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1. Introduzione
Il presente lavoro di tesi è incentrato sulla valutazione del modulo di Young di alcuni
materiali compositi utilizzati per il restauro dentale. L’analisi è stata eseguita mediante una
tecnica innovativa di microscopia a forza atomica (AFM) brevettata dall’Asylum Research:
l’AMFM. Lo studio è stato sviluppato grazie alla collaborazione del dipartimento DIME
dell’Università di Genova con l’Istituto Italiano di Tecnologia. Questa collaborazione ha
permesso di effettuare un‘analisi con strumenti all’avanguardia e con l’ausilio di personale
esperto.
In particolare si sono utilizzati un microscopio AFM per l’analisi meccanica ed un
microscopio elettronico a scansione (SEM) per l’analisi strutturale e spettroscopica a
dispersione di energia (EDS), presenti presso il dipartimento di Nanofisica dell’istituto.
Il restauro dentale, oltre a presentare un’estetica che mantenga le caratteristiche
morfologiche e le colorazioni naturali dell’organo, ha il compito di proteggere il dente
ripristinandone l’integrità strutturale e rendendolo il più possibile resistente agli attacchi
degli agenti esterni (sforzi, usura, cariche batteriche ecc). A questo scopo il restauro deve
possedere proprietà meccaniche adatte; in particolare, la più importante di queste proprietà,
correlata sia alla rigidezza sia alla resistenza alla rottura, è il modulo di Young. I materiali
che verranno presi in esame sono compositi dentali commerciali, forniti da dentisti che ne
hanno richiesto l’analisi, e che si collocano nel settore odontoiatrico tra i più recenti materiali
attualmente in uso, sviluppati da parte di alcuni tra i più importanti produttori a livello
mondiale. In particolare, i compositi analizzati contengono rinforzi di composizioni e
dimensioni molto varie e quindi definiti ibridi.
Dato che questi compositi contengono riempitivi di scala micrometrica e sub-micrometrica,
si è ritenuto di eseguire l’analisi del modulo di Young mediante una tecnica di microscopia.
Questa permette di analizzare i parametri di interesse con elevata risoluzione spaziale ed è
in grado di risolvere, con tecnica non distruttiva, dettagli della superficie di matrice e
riempitivi valutandone le eventuali differenze di modulo di Young.
L’AFM è un microscopio molto versatile, in grado di analizzare provini con proprietà
generiche (ad esempio non necessariamente elettricamente conduttivi), in qualsiasi mezzo
ambientale (aria, vuoto, liquido), ed in pratica senza particolari preparazioni. Fino ad oggi
l’AFM è stato utilizzato sui materiali dentali prevalentemente per sole misure di morfologia
superficiale, nella maggior parte dei casi per caratterizzare la rugosità. Questa proprietà è
considerata particolarmente importante in ambito dentale, perché determina le caratteristiche
estetiche e soprattutto l’adesione dei batteri planctonici presenti nel cavo orale. Raramente
però l’AFM è stato utilizzato in ambito dentale per misure meccaniche. Uno dei motivi è la
lentezza intrinseca della tecnica AFM standard, e la sua natura sostanzialmente qualitativa.
Infatti estrarre valori di modulo di Young risulta molto complicato, perché i dati grezzi della
misura devono essere normalmente elaborati in un modello che presenta molti parametri,
quali la forma e la dimensione della punta, la costante elastica del cantilever, la
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corrispondenza della situazione reale al modello semplificato di sola interazione elastica,
l’accuratezza nella determinazione del punto di contatto, ed altri ancora.
Come vedremo, l’innovativa modalità AMFM consente di ottenere in tempi ragionevoli
immagini di modulo di Young con la normale risoluzione AFM, e col ricorso a una sola
procedura di calibrazione preliminare, effettuata utilizzando un materiale con modulo di
Young noto. Inoltre tale strumentazione è in grado di valutare anche la componente viscosa
dell’interazione punta-campione, diversamente da altre tecniche AFM standard. Questa
tecnica quindi semplifica le misure, le arricchisce, e consente di risolvere meglio, ove
possibile, i riempitivi dei compositi rispetto alla matrice. Pertanto, nel caso specifico dei
compositi dentali per il restauro, essa si presta in maniera ottimale allo studio della tematica
principale della scienza dei materiali, ovvero la correlazione tra struttura e proprietà, che può
anche aprire la strada ad un processo di ingegneria inversa, volto in futuro a migliorare gli
stessi materiali studiati.
