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Louis Pasteur
Egli, infatti, mentre esaminava attraverso il microscopio un sale dell'acido
tartarico, osservò che esso formava due tipi di cristallo, ciascuno dei quali era
l'immagine speculare dell'altro. Egli li separò, li sciolse entrambi in acqua e osservò le
due soluzioni illuminandole con un fascio di luce polarizzata. Con sua grande sorpresa,
una soluzione faceva ruotare il piano della luce polarizzata in senso orario, l'altra in
senso antiorario. In questo modo, Pasteur scoprì che le molecole avevano proprietà
chirali e giunse, all'età di 25 anni, a formulare una teoria sulla struttura molecolare della
materia. Pasteur intuì che la proprietà dei cristalli di far ruotare la luce in modo diverso
era dovuta al fatto che le molecole costituenti le due forme distinte dei cristalli dello
stesso sale erano di due tipi: destrorse e sinistrorse, ovvero l'una l'immagine speculare
dell'altra. Ancora oggi i chimici definiscono enantiomeri levogiri e destrogiri ("D" e
"L") gli isomeri che sono immagini speculari l'uno dell'altro.
In seguito, nel 1857, Pasteur fece un'altra importante scoperta in questo campo: un
giorno, mentre stava studiando una capsula contenente una soluzione otticamente
inattiva, che cioè non faceva ruotare il piano della luce polarizzata, notò che questa era
stata contaminata dalla formazione di muffe. Invece di eliminare la soluzione
contaminata e ormai inservibile, Pasteur la riesaminò, dopo qualche tempo, attraverso
un fascio di luce polarizzata e osservò che essa aveva acquisito proprietà ottiche.
Sulla base della sua teoria della chiralità molecolare, Pasteur concluse che la
soluzione originaria era otticamente inattiva in quanto doveva contenere un ugual
numero di molecole destrorse e sinistrorse. Pensò quindi che le muffe avevano reagito
chimicamente con un solo tipo di molecole, lasciando in soluzione un numero più alto
di molecole dell'altro tipo: era stato questo squilibrio a rendere la soluzione otticamente
attiva.
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Questa esperienza fece comprendere a Pasteur che la chimica degli organismi
viventi è chirale. Egli arrivò a vedere nella chiralità una delle più chiare differenze tra la
materia vivente e quella inanimata, una differenza insita profondamente nella natura che
va - come giunse a proclamare - ben al di là della chimica della vita. “La vita quale ci si
manifesta - scrisse Pasteur - è funzione dell'asimmetria dell'universo e delle
conseguenze di questo fatto”. Successivamente, davanti all'Accademia francese delle
scienze, comunicò la grande teoria: “L'univers est dissymètrique”.
A 150 anni da queste osservazioni il concetto di chiralità è diventato fondamentale
in biologia in quanto tutte le macromolecole sono costituite da componenti chirali e da
ciò dipende la loro stessa attività biologica. Per esempio le proteine di tutti gli organismi
fino ad ora studiati sono formate esclusivamente da aminoacidi con configurazione "L".
Solo raramente alcuni organismi primitivi sono in grado di utilizzare "D" aminoacidi
per formare molecole specializzate quali gli antibiotici.
Analogamente alle proteine, l'acido desossiribonucleico (DNA) e l'acido
ribonucleico (RNA) sono polimeri che esistono in natura con un'unica chiralità. Ognuno
di essi è composto di quattro tipi di subunità, ciascuna delle quali incorpora un gruppo
chirale glucidico. Negli acidi nucleici è presente solo l'enantiomero destrogiro del
glucide: DNA e RNA formano, normalmente, eliche destrorse per la presenza esclusiva
di glucidi con conformazione "D". La corretta replicazione degli acidi nucleici dipende
dall'attività delle molecole proteiche costituite da "L" aminoacidi; questo dimostra come
le chiralità relative delle proteine e degli acidi nucleici siano intimamente correlate.
