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INTRODUZIONE
Lo studio che mi accingo a presentare ha lo scopo di analizzare le osservazioni condotte
in due lezioni di italiano lingua seconda e in due lezioni di tedesco lingua seconda, che
hanno avuto luogo in due valli dell’Alto Adige o Sudtirolo. Le lezioni di lingua italiana
L2 sono state osservate in due classi, la II e la IV, della scuola professionale per
scalpellini e scultori di Lasa (val Venosta). Invece le osservazioni delle due lezioni di
lingua tedesca L2 si sono tenute presso la classe IV elementare di Dobbiaco (val
Pusteria). L’osservazione ha come focus principale l’input orale e scritto, fornito dalle
insegnanti che hanno tenuto le suddette lezioni.
Avendo affrontato un’esperienza lavorativa nel territorio altoatesino, l’idea di
condurre questa indagine mi è sorta dopo aver letto i risultati di un’indagine condotta
nel 2012 sugli studenti altoatesini e sulla seconda lingua. Questa ricerca chiamata
Kolipsi è stata realizzata dall’Istituto di Comunicazione Specialistica e Plurilinguismo
dell’Eurac in collaborazione con il Dipartimento di Scienze della Cognizione e della
Formazione dell’Università di Trento. I risultati, che saranno presentati nel primo
capitolo, attestano una sostanziale differenza nel gruppo italofono che risulta meno
preparato nel parlare tedesco come seconda lingua, rispetto al gruppo tedescofono che
sembra essere più competente nell’italiano L2. Anche se neanche la metà di
quest’ultimo gruppo riuscirebbe ad affrontare l’esame del bilinguismo.
L’Alto Adige è una regione dove gli italiani e i tedeschi (altoatesini) hanno
condiviso vicissitudini storiche non sempre concilianti, le quali ancora tutt’oggi possono
essere una ragione per non motivare gli studenti a studiare la seconda lingua.
Date queste premesse, nel primo capitolo propedeuticamente ai risultati Kolipsi
sarà ricostruito il quadro storico del Sudtirolo. La mia indagine intende ricercare le
cause della carenza linguistica, registrata dal Kolipsi, del gruppo italofono e di quello
tedescofono prendendo in esame il tipo di input fornito dalle insegnanti ad un
circoscritto numero di studenti. L’osservazione in classe è stata focalizzata
sull’analizzare i metodi e le tecniche glottodidattiche adottate dalle insegnanti, per poi
dedurne l’approccio di riferimento. A tal proposito nel secondo capitolo sarà
approfondito il campo di studi glottodidattici, che permetterà di acquisire gli strumenti
utili per analizzare la metodologia delle insegnanti in questione. Dopo aver introdotto
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nel terzo capitolo i soggetti dello studio e le dinamiche osservative, nel quarto capitolo
verranno descritte lezione per lezione tutte le osservazioni fatte nelle scuole sopracitate.
Gli approcci, i metodi e le tecniche che contraddistingueranno l’insegnante del tedesco e
dell’italiano L2 saranno confrontante in maniera ragionata nel quinto capitolo.
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CAPITOLO I
Il Trentino Alto-Adige: dalla contestualizzazione linguistica e
socioculturale allo studio Kolipsi
Questo capitolo ha l’obiettivo di ricostruire il percorso storico-linguistico della regione
Trentino-Alto Adige e quindi di presentare alcuni esiti del progetto Kolipsi. L’Alto
Adige è una regione italiana di confine, dove si parlano tre lingue diverse: tedesco,
italiano e ladino. L’italiano e il tedesco insegnati come seconde lingue nella maggior
parte delle scuole altoatesine sono l’oggetto di discussione del Kolipsi e di questo
lavoro. Ciò da cui nasce e si sviluppa questa tesi sono i risultati forniti dall’indagine
Kolipsi (Gli studenti altoatesini e la seconda lingua: indagine linguistica e
psicosociale), ideata e realizzata dall’Istituto di Comunicazione Specialistica e
Plurilinguismo dell’Eurac (Abel, Vettori, Wisniewski, 2012) in collaborazione con il
Dipartimento di Scienze della Cognizione e della Formazione dell’Università di Trento.
