andrea”. Con
questo progetto viene permesso a questa tipologia
d’utenza di potersi integrare nel miglior modo possibile
nella società italiana, una volta raggiunta la maggiore età,
con lo scopo di essere in piena autonomia.
Oltre a questo importante obiettivo, il progetto “In Capo al
Mondo” viene posta maggiore attenzione agli utenti che
hanno delle problematiche psicologiche o psichiatriche,
entrando di conseguenza nella sfera dell’etno-psichiatria,
aiutandoli a trovare un proprio equilibrio psicologico per
poi essere aiutati nell’inserimento nella società. Per
questa tipologia di ragazzi la struttura, oltre a proporre
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corsi di alfabetizzazione e corsi di orientamento lavorativo
tecnico – pratico rivolti al settore agricolo o di
panificazione, vengono proposte attività complementari ai
trattamenti tradizionali, come la Pet – Therapy e
l’Ortoterapia. Infatti, grazie alla collaborazione con la
Fattoria Sociale “Dosso S. Andrea”, le attività proposte ai
propri utenti possono essere elencate in:
attività di Pet-Therapy per gli utenti che soffrono di
disagi psicologici o psichici;
attività d’equitazione composta dall’accudimento degli
asini e cavalli alla gestione della stalla;
attività agricole come gestione del giardino,
coltivazione di ortaggi e coltivazione di erbe
aromatiche;
laboratori di panificazione e produzione della pizza;
attività di volontariato presso la casa di riposo
“Padovani” sita a Quinzano d’Oglio nella gestione del
giardino;
partecipazione ai laboratori didattici rivolti alle
scolaresche e alle cooperative sociali.
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CAPITOLO 1: LA COMUNITÀ: TIPOLOGIE
DI STRUTTURA, MODELLI TEORICI ED IL
FENOMENO DELL’ ETNOPSICHIATRIA
1.1 Breve storia sulla nascita delle comunità
sul territorio italiano
Inizialmente, nel territorio italiano, le strutture che si
occupavano dei soggetti con problematiche sociali erano,
principalmente, le Congregazioni Religiose, le famiglie
allargate e la carità della gente. Con il passare dei secoli,
il numero delle persone bisognose sono aumentate a tal
punto che, lo Stato Italiano, creò, con l’emissione della
legge Crispi n. 6972/1890, le prime strutture pubbliche
assistenziali e di beneficenza
5
.
Con il periodo storico del dopoguerra, nella popolazione
era presente molta povertà e molti orfani. In questo
contesto gli istituti sembravano l’unica riposta possibile a
questo fenomeno sociale. Essi erano strutture
caratterizzate come luoghi protetti dove il soggetto viene
allontanato dal proprio contesto familiare per motivi di
sicurezza e di controllo dell’individuo e, all’interno di tale
struttura, sotto la presenza dell’autorità dell’educatore-
sorvegliante. L’inserimento del minore avveniva con
l’obiettivo di educare e correggere i suoi comportamenti
inadeguati, utilizzando un modello di correzione
disciplinare basato sulle punizioni, col fine di re-inserirlo
nella società. Inoltre, gli operatori che lavoravano
all’interno di queste strutture, instauravano con gli utenti
una relazione asimmetrica, avendo solamente come
5
Gandolfo, F. P., & Tantaro, M. (2010). Abitare in un’altra casa. La
Psicoterapia della Gestalt e le comunità alloggio per minori. Trapani:
Screenpress Edizioni.
16
scopo il mantenimento dell’ordine all’interno dell’istituto
6
.
Però, sempre negli stessi anni, diverse pubblicazioni
iniziarono ad evidenziare i limiti e i danni che causavano
agli utenti in tali istituzioni.
Durante il 1958, nella società italiana iniziò a formarsi un
processo di deistituzionalizzazione degli istituti, portando
negli anni Sessanta-Settanta, la formazione di nuove
strutture come
7
:
Le case famiglia, luoghi dove il rapporto operatore-
minore sia molto più vicino e dando un’organizzazione
interna simile a quella di una famiglia, rispetto agli
istituti.
Le comunità alloggio, che avevano come obiettivo
centrale l’aspetto educativo del minore, con maggiore
relazione simmetrica tra operatore utente.
Nel 1983 venne emanata la legge 184, in materia di
adozione e affidamento dei minori, la quale “afferma che
ogni bambino ha diritto ad essere educato nell’ambito
della propria famiglia e, nel caso sia temporaneamente
privo di un ambiente familiare idoneo, può essere dato in
affido ad un’altra famiglia o ad una Comunità Educativa di
tipo familiare, con compiti di mantenimento, educazione e
istruzione, capace di sopperire alle mancanze della
famiglia naturale”
8
.
Lo sviluppo delle strutture per minori avvenne in modo
frammentato sul territorio nazionale, con differenze
sostanziali da regione a regione e, soprattutto, tra le
6
Tibollo, A. (2015). La comunità per minori. Un modello pedagogico.
Milano: Franco Angeli.
7
Ivi.
8
Gandolfo, F. P., & Tantaro, M. (2010). Abitare in un’altra casa: La
Psicoterapia della Gestalt e le comunità alloggio per minori. Trapani:
Screenpress Edizioni. P.11.