Ancora non si è riusciti a dare una risposta definitiva alla questione riguardante
l'evoluzione della chiralità. Domande come: “Perché gli "L" aminoacidi?”; “La scelta
tra "D" e "L" enantiomeri è stata casuale o può offrire indizi riguardo la biochimica
della vita allo stadio prebiotico?”; “L'asimmetria biomolecolare si è sviluppata prima o
dopo la comparsa della "prima cellula"?” restano quesiti insoluti e, forse, insolubili. Del
resto non sembrano esserci ragioni né dal punto di vista fisico, né dal punto di vista
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chimico, per cui "L-organismi" (con "L" aminoacidi e "D" nucleotidi) debbano essere
più efficienti dei "D" organismi (con "D" aminoacidi e "L" nucleotidi) loro immagini
speculari, o per cui "L" e "D" organismi non possano coesistere dal momento che gli
enantiomeri hanno le stese proprietà fisico-chimiche.
D'altro canto è stato provato che proteine aventi attività enzimatica, se sintetizzate
con "D" e "L" aminoacidi, perdono la loro attività catalitica a causa dell'alterato
avvolgimento della catena polipeptidica che distorce la configurazione del sito attivo.
Infatti la capacità catalitica degli enzimi dipende dalla loro struttura tridimensionale che,
in ultima analisi, è dovuta alla loro sequenza di "L" aminoacidi.
Sono inoltre state sintetizzate chimicamente proteine costituite totalmente da "D"
aminoacidi che hanno dimostrato di essere perfettamente funzionanti sia dal punto di
vista strutturale sia da quello catalitico. Un esempio in tal senso è rappresentato dalla
proteasi acida del virus dell'immunodeficienza umana (HIV) (Milton et al., 1992): la
"D" proteasi dell'HIV è esattamente l'immagine speculare della "L" proteasi e dimostra
una specificità chirale, sia per i substrati sia per gli inibitori, opposta rispetto alla
specificità dell'enzima naturale.
Un altro esempio è la "D" rubredossina, una piccola proteina "ferro-zolfo"
coinvolta nel trasporto di elettroni nei batteri (Zawadzke and Berg, 1992). La "D"
proteina sintetica lega gli ioni metallici (che sono achirali) con la stessa affinità della
proteina naturale, ma non è riconosciuta come substrato dall'enzima idrolitico digestivo
chimotripsina, che riconosce, invece, solo "L" peptidi.
Inoltre, enzimi con chiralità invertita cioè "D" enzimi, se agiscono su substrati
achirali, possono essere utilizzati come farmaci: infatti essendo resistenti all'attacco di
molte proteasi, possono avere una vita media molto lunga nell'organismo e potrebbero
anche rivelarsi meno immunogenici.
Recenti studi hanno infatti dimostrato che la gramicidina A, un antibiotico che
forma canali ionici, sintetizzata con chiralità opposta alla naturale, è in grado di inserirsi
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nel doppio strato lipidico della membrana cellulare (Koeppe et al., 1992) e funziona
perfettamente. Risultati analoghi sono stati ottenuti anche con altri agenti antivirali quali
la cecropina A, la mellitina, le defensine: tutti i "D" peptidi si sono rivelati attivi.
Questi studi inoltre hanno avuto un impatto filosofico giustificando la
speculazione riguardo universi paralleli: se la scelta tra "D" e "L" è stata casuale, la
scelta opposta potrebbe essere avvenuta su altri pianeti e le loro molecole potrebbero
essere incompatibili con le nostre.
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ECCEZIONI ALLA STEREOSPECIFICITA' DEGLI ENZIMI
Appare, dunque, evidente che gli enzimi sono specifici dal punto di vista sterico
quando agiscono su substrati contenenti un centro chirale. La stereospecificità
enzimatica quindi è considerata come una legge assoluta e inviolata delle reazioni
enzimatiche. Dunque, come regola generale gli enzimi agiscono solo su uno degli
enantiomeri di un substrato chirale e solo una delle forme enantiomeriche di molecole
chirali può legarsi efficientemente al sito catalitico, svolgendo la sua attività biologica.