Per effettuare uno studio più completo e correlare l’eventuale differenza di modulo di Young
locale nelle varie zone dei provini, si è inoltre ritenuto opportuno mappare anche la
composizione dei provini con risoluzione comparabile a quella dell’AFM, e verificarne
l’omogeneità mediante analisi spettroscopica EDS.
Per fare il confronto del modulo di Young e della morfologia dei compositi sintetici e di un
composito naturale sul quale viene eseguito il restauro, lo studio è proseguito caratterizzando
il materiale costituente un dente estratto pochi mesi prima della misura.
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2. Tecnica di misura del modulo elastico
Per effettuare le misure di modulo elastico dei materiali di interesse nella presente tesi, ci si
è avvalsi di una particolare tecnica basata sull’utilizzo del microscopio a forza atomica.
2.1. Il microscopio a forza atomica
Il microscopio a forza atomica (in Inglese atomic force microscope, AFM [1]) è uno
strumento a scansione di sonda utilizzato per l’analisi delle microstrutture presenti sulla
superficie di un campione. La principale informazione ricavata consiste nella morfologia
superficiale, ovvero nella misura dell’altezza relativa delle suddette microstrutture. In
aggiunta alla morfologia possono essere rilevate altre proprietà locali della superficie, che
dipendono dalla forza con cui la sonda interagisce col campione. In effetti l’AFM è
sostanzialmente un sensore di forza d’interazione tra la sonda e il campione. È quindi uno
strumento aspecifico o non selettivo, nel senso che, a parità di forza, non può distinguerne
l’origine, e per una comprensione profonda del segnale richiede assunzioni sulla natura
dell’interazione e sulle proprietà di sonda e campione. Tuttavia questo lo rende anche
estremamente versatile, in quanto ogni effetto fisico-chimico che dà origine ad una forza può
essere in principio misurato, come un campo elettrico o magnetico, forze di adesione o
idrofobiche, ecc. È grazie a questa proprietà che l’AFM può analizzare campioni senza
preparazione particolare e in qualsiasi mezzo ambientale, sia esso aria, altra atmosfera
gassosa, o liquido.
L’interazione di forza tra due corpi assunti come puntiformi può essere generalmente
espressa mediante un’energia potenziale del tipo di Lennard-Jones [2]:
( )= 0
[(
0
)
12
− 2 (
0
)
6
] (2.1)
dove z rappresenta la distanza tra i centri dei due corpi. Questi ultimi possono essere atomi
di una molecola biatomica (vedi inserto in Fig.2.1), ma anche, nel caso dello strumento
AFM, l’estremità della punta della sonda e la superficie del campione su cui la suddetta
punta si affaccia. La forma del potenziale in eq.(2.1) rende conto del fatto che l’interazione
è nulla a distanza infinita, estremamente forte a distanza pressoché nulla, e presenta una
distanza di equilibrio z0. L’energia potenziale minima di equilibrio è dovuta al fatto che per
z=z0 il primo termine in eq.(2.1), repulsivo (segno più) e variabile come 1/z
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, eguaglia il
secondo termine, attrattivo (segno meno) e variabile come 1/z
6
. Il primo descrive la
repulsione a corto raggio dovuta al principio di esclusione di Pauli e alla repulsione nucleare,
e il secondo descrive le forze attrattive di Van der Waals, causate dalla polarizzazione
dipolo-dipolo. Una rappresentazione grafica dell’eq.(2.1) compare in Fig.2.1.
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Figura 2.1 – Andamento qualitativo dell’energia potenziale di Lennard-Jones.
