3
Introduzione
L’Unione europea viene spesso definita in base alle sue realizzazioni
economiche, quali il mercato interno, la moneta unica o gli scambi
commerciali. In realtà, all’origine del processo di integrazione europea non
sussistono certo solamente interessi strategici: vi è, anche e soprattutto, una
forte condivisione di ideali sedimentatisi nel corso della storia, tra i quali
figura la volontà di mantenere la pace tra i popoli
1
, di promuovere la
democrazia e il rispetto dei diritti umani, nonché un insieme di valori che
concorrono a definire l’identità europea tra cui si segnalano la libertà
individuale, la tolleranza, la giustizia, la razionalità
2
e la coscienza
ambientale. Un altro principio fondamentale che contraddistingue altresì il
sentire europeo è la solidarietà sociale. All’origine, il principio di solidarietà
si è configurato come il cuore e il motore del progetto europeo. Nelle pagine
della Dichiarazione Schuman, documento fondante del processo di
integrazione europea, è già rintracciabile un riferimento al concetto di
solidarietà da realizzare, in primis, tra europei. Con le parole del Ministro
degli Esteri Robert Schuman: «L’Europa non potrà farsi in una sola volta, né
sarà costruita tutta insieme; essa sorgerà da realizzazioni concrete che creino
anzitutto una solidarietà di fatto
3
».
1
La Dichiarazione Schuman del 9 maggio 1950 identificava la pace come obiettivo
primario del processo che avrebbe dato vita alla Comunità Europea del Carbone e
dell’Acciaio (CECA). Il documento enuncia così: «La pace mondiale non potrà
essere salvaguardata se non con sforzi creativi, proporzionali ai pericoli che la
minacciano.
Il contributo che un’Europa organizzata e vitale può apportare alla civiltà è
indispensabile per il mantenimento di relazioni pacifiche. La Francia, facendosi da
oltre vent'anni antesignana di un'Europa unita, ha sempre avuto per obiettivo
essenziale di servire la pace.» Dichiarazione Schuman, 9 maggio 1950. In:
http://europa.eu/about-eu/basic-information/symbols/europe-day/schuman-
declaration/index_it.htm
2
Tzvetan Todorov, Il nuovo disordine mondiale. Le riflessioni di un cittadino
europeo, Milano, Garzanti, 2003, pp. 61–72.
3
Dichiarazione Schuman, op. cit..
4
Nel corso della sua storia, l’Unione europea ha cercato di configurarsi
come un attore preminente a livello internazionale
4
, promuovendo numerose
attività di cooperazione internazionale e allo sviluppo. Fin dagli inizi, la
cooperazione allo sviluppo è stata parte fondamentale del processo di
integrazione europea. Il Trattato di Roma del 1957, infatti, prevedeva già
l’instaurazione di rapporti formali tra la Comunità economica europea (CEE)
e le ex colonie attraverso la firma di accordi di associazione, inoltre,
sancendo la creazione del Fondo europeo di Sviluppo (FES), mirava a fornire
assistenza ai Paesi e territori d’oltremare
5
.
Il processo di integrazione europea racchiude una discussione molto
interessante relativa allo sviluppo, alla politiche di riequilibrio territoriale tra
le aree più sviluppate e quelle più svantaggiate
6
, alla graduale trasformazione
delle relazioni con i Paesi Terzi da un’impronta coloniale a una
considerazione equa e paritetica
7
.
Fino alla fine degli anni Novanta, per motivi riconducibili all’eredità
storica, gli stati dell’Africa, Caraibi e Pacifico (i cosiddetti Paesi ACP) si
configurarono come i principali partner della Comunità europea tra i Paesi in
4
Per una trattazione completa sul ruolo dell’Unione europea nel mondo si veda:
Giuliana Laschi, Mario Telò (a cura di), L’Europa nel sistema internazionale. Sfide,
ostacoli, dilemmi nello sviluppo di una potenza civile, Bologna, il Mulino, 2009.