Essendo il Trentino-Alto Adige una regione a Statuto autonomo, il sistema
d’insegnamento delle lingue seconde è senz’altro diverso da altre regioni italiane. Per
questo motivo si approfondirà in questo capitolo introduttivo il percorso che ha portato
allo Statuto di autonomia e, di seguito, si tratteggeranno le caratteristiche della scuola
dell’obbligo altoatesina. I risultati Kolipsi hanno l'obiettivo di rilevare il livello di
competenza bilingue dei discenti altoatesini e di identificare gli stimoli motivazionali
che li portano ad apprendere o meno la L2. Oltre ai dati appartenenti agli studenti, si
introdurranno anche quelli raccolti dalla stessa indagine tramite interviste a inseganti di
L2. Questo secondo filone di ricerca intende delineare un quadro del livello di
competenza bilingue dei docenti e del loro approccio all’insegnamento.
1.1 Cenni storici
La storia del Sudtirolo in Italia compirà i suoi primi cento anni il 10 settembre del 2019:
anniversario del trattato di pace di St. Germain-en-Laye tra Austria e Italia, quando si
concluse da questa parte del fronte la Prima guerra mondiale. Il passo del Brennero,
situato nelle Alpi, divenne il luogo di confine settentrionale italiano. L’Austria, che con
il trattato di St. Germain perdeva duecentomila dei propri cittadini, aveva avuto nel
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Settecento i suoi confini addirittura in Italia: al Ticino e al Po (Vassalli, 2015). Bisogna
andare di molti secoli indietro per capire l’origine e lo sviluppo delle vicissitudini
territoriali altoatesine tra Austria e Italia.
1.1.1 Dalle origini alla fine dell’Ottocento
La storia di questa regione è complessa fino dall’inizio, costituita da continue invasioni
di altre culture e lingue (Lando e Magagnotti, 1983). Alla fine del secondo secolo avanti
Cristo, in quello che poi sarebbe diventato il Trentino-Alto Adige, arrivarono i Romani,
i quali intrapresero molte opere, fra cui la strada Claudia Augusta, che, attraversando
l’intera regione, giungeva fino ad Augusta (Augsburg) in Germania. Dopo la caduta
dell’impero romano, dominarono gli Ostrogoti del re Teodorico, quindi i Longobardi,
dal 784, i Franchi. Intorno al Mille, trasmigravano nelle valli dell’Alto Adige i Bavari,
popolazione tedesca, fino ai primi anni del VII secolo. Le popolazioni romanizzate
dell’Alto Adige, in seguito alla venuta dei Bavari, si ritirarono nelle valli dove oggi si
parla il ladino (Lando e Magagnotti, 1983: 4-5).
L’avvicendarsi di influenze nel corso dei secoli ha dato origine alla situazione
linguistica attuale. Le popolazioni locali romanizzate formarono quella comunità ora
rappresentata dalla popolazione di lingua italiana, mentre dai Bavari discende quello
che, con qualche adattamento, oggi può essere identificato con il gruppo linguistico
tedesco (Lando e Magagnotti, 1983).
La storia altoatesina ebbe una svolta decisiva quando nel 26 gennaio 1363,
Margherita Maultasch, ultima discendente della dinastia dei conti di Gorizia-Tirolo,
dopo la misteriosa morte del figlio, trasmise la contea di Tirolo al duca Rodolfo IV di
Asburgo. Da quel momento il Tirolo e i territori a nord del Brennero seguiranno le
vicende della Casa d’Asburgo, che reggerà il Sacro Romano Impero dal 1438 al 1806 e
l’impero d’Austria fino alla fine della prima guerra mondiale (Lando e Magagnotti,
1983: 7-8).
A distanza di cinquecento anni, con il congresso di Vienna (1814-15), accadde
un altro cambiamento radicale per la regione che comprende il Trentino e l’Alto Adige.
L’imperatore d’Austria Francesco I, durante i lavori di ridisegno geopolitico
dell’Europa dopo gli sconvolgimenti apportati dalla Rivoluzione francese e dalle guerre
napoleoniche, diede un nuovo statuto alla “contea principesca del Tirolo” e annise sia i
territori alpini d’oltralpe a nord che, verso sud, quelli fino alla Chiusa di Verona.