Sorprendentemente sono però state scoperte, di recente, alcune eccezioni a questa
regola universale. In particolare il gruppo di ricerca Spadari e Focher ha osservato che
alcuni degli enzimi coinvolti nella sintesi dei nucleotidi e del DNA mancano di
stereospecificità essendo in grado di utilizzare substrati tanto nella forma "D" quanto
nella forma "L" (Focher et al., 1995; Spadari et al., 1995; Spadari et al., 1992). Pertanto,
in questi casi, entrambi gli enantiomeri possono essere biologicamente attivi (Spadari et
al., 1995). Tali enzimi sono: la timidina chinasi dei virus erpetici (Maga et al., 1994;
Maga et al., 1993; Spadari et al., 1995; Spadari et al., 1992), le DNA polimerasi
cellulari, la DNA polimerasi del virus Herpes simplex di tipo 1 (HSV 1), la DNA
polimerasi I di E. coli, la terminal transferasi e la trascrittasi inversa dell'HIV (Focher et
al., 1995; Spadari et al., 1995).
La scoperta che alcuni enzimi essenziali per la replicazione virale e cellulare non
fossero stereospecifici, ha suscitato l'interesse farmacologico: si sarebbero potute,
infatti, ideare e sintetizzare molecole con configurazione "L" in grado di agire da
inibitori specifici o da substrati per tali enzimi, esplicando un'azione antivirale o
antineoplastica.
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Enzimi non stereospecifici o a bassa stereospecificità
a) La timidina chinasi dei virus erpetici e gli "L" nucleosidi
Gli Herpes virus costituiscono una famiglia molto ampia, sono molto diffusi in
natura e, del centinaio di specie caratterizzate, almeno sei infettano l'uomo: tra queste i
virus Herpes simplex di tipo 1 e 2 causano un'infezione primaria caratterizzata dalla lisi
dei tessuti colpiti dovuta alla replicazione virale che causa la comparsa delle
caratteristiche lesioni erpetiche nei tessuti mucocutanei periferici. Dopo l'infezione
primaria, il virus stabilisce un'infezione latente nei gangli neuronali distanti dalla sede
della lesione primaria, migrando lungo gli assoni dei nervi sensitivi. Il virus, dallo stato
di latenza, può periodicamente riattivarsi, migrare in direzione centrifuga e raggiungere
di nuovo le superfici muco-cutanee dove può indurre infezioni ricorrenti (recidiva
erpetica).
Uno degli enzimi erpetici maggiormente studiato dal punto di vista biochimico e
farmacologico è la timidina chinasi (TK), l'enzima che catalizza la fosforilazione della
timidina a timidina 5' monofosfato, importante precursore della sintesi del DNA.
Le TK indotte dai virus Herpes simpex 1 e 2 differiscono sensibilmente dalla TK
presente nella cellula ospite sia per le caratteristiche fisico chimiche (peso molecolare,
mobilità elettroforetica, ecc.) sia per la scarsa specificità nel riconoscimento del
donatore di fosfato e, soprattutto, del substrato da fosforilare (Cheng and Prusoff, 1986;
De Clercq and Walker, 1988).
Tali enzimi erpetici si sono, infatti, dimostrati in grado di fosforilare numerosi
analoghi nucleosidici come la iododeossiuridina (IdU) (Prusoff, 1959), la (bromovinil)-
deossiuridina (BVdU) (De Clercq et al., 1979) e la 9-(2-idrossietossimetil)-guanina
(acyclovir) (Elion et al., 1977), ovvero analoghi modificati sia nella base che nello
zucchero che agiscono come "inibitori substrato" della timidina chinasi virale.
