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Introduzione
La figura del vampiro ha da sempre suscitato un enorme fascino che si è mantenuto e rinnovato nei
secoli arrivando fino ai giorni nostri. Indiscusso protagonista del buio, il vampiro, in un primo
momento, viene considerato dal folclore popolare europeo come un demone della peste, per poi
trasformarsi, secondo la tradizione balcanica, in figura di revenant che succhia il sangue dei vivi.
Come sostiene Mario Barzaghi, «si configura come un mistero il fatto che questo spettro [...] abbia
avuto la forza di rappresentare entro la modernità quell'immagine del male assoluto che nel
medioevo spettava in modo incontrastato al diavolo»
1
.
Questa figura complessa è stata poi ripresa e sviluppata dalla letteratura degli ultimi due secoli e ha
assunto così caratteristiche differenti e spesso contrastanti rispetto all’immagine originaria del
vampiro folclorico.
Anche il cinema, negli ultimi anni, è stato catturato dal fascino enigmatico del vampiro. Come
afferma Fabio Giovannini, «il vampirismo diventa in particolare una categoria decisiva dello
spettacolo. Il teatro, l’attore, la recitazione, il cinema, il video, sono tutte facce del vampiro. [...] il
personaggio vampiro occupa con la sua presenza tutti i media»
2
.
La figura del morto vivente che, di notte, provoca terrore mordendo il collo delle vittime per
succhiarne il sangue deve sicuramente la sua fama al romanzo gotico per eccellenza, ovvero
Dracula di Bram Stoker.
Lo scrittore irlandese (1847-1912) ha consacrato il mito del vampiro creando un personaggio da una
parte affascinante ma anche in grado di incarnare tutti gli aspetti più reconditi del male.
Ho scelto questo argomento perché interessata a riscoprire le possibili fonti letterarie del romanzo
Dracula di Bram Stoker e incuriosita riguardo a come fosse trattato il tema del vampirismo nella
letteratura precedente al 1897, anno di pubblicazione del capolavoro.
Ho deciso di concentrarmi su due opere principali della letteratura inglese e, nello specifico, The
Vampyre (1819) di John William Polidori (1795-1821) e Varney the Vampire; or the Feast of Blood
(1845-1847) di Thomas Preskett Prest (1810-1859). Entrambi gli autori trasformano il vampiro del
1
M. Barzaghi, Il mito del vampiro: da demone della Morte Nera a spettro della modernità, Soveria Mannelli,
Rubbettino, 2010, pp. 3-4.
2
F. Giovannini, Il libro dei vampiri: dal mito di Dracula alla presenza quotidiana, Bari, Dedalo, 1985, p. 11.
5
folclore in un demone aristocratico che cerca vittime nell’alta società. In questi romanzi si possono
riscontrare numerose analogie e influenze dirette sul romanzo Dracula di Bram Stoker.
La mia ricerca proseguirà, inoltre, con l’analisi del romanzo Carmilla (1872) dell’autore irlandese
Joseph Sheridan Le Fanu (1814-1873). Matthew Beresford afferma che Carmilla «si adatta forse a
essere il più diretto antecedente di Dracula poiché combina l’aspetto sessuale con i temi più
tradizionali della storia d’orrore, come il “non morto” che dorme nella sua bara e il morso della
vittima»
3
.
Tuttavia, queste tre opere sono spesso soltanto citate all’interno dei libri e dei manuali di letteratura
inglese; per questo motivo, ho scelto di esaminarle nello specifico poiché, a mio parere, ognuna
rappresenta caratteristiche precise che la differenziano dalle altre.
La prima parte della tesi descrive l’origine del vampiro del folclore europeo, le sue particolarità, le
leggende e le superstizioni collegate a questo mito immortale. Il capitolo, in seguito, analizza la
figura del vampiro letterario precedente al romanzo Dracula di Bram Stoker. Pur soffermandomi
sull’immagine del vampiro nella letteratura inglese e irlandese, ho deciso di considerare anche
alcune opere rilevanti appartenenti ad altre letterature, in particolare a quella tedesca e russa, che
hanno trattato il tema del vampirismo.
La seconda parte si concentra sul racconto The Vampyre di John William Polidori ed esamina le sue
fonti e il rapporto di amicizia-odio tra i protagonisti Aubrey e Ruthven che richiama facilmente
quello tra Polidori e Lord Byron. Il vampiro Ruthven rappresenta il prototipo dell’eroe byroniano;
l’opera, anche per questo motivo, è stata inizialmente attribuita a Byron.