L’assolutismo di Vienna represse tutte le aspirazioni di libertà e democrazia della
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regione (Lando e Magagnotti, 1983: 10). Mentre per il territorio e per le popolazioni di
lingua tedesca dell’attuale Alto Adige il rapporto con il Tirolo austriaco era normale ed
organico, per il Trentino invece era sempre più difficile a causa della diversità della
lingua e delle tradizioni. Anche a causa di questa differenza culturale andava crescendo
l’aspirazione del Trentino di vedersi concedere dall’Impero austro-ungarico la gestione
autonoma della propria regione. Ma la vittoria austriaca nella prima guerra italiana
d’indipendenza tolse ogni possibilità di risolvere, sul piano militare, la questione del
legame del Trentino con il Tirolo. Solo nel 1859 l’Austria perse la seconda guerra
italiana di indipendenza e, a causa della crisi economica in cui stava versando, tornò alla
forma di governo costituzionale. In questo modo si dava più potere alla nobiltà
austriaca, che riorganizzava l'impero su una base federale concedendo maggiori poteri
ai parlamenti provinciali. L’avanzata italiana verso Trento, con a capo il Generale
Giacomo Medici, venne fermata dalla terza guerra d’indipendenza italiana lasciando il
Trentino in mani austriache (Lando e Magagnotti, 1983: 11-12).
La tensione ha come conseguenza l’Irredentismo trentino, sviluppatosi nei
decenni a cavallo del secolo. Nel movimento irredentista bisogna sempre distinguere
l'azione svolta dagli irredenti dentro le frontiere dello stato austriaco (Trentino, Alto
Adige, Venezia Giulia e Dalmazia) da quella svolta nel regno d’Italia. Fra gli stessi
irredenti, mancò molto spesso un vero collegamento, e anche unità di programma. Per il
Trentino, questo movimento puntava al distacco della provincia dall’Austria e il
congiungimento all’Italia, in quegli anni recentemente unificata. Gli avvenimenti della
fine del secolo videro, oltre all’Irredentismo, lo sviluppo, crescente nel Trentino,
dell’aspirazione autonomistica che si trasformò dalla richiesta di separazione netta dalla
Dieta (Parlamento) di Innsbruck alla proposta di creazione di una Dieta a Trento legata
ad Innsbruck ma competente per i problemi locali. Fino alla Prima guerra mondiale
questa autonomia non fu mai concessa e ottenuta
1
.
Il dissapore che trapelava tra l’Austria e il Trentino fu rilevante anche nei “Fatti
di Innsbruck” quando si tentò di aprire una Università in lingua italiana ad Innsbruck.
Gli scontri con i gruppi di nazionalisti furono immediati e la facoltà chiuse i battenti
subito, la polizia austriaca arrestò 138 studenti italiani. Il gruppo degli irredentisti
trentini era composto da poche persone, che peraltro appartenevano tutti alla classe
borghese (Lando e Magagnottti, 1983). A capo del movimento c’era il socialista Cesare
1
http://www.treccani.it/enciclopedia/irredentismo_%28Enciclopedia-Italiana%29/ (12/01/2016).
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Battisti, che nel 1911 fu eletto deputato fra gli austriaci di lingua italiana nella Dieta di
Vienna. Anche il cattolico tirolese Alcide De Gasperi, sostenitore della lingua italiana
del Trentino, si oppose al movimento irredentista perché legato alla monarchia
asburgica. Come quasi per la maggior parte della popolazione sudtirolese. A tal
proposito, anche i cattolici trentini erano quasi tutti favorevoli ad un ampliamento
dell'autonomia in seno all'impero austro-ungarico (Piccoli, et al.,2004: 103).
1.1.2 Il patto di St. Germain
Nel 1914 scoppiò la prima guerra mondiale. Dopo la dichiarazione di guerra dell’Italia
all’Austria nel maggio del 1915, una gran parte del Trentino divenne zona di guerra. Nel
1916, la morte dell’imperatore Francesco Giuseppe, simbolo dell’unità austriaca dei
popoli, incrementò la rivoluzione interna cui versava già l’impero austro-ungarico.
Quando nelle schiere dell’intesa (Francia e Gran Bretagna) entrarono anche gli Stati
Uniti e la Russia, l’impero si dissolse ponendo fine alla Prima guerra mondiale. Il 3
novembre 1918, a Villa Giusti presso Padova, l’Austria firmò l’armistizio con l’Italia e
nello stesso giorno le truppe italiane entrarono a Trento e, successivamente, a Bolzano.
Alcuni giorni dopo oltrepassarono il Brennero e avanzarono fino ad Innsbruck. Per il
Trentino - e per gli irredentisti in particolare - tale avanzata significò la liberazione
agognata e l’annessione all’Italia (Lando e Magagnottti, 1983: 20).