5
Commissione europea, Le politiche dell’Unione europea. Cooperazione
internazionale e sviluppo, Lussemburgo, Ufficio delle pubblicazioni dell’Unione
europea, 2014, p. 3. In:
https://europa.eu/eyd2015/sites/default/files/toolkit/teachers-corner/publication-
fighting-poverty-2014/publication-fighting-poverty-2014_it.pdf
6
In questo senso il principio di solidarietà dava attuazione all’articolo 2 del Trattato
di Roma del 1957: «La Comunità ha il compito di promuovere, mediante
l'instaurazione di un mercato comune e il graduale ravvicinamento delle politiche
economiche degli Stati membri, uno sviluppo armonioso delle attività economiche
nell’insieme della Comunità, un’espansione continua ed equilibrata, una stabilità
accresciuta, un miglioramento sempre più rapido del tenore di vita.» Trattato che
istituisce la Comunità Economica Europea (TCE), Roma, 25 marzo 1957, Articolo
2. In:
http://eurlex.europa.eu/legalcontent/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:11957E/TXT&qid=
1461690623882&from=IT
7
Giuliana Laschi, L’Europa e gli altri. Le relazioni esterne della Comunità dalle
origini al dialogo Nord–Sud, Bologna, il Mulino, 2015, p. 13.
5
via di sviluppo. Per questo motivo, i programmi di aiuto si sono inizialmente
concentrati prevalentemente su questi Paesi, dando vita a relazioni forti e
stabili. Negli anni, le relazioni tra le potenze europee e i Paesi in via di
sviluppo hanno conosciuto numerosi mutamenti che hanno condotto il regime
di associazione ad evolversi nelle successive convenzioni di Yaoundé (I e II)
e nelle quattro convenzione di Lomé, fino all’Accordo di Partenariato di
Cotonou del 2000
8
.
La mia analisi muove dalla volontà di comprendere le motivazioni
profonde che sottostanno alle scelte compiute dai governi e dalle istituzioni
europee nei confronti dei Paesi del Sud del mondo, cercando di ricostruirne
un iter storico ragionato. Come affermato da Giuliana Laschi nel suo volume
«L’Europa e gli altri. Le relazioni esterne della Comunità dalle origini al
dialogo Nord–Sud», comprendere come, quando, quali e, soprattutto, perché i
rapporti della Comunità economica europea con le ex colonie hanno
conosciuto negli anni mutamenti e trasformazioni risulta essenziale ai fini di
un’analisi dell’identità e del ruolo globale dell’Europa. Sappiamo che
all’origine del processo di integrazione europea, vi era un forte interesse
sovranazionale caratterizzato da una vasta progettualità politica che
abbracciava più popoli, possiamo, nondimeno, domandarci: come si sviluppa
e si articola questo interesse sovranazionale? In questa sede, l’interrogativo al
quale cercherò di dare risposta è il seguente: nella fitta rete di rapporti che la
Comunità europea prima, e l’Unione europea poi, hanno intrattenuto e
intrattengono con i Paesi in via di sviluppo, la politica di cooperazione allo
sviluppo segue un orientamento specifico e riconoscibile nel panorama
internazionale? La risposta è indubbiamente articolata e necessita di
un’analisi approfondita dei meccanismi che hanno caratterizzato la storia
delle relazioni esterne europee.
8
Giuliana Laschi, L’Europa e gli altri. Le relazioni esterne della Comunità dalle
origini al dialogo Nord–Sud, op. cit., p. 13.
6
A questo proposito, nel primo capitolo ho fornito una panoramica che
ripercorresse le principali tappe storiche all’origine della cooperazione allo
sviluppo della Comunità economica europea (CEE) in Africa: dal tramonto
degli imperi europei all’urgenza di stringere relazioni formali con le ex
colonie, attraverso la firma dei trattati di associazione. Quindi, ho cercato di
mettere in luce l’acceso dibattito tra regionalisti e globalisti sul ruolo della
Comunità, compiendo altresì una disamina dei principali avvenimenti che
hanno interessato i primi anni ’70, tra i quali lo shock petrolifero del 1973, la
diffusione dei principi alla base del Nuovo Ordine Economico Internazionale
e il controverso ingresso della Gran Bretagna nella Comunità con la
conseguente questione del Commonwealth. In seguito, ho concentrato la mia
attenzione sulla prima Convenzione di Lomé, firmata nel 1975,
esaminandone i contenuti principali e gli elementi di novità, nel tentativo di
fornire una congrua risposta alla seguente domanda: attraverso la
convenzione di Lomé si è segnata una svolta nelle relazioni tra Nord e Sud
del mondo o si sono reiterati meccanismi di eredità neo–coloniale?
