4
INTRODUZIONE
L’idea dell’Italia che il mondo ha, è legata all’immenso patrimonio artistico che possiede,
alla cultura, nelle sue diverse forme, e, soprattutto, dall’immenso potenziale spesso non
sfruttato. Espressioni del tipo “Italia patrimonio dell’arte”, “Italia capitale mondiale della
cultura” oppure “Italia, paese del buon cibo”, sono così inflazionate che rischiano, o
qualche volta diventano, luoghi comuni, stereotipi, per i quali è difficile trovare un
riscontro oggettivo. Il presente elaborato si pone l’obiettivo di fare luce sulle origini di
uno dei “marchi” che ha fatto conoscere la penisola nel mondo: il Made in Italy. Nel
tentativo di analizzare l’attuale situazione di alcuni settori del made in Italy, si cercherà
di comprendere gli ostacoli che a questo movimento hanno creato le economie emergenti
e la contraffazione, che risultano essere i principali problemi e le più grandi sfide per i
prodotti italiani.
Cosa si intende per made in Italy?
Letteralmente, “fatto in Italia”. Tuttavia dietro questa definizione si cela un complesso
mondo. Sicuramente possiamo definire il Made in Italy come “uno dei primi brand
conosciuti e apprezzati al mondo, il marchio di un saper fare che ci distingue agli occhi
degli altri Paesi. Creatività, qualità, Italian life style che si esprimono principalmente nelle
aree dell'abbigliamento, arredamento, automazione meccanica, agroalimentare”.
1
I settori che sono il bacino della creatività italiana sono chiamati in gergo “le tre effe”
(Fashion, furniture & food, ossia moda, design e cibo) e secondo uno studio condotto da
Databank di Cerved Group, presentato nel corso del convegno Fashion for luxury,
coprono quasi l’80% dell’intera produzione italiana. Il dato più interessante è che si tratta
di realtà imprenditoriali di dimensioni piuttosto ridotte e spesso a conduzione familiare,
una caratteristica peculiare dell’aspetto economico italiano, ricco di piccole e medie
imprese.
2
Proprio questa particolare conformazione del tessuto economico italiano può favorire una
maggiore valorizzazione dell’origine, non esclusivamente della nazione, ma proprio
dell’area o del distretto in cui avviene la creazione del prodotto.
“In altre parole, i distretti e le varie configurazioni territoriali tipiche del Paese assumono
1
Acquaro D., Cos’è Made in Italy (e cosa no), “Il Sole 24 Ore”, 13 Novembre 2013.
2
http://financialounge.repubblica.it/IT/co/financialounge/news/2014/01/fashion_food_e_furniture_-
_le_tre_f_del_made_in_italy.aspx (Ultima visita: 7 luglio 2015)
5
posizionamenti distintivi che potrebbero aver favorito col tempo l’affermazione di una
specifica immagine del distretto di origine, talora differenziata rispetto a quella nazionale,
passibile di garantire alle imprese ivi localizzate un analogo ruolo di avviamento e di
sostegno all’export rispetto all’immagine Paese.”
3
Il concetto di “made in”, intenso come brand, era conosciuto fin dal Medioevo, soprattutto
nel commercio internazionale. Si possono considerare antenati nel made in Italy alcune
produzioni, locali o regionali, tipiche della penisola italiana, come le produzioni di filato
e seta nei distretti di Bologna (con la caratteristica produzione del velo, che risultava
essere trainante per l’economia
4
) e Venezia, per quello che potremmo definire il fashion
del tempo, fino ad arrivare alle produzioni agroalimentari di vino e olio del Veneto, delle
Marche o della Puglia.
Nel lasso che va dagli anni Sessanta agli anni Novanta del Novecento, l’Italia ha provato
a specializzarsi nei tre settori del food, furniture & fashion unendo sotto la bandiera del
Made in Italy la produzione di quei prodotti italiani tipici, che ora sono tanto richiesti
all’estero e di cui, in maniera non così scontata, l’Italia è leader produttivo. “Quando si
parla del made in Italy è quasi inevitabile che l’opinione pubblica pensi subito e
principalmente ai vestiti di Versace, Valentino e Armani, alle catene di negozi di
abbigliamento casual di Benetton, alle borse di Gucci e Fendi, alle scarpe di Della Valle
e Ferragamo: insomma la moda italiana. Oppure il pensiero corre alla Ferrari, considerata
come una vera e propria bandiera del nostro Paese.
Ma il made in Italy è un fenomeno più complesso, che tocca diversi settori e attività
economiche del sistema Italia, spaziando dai più svariati beni industriali sino ai prodotti
tipici dell’agricoltura ed anche al turismo”.