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Nelle cellule infette, dunque, numerosi analoghi nucleosidici vengono attivati a
monofosfato, dalla TK virale, e successivamente a nucleotidi trifosfato, per opera di
chinasi cellulari poco specifiche. In forma di trifosfato sono poi in grado o di
comportarsi da inibitori delle DNA polimerasi virali (De Clercq et al., 1986) o di essere
incorporati nel DNA virale distruggendone la funzionalità. Nella cellula sana invece,
dove l'attivazione a monofosfato degli analoghi della timidina non avviene, grazie
all'assenza della TK virale e alla maggiore selettività della TK cellulare, non si assiste
alla loro successiva trasformazione in trifosfati e quindi non si ha di solito una elevata
citotossicità.
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Sulla base delle caratteristiche biochimiche delle TK erpetiche e in particolare
della loro scarsa specificità nel riconoscimento del substrato è stato ipotizzato, dal
gruppo Spadari Focher, che potessero essere enzimi non stereospecifici. E' stato quindi
da loro dimostrato che, in effetti, le TK erpetiche non mostrano stereospecificità per i D-
e gli L-β -nucleosidi (Maga et al., 1993; Spadari et al., 1995; Spadari et al., 1992).
In vitro, la L-β -timidina (L-dThy), non viene assolutamente riconosciuta dalla TK
umana mentre, non solo inibisce le TK erpetiche, ma funziona come substrato specifico
per gli enzimi virali. Questi enzimi convertono, infatti, entrambi gli enantiomeri della
timidina nei loro corrispondenti monofosfati con identica efficienza. In vitro, quando si
somministra l'enantiomero "L" della timidina a cellule HeLa timidina chinasi deficienti
trasformate con il gene per timidina chinasi dell'HSV1 (HeLa TK¯/ HSV1 TK
+
), esso
riduce l'incorporazione della [
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H]-dThy nel DNA cellulare in quanto sia compete per la
fosforilazione da parte della TK virale sia diluisce il pool del dTTP radioattivo, una
volta reso trifosfato. Nelle cellule HeLa di ceppo selvatico in cui la TK cellulare è
estremamente stereospecifica l'L-dThy non ha, invece, alcun effetto inibitorio. L-dTTP,
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inoltre, pur essendo incorporato nel DNA delle cellule trasformate con il gene della TK
erpetica, non interferisce né con la sintesi di RNA e proteine né con la crescita e la
vitalità di queste cellule, mentre riduce drasticamente la moltiplicazione virale nelle
cellule infettate dal virus (Spadari et al., 1992).
Queste osservazioni avrebbero potuto portare allo sviluppo di una nuova classe di
farmaci antivirali caratterizzati da una bassa citotossicità. Pertanto il gruppo di ricerca
Spadari e Focher ha sintetizzato gli "L" enantiomeri di quegli analoghi nucleosidici
della timidina, che mostrano sì una potente attività antivirale, ma sono molto citotossici
come la 5'-deossi-D-uridina (D-IdU) e la 5-(2-bromovinil) 2'-deossi-D-uridina (D-
BVdU), che hanno incontrato numerosi ostacoli alla loro introduzione nella pratica
clinica. Infatti l'uso terapeutico di D-IdU e D-BVdU è purtroppo molto limitato da vari
fattori: il D-IdU viene fosforilato anche dalla TK umana e quindi è piuttosto citotossico
(Prusoff, 1988); inoltre entrambi i composti mostrano buona affinità per la TK
mitocondriale (Eriksson et al., 1991); sono rapidamente degradati dalla timidina
fosforilasi a iodouracile e bromoviniluracile il che ne limita la permanenza in circolo
(Desgranges et al., 1983); i relativi monofosfati inibiscono la timidilato sintasi cellulare,
l'enzima che trsforma il dUMP in dTMP (Balzarini and De Clercq, 1989).
Pertanto al fine di trovare composti dotati di attività antivirale, ma meno
citotossici e meno suscettibili di degradazione in vivo, sono stati sintetizzati i loro
enantiomeri "L". I risultati hanno dimostrato che l'L-IdU e l'L-BVdU inibiscono la
fosforilazione della D-dThy da parte della TK di HSV1 e sono resi monofosfato
dall'enzima virale con una efficienza paragonabile a quella mostrata per i "D"
enantiomeri, ma in vivo sono circa 1000 volte meno citotossici dei loro corrispondenti
enantiomeri su cellule HeLa timidina chinasi deficienti trasformate con il gene per
timidina chinasi dell'HSV1 (HeLa TK¯/ HSV1 TK
+
) (Spadari et al., 1995).