Nel capitolo successivo, ho analizzato le principali implicazioni
politiche che hanno condotto al rinnovo della prima Convenzione di Lomé
nel 1980 e nel 1985, rispettivamente con Lomé II e III. In questi anni,
l’incapacità di portare avanti un costruttivo dialogo tra Nord e Sud e la
momentanea battuta di arresto delle azioni unitarie nei confronti del Terzo
mondo si sono accompagnate all’emergere e alla diffusione del paradigma
del Washington Consensus, promosso dalle istituzioni finanziarie
internazionali. In questo contesto, ho messo in risalto come le relazioni euro–
africane siano state profondamente trasformate grazie al contributo della
quarta convenzione di Lomé, firmata nel 1989 e revisionata nel 1995 con
l’introduzione della clausola di condizionalità politica. Gli ultimi paragrafi
del secondo capitolo approfondiscono le più recenti priorità degli aiuti allo
sviluppo nel quadro della partnership avviata con Cotonou nel 2000.
Dall’inizio degli anni Novanta, infatti, gli effetti della globalizzazione
7
economica così come i cambiamenti nello scenario internazionale
conseguenti alla fine della Guerra Fredda e al processo di allargamento
dell’Unione europea hanno esercitato forti pressioni per una ridefinizione
delle relazioni euro–africane. I paragrafi successivi evidenziano come, con la
firma di Cotonou, la cooperazione tra Unione europea e Paesi ACP si sia
adeguata ai capisaldi del nuovo paradigma di sviluppo, il Post–Washington
Consensus, segnando il superamento della fase neo–coloniale delle relazioni
tra Unione europea e Africa, fino a quel momento contraddista da un focus
circoscritto ai Paesi africani. Con la definizione degli Accordi di Partenariato
Economico (APE), le economie degli Stati ACP venivano poste in aperta
competizione con le imprese europee, mentre le esportazioni dei suddetti stati
si collocavano infine su un piano di parità con quelle provenienti da altri
Paesi in via di sviluppo (America Latina, Asia e Mediterraneo) che avevano
registrato performance migliori dal punto di visto economico e commerciale.
Infine, nel terzo ed ultimo capitolo ho concentrato la mia attenzione
sulle recenti dinamiche che hanno investito il continente africano negli ultimi
anni: la capillare penetrazione della Cina in Africa. La mia analisi muove
dalla considerazione di quello che è stato definito il «new scramble for
Africa
9
»; ad oggi la Cina considera gli Stati africani, le loro ricchezze naturali
e gli spazi che le loro economie concedono come una priorità assoluta per i
propri interessi economici e geopolitici. Quindi, ho cercato di fornire una
panoramica storica dei rapporti tra Cina e Africa che offrisse un quadro
interpretativo delle suddette relazioni e delle caratteristiche che le
contraddistinguono. Nei paragrafi successivi, ho messo in luce come la corsa
9
Con l’espressione «scramble for Africa» si indicava il proliferare delle
rivendicazioni europee sui territori africani, avvenuto alla fine del XIX secolo, nel
cosiddetto processo di spartizione coloniale. Il «new scramble for Africa», ovvero
la nuova corsa all’Africa, fa riferimento al diffuso interesse internazionale per le
risorse energetiche africane da parte delle superpotenze, Cina in primis. Per una
trattazione completa sull’argomento si segnala: Pádraig Carmody, The New
Scramble for Africa, Cambridge, Polity Press, 2011.
8
alle risorse naturali africane non abbia mancato di sollevare, tra gli
osservatori esterni, critiche e perplessità, suscitando un acceso dibattito tra i
sostenitori del Post–Washington Consensus e quelli del Beijing Consensus,
come è stato rinominato il paradigma cinese di cooperazione allo sviluppo.
Del resto, l’influenza di Pechino nel continente africano non è da
sottovalutare poiché si pone in diretta contrapposizione con l’approccio
europeo: i finanziamenti cinesi si caratterizzano infatti per la totale assenza di
condizioni politiche e una netta opposizione verso ogni tipo di ingerenza
interna. A questo proposito, nel quinto paragrafo ho approfondito quella che
è la percezione africana riguardo la massiccia presenza cinese nel continente
che comporta importanti risvolti in ambito politico e diplomatico. Infine,
negli ultimi paragrafi, ho presentato i nuovi indirizzi che caratterizzano la
politica di cooperazione allo sviluppo europea negli ultimi anni: dalla volontà
di superare il tradizionale approccio basato sulla logica donatore–
beneficiario, alla prospettiva di un possibile dialogo trilaterale tra Unione
europea, Cina e Africa, all’elaborazione di alternative a sostegno di percorsi
di democratizzazione e di sviluppo sostenibile che permettano agli africani di
essere i principali protagonisti del proprio successo.