L’analisi prosegue considerando il romanzo gotico a puntate Varney the Vampire di Thomas
Preskett Prest che costituisce un esempio di penny dreadful nell’Inghilterra vittoriana. Varney, nel
corso delle sue innumerevoli avventure, appare come un vampiro più legato alla sete di denaro che
a quella di sangue.
Il quarto capitolo focalizza l’attenzione sul mito della donna vampiro: Carmilla di Joseph Sheridan
Le Fanu. Vampira di seduzione e bellezza, Carmilla è considerata come il primo riferimento per
Dracula di Bram Stoker e rappresenta uno dei primi romanzi del genere che contiene tracce di
lesbismo. La protagonista è descritta come una figura affascinante che crea in Laura, la sua vittima,
un senso di attrazione e repulsione.
3
M. Beresford, Storia dei vampiri (titolo originale: From Demons to Dracula. The Creation of the Modern Vampire
Myth), traduzione di Francesca Biancani, Bologna, Odoya, 2009, p. 121.
6
La ricerca, nell’ultimo capitolo, delinea un confronto tra le opere analizzate nei precedenti capitoli e,
nello specifico, tra le loro analogie e differenze rispetto al romanzo che ho scelto come termine di
riferimento per tutta la tesi, ovvero Dracula di Bram Stoker.
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Cap. 1 - Il vampiro nel folclore e in letteratura
1.1 Il vampiro del folclore e le sue caratteristiche
Come è ben noto, la figura del vampiro folclorico non coincide con quella del vampiro letterario.
Matthew Beresford, nell’introduzione al suo volume Storia dei vampiri, afferma che
«nell’Occidente moderno, il vampiro assume la forma di un uomo alquanto aristocratico e
seducente, con tanto di mantello e affilati canini, e in grado di trasformarsi in un pipistrello. Questa
immagine è, tuttavia, solo parziale»
1
.
Lo storico letterario Brian Frost dichiara che:
By many names, and in a host of disparate guises, the vampire has been known to men of all
nations throughout history. Indeed, so immeasurably ancient is this polymorphic phenomenon
that its origins can be traced back through all the ages of which there are records preserved, until
they become lost in the twilight of tradition and fable.
2
In realtà il mito del vampiro assume diverse forme e interpretazioni secondo il periodo storico e il
luogo cui si fa riferimento. Secondo Franco Lonati:
Superstizioni, miti e leggende sui vampiri si possono ritrovare, con variazioni più o meno
rilevanti, praticamente in ogni cultura del pianeta. Molte di queste storie risalgono a migliaia di
anni fa e sono state tramandate oralmente di generazione in generazione.
3
Numerosi documenti dell’antica civiltà assira, babilonese ed ebraica attestano la presenza di
vampiri che rappresentavano, già al tempo, una grande minaccia per la popolazione
4
.
In Polonia il vampiro era chiamato Uupir e si trattava di un morto vivente con la lingua pungente
che beveva grandi quantità di sangue. In Serbia e Montenegro era definito Vurdalak e si cibava
preferibilmente del sangue dei propri familiari; inoltre in vita era stato un uomo dalla condotta
deplorevole. Secondo Morlacchi e Macedoni il vampiro aveva nome di Vrukolak e consisteva in un
non morto che, attraverso un richiamo notturno, attirava amici e parenti per succhiare il loro
1
M. Beresford, Storia dei vampiri (titolo originale: From Demons to Dracula. The Creation of the Modern Vampire
Myth), traduzione di Francesca Biancani, Bologna, Odoya, 2009, p. 12.
2
B.J. Frost, The Monster with a Thousand Faces: Guises of the Vampire in Myth and Literature, Bowling Green, OH,
Bowling Green State University Popular Press, 1989, p. 3.
3
F. Lonati Tradizione, traduzione, tras-fusione. Dracula dal testo allo schermo, Roma, Aracne, 2007, p. 15.
4
Cfr: B.J. Frost, cit., p. 5.
8
sangue
5
. Il vampiro in Romania era conosciuto con il nome di strigoi e si trattava di un essere
soprannaturale che, oltre ad essere assetato di sangue, poteva trasformarsi in un animale o
addirittura diventare invisibile
6
.
Come si può notare, quindi, da queste denominazioni derivano figure completamente diverse tra
loro con caratteristiche alquanto differenti.
Tuttavia secondo James Craig Holte:
While vampires beliefs are varied, certain key elements of the vampire myth are consistent. The
most important are the inability to experience death, the importance of blood, and the sexual
connection between vampire and victim. In addition, vampires are usually pallid in appearance
before drinking blood, they take little or no food, they are only, or sometimes more, active at
night, and they have a foul odor.