Le ragioni della minor citotossicità dell'L-BVdU e L-IdU sono state identificate
nella mancanza di affinità dell'L-IdU per la TK citosolica, nel fatto che l'L-IdUMP e
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l'BVdUMP non inibiscono la timidilato sintasi e che l'L-BVdU ha un'affinità 20 volte
minore, rispetto al D-BVdU, per la TK mitocondriale (Spadari et al., 1995). Inoltre, è
stato dimostrato che la configurazione invertita dello zucchero abolisce completamente
il legame di questi analoghi nucleosidici alla timidina fosforilasi che appare incapace di
rilasciare le corrispondenti basi da L-BVdU, L-IdU e L-dThy (Spadari et al., 1995),
mentre, D-BVdU e D-IdU sono substrati anche migliori della D-dThy per questo
enzima (Desgranges et al., 1983).
Appare dunque chiaro che l'inversione di configurazione aumenta la selettività
degli agenti antierpetici IdU e BVdU, riducendone di conseguenza la loro potenzialità
antivirale rispetto ai corrispondenti enantiomeri "D". Ciò nonostante, il composto L-
BVdU ha comunque un'attività paragonabile a quella dell'acyclovir nel ridurre la
proliferazione virale. Per questo motivo tale composto va preso in considerazione come
possibile farmaco utile per il trattamento di infezioni da HSV1 acyclovir-resistenti.
b) Le DNA polimerasi e gli "L" nucleotidi
Le DNA polimerasi sono gli enzimi responsabili della polimerizzazione dei
deossiribonucleotidi 5'-monofosfato durante la sintesi del DNA: esse catalizzano la
formazione del legame fosfodiesterico tra il 3'OH della catena in crescita e il fosfato al
5' del deossinucleotide trifosfato da inserire, con eliminazione di una molecola di
pirofosfato. Le cellule eucariotiche codificano cinque diverse DNA polimerasi che
vengono classificate con le lettere dell'alfabeto greco α, β, γ, δ, ε (Burgers et al., 1990;
Kornberg and Baker, 1991).
La polimerasi α è responsabile della replicazione del DNA nucleare. Dopo l'inizio
della replicazione del DNA all'origine di replicazione, il complesso DNA polimerasi α -
primasi inizia la sintesi del filamento guida "leading strand" e la sintesi dei frammenti di
Okazaki sul filamento tardivo "lagging strand" (Ottiger and Hübscher, 1984).
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La polimerasi β è coinvolta nella sintesi riparativa del DNA e anch'essa ha
collocazione nucleare (Hübscher et al., 1979; Waser et al., 1979).
La polimerasi γ è l'enzima replicativo responsabile della duplicazione del DNA
mitocondriale (Hübscher et al., 1977; Hübscher et al., 1979).
Anche la polimerasi δ è coinvolta nella replicazione del DNA nucleare
catalizzando la polimerizzazione del filamento guida alla forca di replicazione.
Inizialmente questa polimerasi fu distinta dalla polimerasi α poiché, a differenza di
quest'ultima, essa ha associata un'attività esonucleasica . Questo enzima, inoltre, non è
in grado di replicare autonomamente uno stampo di DNA, quale per esempio poly dA-
oligo dT: per svolgere tale sintesi processiva necessita di una proteina ausiliaria
chiamata "antigene nucleare di proliferazione cellulare" (PCNA) (Hübscher and
Spadari, 1994; Tan et al., 1986).