In realtà la sonda AFM consiste di due parti: una punta terminale rigida, che interagisce con
la superficie del campione trasmettendo una forza F, ed una leva elastica (cantilever) che
trasforma la forza sulla punta in una deflessione D, (Fig.2.2). La deflessione D corrisponde
ad uno spostamento della punta in alto lungo la normale alla superficie del campione, Δz,
che, con opportuna scelta della posizione zero di riferimento, può essere eguagliato alla
posizione z. Alla base del cantilever la sonda è attaccata ad un blocchetto (chip) rigido come
la punta, normalmente di silicio, che viene utilizzato per montare la sonda sulla testa AFM,
normalmente tramite un pezzo intermedio chiamato naso. La sonda AFM è un oggetto di
consumo che si deteriora con l’utilizzo, in quanto la punta si può rompere all’estremità o si
può sporcare ricoprendosi di varie contaminazioni. La lunghezza l del cantilever
normalmente è dell’ordine di 100÷200 µm, mentre la lunghezza h della punta è circa
10÷15 µm; la forma è piramidale normalmente a base trapezoidale, con angoli di
semiapertura α di circa 20°, e la porzione terminale (apice) della punta presenta un raggio di
curvatura r di circa 10 nm. La distanza tra punta e campione durante le misure varia
nell’intervallo 0.1÷100 nm, e come detto si possono sfruttare diversi tipi di interazione.
Figura 2.2 – Disegno schematico di una sonda per AFM.
z 0
D=Δz
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Le sonde sono prodotte mediante fotolitografia ed attacco chimico del materiale di
partenza, da un intero wafer su cui vengono fabbricati fino a circa 500 chip con uno o più
cantilever ciascuno. Grazie alle dimensioni nanometriche dell’apice della punta l’AFM può
raggiungere risoluzioni laterali molto elevate, dell’ordine dei reticoli atomici, ed ottenere
immagini con risoluzione circa 1000 volte più elevata rispetto alle tecniche ottiche
tradizionali. La forza F con cui il cantilever reagisce alle forze esterne può essere stimata
tramite la legge di Hooke [3]:
= − (2.2)
dove k è la costante elastica del cantilever e z lo spostamento della punta dovuto alla
deflessione del cantilever per effetto dell’interazione con il campione. Il valore di k varia
normalmente nell’intervallo 0.01÷10 N/m, a seconda del materiale e della geometria del
cantilever. Per un cantilever a sezione rettangolare di larghezza w, spessore t e lunghezza l:
=
4
3
3
(2.3)
dove E è il modulo elastico del materiale [4].
Figura 2.3 – a) Leva rettangolare con definizione dei parametri geometrici, b) immagine al
microscopio elettronico a scansione (SEM) della punta.
Un altro parametro importante del cantilever è la sua frequenza di risonanza. Il primo modo
vibrazionale di risonanza del cantilever si trova applicando la seconda legge della dinamica
F=ma alla forza elastica in eq.(2.2):
̈ = − (2.4)
h
a)
b)
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In pratica il cantilever è equivalente a una molla, ed il problema dinamico da risolvere è
quello del moto armonico semplice (MAS) [5]. La soluzione di questo problema per la
frequenza di risonanza fondamentale fornisce:
1,0
= √
(2.5)
dove m è una massa puntiforme equivalente, posta all’estremità libera del cantilever,
approssimata come [6]:
= + 0,24 (2.6)
con mp massa della punta e mc massa del cantilever, e gli indici 1 e 0 della pulsazione di
risonanza indicano rispettivamente che si tratta del primo modo (pulsazione
fondamentale), nella forma di oscillatore armonico imperturbato.
Il cantilever AFM viene mosso dall’interazione punta-campione. Lo spostamento del
cantilever viene trasdotto in un segnale elettrico mediante il metodo detto della leva ottica.
Nella testa dell’AFM si trovano un diodo laser, che viene focalizzato sul dorso del cantilever
in prossimità della sua estremità libera, ed un fotodiodo sul quale viene indirizzato il fascio
laser riflesso dal cantilever. Poiché il fotodiodo è a quattro quadranti, è possibile rivelare
due tipi di spostamenti: la deflessione del cantilever lungo la verticale, e la sua torsione
dovuta alla componente laterale delle interazioni punta-campione.
Figura 2.4 – Schema semplificato di apparato in un AFM.
con-
troller