La ricusazione del giudice civile
Chiara CONTE
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PREMESSA
≪ Al principio che qualche volta si suole proclamare...della
insospettabilità della magistratura sembra più nobile e più morale
contrapporre il principio che il primo a sospettare del magistrato deve essere il
medesimo; onde non deve adontarsi di veruna cautela tendente ad eliminare
perfino il più lontano dubbio sulla di lui parzialità, anche inconsapevole; e non
sarebbe troppo se il magistrato ripetesse 10 volte al giorno a se medesimo:
humani nihil a me alienum esse puto, per rendersi conto severamente di tutte le
cagioni, grandi, piccole e minime, delle quali può essere predisposto a favore o
simpatia per una causa o per un litigante, o viceversa
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≫
Il presente lavoro vuole cercare di definire e comprendere il ruolo
fondamentale del giudicante e gli istituti volti a tutela della parte per
garantirgli il corretto svolgimento del processo.
Il giudice, considerata la delicatezza del ruolo che svolge, deve essere il
primo tutore della giustizia. I giudici, infatti, si pronunciano sulle libertà, sui
diritti, sui doveri e sui beni dei cittadini.
Le qualità primarie che tale soggetto deve avere devono essere
l'imparzialità e l'indipendenza nel giudicare; il giudice deve essere un terzo
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MORTARA, Commentario del codice e delle leggi di procedura civile, II, Milano,
1923, 480
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estraneo alla causa e non deve condividere gli interessi delle parti litiganti ma,
al contrario, deve, con serenità e distacco, analizzare il loro litigio.
Si vuole, in questo lavoro di tesi, capire quali sono i rimedi che il nostro
ordinamento processuale civile predispone per tutelare il diritto delle parti al
giudice imparziale.
Il primo e più valido presidio della terzietà del giudice non può che
predisporsi attraverso gli istituti dell'astensione e della ricusazione. È proprio
con tali istituti, infatti, che l'ordinamento italiano riconosce il diritto delle parti
ad un corretto esercizio della funzione giurisdizionale fondato, quindi,
sull'indipendenza e sull'imparzialità del giudice.
L'imparzialità si concretizza innanzitutto nelle estraneità del giudice agli
interessi che costituiscono oggetto della controversia sottoposto al suo esame.
Imparziale è in primo luogo colui che non fa a beneficio di una parte ciò
che, in analoga situazione, non farebbe a beneficio di qualsiasi altra persona;
così come parziale significa introdurre private considerazioni, personali
sentimenti, lasciandosi guidare da essi in una decisione che dovrebbe invece
fondarsi su ragioni solo giuridiche.
Se chi applica il diritto nel caso concreto, quindi il giudice, non fosse
imparziale e non agisse come soggetto terzo, il diritto cesserebbe di essere una
tutela, una garanzia per i cittadini nel vedere riconosciuti i propri diritti
tutelati dalla legge ma, al contrario, risulterebbe essere molto pericoloso in
quanto il giudice tenderebbe a far prevalere i propri convincimenti a discapito
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della giusta applicazione del diritto facendo venir meno, quindi, l'essenza
stessa della giurisdizione.
Il presidio più immediato dell'imparzialità del giudicante è costituito
dalla previsione del dovere, e della facoltà, di astensione del giudice
all'articolo 51 del codice di procedura civile.
Nel momento in cui tale diritto della parte al giudice imparziale è violato,
il legislatore, all'articolo 52 del codice di procedura civile, pone una tutela per
le parti stesse e cioè sorge il potere della parte di ricusare il giudice che
avrebbe dovuto astenersi chiedendo un provvedimento che, qualora l'istanza
venga giudicata fondata, sostituisca il giudice designato.
I motivi di astensione sono elencati nell'articolo 51 del codice di
procedura civile che prevede, quindi, al primo comma una serie di situazioni
nelle quali, particolari ragioni, soggettive o oggettive, impongono al giudice di
astenersi dal giudicare una determinata controversia; successivamente si
stabilisce, inoltre, un'ipotesi generale in virtù della quale il giudice in presenza
di gravi ragioni di convenienza ha la possibilità di astenersi.
Mentre nelle ipotesi di astensione obbligatoria la valutazione è effettuata
dallo stesso giudice che, qualora siano presenti le determinate condizioni, si
astiene, nell'ipotesi di astensione facoltativa la valutazione di un rischio di
parzialità è rimessa al capo dell'ufficio, su iniziativa del giudice interessato.