Successivamente, da timo di vitello (Focher et al., 1989; Focher et al., 1988),
cellule HeLa (Chui and Linn, 1995; Syvajoa and Linn, 1989) e lievito (Araki et al.,
1992), è stata isolata un'altra DNA polimerasi associata ad un'attività esonucleasica ma
capace di polimerizzazione indipendentemente dal PCNA . Questo enzima è stato
chiamato polimerasi ε (Burgers et al., 1990): esso sembra coinvolto in vari processi
quali la riparazione del DNA nucleare, la polimerizzazione del filamento tardivo e
anche la ricombinazione (Hübscher and Spadari, 1994; Lee et al., 1991).
L'enzima terminal transferasi è anch'esso in grado di sintetizzare un filamento di
DNA, ma, a differenza delle DNA polimerasi che necessitano sia di uno stampo che di
un innesco, tale enzima ha bisogno solo di un innesco in quanto inserisce a caso
nucleotidi trifosfati ad un'estremità 3'OH terminale (Kornberg and Baker, 1991).
Infine, la trascrittasi inversa è un enzima in grado di polimerizzare un filamento di
DNA da uno stampo di RNA a singola elica. Tale enzima svolge una funzione
fondamentale nei retrovirus o virus a RNA come quello dell'HIV o quello dell'epatite B
(HBV) i cui genomi sono costituiti da un singolo filamento di RNA che viene poi
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convertito in DNA a doppia elica nel citoplasma della cellula infettata prima di essere
trasportato nel nucleo dove si integra nel DNA ospite (Kornberg and Baker, 1991).
Questi enzimi sono stati molto studiati poiché la replicazione dipende
direttamente da essi e quindi inibendo tali enzimi si può influire sulla vitalità cellulare.
Alcuni dei principali composti in grado di interferire con l'attività di tali enzimi sono
analoghi nucleosidici derivati dai substrati naturali modificati chimicamente nella base o
nello zucchero che possono funzionare come substrati alternativi delle polimerasi e/o
influire sulla velocità di sintesi del DNA, una volta resi trifosfato.
Di recente il gruppo Spadari Focher ha dimostrato che alcuni di questi enzimi
hanno una bassa stereospecificità, essendo in grado di riconoscere e utilizzare
deossinucleotidi trifosfati con configurazione "L" come substrati (Focher et al., 1995;
Spadari et al., 1995). In particolare è stato osservato che la DNA polimerasi α , la
terminal-transferasi, la polimerasi I di Escherichia coli e la trascrittasi inversa dell'HIV
incorporano almeno un residuo di "L" timidina trifosfato (L-dTTP). Addirittura la
polimerasi α e la trascrittasi inversa sono in grado di allungare la catena di DNA
catalizzando la formazione di un legame fosfodiesterico tra un L-dTMP incorporato e
un residuo di "L" timidina trifosfato (L-dTTP).
Al contrario le DNA polimerasi δ, γ , e ε sono incapaci di utilizzare L-dTTP come
substrato, pur essendo comunque inibite sia da tale composto sia da altri analoghi degli
"L" nucleotidi trifosfati (Chang et al., 1992; Maga et al., 1992; Semizarov et al., 1994;
Van Draanen et al., 1992; Yamaguchi et al., 1994), mentre la polimerasi β non è
sensibile all'L-dTTP essendo resistente fino a più di 1mM. Per quanto riguarda la DNA
polimerasi di HSV1 non è stato, invece, possibile verificare se l'L-TTP è utilizzato come
substrato poiché tale enzima è associato ad una potente attività esonucleasica che
degrada il filamento stampo di DNA (Focher et al., 1995).
La mancanza di stereospecifictà in questi enzimi è molto importante poiché, in
questo modo, anche la mancanza di stereospecificità delle TK erpetiche acquista un
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significato che va oltre la semplice caratteristica biochimica. Infatti se la L-dThy e i suoi
analoghi, una volta resi trifosfato, non fossero riconosciuti dagli enzimi preposti alla
sintesi del DNA non potrebbero svolgere alcuna attività inibitoria e, di conseguenza,
non sarebbero in grado di controllare né la proliferazione cellulare né quella virale.