6
La stessa definizione di Made in Italy ha iniziato ad avere una connotazione diversa: non
indica una semplice e mera origine geografica, ma un modo di intendere e mettere in atto
la produzione tipica del Belpaese. L’espressione indica il concetto di qualità, brand e
leadership ormai diffuso a livello globale, “una sorta di marchio collettivo che richiama
subito alla mente l’immagine esclusiva delle produzioni italiane, la creatività dei nostri
3
Guerini C., A.Uslenghi, Valore del Made in, identità di marca e comunicazione di marketing nelle
imprese distrettuali italiane, “Serie Economia Aziendale”, 190, maggio 2006
4
Guenzi A., Un Cartello Industriale a Bologna nel secondo Settecento: la società dei mercanti da velo,
“Quaderni Storici”, 32, 1997, pp.734-735
6
Fortis M., Il Made in Italy, Il Mulino, 1998, pp. 7
6
imprenditori e lo stile di vita italiano.”
7
Ovviamente, con la crescente globalizzazione e
lo sviluppo di forme di commercio alternativo come l’e-commerce, le sfide per il Made
in Italy sono sempre maggiori e oltre a offrire numerose opportunità, nascondono molte
insidie dettate da vari ostacoli come, ad esempio, la contraffazione. Proprio per questo
motivo, occorrerebbe tutelare i prodotti autentici, poiché spesso le imitazioni possono
essere nocive per i consumatori, che siano esse le repliche di prodotti di lusso oppure
“semplicemente” dei pomodori o mozzarelle di importazione, impropriamente etichettate
con il marchio italiano.
Tuttavia, per comprendere bene le dinamiche di questa peculiarità del sistema economico
italiano è importante conoscere i meccanismi e i protagonisti di tale processo di
specializzazione, che vede il paese trovarsi (probabilmente) ora nel posto giusto al
momento giusto. Forse, senza avene ancora piena coscienza.
Questo lavoro si propone, quindi, di analizzare con il case study di “Eataly” di Oscar
Farinetti, la situzione attuale del Made in Italy nel settore agro-alimentare con lo sguardo
rivolto ai possibili orizzonti di questa epoca della cosiddetta Food Economy.
7
Fortis M., Il Made in Italy nel “nuovo mondo: protagonisti, sfide, azioni, “Ministero delle Attività
produttive”, 2005, pp. 5
8
CAPITOLO 1. RADICI STORICHE: DALLA PIZZA ALLA FOOD
ECONOMY
1.1. Food Economy: in che società viviamo?
Il bisogno alimentare ha storicamente caratterizzato l’azione umana portandolo a
escogitare sempre nuovi metodi per sfruttare tutte le risorse a propria disposizione.
Proprio questa esigenza è alla base dei primi scambi su media e lunga distanza.
In quest’ottica l’area del Mar Mediterraneo assunse un ruolo importante. La penisola
italiana (in particolare l’Italia meridionale), assieme alla Grecia, al centro del crogiuolo
mediterraneo, sviluppò una forte cultura alimentare sin dall’antichità: questa cultura è
sfociata nel corso dello scorso secolo in quella che oggi è conosciuta come “dieta
mediterranea” in cui i ritmi di assunzione del cibo, la sua estetica e “la solennità del pasto”
sono tratti caratteristici.
8
In numerose ricerche Vito Teti, professore di Antropologia
Culturale, ha confermato l’esistenza di un “modello mediterraneo” caratterizzato da
un’alimentazione “innocente, gioiosa, impregnata di autenticità culturale”
9
e proprio
questi elementi sono gli ingredienti che hanno contraddistinto la cucina made in Italy.
Gli italiani hanno un rapporto quasi viscerale con il cibo, e la sua “autenticità culturale”.
Tuttavia la consapevolezza della sua storia, dei suoi costumi e della sua evoluzione è
decisamente minore.
10
Il rapporto degli italiani, e non solo, con la tavola sta cambiando.
È mutato il Paese e nuovi stili di vita si affermano, modificano e sostituiscono. Negli
ultimi anni, ad esempio, si sono trasformate le esigenze dei consumatori. In quest’epoca,
sempre più globale, si chiede di conoscere l’origine, i trattamenti ricevuti e i valori
nutrizionali degli alimenti. Infatti, a partire dagli anni Duemila la componente salutistica
e qualitativa del prodotto hanno caratterizzato la domanda dei consumatori:
l’affermazione dei prodotti biologici, lo sviluppo di modelli edonistici di consumo e le
istanze di sicurezza alimentare emerse in risposta all’emergenza Bse (epidemia di mucca
pazza di inizio secolo) resero necessaria una rimodulazione dell’offerta.
11
Affianco a
questo bisogno di conoscere il cibo, i nuovi metodi informativi garantiti dalla rete hanno
8
Teti V., Il colore del cibo. Geografia, mito e realtà dell’alimentazione mediterranea, Maltemi Editore
srl, 1999, p. 9
9
Ibidem.
10
Basile N.D., New Menu Italia, Baldini Castoldi Dalai editore, 2009, p.9
11
Basile N.D., New Menu Italia, Baldini Castoldi Dalai editore, 2009, p. 35