È proprio questo a cui tendo gli istituti dell'astensione e della ricusazione;
si dà rilievo a situazioni rischiose che possono generare un pericolo, il pericolo
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che il giudice possa essere parziale e, di conseguenza, è opportuna la sua
sostituzione.
Nei procedimenti civili l'inosservanza dell'obbligo di astensione
determina la nullità del provvedimento solo nelle ipotesi in cui il componente
dell'organo abbia un interesse proprio e diretto nella causa che andrebbe a
porlo come parte del procedimento proprio perché non imparziale e, quindi,
andrebbe ad avere un interesse strettamente connesso all'oggetto in causa;
negli altri casi, infatti, le ipotesi assumono rilievo solo come motivo di
ricusazione e quindi la mancata proposizione dell'istanza di ricusazione stessa
preclude la possibilità alla parte di far valere tale vizio in sede di
impugnazione come motivo di nullità del provvedimento.
Gli istituti dell'astensione e della ricusazione sono volti ad assicurare il
corretto esercizio dell'attività giurisdizionale sotto il profilo dell'imparzialità
del giudice-persona, attraverso un meccanismo diretto a dare rilevanza ad
alcune situazioni di fatto che possono generare il pericolo che il giudice possa
far valere nella causa motivi o interessi personali e, di conseguenza, si rende
opportuna la sostituzione di quel magistrato.
La ricusazione, dobbiamo precisare, fa riferimento al giudice quale
persona fisica in quanto non è ammessa la ricusazione di un collegio ma,
piuttosto, in questo caso si dovrebbe fare riferimento a ciascuna delle persone
fisiche che compongono il collegio stesso.
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L'istituto della ricusazione, nel codice di procedura civile, si risolve in
soli tre articoli che sono gli articoli 52, 53 e 54.
Qualora la parte non eserciti il potere di chiedere la ricusazione del
giudice, qualora questo abbia violato l'obbligo di astensione, non potrà fare
valere tale vizio successivamente in sede di impugnazione e non avrà, quindi,
altro modo per difendersi da tale difetto di capacità del giudice.
Il procedimento di ricusazione si caratterizza per la mancanza della
controparte del ricusante, in quanto, il diritto della parte ad essere giudicato
da un giudice imparziale si rivolge nei confronti dell'ordinamento stesso e non
è quindi presente un interesse della controparte a non garantire tale diritto ed
interferire col procedimento di ricusazione.
In base all'articolo 53 il procedimento di ricusazione si conclude con un
ordinanza all'interno della quale il giudice provvede alle spese e può
condannare la parte che ha proposto la ricusazione ad una pena pecuniaria.
Nonostante sia stabilito all'interno del nostro codice di procedura civile
che l'ordinanza che conclude il procedimento di ricusazione non è impugnabile,
tale tema è ancora parzialmente dibattuto.
In particolar modo dobbiamo fare riferimento ad una nota sentenza della
Corte di Cassazione, la sentenza del 20 novembre 2003 numero 17636 ed
anche all'articolo 111, comma 7, della Costituzione; originariamente sappiamo
che la Corte di Cassazione riteneva avere, il procedimento di ricusazione,
natura amministrativa, tuttavia, nel suo nuovo orientamento, ciò si è capovolto
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in quanto si è consolidata l'idea che in realtà esso sia un procedimento avente
natura giurisdizionale in quanto decide su diritti soggettivi delle parti.
Ci si è chiesto, dunque, se l'ordinanza potesse essere ricondotta
all'articolo 111, settimo comma della Costituzione in base al quale i
provvedimenti che decidono sulle libertà e sui diritti soggettivi dei cittadini,
anche se in forma diversa della sentenza, possono comunque essere sempre
impugnati con ricorso in cassazione per violazione di legge; ci si chiede, quindi,
se anche l'ordinanza che decide sulla ricusazione rientri tra tali provvedimenti
e possa, quindi, essere impugnata per ricorso in Cassazione.
Tuttavia, la stessa Corte ha risposto a ciò in modo negativo affermando
che, nonostante l'ordinanza decida su diritti soggettivi delle parti e quindi ha
natura decisoria, non ha tuttavia quel carattere ulteriore e necessario per
ricorrere in Cassazione; facciamo riferimento alla definitività, in quanto esso è
un procedimento che è comunque inserito all'interno di un procedimento
ulteriore principale che va a concludersi poi con una sentenza definitiva.