Con il Trattato segreto di Londra del 1915, l’Italia ottenne dalla Francia e dalla
Gran Bretagna il confine del Brennero, a patto che entro un mese entrasse in guerra a
fianco dell’intesa. Nel 1919, alla conferenza di pace di St. Germain presso Parigi,
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anche il Presidente degli Stati Uniti, Wilson, pur non essendo legato dall’accordo di
Londra, approvò infine - malgrado tutte le suppliche e le proteste di Vienna e della
popolazione sudtirolese - alla cessione dell’Alto Adige all’Italia, da Salorno al Brennero
(Lando e Magagnottti, 1983: 21).
Fin dalla fine della guerra, fu creata a Trento un’amministrazione civile con
competenza su tutta la regione, che, nel 1923, divenne un’unica provincia comprendente
il Trentino e l’Alto Adige. L’assicurazione della volontà di mantenere l’organizzazione
autonomistica nella “nuova provincia”, fu espressa sia dal re Vittorio Emanuele III nel
2
Il Trattato di Saint-Germain-en-Laye fu stipulato alla fine della prima guerra mondiale e in esso venne
stabilita la ripartizione del dissolto Impero Austro Ungarico e le condizioni per la creazione della
repubblica austriaca. Il trattato, che venne firmato il 10 settembre 1919, fa parte dei preaccordi parigini
che sancirono formalmente la conclusione della prima guerra mondiale.
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1919 che dal Parlamento l’anno successivo quando votò il recepimento del trattato di
pace di Saint Germain (Lando e Magagnottti, 1983: 23).
Per quanto concerne l’Alto Adige, vi fu in quegli anni il trauma della
separazione dal Tirolo. Gli uomini di governo di Vienna e di Innsbruck chiesero di non
smembrare il Tirolo tedesco. Il trattato di pace invece fissò il confine al Brennero,
cosicché da quel momento le popolazioni di lingua tedesca dell’Alto Adige ebbero la
cittadinanza italiana. Da quel periodo in poi la storia nazionale dell’Alto Adige divenne
ben più ricca di avvenimenti rispetto a quella trentina: proprio l’opposto di quanto
accaduto in precedenza, quando il Trentino chiedeva l’autonomia all’Impero austro-
ungarico (Lando e Magagnotti, 1983).
1.1.3 Dagli anni ‘20 al secondo dopoguerra
Il principale responsabile, nel ventennio fascista, della cultura e della lingua tedesca a
sud del confine del Brennero fu Ettore Tolomei. Egli fu l’artefice della prima
“italianizzazione” forzata del Sudtirolo (1922-1935), compiuta tramite il suo
programma. Attraverso i punti principali del suo programma si vietava l’uso della
lingua tedesca, erano soppressi i giornali in lingua tedesca, era italianizzata la
toponomastica e messi al bando i partiti politici tedeschi (Vassalli, 2015). Gli impiegati
negli uffici pubblici vennero sostituiti da impiegati italiani, che avevano una conoscenza
carente sia del tedesco che dell’italiano, perché arrivavano dalle regioni più povere del
Paese. Proprio questi lavoratori emigrati e improvvisati impiegati hanno, secondo
Vassalli (2015), alimentato l’odio dei sudtirolesi, destinato ad avere un grande ruolo
nelle vicende successive della ragione.
La seconda fase dell’italianizzazione forzata del Sudtirolo (1935-1938) la si può
far coincidere con la creazione di una zona industriale a sud di Bolzano. Agevolate dagli
incentivi del regime, vi si trasferirono molte imprese lombarde e piemontesi. Attirando
lavoratori immigrati da gran parte d’Italia, queste aziende trasformarono Bolzano in una
vera e propria città industrializzata (Vassalli, 2015).
Nel 1938, la Germania nazista annetté l’Austria, seguita dalla proposta di
Mussolini di trasferire i sudtirolesi in Germania; dopo qualche esitazione da parte
tedesca, venne accettata. In Vassalli (2015) si apre l’ipotesi che i fascisti non volessero
che tutti i sudtirolesi avrebbero dovuto emigrare, soltanto quelli del fondovalle. Perché
chi abitava sulle montagna avrebbe dovuto continuare a manutenerle, dato che erano
sempre stati luoghi di scontri e trincee. Il 22 giugno 1939 venne firmato a Berlino un