7
A parere di Margaret Carter il vampiro presenta quattro caratteristiche specifiche
8
:
1. è un non morto o morto vivente;
2. mantiene la sua immortalità nutrendosi del sangue dei vivi;
3. miete vittime a causa della sua sete di sangue;
4. il suo morso rende le vittime vampiri a loro volta.
Il vampiro viene anche definito attraverso il termine revenant, ovvero una creatura che ritorna dalla
morte.
Paul Barber descrive questo requisito fondamentale del vampiro facendo riferimento a quattro
diverse categorie che potrebbero determinare la trasformazione di un cadavere in non morto:
innanzitutto la predisposizione, vale a dire se la persona in questione ha trascorso una vita
deplorevole avrà più possibilità di diventare un morto vivente. Inoltre la predestinazione è
considerata una motivazione fondamentale; questa sorte colpisce in particolar modo i figli
illegittimi. Dopodiché anche eventi improvvisi, come essere morsi da un vampiro nel corso della
vita, e i non eventi, ovvero fatti che non si sono verificati quando avrebbero dovuto, come la
mancata sepoltura del cadavere, potrebbero aumentare la probabilità di diventare revenant
9
.
5
Cfr: G. Pilo – S. Fusco (a cura di), Storie di vampiri, Roma, Newton Compton, 1994, p. 11.
6
Cfr: M. Beresford, cit., p. 13.
7
J.C. Holte, Dracula in the Dark: The Dracula Film Adaptations, Westport, CT, Greenwood Press, 1997, p. 12.
8
Cfr: C.A. Senf, The Vampire in 19
th
Century English Literature, Bowling Green, OH, Bowling Green State University
Popular Press, 1988, p. 13.
9
Cfr: P. Barber, Vampires, Burial and Death: Folklore and Reality, New Haven, Yale University Press, 1988, p. 29.
9
Come afferma Matthew Beresford, «Il folclore e le superstizioni del periodo medievale nel loro
complesso, […] possono essere considerati come le fondamenta del mito del vampiro moderno»
10
.
Nel folclore europeo si diffonde sempre di più l’idea che esistesse una correlazione tra epidemia di
peste e i diversi casi di vampirismo
11
.
Durante il Medioevo, «la peste […] fornì il termine di riferimento in base a cui costruire con i resti
delle credenze pagane lo stereotipo di un mezzo visibile con cui spiegare l’efficacia di un’attività
malefica»
12
.
Il fenomeno del vampirismo è stato anche connesso a numerose malattie come ad esempio
l’albinismo, la porfiria o la tubercolosi; secondo l’epoca, i malati di queste patologie presentavano
sintomi facilmente associabili a quelli di un attacco vampirico, come la perdita di peso o la
spossatezza
13
.
Anche a parere di Brian Frost, l’età medievale è da considerare essenziale per lo sviluppo della
figura del vampiro, soprattutto quando il fenomeno del vampirismo ha iniziato ad invadere la
santità della Chiesa
14
.
Mattei Cazacu, archivista paleografo e specialista della Romania e dei paesi balcanici, sostiene che
la Chiesa ortodossa, tra il XV e il XVIII secolo, avrebbe introdotto il concetto di cristianizzazione
del vampirismo attraverso l’atto della scomunica, ovvero «l’unica arma di cui disponevano il
patriarca di Costantinopoli e i vescovi greci ortodossi per ridurre i cristiani all’obbedienza o per
punirli»
15
.
La scomunica creerebbe un legame inscindibile tra l’anima e il corpo del peccatore tanto da
vietarne la separazione una volta sopraggiunta la morte. «Di conseguenza, finché l’anatema non
viene revocato, il corpo non marcisce, e l’anima, prigioniera, è condannata a vagare nella notte per
cercare perdono. È nato il vampiro»
16
.
Secondo la credenza greco-ortodossa gli eretici e gli scomunicati, in quanto non cristiani ortodossi,
erano quindi destinati a diventare vampiri poiché non avrebbero ricevuto la benedizione del corpo
alla loro morte; a questa dottrina si opponeva fermamente il dogma della Chiesa cattolica romana
10
M. Beresford, cit., p. 48.
11
Cfr: M. Barzaghi, Il mito del vampiro: da demone della Morte Nera a spettro della modernità, Soveria Mannelli,
Rubbettino, 2010, p. 27.
12
Ivi, p. 36.
13
Cfr: E. Cardarelli, La figura del vampiro: da Polidori ad Anne Rice, Roma, Terre Sommerse, 2013, p. 19.
14
Cfr: B.J. Frost, cit., p. 7.
15
M. Cazacu, Dracula: la vera storia di Vlad III l’Impalatore (titolo originale: Dracula), traduzione di Marianna
Basile, Milano, Mondadori, 2006, p. 283.
16
Ivi, p. 284.