Nonostante quindi tale risposta negativa, però, la Corte ha lasciato
aperta una possibilità e cioè la possibilità per le parti di proporre appello
contro la sentenza finale.
Tuttavia tale orientamento della Corte, di cui stiamo parlando, non
sembra essere soddisfacente e non sembra garantire nel modo migliore una
tutela alle parti; ciò in quanto, in questo modo, il diritto originario delle parti o,
meglio, l'interesse che le parti originariamente volevano soddisfare con la
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ricusazione, viene meno perché, a seguito dell'appello, verranno pronunciati
nulli degli atti relativi alla sentenza finale e non si andrà, quindi, invece a
realizzare l'interesse primario delle parti che era appunto la sostituzione del
giudice ritenuto parziale.
Quindi, con il nuovo orientamento della Corte, l'interesse della parte non
è pienamente tutelato ed inoltre l'istituto della ricusazione stessa verrebbe
svuotato del suo contenuto principale e cioè quello tendente alla sostituzione
del giudice per meglio garantire l'imparzialità.
La ricusazione risulterebbe essere, così, solo una prenotazione per un
successivo eventuale appello della sentenza finale, in quanto la sentenza finale,
come abbiamo precedentemente detto, può essere appellata solo se è stata, nel
corso del processo principale, proposta istanza di ricusazione.
Si attende, quindi, e si auspica, dunque, una nuova proposta ed un nuovo
disegno degli articoli relativi alla astensione e dalla ricusazione proprio per
l'importanza del tema trattato, primario nella giurisdizione.
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CAPITOLO I - L'imparzialità del giudice
• La tutela dell'imparzialità del giudice nella Costituzione.
L'imparzialità del giudice non fa riferimento solo ad una corretta
amministrazione della giustizia ma, principalmente, è oggetto di un diritto del
cittadino.
Quale che sia l'esito del processo, i principi di terzietà ed imparzialità del
giudice rappresentano un elemento fondante dell'esperienza processuale.
Il giudice svolge infatti un ruolo delicato in quanto si pronuncia sulle
libertà, sui diritti, sui doveri del cittadino e sua qualità principe non può che
essere l'imparzialità. Egli deve essere un terzo estraneo che non ha interessi e
non nutre passioni nei confronti delle parti e che, dunque, riesce a trattare la
causa con serenità e distacco.
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L'esplicito riferimento all'imparzialità del giudice mancava, tuttavia,
all'interno della Carta Costituzionale del 1948. Le ragioni dell'assenza di un
esplicito riferimento al principio di imparzialità del giudice sono spiegabili alla
luce delle premesse storiche dalle quali era nata la Carta Costituzionale.
Eravamo difronte a forti squilibri nei rapporti tra magistratura e potere politico;
l'Italia stava uscendo dai turbamenti del periodo fascista, da un regime
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CALAMANDREI, Giustizia e politica: sentenza e sentimento, in Opere giuridiche,
a cura di M.Cappelletti, Napoli, 1965, 639.
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totalitario, dunque, che controllava in pieno i poteri dello Stato e non lasciava
margini di discrezionalità.
È a tale proposito che la strada intrapresa dal costituente del 1948 va a
marcare e ristabilire in primis l'ordine turbato dei poteri giurisdizionali,
focalizzando la sua immediata l'attenzione nella necessità di tutelare il valore
dell'indipendenza del giudice, l'indipendenza dalla politica.
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Nonostante la mancanza di un esplicito riferimento al principio di
imparzialità del giudicante, tale concetto era implicitamente inserito
nell'ordinamento. Innanzitutto tramite l'inserimento stesso del principio di
indipendenza, in quanto, un giudice per essere imparziale deve necessariamente
essere indipendente per poter giudicare e, dunque, non vincolato.
Nessun dubbio sorgeva riguardo la necessità di far riferimento ad un
giudice imparziale, ma la garanzia si doveva ricercare indirettamente nella
normativa ordinaria. L'imparzialità del giudice doveva così essere garantita
dalle norme del codice civile agli articoli 51 e 52, rispettivamente relativi
all'astensione e alla ricusazione del giudice civile. A tali norme si faceva spesso
richiamo a causa della mancanza esplicita di una norma di riferimento.
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GIULIANI, Rimessione del processo e valori costituzionali, Giappichelli Editore,
2002, 7
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SASSANI, Lineamenti del processo civile italiano. Tutela giurisdizionale,
procedimento di cognizione, cautele, Giuffrè Editore, 2012, 46