Per quanto concerne la bibliografia, la realizzazione di questo studio è
stata possibile grazie, soprattutto, alle fonti primarie reperibili nei portali
ufficiali delle istituzioni europee, così come nei siti delle principali
organizzazioni internazionali e, in particolar modo, nell’Archive of European
Integration (AEI)
10
. Per la consultazione di volumi di approfondimento e
della letteratura accademica è stata invece preziosa, in primis, la Biblioteca
Centrale Roberto Ruffilli del Campus di Forlì.
Permane la sensazione che l’attenzione dedicata ad un argomento così
rilevante sia inferiore al dovuto; d’altronde, il tema delle relazioni con i Paesi
10
L’Archive of European Integration è un archivio elettronico creato nel 2003;
attualmente contiene quasi cinquantaquattromila documenti riguardanti il processo
di integrazione europea consultabili al seguente link: http://aei.pitt.edu.
9
in via di sviluppo e dell’integrazione europea nel dialogo tra Nord e Sud del
mondo è un argomento composito, crocevia di molteplici vicende, posizioni,
contraddizioni, prospettive e fenomeni di attori afferenti a culture, storie,
valori e geografie differenti.
L’interesse, maturato nel corso dei miei anni di studio, per la relazione
tra le politiche dell’Unione Europea e i Paesi in via di sviluppo mi ha portato
ad approfondire il passaggio dalla colonizzazione, attraverso il complesso
processo di decolonizzazione, all’elaborazione di una politica europea di
cooperazione allo sviluppo. L’intento è di riuscire ad offrire un quadro il più
possibile esaustivo sul rapporto che lega l’Unione europea ai Paesi di Africa,
Carabi e Pacifico, sulle attività di sviluppo promosse finora nonché sulle
prospettive che si sono dischiuse per questi Paesi all’inizio del nuovo
millennio grazie al contributo di nuovi attori quali, per esempio, i giganti
asiatici Cina e India. Grazie alla sua dimensione sovranazionale, l’Unione
europea può e deve preporsi ambiziosi obiettivi politici e, soprattutto,
elaborare risposte che facciano fronte alle nuove esigenze di sviluppo e alle
nascenti sfide globali.
10
I CAPITOLO
LE ORIGINI DELLA COOPERAZIONE ALLO
SVILUPPO DELLA CEE IN AFRICA
«Noi dipendiamo dal Terzo Mondo, oggi, e continueremo a dipenderne anche
nell'avvenire. Il Terzo Mondo dipende in larga misura da noi. I nostri interessi
sono intrecciati. […] Per la mirabile compenetrazione delle cose, il ragionamento
economico sfocia nella costruzione politica. Il fine di tutti i nostri sforzi è servire
l’uomo. Ma l’uomo non può esistere da solo, è troppo minacciato. La catena degli
uomini dischiude invece tutte le speranze, una catena di uomini solidali in quella
interdipendenza che, spero, sarà sempre meglio capita
11
.»
1.1 Il tramonto degli imperi europei e l’indipendenza delle ex
colonie
La Comunità Economica Europea ha sviluppato, nel corso della sua storia,
una crescente dimensione esterna che l’ha resa un attore presente e dinamico
nel panorama globale. Con forme e strumenti per lo più inediti nel panorama
delle relazioni internazionali, dal 1957 ad oggi, la Comunità ha svolto
un’azione internazionale forte e riconoscibile nello scenario globale.
Nei primi anni di vita, la Comunità non possedeva formalmente una
politica estera; ciò nonostante, essa agiva normalmente nel sistema
internazionale compiendo precise scelte strategiche a sostegno dei suoi
obiettivi politici ed economici. Pertanto, la politica estera dell’Unione
europea, seppure sia stata formalizzata solo con la firma del Trattato di
Maastricht nel 1992, ha origini lontane che risalgono alla nascita della
Comunità stessa e agli albori del processo di integrazione europea. Benché
11
Claude Cheysson, Prefazione a: Michael Noelke, Europa e Terzo Mondo: il
dossier dell’interdipendenza, Ufficio delle Pubblicazioni ufficiali delle Comunità
europee, Bruxelles, 1979, p. 7.